Adriano Olivetti, italiano “pericoloso”

Entrato in azienda negli anni Venti come semplice operaio, il primogenito di Camillo, Adriano Olivetti, già nel 1932 ne viene nominato direttore generale.
L’azienda, nata nel 1908 a poche decine di chilometri da Torino, a Ivrea, è la prima fabbrica nazionale di macchine da scrivere, destinata a diventare leader nel settore dei materiali per ufficio e poi in strumenti elettronici all’avanguardia, dalle telescriventi alle prime macchine da calcolo meccaniche. Dopo la seconda guerra mondiale e la morte del padre, avvenuta nel 1943, Adriano assume il controllo dell’azienda, che nel frattempo è sempre più impregnata del carattere del suo nuovo proprietario e fondatore, nel 1948, del Movimento Comunità.
L’Olivetti – nelle parole del tesoriere Mario Caglieris – è “una fabbrica fondata su un preciso codice morale, per il quale il profitto viene destinato. prima di tutto agli investimenti, poi alle retribuzioni e ai servizi sociali, in ultimo agli azionisti con il vincolo di non creare mai disoccupazione”.
La scommessa, professionale e scientifica, di Adriano Olivetti non si limita a confrontarsi con la concorrenza di quegli scienziati che, negli anni Cinquanta, stanno gettando le basi dell’informatica moderna, ma si intreccia anche con le dinamiche della Guerra Fredda.
A cominciare dalla nomina del giovane ricercatore italo-cinese Mario Tchou alla guida del costituendo Laboratorio di ricerche elettroniche di Ivrea, nel 1954, poi trasferito a Barbaricina, vicino Pisa. L’intento del Laboratorio è quello di gettare le basi progettuali per creare il primo calcolatore elettronico da destinare al mercato.
Nel 1959 è pronto Elea 9003 – acronimo di Elaboratore elettronico automatico – terzo prototipo dopo Elea 9001 ed Elea 9002, nonché il primo calcolatore a transistor commerciale della storia. Con l’ingresso ufficiale nel campo dell’informatica, l’Italia entra nel ristretto novero dei Paesi industriali in possesso di mezzi e conoscenze definite “sensibili”, ma la politica italiana – cerimonie a parte – non sembra affatto interessata a sostenere e proteggere la nascente industria informatica. L’Olivetti non riceve aiuti di Stato ed è anzi lei stessa a portare le istituzioni nazionali a conoscenza delle potenzialità nel campo informatico, mentre i concorrenti stranieri, ad esempio negli Stati Uniti, godono di somme ingenti stanziate dal governo, soprattutto a scopi militari.
In questo scenario, due eventi tragici danno una svolta al destino dell’informatica italiana. Il primo è la morte d’infarto, nel febbraio 1960, di Adriano Olivetti. Il secondo, nel novembre 1961, è l’incidente stradale in cui il pioniere dell’informatica italiana, Mario Tchou, muore sul colpo.
Secondo Giuseppe Rao, funzionario diplomatico – una delle rare fonti sui movimenti dell’Olivetti nel campo dell’elettronica – numerosi elementi lasciano supporre l’esistenza di un complotto per uccidere Tchou. L’ipotesi è che l’aver affidato ad un “muso giallo” il compito di condurre l’Italia nei segreti dello strategico mondo dell’informatica avrebbe destato le preoccupazioni di chi, in quel momento storico, aveva il maggior interesse a monopolizzarlo o perlomeno a primeggiarvi, gli Stati Uniti. E, fra l’altro, Mario Tchou era stato contattato dall’ambasciata cinese perché anche Pechino iniziava ad avviare studi sui calcolatori.
A prescindere da qualunque ipotesi complottista, Rao sottolinea comunque che gli Stati Uniti avevano un enorme interesse a tenere fuori l’Italia nel campo delle ricerche sui calcolatori, in quanto Paese confinante con l’Impero del Male e contenitore del più grande partito comunista d’Occidente.
Il modello di Adriano Olivetti non aveva avuto sostenitori nel mondo politico né, tantomeno, sostegno da parte di Confindustria, che anzi aveva mal digerito il voto dell’onorevole Olivetti, determinante per la costituzione del primo governo di centrosinistra. Franco Filippazzi, collaboratore di Tchou al Laboratorio, spiega che esso “non era di sinistra e non era di destra, o forse attingeva da entrambi gli orientamenti, ma di certo si trattava di un modello di capitalismo (…) certamente in controtendenza ai valori di un’ampia comunità interna alla DC, solidale invece ai valori ‘atlantici’”.
Fatto sta che la morte di Adriano e la crisi economica seguita al boom degli anni Cinquanta portano l’Olivetti a una difficile situazione finanziaria e si fa quindi avanti un gruppo misto pubblico-privato, il cosiddetto “gruppo d’intervento” formato da FIAT, Pirelli, Mediobanca, etc. che entra nel capitale dell’azienda di Ivrea.
Nell’aprile 1964, in sede di assemblea degli azionisti FIAT, l’allora presidente Vittorio Valletta rilascia una famosa dichiarazione: l’Olivetti “è strutturalmente solida e potrà superare senza grosse difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che nessuna azienda italiana può affrontare”.
Gli ingegneri che avevano costruito Elea 9003 confluiscono in un nuovo organismo, la Deo, che nel 1965, su decisione del gruppo d’intervento, viene venduto per il 75% alla multinazionale statunitense General Electric. Con tale vendita – o svendita, per dirla con le parole di Rao – la politica industriale italiana cede definitivamente agli Stati Uniti il primato nella ricerca scientifica applicata all’informatica. Coronato nel 1968 con la cessione agli americani della restante quota del 25%.
Pier Giorgio Perotto, altro collaboratore di Tchou e poi inventore della “Programma 101” (P101), il primo personal computer della storia, meglio conosciuta come “Perottina”, ha scritto che il “neo” fu estirpato in tragica e assurda coincidenza con l’avvio della rivoluzione elettronica mondiale.
Luciano Gallino, sociologo di fama, già dirigente di Olivetti, sostiene che “l’affermazione di Valletta fu fatta senza alcuna valutazione critica di politica economica. Non fu redatto alcuno studio, né è mai esistita traccia di una relazione di bilancio sulla Deo: la scelta di tagliare il settore informatico fu giustificata semplicemente dal prevalere di una considerazione personale di Valletta e di qualche collega a cui il resto del gruppo d’intervento non fece obiezioni”.
E, secondo Giuseppe Rao, è verosimile che sulla vendita alla General Electric ci siano state pressioni direttamente da parte degli Stati Uniti. Con questi ultimi, del resto, le aziende del gruppo d’intervento avevano, se non un debito, quantomeno un vincolo solidale, dato che esse erano state le principali beneficiarie degli aiuti economici erogati in base al Piano Marshall nel dopoguerra. Pressioni esplicite da parte americana, affinché si (s)vendesse Deo e l’Italia non potenziasse il suo sapere nel nuovo strategico settore, ammesse anche dal tesoriere di Olivetti Mario Caglieris, il quale – interpellato per conoscere i dettagli dell’affare – si è rifiutato di parlare della vicenda.

[Le informazioni contenute nel presente articolo sono tratte da “Il miracolo scippato. Le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni sessanta”, di Marco Pivato, Donzelli editore]

28 thoughts on “Adriano Olivetti, italiano “pericoloso”

  1. Mi presento : sono un pensionato assunto nel 68 presso la Olivetti di Ivrea come impiegato tecnico elettronico e quindi la realtà che voi presentate l’ho vissuta sulla mia pelle. A detta dei dipendenti interni, voce di popolo, Adriano Olivetti non è morto per cause naturali ma è stato lasciato morire dopo un attacco di cuore molto sospetto, vedi anni dopo un certo Aldo Moro morto in corcostanze simili. Quello che posso affermare con sicurezza, detto in parole povere, per la Olivetti ciascun dipendente era un ESSERE UMANO da trattare in modo opportuno, per la Fiat ogni dipendente era un NUMERO e basta da gestire come tale. Concludo ancora con una nota sugli eporedioti (cittadini di Ivrea) che fino a quando Berta filava se ne fregavano di tutto compreso il Movimento Comunità e quando i soliti noti si sono dati da fare per distruggere l’Azienda hanno collaborato da perfetti burattini. Non ricordo esattamente la data , anni 70 credo, un altro progettista è morto in un incidente stradale sospetto,se vi possono interessare altri particolari relativi alla gestione De Maledetti sarò ben lieto di darveli.

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  2. grazie Ezio, se vorrai organizzare i particolari di tua conoscenza sulla gestione De M. dell’azienda, saremo ben felici di pubblicare l’articolo che ne risultera’.

    n.b.: per la Fiat ogni dipendente E’ un NUMERO e basta da gestire come tale. non costituisce quindi un caso che Marchionne e soci abbiano trovato ottima accoglienza oltreatlantico, ma…

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  3. io ex dipendente della olivetti spa , ho un sogno … far rivivere la GRANDE Olivetti libera da giochi politici riprendendoci cio che storicamente ci spetta : LA LIDER SCHIP DELL’INFORMATICA MONDIALE ne avevamo e abbiamo ancora oggi le capacità ….
    Ma quando finiremo di pagere i debiti del piano MARSHALL ! ed essere sudditi di un paese che poi ,sta dimostrando tutte le sue “incapacità” politiche e finanziarie . ?

    …. morirò sognando ….

    Un caro saluto a tutti Ferreri Giuseppe (matr. Olivetti 88159/E)

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  4. Cito alcuni fatti di mia personale conoscenza riguardo la gestione della Ditta in oggetto. Negli anni ’60 ho conosciuto un dirigente con la quinta elementare col quale ero in ottimi rapporti a differenza di tanti dipendenti scalcinati ma imbevuti di rabbia dai soliti sindacalisti della triplice sindacale. Questo dirigente era bambino durante la seconda guerra mondiale per cui , finita la scuola d’obbligo di quel periodo dovette cercarsi un lavoro ed entrò in azienda come semplice operaio. L’Azienda aveva dei corsi di formazione interni per cui, chi aveva le capacità ovviamente, poteva frequentare questi corsi e salire di grado, sempre in rapporto alle proprie capacità. Questo Signore diventò così impiegato e successivamente Dirigente Aziendale. L’ideologia aziendale di quel periodo era questa : tu, dipendente, mi fornisci la tua forza lavoro ed io, azienda, ti dò tutto quello che ti serve per vivere correttamente, stipendio,assistenza medica, casa, divertimento, asili e colonie per i tuoi bambini, ecc. Questo, ad esempio, significava che se 5 minuti prima del termine del tuo orario di lavoro accade un accidente per cui fai bene se sistemi il problema lavorando mezz’ora in piu’, e la ditta ti paga pure il tempo trascorso mentre se pianti lì tutto e te na vai a casa procuri un danno piu’ grave commetti una scorrettezza che nessuno ti farà pagare, sarà la ditta a pagare. Sempre in quel periodo c’era un anziano sindacalista della CGL messo in un angolo con un martelletto a raddrizzare alberi d’acciaio delle vecchie macchine da scrivere mentre successivamente altri suoi colleghi chissà perchè facevano delle carriere sfolgoranti, tipo operai che in tale veste passavano il tempo a far niente e successivamente diventavano impiegati o addirittura caporeparto. Negli anni ’70 un sabato mattina (il sabato non era lavorativo tranne addetti alla manutenzione e casi specifici di necessità) vado al lavoro per un controllo di apparecchiature elettroniche che non potevo fare durante la normale attività lavorativa settimanale per non fermare la produzione e vedo un signore in giacca e cravatta con un camice nero che stava armeggiando attorno alla linea di montaggio. Mi accosto e, guarda caso era il dirigente capo di stabilimento , resto di sasso e chiedo : Ingegnere cosa fa ? Posso esserle utile ? Lui che mi conosceva personalmente, mi guarda con aria cupa e dice : Adesso sono stufo di essere preso in giro da certe persone, lunedì mattina convoco una riunione dei caporeparto e quello che mi racconterà balle la pagherà cara ! Dopo qualche mese questo signore ha dovuto dare le dimissioni. Successivamente un altro direttore dello stesso stabilimento (San Bernardo d’Ivrea) , un signore di Roma con la S maiuscola, potrei citare i nomi di tutti questi signori ma preferisco di no, alla fine dell’anno non si era accorto che il responsabile della contailità amministrativa, un ragioniere eporediota, aveva commesso un errore per coprire delle cose sporche, per questa sua colpa, fu costretto a dare le dimissioni anche lui.
    Nel periodo di decadenza fino all’arrivo dell’ingegnere che doveva terminare l’opera furono assunti personaggi nulli o perlomeno insignificanti tipo un ingegnere elettronico che non era capace di fare nulla, addirittura fu messo a gestire la geometria dei parcheggi interni della ditta ma anche lì faceva solo cavolate, ma era il figlio del procuratore agli studi di Napoli, un altro era un certo Visentini, non era eccellente come dirigente, non procurò danni ma neanche bel bene ma era figlio dell’Onorevole per cui gli spettava un posto in alto. Per ora termino qui, ad maiora.

