Orgoglioso patriota ucraino si è lamentato che la Spagna sta ignorando il tentativo di assassinio a cui è scampato e chiede aiuto alla Russia

Un qualificato patriota ucraino e sostenitore del regime di Kiev nel suo conflitto con la Russia si lamenta che la polizia spagnola stia ignorando le sue affermazioni secondo cui è stato preso come bersaglio di una sparatoria da un’auto.

Anatoly Shariy ha avuto la sua quota di attenzione su YouTube come voce critica dei governi di Kiev nel corso degli ultimi dieci anni. In anni recenti, il principale bersaglio delle sue critiche riguardanti la leadership ucraina è cambiato da Poroshenko a Zelensky. Il punto principale dell’attività critica di Shariy è che il “cammino europeo” del regime di Kiev è una cosa pienamente logica ma la si dovrebbe fare “saggiamente”.
Shariy fondò un partito col suo nome nel 2019, e mentre gli mancò poco per entrare nel parlamento ucraino, vinse però svariati seggi a livello di consigli regionali. Il governo di Zelensky lo mise al bando agli inizi del 2022 ed a ottobre dello stesso anno respinse tutti i ricorsi.
Inoltre, Shariy ha fatto il tifo per le forze armate del regime di Kiev impiegate nel conflitto dal 2022, così come ha diffuso molte notizie false sulle forze armate russe.
Nonostante questo, il professionale patriota ucraino non ha avuto scrupoli a scrivere un pubblico appello chiedendo ai “servizi speciali russi” di aiutarlo dopo che ha constatato che per la Spagna lui è solo un mediocre burattino e nessuno lo aiuterà a gestire questi problemi.
Shariy sostiene che lui e sua moglie Olga lo scorso mercoledì mattina stavano guidando verso casa nei pressi di Roda de Bera vicino a Tarragona a sud-ovest di Barcellona, quando un uomo a volto coperto puntò un mitra verso la loro macchina.
“Hanno provato ad ammazzarci in pieno giorno, nel bel mezzo di una strada”, Olga ha riferito al quotidiano El Diario nella sera dello stesso giorno.
Secondo i resoconti, la famiglia Shariy ha affrontato minacce e vessazioni da quando patrioti concorrenti provenienti dall’Ucraina hanno scoperto dove risiedono. Lo scorso ottobre, qualcuno ha lanciato bombe molotov contro casa loro.
“Le informazioni che ho ricevuto ad oggi mi danno ragione di fare appello ai servizi speciali della Federazione Russa con la richiesta di un’indagine di alta qualità e di una adeguata pronta risposta alla situazione riguardante la preparazione del mio omicidio nel territorio del Regno di Spagna.

Ancora una volta, le informazioni che ho ricevuto mi consentono di rivolgermi ai servizi speciali della Federazione Russa per un aiuto in un’adeguata indagine”, Shariy ha scritto in una lettera aperta sul suo canale Telegram il 12 marzo.
Shariy ha sostenuto che avrebbe trasferito le stesse informazioni ai servizi speciali spagnoli.
Il 12 marzo ha scritto anche che Ivan Andreevich, una sorta di “rappresentante di un servizio speciale russo”, lo ha contattato sulla situazione e ora è nella fase di accordo.
Il comportamento di Shariy dimostra l’integrità e la coerenza della posizione politica di un ordinario qualificato patriota ucraino al suo meglio.

(Fonte)

“Una strategia fallita ma che ha lasciato un effetto duraturo”

L’intervento del dott. Guido Salvini, magistrato presso il Tribunale di Milano, presentato al convegno “La rete eversiva di estrema destra in Italia e in Europa (1964-1980)”, svoltosi a Padova l’11 novembre 2016.

“Il quinquennio 1969-1974 rappresenta il periodo cruciale e più sanguinoso, l’apice di quella che è stata chiamata la strategia della tensione: in Italia si verificano ben cinque stragi, un’altra mezza dozzina di stragi almeno, soprattutto su linee ferroviarie, falliscono per motivi tecnici perché l’ordigno non esplode o il convoglio riesce a superare il tratto di binario divelto, vi è il tentativo di colpo di Stato del principe Valerio Borghese seguito da altri progetti che durano fino al 1974, vi è infine un attentato in danno dei Carabinieri quello di Peteano, con tre vittime, del maggio ‘72 caratterizzato, come vedremo, da una propria specificità.
Già l’anno 1969 in Italia anno è denso di avvenimenti politici.
In quel momento il governo è un debole monocolore guidato dall’on. Rumor che si muove in una situazione incandescente per il rinnovo dei più importanti contratti e la mobilitazione quindi di centinaia di migliaia di operai; inizia la protesta studentesca nei licei e nelle università con un anno di ritardo rispetto al 1968 francese. Sono poi in discussione in quella fase politica riforme decisive sul piano strutturale e culturale come lo Statuto dei Lavoratori, l’approvazione del sistema delle Regioni, la legge sul divorzio.
Nixon è presidente gli Stati Uniti e sono gli anni della dottrina Kissinger, quella secondo cui i governi italiani e i partiti politici di centro dovevano respingere ogni ipotesi di accordo e di compromesso con il PCI e le forze di sinistra, scelta facilitata in passato, come ha ricordato anche Aldo Moro nel suo memoriale scritto dalla prigionia, da continui flussi di finanziamenti distribuiti nascostamente dall’amministrazione americana a partiti e organizzazioni di centrodestra talvolta tramite il SID del gen. Miceli. Il 27 febbraio 1969 il presidente della Repubblica americano fa una visita in Italia ed incontra al Quirinale il presidente Saragat. Vi è stata da poco la scissione del PSI e attorno al PSDI, cui Saragat appartiene, si radunano le correnti più determinate in senso filo-atlantico e più contrarie al mantenimento dell’esperienza di centro-sinistra.
Secondo un dossier contenuto negli archivi di Washington e desecretato il Presidente italiano concorda con quello americano sul “pericolo comunista” e afferma che agli occhi degli italiani il PCI si fa passare per un partito rispettabile ma è dedito agli interessi del Cremlino.
Il giorno della visita del presidente Nixon a Roma la città è blindata e scoppiano gravissimi incidenti tra la polizia ed extraparlamentari di sinistra cui seguono nell’Università scontri tra questi ultimi e militanti dell’estrema destra: vi è la prima vittima di quell’anno Domenico Congedo, uno studente anarchico, Congedo che durante un attacco dei fascisti alla facoltà di Magistero precipita da una finestra.
Del resto a livello internazionale la situazione è critica per il blocco occidentale in quanto molti Paesi afro-asiatici sotto la spinta della decolonizzazione entrano nell’orbita dei Paesi socialisti e alcuni passaggi di campo vengono impediti solo attraverso guerre civili o colpi di Stato molto sanguinosi da quello in Indonesia nel 1965 a quello in Cile nel 1973.
Non sembra un caso che la stagione delle stragi si collochi all’interno di questo quadro internazionale e coincida quasi perfettamente con la durata della presidenza Nixon e declini nel 1974 dopo la crisi del Watergate e lo sfaldarsi dei regimi dittatoriali in Europa, la Grecia, la Spagna, il Portogallo con il conseguente venir meno dell’ipotesi di un colpo di Stato anche in Italia che s’ispiri a quelle esperienze.”

Gli anni 1969-1974 in Italia: stragi, golpismo, risposta giudiziaria continua qui.

Forze ed operazioni militari USA in Africa – una rassegna

Di Benjamin Cote in esclusiva per SouthFront

L’importanza delle Forze Militari in Africa
Il 4 ottobre 2017, forze nigerine e Berretti Verdi americani sono stati attaccati da militanti islamici durante una missione di raccolta di intelligence lungo il confine con il Mali. Cinquanta combattenti di una affiliata africana dello Stato Islamico hanno attaccato con armi di piccolo calibro, armi montate su veicoli, granate lanciate con razzi e mortai. Dopo circa un’ora nello scontro a fuoco, le forze americane hanno fatto richiesta di assistenza. I jet Mirage francesi hanno fornito uno stretto supporto aereo e i militanti si sono disimpegnati. Gli elicotteri sono arrivati per riportare indietro le vittime per l’assistenza medica.
Quando la battaglia finì quattro Berretti Verdi sono risultati uccisi nei combattimenti e altri due furono feriti. I sergenti maggiori Bryan Black, Jeremiah Johnson, Dustin Wright e il più pubblicizzato di tutte le vittime il sergente La David Johnson sono stati uccisi in missione. Il presidente Trump si è impegnato in uno scontro politicizzato con la vedova di Johnson e la deputata della Florida Federica Wilson in merito alle parole da lui usate in una telefonata consolante.
La battaglia politica sui commenti del Presidente Trump ha avuto l’effetto non intenzionale di spostare l’attenzione della nazione sulle attività americane in Africa. In precedenza il pubblico americano, e buona parte dell’establishment politico, mostrava scarso interesse o conoscenza delle missioni condotte dai dipartimenti di Stato e della Difesa all’interno delle nazioni africane in via di sviluppo. Il 5 maggio, un Navy SEAL era stato ucciso vicino a Mogadiscio mentre assisteva le forze somale nel combattere al-Shabaab. Questa morte è arrivata un mese dopo che l’amministrazione Trump aveva revocato le restrizioni sulle operazioni di antiterrorismo nelle regioni della Somalia.
Certamente l’evento non ha registrato la stessa attenzione del mainstream come la polemica circa il sergente Johnson; tuttavia, tutto rivela come l’Africa stia lentamente diventando un’area di interesse nazionale cruciale per gli Stati Uniti. Le questioni concernenti le nazioni africane riguardanti le minacce terroristiche sia esterne sia interne, così come i loro problemi economici, servono a garantire che i responsabili politici degli Stati Uniti si concentrino sul continente. Iniziative globali come la Combined Joint Task Force for Operation Inherent Resolve coinvolgono diverse nazioni africane fondamentali per combattere l’ascesa dell’estremismo islamico radicale. L’ascesa di gruppi estremisti coesi insieme all’espansione degli investimenti economici nell’Africa post-coloniale ha comportato un aumento dei dispiegamenti militari stranieri e americani nella regione. Continua a leggere

Di chi è la colpa dell’invasione?

