Khrushchev in America: “Nessuna zuppa di cavolo acido per queste persone”

Nel settembre del 1959, Nikita Khrushchev divenne il primo leader sovietico a visitare l’America. Fu un evento straordinario e un momento fondamentale nella Guerra Fredda.

Nato nel 1894, figlio di contadini poveri in Russia, la vita di Khrushchev descrive quello che è probabilmente il periodo più drammatico della storia russa, a cavallo tra la Prima Guerra Mondiale, le rivoluzioni di Febbraio e Ottobre 1917, la guerra civile 1918-1922 che seguì, gli sconvolgimenti degli anni ’20, seguiti dai piani quinquennali e dalle epurazioni degli anni ’30.
Comprende anche la Seconda Guerra Mondiale e il periodo post-staliniano, un periodo in cui Khrushchev fu personalmente e politicamente centrale con il suo famigerato “discorso segreto” del 1956 al 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) a Mosca.
Per un leader la cui carriera politica era strettamente legata a quella di Stalin, il discorso fu considerato da alcuni un atto di tradimento – un cinico tentativo di calmare la propria coscienza prendendo le distanze dai brutali eccessi del suo predecessore. Altri considerarono il discorso coraggioso e necessario, iniziando il disgelo di una cultura politica sclerotica all’interno delle alte sfere del Partito e del governo che era incompatibile con i tempi, permettendo così al Paese e alla sua gente di respirare più facilmente.
A prescindere dai perché e dai percome, ciò che non può essere smentito è che l’educazione contadina e lo stile casalingo di Khrushchev smentivano un leader che era disposto a rischiare a casa e anche sul palcoscenico internazionale. Egli comprendeva bene la cruciale distinzione tra purezza dottrinale che sembra buona sulla carta e politiche che superano la prova più importante di essere applicabili alle condizioni del mondo reale, assicurando che non potesse mai essere accusato di essere prigioniero di posizioni ideologiche fisse.
I frutti di tale visione del mondo non furono mai più evidenti che in una politica estera definita dall’obiettivo di una pacifica convivenza con l’Occidente. Ed è qui che torniamo ad un affascinante episodio della storia della Guerra Fredda, quando il premier sovietico, su invito del presidente Eisenhower, intraprese un tour di due settimane negli Stati Uniti il 15-27 settembre 1959.
Khrushchev, nelle sue voluminose memorie, ha lasciato dietro di sé un tesoro di reminiscenze personali e ricordi del tour. Con rinnovato candore, confessa che quando arrivò l’invito a visitare gli Stati Uniti, Mosca fu colta di sorpresa. “Non avevamo motivo di aspettarci un simile invito”, scrive. “I nostri rapporti erano stati estremamente tesi… l’America ci aveva boicottato completamente… e ora, improvvisamente, questo invito. Cosa significava? Un cambiamento di qualche tipo? Era difficile da credere.”
Il suo senso di orgoglio per il cambiamento nella posizione di Washington nei confronti dell’Unione Sovietica, tuttavia, è imperturbabile: “Abbiamo fatto molta strada da quando gli Stati Uniti non ci hanno concesso nemmeno il riconoscimento diplomatico. Ci sentivamo orgogliosi del nostro Paese, del nostro partito, del nostro popolo e delle vittorie ottenute. I principali fattori che costrinsero il presidente [Eisenhower] a cercare migliori relazioni furono la nostra forza economica, la potenza delle nostre forze armate e quella dell’intero campo socialista”.
Un dettaglio rivelatore della cultura all’interno della leadership sovietica è fornito dalla disputa che ebbe luogo su chi avrebbe dovuto far parte della delegazione negli Stati Uniti: “La domanda era se prendere o no le nostre mogli. Quando Bulganin e io andammo a Ginevra ed a Londra, lasciammo le nostre mogli a casa. Lasciarle a casa era una delle nostre eredità dai tempi di Stalin. Stalin era molto sospettoso nei confronti di chiunque avesse portato con sé sua moglie in un viaggio… In generale, avevamo sempre pensato che fosse indifferente – e un lusso piccolo-borghese – viaggiare con le nostre mogli”.
Al momento dell’invito di Eisenhower, la leadership di Khrushchev era messa in discussione da crisi in patria ed all’estero. Il suo discorso al 20° Congresso del PCUS precedentemente menzionato, che iniziò il processo di destalinizzazione, ebbe la conseguenza non intenzionale di catalizzare il sentimento anti-sovietico attraverso il blocco orientale, in modo esplosivo soprattutto in Ungheria. Nel frattempo, la Guerra Fredda era arrivata ad un punto in cui era più che giustificato sostenere la convinzione che la Terza Guerra Mondiale fosse una questione di quando, non di se.
