La sovranità europea finisce a Cipro

Lo scorso 24 Febbraio, una maggioranza parlamentare costituita dai 32 membri dei partiti di opposizione ha approvato una risoluzione che forza l’esecutivo del presidente Demetris Christofias e del suo Partito Progressista dei Lavoratori a presentare la richiesta di adesione al programma della NATO denominato Partnership for Peace (PfP), meccanismo di transizione impiegato nel periodo 1999-2009 per portare dodici Paesi dell’Europa orientale nel blocco militare dominato dagli Stati Uniti.
Cipro è ancora, per ora, l’unico membro dell’Unione Europea che non appartiene alla NATO né al programma PfP, l’unico che non abbia mai chiesto di aderire all’Alleanza Atlantica né sentito il bisogno di formulare una richiesta in tal senso, e l’unico Paese europeo (esclusi i micro Stati di Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Città del Vaticano) a non coltivare rapporti con essa.
Negli stessi giorni, il governo cipriota è stato interpellato dalla Gran Bretagna circa la possibilità di dispiegare nella base di Akrotiri, una delle due che insieme a Dhekelia i britannici mantengono sull’isola, cacciabombardieri da utilizzare contro la Libia.
Dovesse mai diventare un partner della NATO, Cipro non mancherà di ospitare le unità navali e sottomarine della Sesta Flotta statunitense che presidia, dallo Stretto di Gibilterra al Canale di Suez, l’intero Mar Mediterraneo. Non potrà inoltre negare l’uso e l’ammodernamento delle proprie infrastrutture militari e, molto probabilmente, sarà un punto d’appoggio dello scudo antimissilistico che Stati Uniti e NATO stanno sviluppando in Europa, Vicino Oriente e regione del Caucaso.
Cipro rappresenta l’ultimo pezzo della catena che consente il totale controllo del bacino Mediterraneo. Tutti gli altri Paese europei ai margini di o dentro esso sono membri della NATO o del programma PfP: Albania, Croazia, Francia, Italia, Grecia, Slovenia, Spagna e Turchia nella NATO; Bosnia, Malta e Montenegro nel programma PfP. E tutti i Paesi africani che vi si affacciano sono membri di un’altra partnership atlantista, il cosiddetto Dialogo Mediterraneo: Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia. Eccezion fatta per la Libia, la quale non mancherebbe di aderirvi qualora vi si formasse un nuovo governo, specialmente se installato dopo un’intervento militare USA/NATO.