Lettera aperta ai Senatori e Deputati per la convocazione di un dibattito parlamentare per verificare le responsabilità di Napolitano e Berlusconi

Ci sono, e vanno indagate e dibattute, le grandi cause e responsabilità internazionali e storiche dell’immigrazione di massa e di una presente (e futura) invasione del nostro territorio nazionale che il governo non riesce né a pensare, né tanto meno a controllare.
Ma per avere il diritto di indagare e dibattere le grandi cause e responsabilità storiche, bisogna meritarselo, e prima indagare e dibattere le cause e responsabilità italiane di questa sciagura che ricade sul capo nostro, dei nostri figli e degli immigrati. Farlo è facile, perché la responsabilità politica e giuridica diretta dell’invasione è ascrivibile a due colpevoli italiani, entrambi viventi e operanti sulla scena politica, che hanno nome, cognome e indirizzo.
I due colpevoli italiani dell’invasione sono:
1) Giorgio Napolitano, nato a Napoli il 29 giugno 1925, Senatore di diritto e a vita quale Presidente Emerito della Repubblica.
2) Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, Presidente di Forza Italia.
Nel 2011 Giorgio Napolitano era Presidente della Repubblica, Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio del Ministri. Tre anni prima, entrambi avevano firmato il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, stipulato a Bengasi il 30 agosto 2008, che contiene il solenne divieto di compiere atti ostili in partenza dai rispettivi territori, e in cui ciascuna parte si impegna a non compiere atti ostili nei confronti dell’altra e a non consentire l’uso del proprio territorio da parte di altri (Stati o attori non statali) per la commissione di tali atti.
Nel 2011, Francia e Gran Bretagna aggrediscono la Libia, ne rovesciano il governo, e bande criminali da esse sostenute e finanziate massacrano il Capo dello Stato Muhammar Gheddafi.
Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi non soltanto non muovono un dito per opporsi con tutti i mezzi disponibili a questa aggressione, ma consentono agli aggressori l’utilizzo dello spazio aereo e delle infrastrutture militari italiane, e addirittura si accodano all’aggressione, partecipandovi tardivamente, in ruolo subalterno.
Così facendo, Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi si rendono colpevoli di quanto segue:
– Violazione patente e ingiustificata del Trattato di amicizia tra Italia e Libia, con grave offesa all’onore della Repubblica Italiana e alla sua reputazione internazionale.
– Grave danno a un interesse nazionale vitale: perché tale era, per l’Italia, la stabilità del governo libico. Come largamente prevedibile e previsto, infatti, la destabilizzazione del governo libico e l’anarchia sanguinosa che ha provocato è la causa prossima immediata dell’invasione incontrollata di immigrati sul territorio nazionale italiano.
Chiediamo dunque che si tenga al più presto un dibattito parlamentare avente per tema: “Responsabilità politiche italiane dell’invasione incontrollata di immigrati sul suolo nazionale”, nel quale si discutano le responsabilità politiche e giuridiche di Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. In questo dibattito parlamentare si valuterà:
a) se deferire Silvio Berlusconi al Tribunale dei Ministri per la violazione del Trattato di amicizia tra Italia e Libia (v. la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, 1969, in specie artt. 26 e 31. Dal preambolo: “I principi del libero consenso e della buona fede e la norma pacta sunt servanda sono universalmente riconosciuti”. Dall’allegato: “Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere eseguito da esse in buona fede”);
b) se deferire Giorgio Napolitano alla Corte Costituzionale per il reato di alto tradimento, in quanto colpevole di comportamento doloso che, offendendo la personalità interna ed internazionale dello Stato, ha costituito una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica.
Che cosa potevano fare Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano nel 2011?
Appena saputo che Francia e Gran Bretagna intendevano aggredire la Libia, Paese amico e garante di un interesse nazionale vitale, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano potevano e dovevano, subito:
a) denunciare pubblicamente e in tutte le sedi diplomatiche opportune – anzitutto UE, NATO e ONU – l’iniziativa illegale delle due potenze (alleate NATO), e manifestare inequivocabilmente che l’Italia aveva l’obbligo, l’interesse e la volontà di opporvisi con tutti i mezzi a sua disposizione;
b) offrire collaborazione militare al legittimo governo libico, e, se accettata, schierare truppe italiane sul suolo libico a protezione del Capo dello Stato e delle infrastrutture più rilevanti, inviando in appoggio alle truppe di terra le navi della Marina militare italiana.
Questo si poteva e si doveva fare, e Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano non lo hanno fatto, pur conoscendo molto bene le gravi conseguenze, per l’Italia e la Libia, della loro inazione.
La distruzione dello Stato libico ha aperto le porte all’immigrazione di massa e a chi ci lucra sopra: mercanti di carne umana e jihadisti.
La controprova è la Spagna che, sebbene molto più vicina al continente africano delle coste italiane, non è investita da un’immigrazione paragonabile a quella che interessa noi: perché di fronte alla Spagna c’è il Marocco, che può controllare il proprio territorio.
La soluzione della crisi migratoria passa per il recupero della dignità e della volontà dell’Italia di ammettere i propri errori, a partire dalla nostra complicità nella destituzione violenta di Gheddafi. Forte della ritrovata legittimità, l’Italia potrà decidere i provvedimenti necessari a fronteggiare l’emergenza e prospettare nelle sedi internazionali una soluzione che tenga conto di tutte le cause del fenomeno. Quanto all’Unione Europea, appare sempre più chiaro, anche in questo frangente, che o l’Unione cambia, o si deve uscire dall’Unione.

Firme:
Ugo Boghetta
Roberto Buffagni
Tito Casali
Pier Paolo Dal Monte
Andrea Magoni

Per aderire come firmatari si prega di inviare un’email ai seguenti indirizzi:
indipendenzaecostituzione@yandex.com
costituzionelasoluzione@gmail.com

Fonte

Come Napoleone 200 anni fa

12742123_10153972546296204_1780401827931378062_n“Ho osservato la storia e ho concluso che tutta questa russofobia è iniziata quando Carlo Magno ha creato l’Impero occidentale 1.200 anni fa, ponendo le basi per il grande scisma religioso del 1054. Carlo Magno creò il suo impero in opposizione alla situazione esistente, quando il centro del mondo civilizzato era Bisanzio.
La cosa più sconvolgente di cui mi sono reso conto era che tutto quello che ci hanno insegnato a scuola era sbagliato. Sostenevano che i dissidenti appartenevano alla Chiesa d’Oriente, che si era divisa da Roma. Ora so che quello che è successo è proprio il contrario: è stata la Chiesa cattolica occidentale a dissentire dalla Chiesa universale, mentre la Chiesa d’Oriente è rimasta ed è ancora ortodossa.
Al fine di spostare la colpa da se stessi, i teologi occidentali di quel tempo lanciarono una campagna giustificatoria per dare la colpa alla Chiesa d’Oriente. Hanno usato argomentazioni che sono ritornate ancora e ancora come parte del confronto tra l’Occidente e la Russia. Allora, nel Medioevo, hanno cominciato a riferirsi al mondo greco, o bizantino, come un “territorio di tirannia e barbarie”, al fine di sconfessare la responsabilità dello scisma.
Dopo la caduta di Costantinopoli, quando la civiltà bizantina si è conclusa, e la Russia ne ha preso il posto come Terza Roma, tutte quelle superstizioni, tutte quelle bugie circa la desacralizzazione del mondo ellenico, sono state trasferite automaticamente alla Russia.
È strano vedere le note di viaggiatori occidentali in Russa a partire dal XV secolo: tutti descrivono la Russia negli stessi termini che avevano usato per descrivere Bisanzio. Questa critica artefatta è considerevolmente aumentata dopo le riforme di Pietro il Grande e Caterina la Grande, quando la Russia è diventata potente sulla scena politica europea. Ed entro la fine del XVIII secolo, la critica è diventata russofobia.
Nata in Francia sotto Luigi XV, è stata utilizzata per un po’ da Napoleone per giustificare un’animosità verso la Russia, che era un ostacolo alla politica espansionistica della Francia. Il “Testamento di Pietro il Grande” [un documento politico contraffatto, NdT] fu utilizzato da Napoleone come giustificazione per la sua campagna di Russia.
Possiamo confrontare questo caso con i tempi moderni, in cui, al fine di raggiungere i loro obiettivi, gli Americani hanno inventato la menzogna che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa. La russofobia è rimasta in Francia come ideologia politica fino al XIX secolo, quando dopo aver perso la guerra franco-prussiana, la Francia si rese conto che il suo principale nemico non era più la Russia, ma la Germania, diventando alleata della Russia.
Per quanto riguarda l’Inghilterra, la russofobia vi apparve intorno al 1815, quando la Gran Bretagna, alleata con la Russia, sconfisse Napoleone. Una volta che il nemico comune fu sconfitto, l’Inghilterra invertì la rotta e fece della Russia il suo nemico, alimentando la russofobia. Dal 1820, Londra utilizzò un’ideologia anti-russa per mascherare le sue politiche espansionistiche, sia nel Mediterraneo sia in altre regioni – Egitto, India e Cina.
In Germania, la situazione non cambiò fino alla fine del XIX secolo, quando fu creato l’impero tedesco. Non aveva colonie, e non c’era posto per ottenerne, poiché Inghilterra, Francia, Spagna e Portogallo avevano avuto un vantaggio iniziale. Poiché tutte le colonie erano state assegnate senza la Russia, apparve in Germania un movimento politico che cercava una “espansione verso l’Oriente”, vale a dire, le moderne Ucraina e Russia. Questo tentativo fallì durante la Prima Guerra Mondiale, e più tardi, Hitler usò la stessa ideologia.
Non è un caso che gli storici tedeschi siano stati all’origine di quello che è conosciuto come “revisionismo”, la tendenza a sottovalutare il contributo dell’URSS alla vittoria sul Terzo Reich, sopravvalutando il contributo degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
Il terzo tipo di russofobia è americano, ed è iniziato nel 1945. Non appena hanno sconfitto la Germania attraverso iniziative comuni con l’URSS, a costo di milioni di vite sovietiche, hanno disseminato la stessa storia creata dopo la vittoria su Napoleone nel 1815. Gli Stati Uniti hanno invertito la rotta e l’alleato del giorno prima è diventato il loro principale nemico. Così è iniziata la Guerra Fredda.
Gli Americani hanno usato gli stessi argomenti degli Inglesi nel 1815, sostenendo che essi “combattevano contro il comunismo, la tirannia, l’espansionismo”, e i loro argomenti erano ben poco diversi, fatta eccezione per la cosiddetta lotta contro il comunismo. Questa si è rivelata un trucco, perché al crollo dell’Unione Sovietica il confronto tra l’Occidente e la Russia non è terminato.
La storia del XIX secolo si ripete: gli Stati Uniti continua a parlare di una “minaccia” presumibilmente proveniente dalla Russia, al fine di raggiungere i propri obiettivi, promuovere i propri interessi, e perseguire la propria espansione. Oggi si demonizza la Russia in modo da mettere i missili della NATO in Polonia, usando le stesse parole e gli stessi argomenti che usava Napoleone 200 anni fa.”

Da Guy Mettan: le radici della russofobia, intervista all’autore di Russofobia. Mille anni di diffidenza.

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Bernardino León ha negoziato la sua promozione con il governo degli Emirati mentre era mediatore dell’ONU per la Libia

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L’ex segretario di Stato spagnolo è stato appena nominato direttore della scuola diplomatica degli Emirati, un Paese che appoggia una delle parti che si affrontano nella guerra civile libica.
León aveva comunicato al ministro degli Esteri di quel Paese che aveva intenzione di favorire il gruppo nazionalista di Tobruk appoggiato dai governi europei e del Golfo Persico.

Secondo quanto riferito dal Guardian, il diplomatico spagnolo Bernardino León stava negoziando durante i mesi estivi con il governo degli Emirati Arabi Uniti la sua promozione a un posto di livello superiore mentre al tempo stesso cercava di favorire a nome dell’ONU un accordo politico per metter fine alla guerra in Libia.
L’indipendenza della sua missione diplomatica resta in discussione per il fatto che il governo degli Emirati appoggia una delle due parti in conflitto e per una e-mail rivelata dal quotidiano britannico. In essa, León mostra chiaramente che la sua posizione è favorevole al gruppo che controlla il Parlamento dalla città di Tobruk e che si oppone alla coalizione islamista che si era rafforzata in gran parte del Paese. Il messaggio rivela un mediatore che non è neutrale.
A giugno, il governo degli Emirati aveva offerto a León, che era segretario di Stato per l’Estero nel governo Zapatero, il posto di direttore della sua scuola diplomatica, un posto altamente lucrativo, con uno stipendio mensile di 50.000 euro. Quella scuola non solo forma i diplomatici di questa monarchia autoritaria, ma funziona come un think tank per promuovere le priorità della sua politica estera. Mercoledì scorso, la nomina è stata resa pubblica e Bernardino León è stato sostituito come inviato speciale delle Nazioni Unite per la crisi libica dal diplomatico tedesco Martin Kobler.
Nelle trattative private con gli Emirati, León aveva sollevato le sue alte aspirazioni economiche. Riferiva di non riuscire a trovare un domicilio in Abu Dhabi che soddisfacesse le sue esigenze di affitto con gli 89.000 euro annui offertigli per questo scopo, e chiedeva un importo doppio di tale cifra.

L’intervento degli Emirati nella guerra
Gli Emirati non sono mai stati un osservatore imparziale nella guerra libica. Aerei di questo Paese, insieme a quelli egiziani, hanno partecipato nell’agosto del 2014 ad attacchi contro la coalizione delle milizie islamiste, appoggiata dal Qatar, per cercare di impedire che prendessero il controllo della capitale, Tripoli, fatto che non gli riuscì. Come i governi occidentali, gli Emirati riconoscono come unica autorità legittima della Libia i gruppi nazionalisti che furono espulsi da Tripoli.
Il Guardian racconta che solo cinque mesi dopo esser stato nominato mediatore, León inviò una e-mail al ministro degli Esteri degli Emirati per parlargli del suo rifiuto dell’ultima posizione di Europa e Stati Uniti, che erano disposti a convocare una conferenza di pace. Per León, e presumibilmente per il suo interlocutore, questo era un errore “perché si sarebbero considerate entrambe le parti come uguali attori nel conflitto”.
Il diplomatico spagnolo rivela al suo interlocutore che non ha alcuna intenzione di essere un mediatore neutrale. Sua intenzione è rompere l’alleanza dei commercianti di Misurata coi gruppi islamisti per rafforzare i loro rivali di Tobruk. Suo obiettivo è “delegittimare” la coalizione islamista. Racconta anche che coordina tutti i suoi movimenti con i nemici del gruppo che controlla Tripoli, e che fra di essi c’è l’ex primo ministro Mahmoud Jibril, fuggito negli Emirati e protetto dalle autorità di quel Paese.
Parlando al quotidiano britannico, León nega di aver favorito una delle due parti nella guerra libica e sostiene che la sua proposta per porre fine al conflitto sia equa. Riguardo all’e-mail citata, afferma di aver avuto conversazioni simili con Paesi che appoggiano l’altro attore della guerra: “Sono sicuro che in varie occasioni ho detto anche a loro che ‘possono contare su di me’. Il mio lavoro consiste nel costruire la fiducia con tutti, dentro e fuori la Libia”.
Parlando a El País, León ha detto che il suo account di posta elettronica è stato violato: “Attraverso queste e-mail sono stato attaccato e manipolato, qualcuno sta cercando di dire che io sono stato parziale, con la scusa che gli Emirati Arabi Uniti sostenevano il Governo di Tobruk. Ѐ chiaro che anche da Tobruk mi si accusa di favorire Tripoli”.
The Guardian ha contattato León lunedì [2 novembre u. s. – ndr]. Allora, aveva negato di aver accettato il posto negli Emirati. Il mercoledì, ha inviato una e-mail al giornalista affermando che “non aveva ancora firmato nessun contratto” e che c’erano state solo conversazioni. Ha chiesto al giornale di non pubblicare nulla fino a che non gli avesse concesso un’intervista per spiegare la sua situazione. La successiva notizia era apparsa sul giornale il giovedì, quando è stato annunciato che León avrebbe assunto il posto offerto dal governo degli Emirati.

Una proposta di pace senza esito
Prima di concludere il suo lavoro di inviato dell’ONU, ha annunciato una proposta di accordo di pace che passa attraverso la formazione di un Governo di unità nazionale nel quale il Parlamento di Tobruk svolga le funzioni legislative e il consiglio islamista si converta nella Camera Alta ma solo con funzioni consultive. L’accordo non sembra avere molto futuro. Ѐ stato respinto da entrambe le parti, soprattutto dagli islamisti. Attualmente, i Paesi occidentali e del Golfo Persico premono sui parlamentari di Tobruk affinché lo approvino. Il presidente della Camera non lo esclude, ma si limita a dire che “la porta del dialogo non è chiusa”.

Fonte – traduzione di M. Guidoni

Spagna, la nuova portaerei della NATO

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La Spagna si è trasformata fino al prossimo 6 novembre nel più grande teatro di operazioni militari della NATO dalla fine della Guerra Fredda, per ospitare gigantesche manovre che mobilitano più di 30.000 soldati, 20.000 dei quali spagnoli, con armamenti di ultima generazione.

La fase attiva del Trident Juncture 2015 è iniziata il 3 ottobre scorso, ma il governo conservatore di Mariano Rajoy non ha ancora spiegato né i costi di queste esercitazioni, né la nuova politica di avvicinamento militare agli Stati Uniti, né quali saranno i benefici per la Spagna di questa pericolosa strategia.
Lo stesso ministro spagnolo della Difesa, Pedro Morenés, ha definito quest’estate le attuali manovre della NATO come le “più potenti, più importanti e di maggior entità qualitativa e quantitativa dell’Alleanza dai tempi dell’operazione in Afghanistan”.
Le esercitazioni della NATO in Spagna serviranno secondo le parole del responsabile della Difesa spagnolo a “dare visibilità” a questa regione “come un settore chiave” per l’Alleanza Atlantica.
Ma questo stretto rapporto della Spagna con NATO e USA non porta alcun beneficio agli Spagnoli, quanto piuttosto il contrario, perché a seguito dell’attuale escalation militare tra Washington e Mosca, anche la Spagna si convertirà in un obiettivo da colpire. Continua a leggere

Ripristinare le relazioni diplomatiche con la Repubblica Araba Siriana

SIRIA

Risoluzione in commissione 7-00771 presentata da Manlio Di Stefano e altri deputati del M5S
Mercoledì 16 settembre 2015, seduta n. 483

La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
premesso che:
la Siria dal 15 marzo 2011 vive una terribile guerra per procura alimentata da terroristi provenienti da 89 Paesi, dove, finora, sono morte più di 250.000 persone tra civili e militari;
vista la situazione di caos, sul territorio siriano si sono sviluppate, grazie anche al supporto logistico, finanziario e di armamenti, le organizzazioni terroristiche di Jabhat al-Nusra, filiale di al-Qaeda in Siria e il sedicente Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, ISIS;
è stato documentato da diversi media in Turchia, così come dal Dipartimento di Stato degli USA, il coinvolgimento dei servizi segreti turchi nel passaggio dei terroristi in Siria;
l’Isis continua a ricevere i proventi dalla vendita di petrolio alla Turchia a un prezzo ridotto (come documentato da vari analisti e reporter di guerra) e dai reperti archeologici saccheggiati in Siria e Iraq e poi rivenduti sui mercati europei;
la Giordania favorisce il passaggio di terroristi sul suolo siriano, mentre Israele accoglie i terroristi feriti in Siria e, come documentato dai media israeliani, offre loro supporto logistico per tornare nei campi di battaglia siriani;
dal mese di aprile 2015, l’ISIS e il Fronte al-Nusra hanno proseguito la loro avanzata in Iraq e Siria, occupando Ramadi (Iraq), Idlib e Palmyra (Siria); l’inviato dell’ONU in Siria, Staffan De Mistura, ha ribadito più volte che il presidente siriano Bashar al-Assad è parte della soluzione alla crisi siriana e che sarebbe necessario un maggior coordinamento con le forze armate siriane contro le organizzazioni terroristiche ISIS e al-Nusra, avendo acquisito nel tempo importanti informazioni di intelligence;
la cosiddetta coalizione anti-ISIS a guida americana non solo si è dimostrata inconcludente, ma, come nel caso dell’occupazione di Palmyra, ha mostrato addirittura un chiaro atteggiamento non interventista, quasi benevolo. Preoccupante, inoltre, è l’intenzione da parte della suddetta coalizione di considerare al-Nusra tra i cosiddetti «ribelli moderati»;
la cosiddetta coalizione nazionale siriana è divisa e lacerata da divisioni al suo interno tra continue liti e scandali per sottrazione di fondi; ha un riscontro minimo di popolarità sul suolo siriano e la sua formazione militare, il cosiddetto Free Syrian Army, è ormai parte integrante delle organizzazioni terroristiche presenti sul territorio siriano;
dal 2011, la Repubblica Araba Siriana è vittima dell’embargo economico e delle sanzioni dell’Unione Europea, i cui effetti diventano devastanti solamente su una popolazione impossibilitata, ora, ad accedere a medicinali e beni di prima necessità. Nel mese di maggio 2015, inoltre, il Consiglio europeo ha esteso le sanzioni economiche contro la Siria per un anno ulteriore, quindi, fino al 10 giugno 2016;
la Repubblica Araba Siriana è una nazione laica che consente ai cristiani e alle altre minoranze religiose di professare liberamente la propria fede religiosa. A Damasco c’è una delle più antiche sinagoghe del Medio Oriente, colpita dai mortai dei ribelli dell’Esercito Libero Siriano, considerati da molti Governi occidentali dei «moderati»; in Siria la donna non è costretta a portare alcun velo e ha pieni diritti civili e piene libertà. Le donne possono esercitare qualsiasi professione e non è preclusa la carriera politica o l’accesso alle istituzioni;
la Siria, dal giorno della Nakba, 15 maggio 1948, ha accolto milioni di rifugiati palestinesi ai quali sono stati concessi pieni diritti e la cittadinanza siriana. In seguito alla guerra in Iraq, nel 2003, e al susseguirsi del conflitto, il Governo siriano ha accolto più di 1 milione di profughi iracheni, riservando loro alloggi e lavoro secondo le loro competenze, senza alcuna discriminazione etnica, religiosa o sociale; nel 2006 durante il conflitto tra Hezbollah e Israele, 600.000 libanesi in fuga dai bombardamenti israeliani sono stati accolti in territorio siriano;
la Repubblica Araba Siriana non è isolata. È riconosciuta dall’ONU, dai Paesi cosiddetti BRICS, dai Paesi membri dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), dall’Iran, Algeria, Libano, Kuwait e altri Paesi che stanno rivedendo la loro posizione. Stati che, nel complesso, rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale;
il Ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz ha dichiarato recentemente che l’Occidente dovrebbe collaborare con il presidente siriano Bashar al-Assad e i suoi alleati Iran e Russia per combattere il gruppo terroristico ISIS. Altresì il Ministro degli esteri spagnolo José Manuel Garcia-Margallo ha dichiarato da Teheran di ritenere necessario l’apertura di un negoziato con il presidente Assad per un cessate il fuoco,

impegna il Governo:

a riconoscere e ripristinare le relazioni diplomatiche con la Repubblica Araba Siriana;
a condannare gli atti di terrorismo compiuti ai danni della popolazione siriana;
a intervenire nelle sedi internazionali, quali ONU e Unione Europea, affinché sia rispettata la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 2170 che prevede misure per ostacolare ogni tipo di supporto, finanziamento e armamento ai terroristi dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), al fronte terroristico Jabhat al-Nusra e al flusso di terroristi in Siria e in Iraq;
a dissociarsi e a contribuire in sede europea alla rimozione delle inique sanzioni economiche alla Repubblica Araba Siriana;
a intraprendere e a promuovere iniziative di dialogo con il Governo siriano come proposto da altri Paesi europei, come la Spagna e l’Austria.

(7-00771) «Manlio Di Stefano, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Spadoni».

Fonte

#JesuisBBC: Poroshenko mette al bando i giornalisti occidentali dall’Ucraina

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Maidan sta mangiando se stessa: il presidente Poroshenko ha distolto i media occidentali dal loro importante ruolo di sostenitori del suo governo. Mettere al bando i giornalisti della BBC è stato un grosso errore per il re del cioccolato.

I governanti pazzi non sono un fenomeno nuovo. Risalendo al sesto secolo, l’imperatore bizantino Giustino II fu costretto ad abdicare dopo che cominciò a divorare le persone.
Poi ci fu re Carlo VI di Francia che rifiutò di lavarsi perché credeva di essere fatto di vetro.
Infine, non va dimenticato il russo Feodor I che era solito girare per il Paese suonando le campane delle chiese. Per divertimento.
Giustino sviluppò un gusto per la carne morsicando la povera gente mentre veniva portato in giro su un trono a rotelle. Non c’è memoria di un imperatore che mangiasse se stesso. Comunque, il governo maidanista dell’Ucraina sta facendo questo adesso. Il golpe, o “rivoluzione” se preferite, è diventato cannibale.
Se voi foste un consigliere di pubbliche relazioni per i dirigenti dell’Ucraina e loro vi chiedessero di compilare una lista di cose che non devono fare, la messa al bando di giornalisti sarebbe fra le prime.
Forse anche al primo posto. Mentre quelli che conoscono l’Ucraina sanno che il regime è anche peggiore del suo orribile predecessore, i media occidentali non hanno riferito questa realtà. Di più, l’opinione pubblica in Europa e America settentrionale non ha la minima nozione di ciò. Anche l’uso di bombe a grappolo contro i civili dovrebbe essere cosa da dirsi. Nondimeno, Kiev lo ha già fatto. Fortunatamente per loro, la stampa occidentale non sembra interessata.
Mercoledì notte [16 settembre u. s. – ndt], il presidente Poroshenko ha firmato un decreto che mette al bando dall’Ucraina 388 persone. Ciò non rappresenta una grande sorpresa. Dopo tutto, da qualche tempo il governo di Kiev incarcera i dissidenti interni. Come Ruslan Kotsaba ad esempio. Così mettere al bando poche centinaia di Russi e altre persone da nazioni minori dell’Europa orientale come Polonia od Ungheria, a fatica dovrebbe attirare qualche attenzione. Continua a leggere

C’è chi dice NO?

unnamed“Trident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC – Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”.
All’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta.
(…)
L’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando NATO.”

Da Trident Juncture 2015. Il più grande spettacolo dopo il big bang…, di Antonio Mazzeo.
[I collegamenti inseriti sono nostri]

Alexis Tsipras: eroe, traditore, eroe, traditore, eroe

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Ci scusiamo con i marxisti di tutto il mondo se la Grecia si rifiuta di commettere il suicidio rituale per promuovere la causa. Ne soffrirete sui vostri divani.

Si scopre sul panorama politico europeo, anzi, mondiale, che i sogni socialisti di ognuno sembravano poggiare sulle spalle del giovane primo ministro di un piccolo Paese. Sembrava che ci fosse una fervente irrazionale credenza, quasi evangelica, che un piccolo Paese, affogato dal debito, in cerca di liquidità, avrebbe in qualche modo (mai specificato) sconfitto il capitalismo globale armato solo di bastoni e pietre. Quando sembra che ciò non accade, gli voltano le spalle. “Tsipras ha capitolato”. “E’ un traditore”. La complessità della politica internazionale è ridotta a un hashtag rapidamente passato da #prayfortsipras a #tsiprasresign. Il mondo chiede il clou, l’X-factor finale, l’epilogo hollywoodiano. Qualcosa di diverso dalla lotta fino alla morte è la viltà inaccettabile. Come è facile essere ideologicamente puri quando non si rischia nulla, non si affrontano carenze, crollo della coesione sociale, conflitto civile, vita e morte. Come è facile invocare un accordo inaccettabile per qualsiasi altro Stato membro della zona euro. Quanto è facile prendere decisioni coraggiose quando non si ha la pelle in gioco, quando non si contano, come faccio io, le ultime 24 pillole del farmaco che impedisce a vostra madre di avere crisi epilettiche.
20 pillole. 14.
È una caratteristica peculiare della negatività patologica concentrarsi solo su ciò che si perde invece che su ciò che si acquisita. E’ lo stesso atteggiamento che dirige frazioni della popolazione di ogni Paese, sempre per la loro perfetta utopia socialista e contemporaneamente evadendo le tasse in ogni modo possibile. L’idea di Tsipras “traditore” si basa pesantemente su un’errata interpretazione cinica del referendum della scorsa settimana. “OXI”, i critici vorrebbero far credere fosse “no” a qualsiasi accordo; l’autorizzazione a una Grexit disordinata. Non era niente del genere. Nel discorso seguente Tsipras ha detto ancora una volta che aveva bisogno di un forte “OXI” come arma per negoziare un accordo migliore. Non l’avete capito? Ora, si potrebbe pensare che non ha raggiunto l’accordo migliore, forse è vero, ma suggerire che avesse autorizzato la Grexit è profondamente falso, e riguardo al 38% che ha votato “NAI”? Tsipras non rappresenta anche loro? Niente paura. L’accordo potrebbe rivelarsi impraticabile comunque, non sarebbe approvato dal Parlamento greco. Syriza potrebbe spaccarsi e la Grexit verrebbe imposta da coloro che la cercano da anni. Poi si valuterà ciò che si è ottenuto.
12 pillole. 10.
L’accordo raggiunto da Tsipras (per quel che ne sappiamo) dopo aver negoziato per 17 ore è molto peggiore di quanto si potesse immaginare. Ma è anche molto migliore di quanto si potesse sperare. Dipende semplicemente dal fatto se ci si concentra su ciò che è stato perso o ciò che è stato guadagnato. La perdita è un orribile pacchetto di austerità. Un pacchetto che, chiunque dalla minima comprensione politica sa, sarebbe arrivato comunque. L’unica differenza è che, attraverso un governo conforme ai precedenti, non sarebbe stato accompagnato da alcuna compensazione. Ciò che è stato acquisito in cambio è molto più denaro di quanto immaginato per finanziarsi adeguatamente a medio termine e permettere al governo di attuare il programma, un significativo pacchetto di stimolo, emissione di denaro EFSF finora negato (“grazie” al governo Samaras), e un accordo per ristrutturare il debito con trasferimento di obbligazioni di FMI e BCE all’ESM. Ciò è niente, i disturbatori disturbano. L’analista di ERT Michael Gelantalis stima che solo questa ultima parte comporterebbe tra 8 e 10 miliardi in meno di rimborsi d’interesse in un anno. Sono un sacco di piatti di souvlaki. Nelle ultime ore mi è stato detto che la Grecia “dovrebbe solo #Grexit ADESSO”; che abbiamo “un ottimo clima e potrebbe facilmente essere autosufficiente”; che ”dovremmo adottare il Bitcoin e il crowdfunding per aggirare il monetarismo”; che “gli Stati Uniti ci invierebbero le medicine”. Nessuno di costoro suggerisce che ciò avvenga nel proprio Paese, si capisce. Solo in Grecia, in modo da poter vedere cosa succede. La maggior parte di loro vive in Stati con governi centristi che sposano l’austerità ma garantiscono continuo flusso di ultimi iPad nei negozi. Tutti loro, senza eccezione, avrebbero potuto negoziare un accordo assai migliore con un coltello alla gola; sarebbero stati più coraggiosi. La mia domanda ai critici è: che battaglia combatti nel tuo Paese, città, villaggio in questo momento? E con quale rischio? Non sei, infatti, malvagio come gli ideologi dell’austerità dura che vogliono sperimentare su un “Paese cavia”, sulla vita delle persone, e vedere come finisce?
8 dosi. 5.
Visto come sorta di Fossa di Helm, questa sconfitta per i Greci è monumentale, irredimibile. E’ il momento del “tutto è perduto”. Visto come battaglia di avvio di una guerra molto più grande, è estremamente preziosa. Ha messo il nemico in primo piano indicandone punti di forza e di debolezza. Ha fornito dati agli altri, Spagna, Portogallo e Italia che si premureranno di essere meglio preparati. E’ stata combattuta coraggiosamente ed elegantemente, perché la Grecia vivrà per combattere un altro giorno. Abbiamo eletto un uomo buono, onesto e coraggioso che ha lottato come un leone contro insondabilmente grandi interessi. Il risultato non sarà quel martirio che speravate. Ma un giorno ci sarà.
Alex Andreou

Fonte

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“USA e getta”, di Jimmie Moglia

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“Mi sembra giusto finire questa carrellata sulla storia dell’America rifacendomi ancora una volta al dilemma iniziale. Di cos’è fatta la storia, di fatti o d’interpretazioni? Alla domanda risponde il silenzio, ma una cosa è certa, la storia non si fa cancellandone le piaghe.
Riferendosi all’Italia, il diplomatico francese Henry Bayle diceva che “Quando si vuol conoscere la storia d’Italia, bisogna prima di tutto evitare di leggere gli scrittori generalmente approvati…”.
Mutatis mutandis, se si vuole conoscere la Storia degli Stati Uniti bisogna cominciare dal convincersi che l’associato mito storico è falso. L’importanza della menzogna non sta nel fatto che lo sia, ma nelle sue conseguenze. Specialmente quando l’America è il Paese più forte del pianeta e si assume (o arroga) il diritto di imporre al mondo la propria ideologia.
Sulla forza dell’America non c’è alcun dubbio. E guai a chi si permette di bucare il castello di carta fatto di fandonie millantate in nome di “libertà e democrazia”. Milosevic è morto in galera, Saddam Hussein impiccato e Muammar Gheddafi mitragliato in un bunker. Mentre la Libia era bombardata dagli aerei della NATO.
Una volta c’erano i comunisti, poi son venuti i terroristi, oggi è caduta l’ultima maschera. “Gli USA – parole di Obama – possono “intervenire” (eufemismo per invadere, ammazzare e distruggere) dovunque gli interessi americani sono ostacolati.” Vedi l’Irak (un milione e trecentomila morti… and counting), e le (probabili) centinaia di migliaia di vittime in Afghanistan e in altri Paesi. Senza contare la gente del posto e i civili che dell’America se ne fregano, ma che vengono ammazzati lo stesso – vittime senza nome del “danno collaterale”, lugubre eufemismo bernaysiano.
Nella sola Italia, gli USA hanno 113 installazioni militari, tra basi, uffici e centri d’ascolto.
Non molto tempo fa, scoprire che il governo americano teneva sotto controllo assoluto tutte le comunicazioni di un governo straniero averebbe perlomeno portato al richiamo degli ambasciatori. Oggi, il primo ministro del Paese spiato, e spiato lui stesso, appena bofonchia.
Niente dimostra lo strapotere americano più dell’episodio dell’estate 2013 – quando è bastato un cenno della CIA perché quattro grandi Nazioni europee si calassero le metaforiche braghe per dire, “Ecco il culo, obbedisco”. Francia, Italia, Spagna e Portogallo hanno impedito il passaggio all’aereo del presidente della Bolivia, Evo Morales, costringendolo a un atterraggio forzato in Austria. L’immagine del presidente Morales, seduto su un bancone dell’aeroporto, in attesa per ore prima che la CIA lo lasci ripartire, è testimonianza e simbolo del livello a cui è caduto il cosiddetto mondo “libero”.
E tutto perché la CIA sospettava che a bordo ci fosse non un assassino, non un ladro, non un criminale, ma un giovane americano che, anche lui, aveva avuto l’ardire di bucare il castello di carta delle fandonie. E rivelare, prove alla mano, nero su bianco, che l’America spia su tutti e su tutto il mondo.
L’America ha instaurato una rete globale di lacchè al suo servizio. E i lacchè, a volte, non si rendono neanche conto del disprezzo in cui sono tenuti dai loro padroni.
Emblematico un rapporto dell’ambasciatore americano a Roma, quando l’Italia inviò i suoi soldati in Afghanistan a far parte della “coalizione dei disponibili” (coalition of the willing), altro eufemismo dai connotati postribolari. L’originale si trova tra i documenti divulgati da Julian Assange, attraverso Wikileaks.
“A Berlusconi – dice il rapporto – fa piacere sentirsi importante. Quando gli ho chiesto di inviare duemila soldati in Afghanistan, me ne ha subito offerti quattromila.”
Alla faccia dell’Italia che potrebbe utilizzare molto meglio i soldi spesi per spedire e mantenere quattromila soldati, più armamenti, in un Paese dove, probabilmente, la maggioranza degli abitanti l’Italia non sa neanche dove sia.
Ma ritorniamo all’ideologia. La questione non è accademica. Molti intellettuali del momento (italiani e non solo), si sono verniciati da economisti e disquisiscono ad infinitum su formule, più o meno matematiche, più o meno statistiche. Grazie alle quali si potrebbe influire sul “prodotto interno lordo”, sulle “aspettative adattate”, sulle politiche micro e macro economiche, sulla “curva di Lorenz”, sul distributismo, l’elasticità di scala, l’inflazione, la deflazione e, naturalmente, sul “debito sovrano”, molto più importante del debito plebeo.
Intanto, nell’uomo qualunque e nel cittadino pensante sta nascendo il sentimento e si sta formando la percezione che, rapportate al disastro ecologico, al mutamento del clima, alla pressione demografica, alla (purtroppo ancora auspicata) “crescita”, le formule economico-accademiche siano le quisquilie e pinzillacchere immortalate da Totò. Nel caso, funzionano da patetiche maschere dell’ideologia dominante – creando tuttavia l’illusione che le quisquilie possano in qualche modo addolcirla. Ma non è così. Un’ideologia per cui il privato è tutto e il sociale niente, non ammette modifiche. “La società non esiste” disse la malanima Thatcher, con ammirevole sincerità.
Quando Don Abbondio si è chiesto chi era Carneade, la sua curiosità era ammirevole, ma le istanze dei bravi (come si direbbe oggi), erano un problema più pressante.
Oggi di Carneade ce ne sono centinaia, anzi migliaia. Lo sport, il calcio, giocatori, cantanti, attori, attrici, comparse, re, regine, duchesse, contesse, principesse, nobildonne più o meno tali, celebrità e i loro amorazzi, paparazzi che immortalano gli amorazzi… La lista è lunga e non ho neanche messo in conta gli intellettual-economisti di cui sopra. Potremmo chiamare il tutto una forma di neo-carneadismo.
E forse, chissà, il neo-carneadismo è più attraente che preoccuparsi di cosa vogliono i bravi. Anche perché i bravi di oggi sono più sofisticati. Invece di schioppi portano magliette con la scritta “Libertà e Democrazia”, invece di bloccare la strada a Don Abbondio, lo incanalano verso un’altra. E’ a senso unico e si chiama “Via del Neoliberismo a Stelle e Strisce”.
La strada non ha deviazioni, non ha parcheggi, non ha possibilità di uscita e nemmeno di sosta. L’involontario viandante – neo Don Abbondio a sua insaputa – non può cambiare il passo, è spinto da quelli dietro e bloccato da quelli davanti. In compenso, può comprare e consumare in fretta e furia un hamburgher ai numerosissimi McDonalds distribuiti lungo il percorso (non per niente si chiamano fast-food). O acquistare – in altrettanto numerosi centri commerciali – una miriade di aggeggi e marchingegni di dubbia utilità (non per niente si chiama acquisto per impulso, “impulse buying”).
E mentre ogni ulteriore aggeggio aumenta il peso del bagaglio e la fatica del viaggio, il pellegrino non trova mai silenzio. Catene di altoparlanti e schermi televisivi lo invitano a consumare ancora più hamburghers e a comprare ancora più aggeggi.
Il neo Don Abbondio crede di avere la possibilità d’innumerevoli scelte tra gli aggeggi o tra i cinquanta tipi di ciambelle col buco di McDonald. Ma per quanto siano numerose, le opzioni possibili restano sempre sotto controllo. Il problema (di cui il neo Don Abbondio è costretto a non accorgersene) è se un simulacro di scelta sia preferibile a un’assenza di scelta, a cui è più facile opporre un rifiuto.
Con ogni mezzo si vuole convincere il neo Don Abbondio che sta vivendo nel Paese di Bengodi, mentre si tratta soltanto di un edonismo straccione e di massa.
La tecnologia della propaganda è sofisticata, ma il messaggio è di una semplicità leibniziana: “Questo è il migliore di tutti i mondi possibili” – con il necessario corollario, “Non c’è altro modo (di vivere)”.
E allora, la nostra carrellata sulla storia dell’America, madre, motrice e motore del neocarneadismo e del neoliberismo come stili di vita, si conclude non con un messaggio ma con un invito.
Proviamo a credere che sia possibile un altro modo di vivere.”

Dalle Conclusioni di USA e getta, di Jimmie Moglia.
Il testo integrale può essere liberamente scaricato qui.

In Spagna, una base USA permanente per intervenire in Africa

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Il governo spagnolo ha annunciato, ieri, l’apertura di negoziati per ospitare in modo permanente una forza d’intervento di marines americani costituita per rispondere alle crisi in Africa.
Creata dopo l’attacco mortale contro il consolato di Bengasi, in Libia, l’11 settembre 2012, questa forza di reazione rapida si è stabilita, dall’aprile del 2013, sulla base di Moron de la Frontera, presso Siviglia, in Andalusia. La sua presenza temporanea è oggetto di un accordo rinnovato nel marzo del 2014. Essa conta attualmente 800 marines, con unità di supporto di cui fa parte un distaccamento aereo che include aerei da trasporto MV-22 Ospreys a rotore basculante, che possono decollare e atterrare come gli elicotteri.
La forza (Special Purpose Marine Air-Ground Task Force Crisis Response, nel gergo del Pentagono) ha, fra gli altri, l’obiettivo di rafforzare la protezione delle ambasciate, di recuperare i militari in difficoltà, di evacuare i civili o di intervenire nei conflitti o nelle crisi umanitarie.
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera ai ministeri degli Affari esteri e della Difesa per negoziare un nuovo emendamento all’accordo di difesa che lega la Spagna agli Stati Uniti dal 1988, ha annunciato il portavoce del governo, Soraya Saenz de Santamaria. «Il negoziato risponde a una richiesta americana, del 4 dicembre scorso, di utilizzare la base spagnola di Moron de la Frontera per un contingente di Marines e i suoi mezzi di supporto aereo», ha precisato.
Secondo il quotidiano El Pais, che aveva rivelato la richiesta americana, il nuovo accordo permetterebbe di portare la forza di reazione a 3000 uomini al bisogno. Questa forza dipende dal comando Africa, con sede in Germania, una delle sei divisioni geografiche delle forze americane nel mondo.

[Fonte – traduzione di M. Guidoni]

Scudo antimissile statunitense: ‘L’Orso Russo dorme con un occhio aperto’

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F. William Engdahl per rt.com

La spiegazione di Washington secondo cui il rafforzamento del suo scudo antimissile in Europa avviene contro la minaccia nucleare iraniana, non è più credibile di quanto non lo fosse 10 anni fa.
Nonostante i recenti sforzi della Russia per mediare una soluzione pacifica nella crisi delle armi chimiche siriane, così come i buoni uffici nel risolvere il contrasto nucleare iraniano con Washington, l’amministrazione Obama porta avanti l’assai provocatorio dispiegamento della ‘Difesa’ Antimissile Balistico (BMD) intorno alla Russia. Ciò che non viene detto dai politici occidentali è il fatto che tale azione, tutt’altro che pacifica, avvicina il mondo più che mai alla guerra nucleare per errore di calcolo. L’11 Febbraio, il primo di quattro avanzati cacciatorpediniere statunitensi è arrivato a Rota, in Spagna. Essi costituiranno una parte fondamentale dello “scudo” antimissile balistico degli USA. Lo scudo viene spacciato come protezione dell’Europa contro un possibile attacco missilistico nucleare iraniano. Le quattro navi rimarranno sul posto per i prossimi due anni, trasportando sistemi di rilevazione avanzata e missili intercettori in grado di abbattere missili balistici, secondo la NATO a Bruxelles. L’USS Donald Cook, un cacciatorpediniere lanciamissili della Marina degli Stati Uniti, equipaggiato con il sistema di combattimento ad alta tecnologia Aegis Ballistic Missile Defense, ha attraccato nel porto meridionale di Rota. Rota, nominalmente comandata da un ammiraglio spagnolo, è totalmente finanziata dagli USA. E’ la maggiore comunità militare statunitense in Spagna, e ospita personale dell’US Navy e dell’US Marine Corps. Secondo il segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, vi farà base in modo permanente. Fogh Rasmussen, che evidentemente capisce poco di strategia nucleare, ha detto alla stampa “L’arrivo dell’USS Donald Cook segna un passo in avanti per la NATO, la sicurezza europea e la cooperazione transatlantica.” Al vertice NATO di Lisbona del Novembre 2010, i governi membri convennero che la NATO sviluppasse la difesa missilistica per “proteggere le popolazioni e il territorio europei della NATO… la piena operatività è prevista per la prima metà del prossimo decennio.” Continua a leggere

Guai a spostare l’asse geopolitico dello sport dal continente euro-atlantico!

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“Correva l’anno 2006 quando lo scandalo legato al medico spagnolo Eufemiano Fuentes sconvolse il gotha del ciclismo mondiale e, secondo alcune ricostruzioni sottaciute, gran parte dello sport spagnolo (ma il Barcellona, grande accusata dai rumors, con le lacrime di Messi al Muro del Pianto si è garantito l’immunità per qualche secolo). Ma la complicità nel sotterrare tutte le inchieste indipendenti e la scarsa chiarezza da parte delle autorità spagnole (come ad esempio la distruzione di 200 sacche di sangue anonime custodite nell’ufficio di Fuentes) non è, di fatto, “doping di stato”?
L’Operación Puerto aveva un vincitore, visto che tra i grandissimi del ciclismo uscì pulito come un agnellino lo statunitense Lance Armstrong. Il ciclista inoltre rivestiva un ruolo simbolico, quasi “mitico”: superato il cancro ai testicoli era tornato in bicicletta e aveva ripreso a vincere e faceva beneficenza. Tanta beneficenza. Il non plus ultra del “sogno americano”, della “ferma volontà yankee”, dello “spirito della vittoria americano”. Ma anche l’eroe cadde in uno scandalo doping che lo ha coinvolto nell’ottobre 2012. Tutte le vittorie vennero cancellate. Ma nessuno si è sognato di accusare “il sistema”, nonostante un suo ex-compagno di squadra Tyler Hamilton, ha chiaramente parlato di “doping sistemico”. Quindi nonostante sia uno degli sportivi più importanti degli Stati Uniti e che la sua squadra fosse sponsorizzata direttamente da un’agenzia governativa, la US Postal, con il chiaro intento di portare ad alto livello il ciclismo statunitense, non possiamo parlare di “doping di stato”? Cosa sarebbe successo se lo sponsor fosse stato la China Post?
Recentemente un altro “scandalo doping” ha coinvolto il “mondo libero”: secondo un’inchiesta commissionata dalla BISP, istituto federale della scienza applicata allo sport, e pubblicata dalla Süddeutsche Zeitung a partire dagli anni’50 e con un piano perfezionato negli anni ’70 e avvallato pure dal governo di Bonn, la Germania Ovest, il paese che rappresentava l’avanguardia democratica nei confronti dell’Impero del Male sovietico e di quei “dopati” della DDR, faceva ampiamente ricorso alle pratiche dopanti in numerosi eventi sportivi di altissimo livello, due finali dei mondiali di calcio incluse. Anche in questo caso i pennivendoli avranno coraggio di non parlare di “doping di stato”?”

Da “Doping di Stato” o propaganda?, di Marco Bagozzi.

Il nEUROn a Perdasdefogu-Salto di Quirra

The nEUROn

“La questione è tornata alla ribalta a dicembre sulla base aerea francese di Istres in occasione dei primi voli ufficiali del nEUROn di Dassault Aviation, primo dimostratore tecnologico di UCAV a vedere la luce al di qua dell’Atlantico, al cui sviluppo e costruzione – per un costo complessivo (finanziato in gran parte dall’industria) di circa 420 milioni di euro – hanno contribuito i costruttori di Svezia, Italia (con uno share del 22%), Spagna, Svizzera e Grecia [!!! – ndr]. A Istres Alenia Aermacchi ha fatto sapere di voler partecipare al programma Future Combat Air System (FCAS) scaturito dalla “Entente cordiale” nella Difesa raggiunta nel 2010 da Londra e Parigi, un programma che dopo una prima fase di studi dovrebbe portare entro il 2020 ai collaudi di un vero e proprio prototipo di Unmanned da attacco. La nostra industria non vuole – aggiungiamo non deve – perdere anche questo treno. Ma la strada, resa accidentata anche dalle traversie di Finmeccanica e incerta del futuro politico del Paese, è tutta in salita.
(…)
A breve il nEUROn si sposterà a Bruz, vicino a Rennes (Bretagna), presso il Centre d’essais d’electronique della Diréction Générale de l’Armament francese, per sottoporsi a un primo ciclo di verifiche della sua “furtività”. Attraverso il suo ente di ricerca aerospaziale ONERA la Francia sta mettendo a punto nuove metodologie per la determinazione della segnatura radar, che potranno consentire ai radar di scoperta maggiore velocità e precisione di calcolo. A queste prove faranno seguito test in volo con i radar della difesa aerea francese e voli con manovre “join up” in formazione con un caccia Rafale. Poi nEUROn si trasferirà sul poligono svedese di Visel, dove anni fa aveva già operato nelle mani di test pilot italiani il dimostratore Alenia Aeronautica Sky-X, primo UAV europeo di classe superiore a una tonnellata, dotato di caratteristiche di autonomia di gestione del volo e teso a sviluppare gli aspetti peculiari dell’integrazione fra stazione di controllo a terra e velivolo, oltre che le manovre “join up” con velivoli pilotati. In Svezia il nEUROn effettuerà missioni di attacco in modo automatico e semi-automatico e voli di verifica con il caccia svedese Gripen. Nel 2015 approderà infine in Italia, a Perdasdefogu, per sottoporsi a test di tiro reali e a nuove prove di verifica della stealthness.”

Da Alenia Aermacchi fa il punto sull’ UCAV nEUROn e il Typhoon multiruolo, di Silvio Lora Lamia (i collegamenti inseriti sono nostri).
Il nEUROn è un UCAV, acronimo di Unmanned Combat Aerial Vehicle, cioé velivolo da combattimento senza pilota.
Trattasi di aeromobile dotato di caratteristiche di invisibilità o, meglio, di bassa visibilità, che nelle intenzione dei progettisti dovrebbe servire principalmente a effettuare missioni “first strike” contro le difese anti-aeree nemiche, in modo tale da eliminarle aprendo corridoi attraverso i quali i caccia da superiorità e da attacco al suolo possano successivamente operare con minore pericolo. Si paventa persino la possibilità che, fra 15-20 anni, gli UCAV possano cominciare a sostituire i velivoli da combattimento con pilota a bordo anche nei ruoli della superiorità aerea.
Paradigma, quindi, di una forza aerea sempre meno impiegata a difesa di territorio e confini nazionali ma sempre più proiettata in “missioni di pace”, a migliaia di chilometri da casa.
A tal riguardo, è significativo anche il fatto -riferito nel prosieguo dell’articolo in questione- che l’Eurofighter Typhoon nei prossimi cinque anni sarà oggetto di un “sostanziale intervento di adeguamento… alle esigenze dei nuovi scenari”, “cioé l’aggiunta -con interventi nell’hardware ma massimamente nel software- di nuove capacità nell’aria-aria ma soprattutto nell’aria-suolo”.
“E’ una crescita considerevole, priva di compromessi capaci di penalizzare gli scopi per cui l’aereo era stato progettato e realizzato, che erano assolutamente diversi” conclude l’autore.
A buon intenditore poche parole.

Fuori dall’omogeneità è la Libia

Luca Bianchi e Federica Roccisano, nell’articolo “Il Mediterraneo: un possibile scudo contro la crisi?” (in Eurasia n. 1/2011, pagg. 85-98), rielaborando i dati del Rapporto ONU sullo sviluppo umano per il 2009, osservano che i Paesi europei occupano i posti più alti della classifica.
Citiamo: “Malta chiude l’elenco dei Paesi UE. A seguire, il gruppo dei Paesi balcanici, e, un po’ più staccati, i Paesi mediorientali e nordafricani, definiti a ‘medio sviluppo umano’ nella classificazione UNDP, con valori di indice inferiori a 0,8.
Fuori dall’omogeneità è la Libia, che occupa il 55° posto, con un indice del valore di 0,847 grazie ad un dato di alfabetizzazione pari all’86,8% e un reddito procapite di poco superiore ai 14.000 dollari, cifre ben diverse da quelle di altri Paesi nordafricani, che devono accontentarsi di redditi poco inferiori agli 8.000 dollari, come è il caso di Tunisia e Algeria, o ancora più bassi, come Egitto e Marocco che dividono fra la propria popolazione rispettivamente 5.349 e 4.108 dollari l’anno.”
La successiva tabella che riporta l’andamento del PIL nei Paesi mediterranei, per il periodo 2007-2010, mostra inoltre che la crescita della Libia nel quadriennio considerato ammonta all’invidiabile tasso del 17,4%.
A fronte di una crescita, nello stesso periodo, di solo l’1,2% per la Spagna e 0,2% per la Francia; per non parlare della (drammatica) contrazione del 4,2% che caratterizza il Prodotto Interno Lordo italiano.
Ebbene sì, proprio i principali membri europei della coalizione di Paesi che sta attualmente conducendo l’aggressione militare alla Jamahiryia.
Per intuire quanto autolesionismo vi sia nella politica estera di Frattini, La Russa e soci – con Presidentissimo Napolitano benedicente – e quanti danni all’economia dell’Italia stia provocando la decisione di partecipare all’operazione NATO Unified Protector, si consideri ad esempio che dal 2000 al 2008 le esportazioni delle regioni meridionali verso l’area del Mediterraneo sono aumentate addirittura del 146,52% in valore. Nel solo 2008 esse si sono attestate a poco meno di 6 miliardi di euro (mentre quelle provenienti dall’Italia centro-settentrionale ammontano a circa 19 miliardi), con una dinamica che rivela una sempre maggiore specializzazione nel proprio orientamento internazionale.
E sapendo che, appena dopo la Turchia, il secondo Paese ad assorbire il commercio proveniente dalle regioni meridionali è la Libia, per un valore di oltre 1 miliardo e 400 milioni di euro…

Cornuti e mazziati

Obama chiama, l’occidente risponde
di Attilio Folliero

Gli Stati occidentali obbligati ad aiutare gli Stati Uniti! Gli Stati Uniti hanno un debito pubblico spaventoso, praticamente 13.000 miliardi di dollari, ai quali si aggiungono decine di migliaia di miliardi di dollari in altre obbligazioni. Una parte del debito pubblico statunitense è finanziato dagli Stati esteri, mediante l’acquisto di titoli di Stato del tesoro USA.
Alla fine di marzo del 2010, gli Stati esteri detengono titoli di Stato USA per un importo totale di 3.884,60 miliardi di dollari, secondo l’ultimo dato pubblicato lo scorso 17 maggio (1).
Il dato è in continuo aumento, se è vero che tale importo ammontava a 3.071 miliardi a fine dicembre 2008; un anno dopo era 3.689 ed alla fine del primo trimestre di quest’anno è – come visto – 3.884 miliardi.
Il principale Paese detentore di questi titoli di Stato è la Cina, che secondo l’ultimo dato detiene 895,20 miliardi di dollari, pari al 23,4% del totale. In realtà la Cina alla fine di luglio del 2009 era arrivata a detenere 939.90 miliardi. La Cina è anche il Paese con la più alta riserva internazionale in dollari (2). In caso di un collasso del dollaro, la Cina sarebbe il Paese che più di tutti ci rimetterebbe, oltre agli USA, pertanto da mesi sta cercando di convincere gli USA a cambiare la propria política fondata sull’espansione del debito e l’incremento delle spese militari (3).
La Cina non avendo ricevuto risposte positive, soprattutto dopo l’avvento di Obama, che ha continuato la política dei propri predecessori, si è vista costretta, per tutelarsi da una possibile svalutazione del dollaro, a ridurre la riserva internazionale in dollari (4), ad aumentare il possesso di oro (5) e soprattutto investendo i propri dollari in progetti di sviluppo, in varie parti del mondo, dall’Asia, all’Africa, all’America Latina, creando anche fondi in valuta locale. Ovviamente non può liberarsi totalmente e repentinamente dei dollari, ma lo sta facendo poco per volta.
Tra le misure adottate dalla Cina, per ridurre il possesso di dollari, c’è la riduzione del possesso di titoli di stato USA. Infatti, dopo aver raggiunto a luglio 2009 un quantitativo di titoli pari a 939,90 miliardi di dollari, ha progressivamente ridotto tale quantità, almeno fino allo scorso febbraio, quando aveva titoli pari a 877,50 miliardi; nell’ultimo mese ha aumentato il possesso dei titoli USA del 2,02%. In ogni caso la Cina da luglio 2009 a marzo 2010 ha ridotto del 4,76% il possesso di titoli USA, così come Russia (-15,00%), India (-23,44%), Malesia (-12,00%) ed altri.
Barack Obama per far fronte a questa improvvisa riduzione di credito da parte di questi Stati, ha chiesto ai Paesi occidentali, in particolare ai Paesi del G7 di farsi carico di questo ammanco, aumentando l’acquisto di titoli di Stato del debito USA. Ovviamente quando gli USA chiedono qualcosa ai Paesi alleati, questi completamente succubi della “superpotenza”, si sentono obbligati a rispondere.
E così Paesi in forte crisi, come il Regno Unito che proprio a causa della crisi stava monetizzando i soldi investiti all’estero, in particolare i titoli USA, si è visto costretto a distogliere miliardi necessari a mitigare la crisi nel proprio Paese e passarli agli USA. Il Regno Unito, fra dicembre 2008 e luglio 2009 aveva diminuito il possesso di titoli USA da 123,90 a 94,90 miliardi ed invece negli ultimi 8 mesi ha praticamente triplicato tale somma, arrivando ad avere 279 miliardi, come se in questo periodo avesse un enorme surplus di bilancio da investire all’estero! Complessivamente i 6 Paesi che assieme agli USA conformano il G7 sono passati da 856,80 miliardi di dollari in titoli USA, del dicembre 2008 ai 1.253,40 miliardi del marzo 2010.
E l’Italia, che si accinge ad una manovra finanziaria supplementare? L’Italia a dicembre del 2008 aveva 15,60 miliardi di dollari investiti in titoli USA; oggi ne possiede 20,50 miliardi! E’ vero che negli ultimi tre mesi ha diminuito di 0,60 miliardi il possesso di tali titoli, ma si accinge a varare, così come tutti gli altri Paesi del gruppo, una rigida manovra finanziaria, che probabilmente potrebbe evitarsi semplicemente attingendo a questi soldi investiti, o per meglio dire prestati agli USA. Il buon padre di famiglia, per usare una espressione tanto cara e diffusa nella legislazione italiana, nei periodi di abbondanza mette da parte i soldi per i periodi di magra; appunto, quando arriva il bisogno attinge ai risparmi messi da parte. Perchè il governo italiano non può comportarsi come il buon padre di famiglia ed attingere ai risparmi investiti in USA?
Ovviamente non è questo il problema; il problema vero è che l’Italia e gli altri Paesi occidentali sono letteralmente succubi degli alleati statunitensi e come in tanti casi hanno rinunciato alla propria sovranità.

La Spagna, altro Paese occidentale in profonda crisi e bisognosa di soldi ha più che triplicato gli aiuti agli USA: dai 4,20 miliardi di dollari del dicembre 2008, è passata ad avere titoli del debito USA pari a 13,50 miliardi!
E così i Paesi di nuova soggezione agli USA, come i Paesi dell’Europa dell’Est, stanno incrementando gli aiuti agli USA. La Polonia, ad esempio, dai 3,30 miliardi di dollari in titoli USA, del dicembre 2008, è passata ad avere 23,40 miliardi, a marzo 2010.
Quando gli USA chiamano, per i governi dei Paesi occidentali è un obbligo rispondere.

NOTE
(1) A metà di ogni mese, il Dipartimento del Tesoro USA aggiorna i dati dei titoli di Stato USA in possesso dei Paesi esteri, riportando quelli relativi a due mesi anteriori, ossia a metà maggio ha fornito i dati relativi alla fine di marzo; a metà giugno quelli relativi a fine aprile.
(2) La riserva internazionale cinese totale, secondo l’ultimo dato (30/03/2010) del Banco del Popolo, la banca centrale, è pari a 2.447,08 miliardi di dollari.
(3) Per quest’anno, il presidente Barack Obama ha presentato un bilancio di previsione in cui le spese militari sono oltre 700.000 milioni di dollari, il più alto nella storia degli USA ed il Congresso ha approvato il déficit di bilancio pari a 1.900 miliardi di dollari, ossia ha autorizzato il governo a portare il debito pubblico USA complessivo a 14.294 miliardi di dollari. Fonte: Dipartimento del tesoro.
(4) Vedasi “Segnali di una imminente fine del dollaro come moneta di riferimento mondiale” e “Fino a quando la Cina finanzierà gli Usa?”.
(5) Vedasi l’articolo “La Cina aumenta le riserve auree del 75%”.

[grassetti nostri]

FBI photoshoppisti allo sbaraglio

Madrid, 19 gennaio – Il Parlamento spagnolo ha chiesto agli Stati Uniti di scusarsi con il deputato Gaspar Llamazares, la cui foto è stata usata dall’FBI come base per creare un’immagine invecchiata di Osama bin Laden.
Secondo quanto riferisce la stampa di Madrid, il Parlamento ha approvato ieri una dichiarazione ufficiale in cui esprime preoccupazione per la sicurezza di Llamazares, ex leader del partito di estrema sinistra Izquierda Unida, e si dice “sconvolto” per il metodo utilizzato dall’FBI, un metodo, come ammesso nei giorni scorsi dagli stessi imbarazzati funzionari federali e dall’ambasciata americana a Madrid, “non autorizzato”.
(Adnkronos/Dpa)

Roulette russa in Sicilia

Prima quattro, poi sei, adesso otto. Si tratta dei famigerati velivoli senza pilota UAV “Global Hawk” che la NATO destinerà alla base di Sigonella nell’ambito del nuovo programma di sorveglianza terrestre AGS (Alliance Ground Surveillance). A comunicare l’aumento del numero degli UAV che giungeranno in Sicilia entro il 2012, Ludwig Decamps, a capo della Sezione di supporto dei programmi di armamento della Divisione difesa dell’Alleanza Atlantica. «Il sistema AGS di Sigonella sarà fondamentale per le missioni alleate nell’area mediterranea ed in Afghanistan, così come per assistere i compiti della coalizione navale contro la pirateria a largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden», ha aggiunto Decamps. «L’AGS fornirà un preciso quadro della situazione operativa tramite dettagliate immagini del suolo, sempre disponibili per tutti i responsabili della NATO e dei Paesi che ne fanno parte e soprattutto per la “NATO Response Force” (NRF), la forza d’intervento rapido, accrescendo la capacità di sorveglianza aerea in linea con i moderni requisiti di Intelligence, Surveillance e Reconnaissance. Il sistema consentirà inoltre di supportare gli emergenti requisiti operativi anche per la gestione delle crisi, la sicurezza nazionale e gli aiuti umanitari. Sarà inoltre interoperabile con i sistemi di sorveglianza aviotrasportati e terrestri, formando così un sistema di sistemi».
Oltre alla componente di volo dell’AGS rappresentata da otto velivoli “RQ-4B Global Hawk” nella versione Block 40, all’interno della base di Sigonella saranno ospitati i centri di comando e di controllo del nuovo sistema, centralizzando le attività di raccolta d’informazioni ed analisi di comunicazioni, segnali e strumentazioni straniere. La Sicilia si trasforma così in un’immensa centrale di spionaggio, in un “Grande Fratello” capace di spiare, 24 ore al giorno, un’area che si estende dai Balcani al Caucaso e dall’Africa al Golfo Persico. Ma non solo. L’AGS, infatti, è un programma di vitale importanza per poter applicare sul campo la nuova dottrina strategica NATO per le guerre del XXI secolo, denominata “Network Centric Warfare” (NCW), che punta all’integrazione delle forze dell’alleanza militare in un’unica rete informativa globale (la cosiddetta infostruttura net-centrica) e alla «condivisione delle informazioni sensibili tra tutti i possibili utenti in tempo quasi reale».
(…)
Nonostante la sua rilevanza strategica, a sostenere finanziariamente l’AGS sono però appena 15 paesi sui 28 che aderiscono alla NATO. Si tratta di Bulgaria, Canada, Danimarca, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Stati Uniti e, ovviamente, l’Italia. Nel settembre 2009 i rispettivi ministri della difesa hanno sottoscritto l’AGS Programme Memorandum of Understanding (PMOU) che delinea il quadro giuridico, organizzativo e finanziario del nuovo programma militare. Costo stimato, 2,3 miliardi di dollari, ma con ancora alcuni punti oscuri che faranno certamente lievitare la spesa finale e, in conseguenza, i singoli contributi dei paesi partecipanti (150 milioni di euro dall’Italia, secondo il ministro La Russa). «Nessuna decisione è stata presa sino ad oggi relativamente alle trasformazioni infrastrutturali che saranno necessarie per ospitare a Sigonella il nuovo sistema e il personale destinato al suo funzionamento, circa 800 militari che si aggiungeranno alle unità statunitensi ed italiane già presenti nella Naval Air Station», ha dichiarato il responsabile NATO per i programma di armamento, Ludwig Decamps.
(…)
A intasare ulteriormente le piste e lo spazio aereo di Sigonella ci penseranno pure i 4 o 5 “Global Hawk” che l’aeronautica militare statunitense è in procinto di dislocare in Sicilia per le proprie operazioni “preventive” in Europa, Medio oriente e nel continente africano. Nella base siciliana verrà pure realizzato il Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso per le attività di manutenzione degli aerei senza pilota dell’US Air Force. «Velivoli assolutamente non compatibili col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa», aveva dichiarato due anni e mezzo fa il comandante italiano della stazione aeronavale di Sigonella. Proprio a causa dei documentati rischi per la sicurezza dei voli civili e militari e della popolazione residente, il governo spagnolo aveva ritirato la candidatura dello scalo di Zaragoza come principale base operativa dell’AGS NATO. Viaggiare in Sicilia sarà come giocare alla roulette russa. E pensare che nell’autunno del 2010, quando saranno avviati i lavori di ammodernamento e ampliamento di quello che è ormai il terzo aeroporto in Italia per traffico passeggeri, buona parte dei voli dovrebbero essere trasferiti transitoriamente da Fontanarossa a Sigonella.

Da Aumentano i Global Hawk per il Grande Fratello NATO a Sigonella, di Antonio Mazzeo.
[grassetti nostri]

Madrid, 11 marzo 2004

0311

Tutto suggerisce che la versione ufficiale degli attacchi dell’11 Marzo 2004 a Madrid, secondo cui si sarebbe trattato di un attacco esterno dell’islamista Al-Qaida, sia una bufala. Ciò solleva la questione dei veri colpevoli. Un’indagine approfondita dovrebbe adottare un approccio sistematico: elenco completo delle piste, e quindi seguire ogni ricerca di indizi e moventi. Lo scopo di questo articolo, è quello di esaminare una di queste ipotesi: che l’operazione sia una montatura sotto falsa bandiera dei servizi segreti atlantisti. Prima di ciò, introdurremo brevemente tutte le piste che dovrebbero essere esplorate, se l’inchiesta sarà riaperta.
L’opinione pubblica conosce, in genere, due ipotesi circa gli autori dell’attacco: Al-Qaida, incriminata nei discorsi ufficiali, e l’ETA, che Jose Maria Aznar accusava per giustificare la sua politica basca. La stampa spagnola ha esplorato almeno quattro altre piste, sui servizi segreti che avrebbero montato l’operazione sotto falsa bandiera.
(…)
Un primo collegamento tra l’attacco e gli Stati Uniti appare alla fine di marzo 2004, con una foto misteriosa della bomba della borsa di Vallecas. E’ l’unico scatto conosciuto fino ad oggi, dalla centrale delle indagini, oggetto di molte controversie. Nella notte dell’11/12 marzo 2004, un agente della polizia scientifica era andato nei luoghi dove gli sminatori avevano disinnescato la bomba di Vallecas, al fine di realizzare un dossier fotografico, conformemente alla procedura. La bomba non era ancora stata neutralizzata, e rimase a distanza, consegnò la sua macchina fotografica a un artificiere e vide diversi flash. Una volta che l’ordigno è stato disattivato, ha cercato di avvicinarsi con la sua macchina fotografica, ma con suo stupore, gli artificieri gli preclusero l’accesso. Quindi un alto funzionario della polizia gli ha chiesto di consegnare la pellicola, di cui non si ha alcuna traccia.
Nel marzo 2004, nessuna foto della bomba di Vallecas è stata mai resa nota. Questa incertezza è stata rafforzata da spiegazioni contraddittorie, fornite dai media, sulla non esplosione della bomba. Si disse che i terroristi avevano dimenticato di attivare la carta SIM, poiché si erano sbagliati programmando l’esplosione alle 7 e 30 di sera, e non del mattino, o che anche l’energia elettrica fornita dal telefono fosse insufficiente per attivarla; tutte versioni smentite successivamente. La spiegazione più incredibile, che è stata poi avanzata per l’arresto di Jamal Zougam, il solo presunto attentatore che sia stato incarcerato. La cornetta del telefono è stata scheggiata, e il piccolo pezzo di plastica mancante è stata trovato a casa sua. Per quanto riguarda la composizione della bomba, la maggior parte dei media parlava, allora, del modello Triumph della Motorola, e non di un Trium della Mitsubishi, che alla fine verrà mantenuta nella versione ufficiale.
Il 30 marzo, la televisione americana ABC News, manda in onda la sola foto della bomba conosciuta fino ad oggi, adottata da tutti i media spagnoli, senza metterla in discussione. Aveva riempito il vuoto lasciato dalla scomparsa della pellicola della polizia scientifica, e ridiede credibilità a questa prova acquisita in modo oscuro. Ma lo scatto pone nuove questioni, che non hanno ancora una risposta. Chi ha preso questa foto? In quali circostanze? E perché è apparsa negli Stati Uniti, lontano dai media spagnoli, che hanno seguito il caso da vicino? Incuriosito, Luis del Pino ha chiesto ai corrispondenti dell’ABC in Spagna, di chi fosse lo scatto, ma negarono di essere gli autori, e dissero di non sapere come la direzione della rete statunitense l’avesse ottenuta.
Il 6 Maggio 2004, gli sguardi si volsero di nuovo negli Stati Uniti, quando “Newsweek” ha rivelato che un avvocato statunitense, Brandon Mayfield, era stato arrestato nello Stato dell’Oregon, pochi giorni prima. Le sue impronte digitali sono state trovate sulle confezioni dei detonatori trovati nella Kangoo, che i terroristi avrebbero dovuto utilizzare, secondo l’accusa. Per tutto il mese di maggio, e di fronte ai dubbi pubblicati dal New York Times, il settimanale menzionò fonti della polizia, garantendo l’attendibilità delle prove. Così, il 17 maggio, “Un alto responsabile degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo, ha detto a Newsweek che l’identificazione delle impronte digitali è inconfutabile”. L’FBI aveva identificato l’impronta poco dopo l’attentato, ed allora Mayfield fu messo sotto sorveglianza. Fu la paura di fughe di notizie che fu costretto a eseguire un arresto discreto. Ma con un colpo di scena, il 20 maggio la polizia spagnola ha annunciato che, a sua volta, aveva individuato l’impronta digitale in quella di Ouhnane Daoud, un algerino che viveva in Spagna. Le autorità degli Stati Uniti ne presero atto, e lo stesso giorno Mayfield fu rilasciato, con rare pubbliche scuse da parte dell’FBI, e un risarcimento. Per quanto riguarda Daoud, egli è ancora latitante a tutt’oggi, il che rende impossibile valutare l’affidabilità dell’identificazione.
Si deve notare l’opportunità dell’identificazione di Daoud, passato inosservato nei due mesi successivi all’attentato, ma che fu identificato nelle settimana successiva all’arresto di Mayfield. Il profilo di quest’ultimo suscita egualmente sospetti. Avvocato discreto e senza grandi attività, convertito all’Islam, aveva difeso in un caso di diritto di famiglia, un americano accusato in seguito di terrorismo. Ma è il suo rapporto con i militari USA, che attira ulteriore attenzione: Mayfield è un ufficiale della riserva, dopo aver trascorso 8 anni nelle forze armate, tra cui almeno un anno in una unità dell’intelligence.
(…)

11m

Continuiamo la nostra analisi, aggiungiamo due elementi che confermano che l’attacco è opera di una organizzazione militare e non di una banda di criminali. Innanzitutto, le 10 bombe erano state probabilmente attivate da sistemi di telecomando radio, e non erano state programmate in anticipo con la funzione di allarme dei telefoni cellulari, come sostiene la versione ufficiale. Infatti, 3 treni sono esplosi mentre erano fermi nelle stazioni di Atocha, El Pozo e Santa Eugenia, il quarto è esploso all’esterno di Atocha, dove ha atteso la partenza del primo treno. A meno di vedere una coincidenza straordinaria, si può concludere che i terroristi volevano farli saltare nelle stazioni. Ma questo risultato è estremamente difficile da ottenere, programmando in anticipo l’ora di attivazione. In primo luogo, perché i telefoni cellulari che sarebbero stati utilizzati, non consentono la messa a punto dell’orologio e della sveglia: è possibile impostare i minuti, ma non i secondi. E in secondo luogo, perché i treni dei pendolari non sono puntualissimi. