C’è chi dice NO?

unnamed“Trident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC – Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”.
All’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta.
(…)
L’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando NATO.”

Da Trident Juncture 2015. Il più grande spettacolo dopo il big bang…, di Antonio Mazzeo.
[I collegamenti inseriti sono nostri]

La Russia nel mirino della NATO globale

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Intervista di RT a Rick Rozoff, curatore di Stop NATO e dell’omonimo sito
(traduzione e collegamenti inseriti sono nostri)

RT: Quale è il problema se la NATO svolge più esercitazioni militari? Viviamo in un mondo pericoloso e l’esercizio rende efficienti, non è così?
Rozoff: Certo, dobbiamo contestualizzare le questioni. Se stiamo parlando delle più recenti esercitazioni militari della NATO sul Mar Baltico, le cosiddette operazioni o esercitazione Steadfast Jazz 2013. Dobbiamo considerare che si tratta della più vasta esercitazione militare congiunta svolta dalla NATO negli ultimi sette anni. Ed è stata tenuta in due Paesi che condividono i propri confini con la Russia -Lettonia e Polonia- con l’esplicito obiettivo di compattare la cosiddetta NATO Response Force, che è una forza militare globale di intervento. Si è inoltre svolta su larga scala: 6.000 soldati, con componenti aeree e navali così come di terra e fanteria in Paesi confinanti con la Russia. Non è un fatto di tutti i giorni, come i vostri commenti possono suggerire. Se qualcosa di analogo succedesse al confine americano, a dire in Messico e Canada, e soldati provenienti da 40 Paesi, tutti membri della NATO, e una serie di Paesi partner della NATO dovessero impegnarsi in esercitazioni militari congiunte sul confine americano, si sentirebbe qualcosa da Washington, ve lo assicuro. Peraltro non si tratta di un innocuo affare quotidiano di una o due nazioni che svolgono esercitazioni militari; si tratta del più grande blocco militare nella storia, onestamente parlando, con 24 Paesi membri, con oltre 70 Paesi partner nel mondo, che è oltre un terzo delle nazioni al mondo, e nell’ONU, ad esempio. Questa rappresenta un’ulteriore indicazione che il blocco militare guidato dagli USA, la NATO, ispira, prima di tutto, lo svolgimento di quelle che potrebbero essere interpretate come incaute e forse anche pericolose esercitazione militari vicino ai confini della Russia e allo stesso tempo progetta di sviluppare ulteriormente e dare una veste all’attivazione della propria forza internazionale di intervento.

RT: Queste esercitazioni non sono a buon mercato comunque – e molte nazioni europee non sono finanziariamente nella migliore forma. Ne vale davvero la pena per loro?
Rozoff: Certo che no, è un fantasma, una minaccia immaginaria che è stata contestata. Vale la pena notare che il Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen e altri funzionari dell’Alleanza Atlantica incluso il vice Segretario Generale Alexander Vershbow, che è l’ex ambasciatore statunitense in Russia, hanno precisato che le esercitazioni militari svolte in Lettonia e Polonia erano dirette a consolidare i risultati conseguiti negli ultimi dodici anni in Afghanistan, dove la NATO, attraverso la missione ISAF, ha consolidato – sono le sue parole – l’operatività di forze militari provenienti da 50 diverse nazioni. I popoli europei, i cittadini dei rispettivi 26 Stati membri in Europa possono comprendere questo genere di stravaganza? No, certamente non possono. Così ciò che resta da credere è che gli Stati Uniti trovano il pretesto per utilizzare la NATO e sono pronti a sostenere la maggior parte dei costi derivanti dalle esercitazioni o dalla creazione delle installazioni militari, per rafforzare i propri interessi geopolitici in Europa e nel mondo.

RT: La NATO ha appena terminato le esercitazioni in Polonia e negli Stati baltici. C’è qualche ragione per la scelta di queste precise collocazioni?
Rozoff: Se vi riferite alla forza di risposta rapida, che è un dispositivo dell’Alleanza utilizzato presumibilmente per interferire quando la NATO interviene militarmente, come fa negli ultimi quattordiici anni fuori dalla sua area di responsabilità, l’autodichiarata zona di protezione dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Stiamo parlando ovviamente di una seria azione militare, seria come lo è la guerra, infatti. Quattordici anni fa nell’Europa sud-orientale, nella ex Jugoslavia, per gli ultimi dodici anni in Afghanistan, in Asia, e due anni fa in Libia e Nord Africa, poi hanno scelto un così delicato posizionamento di fronte alla Russia – gli Stati baltici, il confine nord-occidentale della Federazione Russa – a me sembra quasi come una provocazione. Ma la spiegazione ufficiale della NATO è che, essendosi ormai configurata come una forza militare internazionale per missioni che possono essere condotte in Africa, Medio Oriente, nel Golfo di Aden, nell’Oceano Indiano, in Asia Meridionale e Centrale, adesso deve ristabilire la propria capacità di difendere gli Stati membri. Chi altri se non la Russia può essere presa di mira quando gli Stati NATO, e, nel caso di Lettonia e Polonia – devono essere in grado di difendere i nuovi Stati membri dell’Alleanza come Lettonia, Estonia, Lituania a Polonia – nessuna altra nazione potrebbe essere il potenziale aggressore in quel contesto se non la Russia. Perciò questa è un’aperta provocazione nei confronti della Russia.

RT: L’anno prossimo la NATO terminerà la sua missione di combattimento in Afghanistan, che è durata oltre un decennio. Che cosa faranno tutte queste truppe dopo il ritiro del 2014?
Rozoff: Ci sarà un periodo di riposo e recupero per le attuali forze terrestri. E considerate che i comandanti NATO in Afghanistan e i comandanti militari USA hanno discusso circa il mantenimento in territorio afghano di un numero tra gli 8.000 e i 14.000 soldati statunitensi e di altri Paesi NATO per un futuro indefinito. E ciò si aggiunge certamente all’intenzione statunitense di mantenere e forse anche espandere la propria presenza e la propria capacità bellica nelle grandi basi aeree che gli Stati Uniti hanno migliorato a Shandan, Kandahar, e le basi terrestri fuori dalla capitale Kabul, e così via. Pertanto ciò che la NATO evidentemente intende fare, e gli USA in primo luogo, è la compiuta integrazione delle strutture militari di oltre 50 Paesi – un evento molto importante, non c’è nulla di anche lontanamente paragonabile che sia avvenuto prima nella storia. Bisogna essere onesti riguardo ciò. In nessuna guerra, neanche nella Seconda guerra mondiale, c’è stata la presenza di personale militare da 50 Paesi, tanto meno da una sola delle parti in conflitto, tanto meno in un solo teatro di guerra e in un sola nazione. Perciò quello che la NATO ha fatto è stato usare i dodici anni di incerto impegno bellico in Afghanistan al fine di mettere in piedi una NATO globale, nei fatti. E una volta concluso questo percorso con il vertice dell’Alleanza svoltosi a Chigago, lo scorso vertice NATO del Maggio 2012, l’Alleanza ha annunciato la nascita di un altro programma di partenariato. E questo sarà il primo che non è geograficamente connotato, diversamente da quelli che riguardano il Golfo Persico, il Mediterraneo, la regione del Medio Oriente o l’Europa Orientale, il Caucaso, l’Asia centrale. Quest’ultima iniziativa della NATO comprende inizialmente otto nazioni appartenenti alla più grande regione dell’Asia-Pacifico: Iraq, Pakistan, Afghanistan, Nuova Zelanda, Australia, Giappone, Corea del Sud e Mongolia. La Mongolia anche, come il Kazakhistan, che è un membro del programma NATO Partenariato per la Pace, confina sia con la Russia che con la Cina. Ciò cui stiamo assistendo è che a dispetto di tutti i suoi sforzi per convincere il mondo che è diventata un’aggiunta all’ONU, o che costituisce in qualche modo un apparato per il mantenimento della pace, la NATO si è in realtà trasformata in una forza militare globale. Essa può avere una limitata capacità di allargamento, almeno non fino al punto che vorrebbe. Ma le sue intenzioni sono chiare. Il nuovo quartier generale della NATO in costruzione a Bruxelles, che costerà più di un miliardo di dollari, sarà concluso a breve. Bene, la NATO non ha intenzione di accettare un’altra limitazione al bilancio e altri fattori che possano giustificare il suo ridimensionamento, le sue ambizioni al contrario sono più grandiose di quanto siano mai state prima.

RT: Che cosa riserva il futuro per l’Organizzazione in generale? Come può continuare a contare ed essere una forza importante nel mondo?
Rozoff: Lo scopriremo al prossimo vertice di Berlino l’anno a venire, nel 2014. Ciò che sappiamo è che al vertice di Chigago dell’anno scorso, una delle più importanti fra le decisioni prese riguarda il cosiddetto sistema di missili intercettori con approccio adattativo graduale -inizialmente progettato dai soli Stati Uniti sotto l’amministrazione di George W. Bush e ora pienamente integrato con la NATO sotto l’amministrazione di Barack Obama – ha raggiunto la capacità operativa iniziale, con piani per installare infine centinaia di missili intercettori a raggio intermedio e medio a terra in Paesi come Romania e Polonia, e anche su cacciatorpedinieri e altri tipi di unità navali nel Mediterraneo. Alla fine, sospetto, nel Mar Baltico e nel Mar Nero, poichè gli Stati Uniti stanno usando ancora la NATO come un cavallo di Troia, per controllare non solo militarmente ma anche politicamente l’intera Europa Orientale, dal Mar Baltico al Mar Nero. Ogni singolo membro di quello che era il Patto di Varsavia, con l’eccezione della Russia, è ora parte a pieno titolo della NATO. Metà degli Stati appartenenti alla ex Repubblica di Jugoslavia sono adesso membri a pieno titolo della NATO. Vediamo quindi che gli Stati Uniti usano la NATO per estendersi militarmente da Berlino, al termine della Guerra Fredda fin fino al confine russo. E la cosa più allarmante ultimamente è che hanno intensificato i propri sforzi per incorporare l’Ucraina, che possiede un rilevante confine con la Russia, quale importante partner della NATO. L’Ucraina sta per unirsi alla forza di risposta rapida, così come Georgia, Finlandia e Svezia. La Svezia è l’unico fra questi Paesi a non avere un confine con la Russia. Finlandia, Ucraina e Georgia possiedono confini rilevanti. Quello cui assistiamo è che la NATO in un modo o nell’altro sta continuando la spinta verso i confini della Russia e di fatto l’accerchiamento militare della Federazione Russa.

Roulette russa in Sicilia

Prima quattro, poi sei, adesso otto. Si tratta dei famigerati velivoli senza pilota UAV “Global Hawk” che la NATO destinerà alla base di Sigonella nell’ambito del nuovo programma di sorveglianza terrestre AGS (Alliance Ground Surveillance). A comunicare l’aumento del numero degli UAV che giungeranno in Sicilia entro il 2012, Ludwig Decamps, a capo della Sezione di supporto dei programmi di armamento della Divisione difesa dell’Alleanza Atlantica. «Il sistema AGS di Sigonella sarà fondamentale per le missioni alleate nell’area mediterranea ed in Afghanistan, così come per assistere i compiti della coalizione navale contro la pirateria a largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden», ha aggiunto Decamps. «L’AGS fornirà un preciso quadro della situazione operativa tramite dettagliate immagini del suolo, sempre disponibili per tutti i responsabili della NATO e dei Paesi che ne fanno parte e soprattutto per la “NATO Response Force” (NRF), la forza d’intervento rapido, accrescendo la capacità di sorveglianza aerea in linea con i moderni requisiti di Intelligence, Surveillance e Reconnaissance. Il sistema consentirà inoltre di supportare gli emergenti requisiti operativi anche per la gestione delle crisi, la sicurezza nazionale e gli aiuti umanitari. Sarà inoltre interoperabile con i sistemi di sorveglianza aviotrasportati e terrestri, formando così un sistema di sistemi».
Oltre alla componente di volo dell’AGS rappresentata da otto velivoli “RQ-4B Global Hawk” nella versione Block 40, all’interno della base di Sigonella saranno ospitati i centri di comando e di controllo del nuovo sistema, centralizzando le attività di raccolta d’informazioni ed analisi di comunicazioni, segnali e strumentazioni straniere. La Sicilia si trasforma così in un’immensa centrale di spionaggio, in un “Grande Fratello” capace di spiare, 24 ore al giorno, un’area che si estende dai Balcani al Caucaso e dall’Africa al Golfo Persico. Ma non solo. L’AGS, infatti, è un programma di vitale importanza per poter applicare sul campo la nuova dottrina strategica NATO per le guerre del XXI secolo, denominata “Network Centric Warfare” (NCW), che punta all’integrazione delle forze dell’alleanza militare in un’unica rete informativa globale (la cosiddetta infostruttura net-centrica) e alla «condivisione delle informazioni sensibili tra tutti i possibili utenti in tempo quasi reale».
(…)
Nonostante la sua rilevanza strategica, a sostenere finanziariamente l’AGS sono però appena 15 paesi sui 28 che aderiscono alla NATO. Si tratta di Bulgaria, Canada, Danimarca, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Stati Uniti e, ovviamente, l’Italia. Nel settembre 2009 i rispettivi ministri della difesa hanno sottoscritto l’AGS Programme Memorandum of Understanding (PMOU) che delinea il quadro giuridico, organizzativo e finanziario del nuovo programma militare. Costo stimato, 2,3 miliardi di dollari, ma con ancora alcuni punti oscuri che faranno certamente lievitare la spesa finale e, in conseguenza, i singoli contributi dei paesi partecipanti (150 milioni di euro dall’Italia, secondo il ministro La Russa). «Nessuna decisione è stata presa sino ad oggi relativamente alle trasformazioni infrastrutturali che saranno necessarie per ospitare a Sigonella il nuovo sistema e il personale destinato al suo funzionamento, circa 800 militari che si aggiungeranno alle unità statunitensi ed italiane già presenti nella Naval Air Station», ha dichiarato il responsabile NATO per i programma di armamento, Ludwig Decamps.
(…)
A intasare ulteriormente le piste e lo spazio aereo di Sigonella ci penseranno pure i 4 o 5 “Global Hawk” che l’aeronautica militare statunitense è in procinto di dislocare in Sicilia per le proprie operazioni “preventive” in Europa, Medio oriente e nel continente africano. Nella base siciliana verrà pure realizzato il Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso per le attività di manutenzione degli aerei senza pilota dell’US Air Force. «Velivoli assolutamente non compatibili col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa», aveva dichiarato due anni e mezzo fa il comandante italiano della stazione aeronavale di Sigonella. Proprio a causa dei documentati rischi per la sicurezza dei voli civili e militari e della popolazione residente, il governo spagnolo aveva ritirato la candidatura dello scalo di Zaragoza come principale base operativa dell’AGS NATO. Viaggiare in Sicilia sarà come giocare alla roulette russa. E pensare che nell’autunno del 2010, quando saranno avviati i lavori di ammodernamento e ampliamento di quello che è ormai il terzo aeroporto in Italia per traffico passeggeri, buona parte dei voli dovrebbero essere trasferiti transitoriamente da Fontanarossa a Sigonella.

Da Aumentano i Global Hawk per il Grande Fratello NATO a Sigonella, di Antonio Mazzeo.
[grassetti nostri]

NATO Rapid Deployable Corps – Italy

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Ritornano a Kabul i militari della base NATO di Solbiate Olona (Varese). Partiti a gennaio dall’aeroporto di Malpensa (su aerei dell’USAF), i 100 ufficiali di stanza al Comando di Reazione Rapida di Solbiate (uno dei cinque comandi di reazione rapida della NATO nel mondo), integrano il comando NATO delle operazioni militari in Afghanistan, basato a Kabul. Andranno a sostituire lo staff turco e resteranno al comando per i prossimi sei mesi. Il compito di comando dei militari della base “Ugo Mara” si era già avuto da agosto 2005 ad aprile 2006, con la responsabilità della spedizione militare “ISAF” (International Security Assistance Force) e l’assistenza a “Enduring Freedom” (“missione” composta di una coalizione a guida statunitense) sotto la guida del Generale Mauro Del Vecchio (ora parlamentare del Partito Democratico).
La “Ugo Mara”, al cui comando c’è il Generale Gian Marco Chiarini, è situata tra le città di Varese e Milano, a pochi chilometri dall’aeroporto di Malpensa (che è impiegato anche come aeroporto militare; ne sono un ultimo esempio le partenze dei militari, sopra descritte) e in un raggio di 15 chilometri dagli insediamenti a prevalente produzione bellica quali AgustaWestland ed Aermacchi. E’ attiva come base NATO a partire dal novembre 2001. Vi risiedono circa duemila soldati appartenenti a quindici Paesi: italiani, inglesi, statunitensi, tedeschi, ungheresi e greci i più presenti. Questo comando di reazione rapida è in grado di gestire quattro divisioni più alcune unità d’organizzazione e comando in aeree di conflitto, per un totale di 60mila militari coinvolti. La visione della base e le molteplici attività insite la connotano come un centro di comando predisposto ad attuare una sorta di ‘guerra informatica’. Infatti non vi è la presenza, nell’area della base, di carri armati, cannoni o altri grossi armamenti terrestri o aerei; oltre al campo per le esercitazioni, numerosi impianti con paraboliche e radar, semoventi o su strutture fisse. Inoltre è anche in corso un’ampia ristrutturazione che la porterà ad essere la prima base NATO in Italia con infrastrutture pari alle grandi basi USA ed europee. Infatti, è già in atto la costruzione di quello che è stato chiamato “Villaggio Monte Rosa”, un vero e proprio paese abitato dai militari e dalle loro famiglie, che prevede la costruzione di 227 palazzine, 448 uffici, 3 aree briefing, sale per congressi, impianti sportivi al coperto ed esterni, centri ricreativi, un centro medico, scuole, sportelli bancari, negozi. Il villaggio sorgerà su un’area di 35 ettari.

Da Varese, la base della “guerra informatica”, di Stefano Ferrario.