L’eredità di Jaap

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Il Segretario Generale uscente della NATO, l’olandese Jaap De Hoop Scheffer, è in procinto di lasciare il posto ad Anders Fogh Rasmussen, che si è dimesso da Primo Ministro danese per subentrare nell’incarico il prossimo 1 agosto.
Durante le ultime settimane, De Hoop Scheffer ha tributato una serie di visite d’addio nei Paesi membri NATO di recente acquisizione (Bulgaria, Romania, Slovenia, Albania e Croazia) e presso altri che sono tuttora sulla soglia di ingresso (Macedonia e Finlandia). Durante il suo mandato quale rappresentante dell’unico blocco militare esistente nel mondo, la NATO ha ingrossato le proprie file con 9 nuovi Stati (oltre a quelli citati appena sopra, anche le tre repubbliche baltiche e la Slovacchia), pari a tre quarti dei Paesi fondatori sessant’anni fa.
Tutte le nuove acquisizioni sono in Europa orientale, tre confinano con la Russia e due terzi di esse erano precedentemente parte dei tre Paesi multietnici dell’Europa (e nei primi due casi, anche multiconfessionali) disgregatisi nel periodo 1991-1993: Unione Sovietica, Jugoslavia e Cecoslovacchia. I bocconi piccoli sono più facili da ingoiare.
In coerenza con ciò, lo scorso 9 maggio De Hoop Scheffer ha reso pubblica la propria soddisfazione circa il fatto delle nove adesioni realizzatesi durante il suo mandato, auspicando che la Macedonia diventi presto la decima, una volta che sia risolto il contenzioso in corso con la Grecia sul nome da assegnare costituzionalmente all’ex territorio jugoslavo.
Si tenga presente che il fattore determinante nella designazione di De Hoop Scheffer quale Segretario Generale della NATO fu il suo sostegno all’invasione dell’Iraq quando era Ministro degli Esteri dell’Olanda ed il suo impegno per il dispiegamento di truppe olandesi in quel Paese. Il suo successore, Rasmussen, ha svolto un ruolo simile come capo del governo in Danimarca a partire dal 2003.
Si noti, inoltre, che tutte le nove nazioni che De Hoop Scheffer ha contribuito a portare dentro la NATO hanno inviato i propri soldati sia in Iraq che in Afghanistan, in diversi casi prima del loro ingresso nell’Alleanza Atlantica e come precondizione per l’adesione alla stessa.
E’ stato sempre durante il suo mandato che la NATO ha lanciato l’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul, per aumentare la cooperazione e il dislocamento di militari con gli Stati partecipanti al Dialogo Mediterraneo (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia) ed alla Cooperazione del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), rafforzando così la presa dell’alleanza dalla costa atlantica dell’Africa al Golfo Persico.
Il suo canto del cigno è rappresentato dal consolidamento dell’integrazione militare di quella zona dell’Europa sudorientale dove, al termine della Guerra Fredda, iniziò l’espansione della NATO: i Balcani. Quale sia il grado di sovranità dei nuovi membri dell’alleanza e degli attuali canditati ad entrarvi, è ben delineato dalla notizia di stampa dello scorso 7 maggio secondo cui il governo albanese sta svolgendo negoziati con la NATO affinché essa prenda pieno controllo dello spazio aereo dell’Albania.
Al che, viene in mente la favola di Esopo del lupo che si offre di liberare la pecora dalla rude guida del cane pastore.

Uomo in alto mare

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Il 30 ottobre 2007, Giovanna Reggiani viene aggredita nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto alle porte di Roma. Ricoverata presso il reparto di terapia intensiva dell’ospedale Sant’Andrea, vi muore dopo due giorni. Il marito, Giovanni Gumiero, dichiara che “lei era rimasta a Roma per preparare il trasloco, ci saremmo trasferiti definitivamente a La Spezia”.

Ma chi è Giovanni Gumiero? Promosso Contrammiraglio l’1 Gennaio 2008, Gumiero attualmente comanda il Gruppo Navale Permanente della NATO 2 (Standing NATO Maritime Group 2 – SNMG2). La SNMG2 è una forza marittima permanente multinazionale della NATO che opera sotto il comando della componente marittima alleata di Napoli e contribuisce anche alla forza di risposta rapida (NRF). Oltre a svolgere compiti operativi, la SNMG2 partecipa ad esercitazioni con le Marine NATO, del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo e rappresenta la NATO nel corso di visite a porti di Paesi che non fanno parte dell’Alleanza Atlantica.
Nell’assumere il comando della SNMG2, lo scorso 4 luglio a Taranto, Gumiero ne ha ricordato il ruolo in relazione alla lotta contro il terrorismo: “Oggi assumo il comando della SNMG2 in un periodo in cui la richiesta di sicurezza è più grande che mai, soprattutto nell’area marittima. Questa forza ha evidenziato di essere in grado di svolgere quei compiti che dimostrano il proposito della NATO di prevenire e combattere la minaccia globale posta dal terrorismo”.
Attualmente la SNMG2 – attraverso un suo reparto di sette imbarcazioni provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Italia, Grecia e Turchia – sta conducendo l’operazione Allied Provider al largo delle coste della Somalia, per consentire al World Food Programme dell’ONU di fornire aiuti umanitari e dissuadere le attività di pirateria nell’area.

Lo scorso 29 ottobre, la Terza Corte di Assise di Roma ha emesso la sentenza a carico di Romulus Nicolae Mailat, rumeno di 25 anni, accusato di omicidio volontario, rapina e violenza sessuale in relazione alla morte di Giovanna Reggiani, la consorte del Gumiero. Mailat, dopo la richiesta dell’ergastolo formulata dal Pubblico Ministero il giorno precedente, aveva avuto a dichiarare: “Vogliono a tutti i costi un colpevole per un fatto così grave e penso di essere stato estratto da un mazzo di carte. Sono un capro espiatorio per tutti i romeni che hanno commesso reati in Italia”.
Piero Piccinini, difensore di Mailat, aveva puntualizzato: “Abbiamo un testimone-chiave, ma la polizia non sa dove sia”, riferendosi a Emilia Neamtu, la romena che aveva denunciato Mailat alla polizia, di cui la stampa romena aveva scritto che soffriva di disturbi psichici e il cui figlio, Gheorghe, sarebbe stato presente all’aggressione. “La Neamtu si trova in Romania e sostiene che nessuno l’abbia informata del processo”, affermava l’avvocato, convinto che “se fosse stata ascoltata in tribunale, forse sarebbero risultate molte contraddizioni”.
“E’ per questo motivo che il procuratore non ha fatto tutti gli sforzi per portarla in Italia”, continuava il legale chiedendosi come mai la polizia non sapesse dove si trovi la Neamtu. “Nessuno della baraccopoli in cui viveva Mailat è stato ascoltato”, proseguiva spiegando che la maggiore contraddizione nel caso fosse “la mancanza di prove che dimostrino che Mailat abbia avuto un contatto fisico con la signora Reggiani: niente sangue, niente tracce di pelle, peli o liquidi biologici”.
L’avvocato Tommaso Pietrocarlo, legale del Gumiero, dal canto suo aveva chiesto un risarcimento danni a favore del suo cliente, essendo evidente “quali sofferenze questa vicenda ha portato all’ammiraglio: vive, in privato, un dolore grandissimo. Addirittura non abita più nella casa in cui viveva con la moglie”.

Mailat è stato condannato a 29 anni di carcere. I giudici, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i tre reati contestati, hanno disposto anche l’espulsione a pena espiata ed il risarcimento in separata sede con una provvisionale di 500.000 euro, nonché l’interdizione legale e la sospensione della potestà genitoriale.

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Roma, 9 luglio 2009 – Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. E’ questa la condanna emessa dalla prima corte d’Assise d’appello di Roma inflitta Romulus Nicolae Mailat, il romeno di 29 anni, per l’omicidio di Giovanna Reggiani. La sentenza è stata pronunciata dopo due ore di camera di consiglio dalla Corte presieduta da Antonio Cappiello. Mailat è stato condannato all’ergastolo perché gli sono state revocate le attenuanti generiche riconosciute in primo grado. Resterà anche sei mesi in isolamento diurno.
La Corte ha condannato l’imputato anche al pagamento delle spese processuali pari a 2.500 euro confermando del resto anche la sentenza di primo grado che riconosceva al vedovo della Reggiani il risarcimento danni che in via provvisoria era stato fissato in 500 mila euro. Contro la sentenza ovviamente il difensore Piero Piccinini ha già preannunciato ricorso in cassazione.
(Adnkronos)

