La cosa peggiore che può capitare a un fotografo freelance è che le sue immagini restino invendute all’interno del proprio hard disk. La fiducia delle persone che ti hanno aperto le porte della loro intimità e ti hanno raccontato le loro storie, deve essere in qualche modo ripagata facendo sì che l’opinione pubblica ne venga a conoscenza. Se non si raggiunge questo obiettivo non possiamo dire di aver fatto un reportage ma semplicemente del turismo 2.0
Oggi noi abbiamo a disposizione diversi linguaggi per raccontare le storie che incrociamo lungo il nostro cammino. Abbiamo la fotografia, la scrittura, abbiamo i filmati. Ognuno di essi ci permette di aggiungere una dimensione in più al nostro racconto. La fotografia pur essendo apparentemente il linguaggio più limitato ha un enorme vantaggio rispetto agli altri due; un’immagine fotografica è un frammento di realtà che si trasferisce direttamente dalla retina del fotografo a quella della spettatore, divenendo in questo modo memoria condivisa.
La possibilità di “colonizzare” l’immaginario altrui e di contribuire a definire l’immagine di mondo di un pubblico potenzialmente vastissimo, implica un enorme potere da parte dell’autore da cui deriva un altrettanto grande responsabilità.
Fortunatamente le mie foto non sono rimaste nell’hard disk.
Donbass stories, da oggi in tutte le librerie d’Italia.
Giorgio Bianchi