In questo contesto, una visita negli Stati Uniti comportò l’opportunità di alleviare le tensioni tra Est e Ovest che erano foriere di rischio.
L’orgoglio di Khrushchev nei successi del sistema sovietico si manifestò non appena il velivolo TU-114 che lo portava negli Stati Uniti in un volo senza scalo dall’Unione Sovietica atterrò a Washington e gli Americani mancavano di scale sufficientemente alte da raggiungere il portellone. “Non avevano realizzato che il nostro aereo era così gigantesco. Potevamo vedere la meraviglia nei loro occhi mentre lo guardavano. Non avevano mai visto niente del genere, e certamente non avevano nulla di simile, né lo avrebbero avuto per molto tempo a venire.”
A parte la serie di colloqui che la delegazione sovietica tenne con le sue controparti statunitensi su vari argomenti e problemi di interesse comune, il tour approdò a New York, Los Angeles, San Francisco e Pittsburgh, prima di concludersi nei colloqui privati con Eisenhower presso la residenza presidenziale di Camp David.
Il ricordo di Khrushchev di una cena svoltasi in suo onore durante la visita a Los Angeles, che riuniva i dignitari più ricchi ed influenti della città, è rivelatore: “Il pasto era delizioso e generosamente servito”, scrive. “Nessuna zuppa di cavolo acido per queste persone.”
Ma le cose ebbero una svolta decisamente negativa quando il sindaco della città si rivolse ai commensali e nel corso delle sue esternazioni insultò l’Unione Sovietica. Khrushchev si sentì in dovere di rispondere a tono nel suo stesso discorso agli ospiti riuniti: “Signor Sindaco,” dissi, “sono qui come ospite del Presidente. Non sono venuto nella sua città per essere insultato o per ascoltarti denigrare il nostro grande Paese e il nostro grande popolo. Se la mia presenza non è gradita, il mio aereo è sempre pronto a riportarmi direttamente in Unione Sovietica.”
L’incontro di Khrushchev con il capo del sindacato USA degli operai del comparto automobilistico, Walter Reuther, fornisce un’altra affascinante prospettiva della visione del mondo di un uomo che era stato allevato nella convinzione che il comunismo annunciasse il futuro. “Ho studiato da vicino Reuther… ero davanti ad un uomo che aveva tradito la lotta di classe… Ha fatto tanti soldi [come capo del sindacato] come i direttori delle più grandi corporazioni americane, come Ford. In altre parole, i capitalisti lo hanno comprato.”
Alla fine, il tentativo di ottenere una svolta nelle relazioni USA-URSS nel corso del tour fallì. “Potrei dire che Eisenhower è stato sgonfiato”, scrive Khrushchev. “Sembrava un uomo che era caduto in un buco nel ghiaccio ed era stato estratto dal fiume con l’acqua gelata che ancora gli gocciolava via.”
Ma non importa, almeno questo figlio di contadini russi risultò confortato dal fatto che preparandosi a tornare in Unione Sovietica con il resto della sua delegazione, gli Americani “non avevano ancora trovato un tipo di scale alte abbastanza per il nostro TU-114.”
Anche se il tour non riuscì a produrre l’esito cercato da entrambi i leader, è testimonianza del coraggio politico del presidente Eisenhower che aprì un dialogo e invitò la sua controparte sovietica a visitare il Paese durante un periodo di estrema ostilità tra Washington e Mosca.
In effetti è ipotizzabile che senza la sua visita prolungata negli Stati Uniti nel 1959, Khrushchev avrebbe potuto non essere così disposto ad accordarsi con J.F.K. durante la crisi dei missili a Cuba tre anni dopo nel 1962 – il motivo è che solo visitando il Paese o i Paesi dei propri avversari un leader è in grado di umanizzarli oltre il regno delle differenze geopolitiche.
Nel 2018, a causa della sconfinata febbre anti-Russia che tiene Washington in pugno, è altamente improbabile che una simile visita negli Stati Uniti da parte del presidente russo Vladimir Putin si svolgerà presto un giorno, né in Russia da parte del suo omologo statunitense, il presidente Trump.
Almeno a questo riguardo, le dure lezioni del ventesimo secolo sono andate perse.
John Wight

Fonte – traduzione di F. Roberti

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