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  8. “Proprio in questi giorni, a Ivrea, sono iniziate le riprese di una fiction su Adriano Olivetti che sarà trasmessa dalla Rai nel 2013 (la regia è di Michele Soavi, il film-tv sarà prodotto dalla Casanova Multimedia di Luca Barbareschi). Dopo il commissario Montalbano e Paolo Borsellino, a impersonare l’Ingegnere sarà Luca Zingaretti. Quando, pochi giorni fa, nella Sala Santa Marta, si è tenuto il casting per reclutare le comparse, è successo un finimondo. Una fila incredibile, del tutto superiore a ogni aspettativa. Uomini, donne, bambini; centinaia di persone si sono messe in coda sia la mattina che il pomeriggio, facendo entrare in crisi i responsabili della selezione, che a un certo punto hanno dovuto bloccare l’afflusso, invitando chi ancora non era stato schedato a inviare la richiesta via email. Appena due anni fa, per l’ultima grande produzione filmica in città (Tutta colpa della musica, con Ricky Tognazzi ed Elena Sofia Ricci) il casting era andato deserto.

    Il pienone di oggi è segno, ovviamente, del grande affetto degli eporediesi per il paterno industriale e la sua eredità storica, ma anche, senza caricare troppo le tinte, campanello d’allarme della terribile crisi di una zona dove si è verificata una desertificazione imprenditoriale, e dove anche il gettone per la comparsata diventa un’occasione per fare due soldi. Forse l’ultima, postuma, offerta da Olivetti alla sua gente.”

    da Olivetti addio, chiude anche l’ultima fabbrica,
    di Paolo Stefanini
    http://www.sanmarinoweb.com/smweb/rassegna-stampa/copertina/4236-reportage-olivetti-addio-chiude-anche-lultima-fabbrica.html

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  12. Grande Olivetti, credo che nella sua definizione dell’azienda, come attore produttivo in un determinato territorio, sia l’esatta immagine che vorrei poter vedere applicata, alla quale però aggiungerei la riforma dei codici sul capitolo delle società. E’ anche da notare che le migliorie maggiori in seno alle attività sociali, aziendali furono fatte sotto il fascismo, purtroppo fino all’introduzione delle leggi razziali.

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  13. “Morto Olivetti l’Italia perse un treno. Poteva essere un paese all’avanguardia dal punto di vista elettronico, di quella che poi sarebbe diventata l’industria dell’informatica. Finito Olivetti invece ci siamo trovati ad essere quello che siamo oggi. Un paese che consuma tecnologia ma non la produce e non la pensa . Siamo i telefonini, usiamo i computer. Ma è tutta un’intelligenza che viene da fuori del nostro paese. Noi oggi siamo un paese di sarti di lusso e di fornai ma non siamo invece il Paese che aveva sognato Adriano Olivetti.”

    si segnala la seguente pagina sul portale di Rai Storia:
    http://www.raistoria.rai.it/categorie/adriano-olivetti/1070/1/default.aspx

    qui un po’ di immagini d’epoca:
    http://www.raistoria.rai.it/gallery-refresh/adriano-olivetti-e-le-sue-macchine/280/0/default.aspx

    infine, un filmato realizzato nel 2011 in occasione delle celebrazioni per i cinquant’anni della morte di Adriano Olivetti, montaggio di estratti di interviste fatte ad ex collaboratori di Adriano:

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  14. non conoscevo questo “sogno italiano” ……….ok ora penso di aver capito quasi tutto.Lo sceneggiato è arrivato al momento giusto e di un’attualità sconvolgente. Si dovrebbe parlare di più di questi personaggi meravigliosi e smontare le lobbies di sporco potere solo economico a danno degli onesti…….

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  16. Una persona da far studiare sui libri dalle elementari. un grande uomo vero !!!! non i ciarlatani disonesti pezze da piedi che ci governano senza mai chiedersi cosa stanno facendo a se stessi e al popolo. OLIVETTI ADRIANO NUMERO UNO DAVANTI A TANTI sicuramente a tutti negli ultimi 30 anni

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  17. dice bene Aida quando parla di sconvolgente attualità, e Roberto centra perfettamente la questione: quante erano le persone che, fino a tre giorni fa, conoscevano almeno a grandi linee la vita e l’opera di Olivetti?
    con i programmi scolastici che praticamente fanno terminare la storia contemporanea nel 1945 o giù di lì…

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  18. Non voglio togliere nulla alla figura di Adriano Olivetti, è stato un grande uomo e lo sarà per sempre, su questo non si discute.
    Mi dispiace però vedere la quantità infinita di errori commessi in questo film…mi sta bene il voler romanzare la storia per non renderla un “noioso” documentario, e quindi qualche forzatura o adattamento ci può stare…ma questo film dovrebbe essere la biografia di una persona, invece mi spiace vedere che da due giorni a questa parte gli italiani conoscono una storia inesatta sotto molti punti di vista, tanto sulla vita di Adriano quanto sui prodotti della Olivetti, pietre miliari della nostra storia italiana. Tanto per citarne alcuni:
    – Adriano non ha mai avuto un fratello di nome Marcello
    – La Lettera 22 non è stata progettata da un dipendente di nome Libero “rubato” a un’azienda concorrente, ma da Giuseppe Beccio
    – Sempre sulla Lettera 22…la locandina pubblicitaria è stata creata da un designer pubblicitario internazionale, tal Raymond Savignac, e non da una ragazza che non sa come dar da mangiare a sua figlia e assunta poi in Olivetti
    – Dopo le elezioni, i seggi vinti da Adriano erano due, non uno solo
    – Non esiste alcun treno internazionale che da Aosta porta in Svizzera (anzi, non esiste proprio una ferrovia!), e Adriano non è morto sul treno Ivrea-Aosta, ma sul Milano-Losanna
    – La Underwood è stata acquisita nel 1959 dalla Olivetti, nel film invece Adriano vuole recarsi in Svizzera a cercare i fondi per acquisirla
    – Da eporediese (e non eporediota come scritto più su, non so se per errore o in modo denigrativo come de maledetti), mi disturba non poco sentire parlare di “guerra delle arance” quando si chiama “battaglia delle arance”

    Potranno sembrare sciocchezze, ma…se si vuole raccontare una STORIA, deve essere il più veritiera possibile…e anche se non avessero inserito la storia d’amore tra Libero e Teresa stravolgendo la nascita della lettera 22 (ad esempio) sarebbe stato un gran film, più coerente con la realtà, e che avrebbe comunque dato la stessa immagine di un grande Uomo. Soprattutto quando per certe cose bastano 10 minuti di ricerche su internet o (visto che son stati a Ivrea dei giorni per fare le riprese) una domanda a una persona qualsiasi per sapere se parlare di battaglia o di guerra…come dicevo più sopra, ci stanno adattamenti cinematografici per far stare in piedi il tutto (come ad esempio la donna aviatore americana mandata come spia…le donne aviatore americane durante la seconda guerra mondiale volavano solo in territorio americano e non all’estero, ma amen, ci sta come “scusa” per agganciarsi agli americani che volevano tenere sotto controllo l’Olivetti), ma mi spiace che da oggi gli italiani sapranno una storia per molti versi sbagliata, senza nulla togliere ad Adriano.

    Fatto sta che avere coscienza e vedere ogni giorno il grande mondo che aveva creato in canavese, e come ogni giorno si sgretola sempre più, riempie il cuore di tristezza. Vogliono far nominare Ivrea come patrimonio dell’UNESCO…se continuiamo così fra qualche anno non ci sarà più una città di nome Ivrea, al suo posto probabilmente ci saranno solo case vuote e aziende chiuse, se le amministrazioni non si decidono a far qualcosa il canavese è destinato a morire. Rimarrà solo il cartello sull’autostrada A5…”Ivrea, città dell’informatica”. Forse negli anni d’oro dell’Olivetti…ora non solo non c’è quasi più nulla di informatica, ma neanche del resto…

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  19. @Eporediese affranto

    giuste le tue osservazioni e ti ringraziamo, ma da oggi gli italiani, almeno qualche milione di essi, sanno qualcosa di un uomo di cui prima ignoravano la stessa esistenza. e per approfondire la storia della sua vita e della sua opera non mancano certo i materiali…

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  20. all’Olivetti, era De Benedetti, si moriva per l’amianto?

    i magistrati di Ivrea stanno conducendo un’indagine che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 24 persone, tra presidenti, amministratori e manager dell’azienda.
    Tra i nomi di spicco finiti nell’inchiesta c’è quello dell’ingegnere Carlo De Benedetti, presidente dell’Olivetti per quasi vent’anni, dal 1978 al 1996, suo fratello Franco, che aveva ricoperto il ruolo di amministratore delegato e vice presidente. Un altro nome eccellente è quello di Corrado Passera, ex numero uno di Intesa Sanpaolo, ministro dello sviluppo economico nel Governo Monti, a Ivrea dal 1992 al 1996 con la caricata di amministratore delegato.
    Per tutti le accuse ipotizzate sono di omicidio colposo e lesioni plurime.

    http://lasentinella.gelocal.it/cronaca/2013/11/08/news/amianto-indagati-i-vertici-di-olivetti-1.8079312

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  21. Pingback: Anonimo

  22. L’ha ribloggato su resistendoallafinee ha commentato:
    L’Olivetti e l’Italia avrebbero potuto non rimanere indietro, casualmente ci furono le premature ed inaspettate morti di Olivetti e di altri in Azienda, casualmente a guadagnarci furono gli Americanii in Primis. Oggi invece abbiamo a che fare con codardi con le protesi laser venduti al soldo Americano e neonazista-satanista, la classica “gente” di merda.

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  23. La Lettera 22, che nel film si vede uscire per la prima volta dalla catena di montaggio, è della Seconda Serie (ha il tasto rosso) mentre la prima prodotta (Prima serie) non aveva il tasto rosso, che serviva per togliere l’impostazione delle tabulazioni.

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  24. Ricordo a tutti che il “là” alla -di allora- grandezzaa dell’informatica olivettiana si deve al veneto Federico Faggin che progettò il primo “processore a 4 bit” cuore della “perottina”, primo calocolatore a stato solido della storia…gli ameri_CANI rimasero di stucco quando fu presentato alla mostra in -se ricordo bene- California…

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