La sentenza è passata in giudicato
Roma, 14 aprile 2010 – La Cassazione ha reso definitivo l’ergastolo per Romulus Mailat, il romeno condannato per l’uccisione di Giovanna Reggiani aggredita nei pressi della stazione di Tor di Quinto, nella capitale, la sera del 30 ottobre 2007. Lo ha deciso la Prima sezione penale presieduta da Severo Chieffi, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal romeno che sta scontando il carcere a vita nell’istituto penitenziario di Pesaro.
In questo modo, piazza Cavour ha convalidato la decisione della Corte d’assise d’appello di Roma del 9 luglio 2009 che aveva annullato le attenuanti generiche concesse a Mailat in primo grado, condannandolo all’ergastolo (la Corte d’assise, con lo sconto, aveva inflitto una pena di 29 anni). “La condanna di Mailat è basata sul verosimile – protesta il legale del romeno, Piero Piccinini -. A tutt’oggi non so ancora quale sia la sua posizione visto che la condanna è frutto di un processo fatto male imbastito su presupposti che andavano verificati. Non si ha la minima idea di ciò che accadde quella notte, e questo emerge dalle carte”.
In primo grado, la Corte d’assise di Roma – 29 ottobre 2008 – aveva stabilito per il marito di Giovanna Reggiani una provvisionale di 500mila euro come risarcimento danni. “Soldi che – afferma Tommaso Pietrocarlo, legale del marito della Reggiani costituitosi parte civile nel processo – Mailat non ha ovviamente mai rifuso”. Anche la pubblica accusa di piazza Cavour rappresentata da Vito D’Ambrosio nella sua requisitoria aveva chiesto di confermare l’ergastolo per Mailat, condividendo la sentenza d’appello che aveva negato lo sconto di pena al romeno.
L’aggressione avvenuta a Roma, che portò alla morte di Giovanna Reggiani, spinse a portare il tema della sicurezza al centro dell’agenda politica e della campagna elettorale del 2008 e venne seguita da episodi violenti nei confronti di alcuni romeni che hanno suscitato tensioni politiche tra Italia e Romania.
Giovanni Gumiero, marito di Giovanna Reggiani, si è commosso alla sentenza della Cassazione. “Giustizia è fatta”. Raggiunto telefonicamente dal suo avvocato, Tommaso Pietrocarlo, il vedovo della Reggiani, che è ammiraglio ed è in navigazione, ha pianto. “Non cercavamo vendetta – spiega il legale – 29 anni o l’ergastolo non restituiranno la moglie all’ammiraglio Gumiero. Cercavamo soltanto la verità dei fatti. Non un colpevole a tutti i costi, solo la verità, e questa è stata affermata”.
(Adnkronos)

In un Paese dove la giustizia è lentissima, la rapidità con cui si è svolto questo procedimento giudiziario (meno di tre anni… ) nonché la durezza della sentenza definitiva, ulteriormente inasprita rispetto a quella emessa al termine del primo grado, desta in noi più di un sospetto.
Il fatto che il vedovo sia l’ammiraglio Giovanni Gumiero di cui sopra non conta davvero nulla?

A scuola dalla NATO, 2° parte

La finalità del NATO Defense College (NDC) è di contribuire all’effettività e coesione dell’Alleanza Atlantica sviluppando il proprio ruolo di principale centro di educazione, studio e ricerca sulle questioni di sicurezza transatlantiche.
Ogni anno, esso offre corsi e seminari sulle tematiche rilevanti per la sicurezza transatlantica, a cui partecipano alti ufficiali delle forze armate, importanti funzionari governativi, accademici e parlamentari. Le attività della scuola sono aperte a partecipanti provenienti non solo dai Paesi NATO ma anche da quelli del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo, e di altri Paesi ancora del Vicino e Medio Oriente nel quadro dell’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul.
Il NATO Defense College fu creato a Parigi nel 1951 e venne trasferito a Roma nel 1966. E’ posto sotto la direzione del Comitato Militare, che nomina il comandante della scuola per un periodo di tre anni. Il comandante è un ufficiale con grado almeno di tenente generale o equivalente, che è assistito da un civile con mansioni di preside e da un militare quale dirigente, entrambi del Paese ospitante.
La scuola concentra il suo impegno nelle tre principali aree dell’educazione, studio e ricerca. Le attività di educazione e ricerca sono coordinate con l’Allied Command Transformation (ACT), adeguatamente rappresentato all’interno del Senato accademico al fine di contribuire agli obiettivi complessivi della NATO in tema di educazione e ricerca.
Per quanto riguarda i suoi programmi educativi, la scuola organizza corsi su tematiche politico-militari destinati a formare personale selezionato per la NATO e gli eventi legati alla stessa Alleanza. La principale attività educativa è il Senior Course, frequentato da un massimo di 90 corsisti scelti da ciascun governo sulla base di una quota nazionale. I corsisti sono sia militari con il grado di colonnello o tenente colonnello, oppure funzionari civili di livello equivalente provenienti da importanti dipartimenti governativi od istituzioni statali.
Lezioni giornaliere sono tenute da docenti universitari, politici, funzionari militari e civili di alto grado. Grande importanza è attribuita al raggiungimento di un consenso tra i corsisti durante le discussioni, riflettendo in ciò la rilevanza che il principio del consenso possiede attraverso tutte le strutture NATO. Alcune parti del Senior Course sono organizzate quali corsi a moduli che prevedono la presenza per una settimana di ufficiali e funzionari dal quartier generale della NATO e dai comandi strategici per affrontare una particolare tematica di strategia.
Nel 1991, la scuola ha introdotto un corso delle durata di due settimane riservato ai membri della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). L’anno seguente, il corso è stato esteso ad esponenti del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo, in modo da favorire una percezione comune della regione euro-atlantica. Sono inoltre organizzati, due volte all’anno, in primavera ed in autunno, corsi per diplomatici destinati a rafforzare la stabilità regionale attraverso la promozione del dialogo e della comprensione.
Come parte del programma di studio della scuola, viene svolta annualmente una Conference of Commandants che riunisce i comandanti delle accademie militari dei Paesi sia della NATO che del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo per scambiare opinioni ed esperienze sulle filosofie accademiche ed i metodi educativi. Sempre annualmente, a febbraio, la scuola svolge un corso internazionale presso l’Accademia Militare di Kiev in Ucraina. Infine, essa offre anche corsi di studio erogati per via telematica.
La scuola ha significativamente migliorato il proprio contributo nel campo della ricerca ed ambisce a fornire agli alti gradi della NATO quelle nuove prospettive che emergono dai rapporti elaborati a partire da conferenze e seminari incentrati sulle maggiori sfide che riguardano l’Alleanza Atlantica.
Attraverso le attività delle associazioni nazionali di diplomati ed un incontro annuale riservato agli ex allievi, il NATO Defense College è capace di creare un forte spirito di corpo tra i suoi corsisti, molti dei quali oggi ricoprono posizioni di responsabilità all’interno della NATO.

NATO Defense College
Via Giorgio Pelosi, 1
00143 Roma
Tel: +39 06 505259
Fax: +39 06 50525799
Sito internet: www.ndc.nato.int

Amicizie pericolose

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Prima per “gioco”, poi sul serio.
La Marina israeliana ha preso parte per la prima volta, nel giugno 2006, ad un esercitazione navale della NATO tenutasi nel Mar Nero. Durante la “Cooperazione Mako”, sono stati simulati combattimenti tra navi lanciamissili, con annesse operazioni di ricerca e salvataggio. Fino ad allora Israele aveva partecipato a precedenti giochi di guerra soltanto in qualità di osservatore, nell’ambito del programma denominato “Dialogo Mediterraneo” al quale prendono parte anche i cosiddetti Paesi arabi moderati (verso la politica sionista, si intende) quali Egitto, Giordania, Marocco, Tunisia etc. Già da anni, comunque, i piloti della sua aviazione si addestrano insieme a quelli turchi, ad esempio. Ciò senza necessariamente presentare formale domanda di adesione alla NATO, come in passato aveva auspicato l’ex ministro della Difesa italiano Antonio Martino. Un patto militare ha vantaggi e svantaggi – aveva commentato il Capo di Stato Maggiore israeliano Dan Halutz – non esserne parte consente di prendere decisioni senza la necessità di consenso degli altri membri.
Probabilmente,  con la Cooperazione Mako si era di fronte alla prova generale del successivo, fallimentare, intervento contro il Libano del luglio-agosto 2006. A breve distanza da esso, Israele si è di nuovo agganciata alle iniziative sviluppate in ambito NATO, partecipando a pieno titolo all’operazione di pattugliamento navale “antiterrorismo” detta Active Endeavour, previa la firma di un vero e proprio accordo di cooperazione bilaterale. L’intesa raggiunta è stata quindi celebrata ad un convegno svoltosi ad Herzlya, vicino a Tel Aviv, sui rapporti NATO-Israele ed il Dialogo Mediterraneo, durante il quale il vice segretario generale della NATO, Alessandro Minuto Rizzo, ha espresso viva soddisfazione per la velocità del processo di convergenza.
Da quel momento in poi, un ufficiale di collegamento di Tsahal, l’esercito israeliano, è assegnato in maniera permanente presso la sede del comando della Forza di Intervento Rapido della NATO a Napoli.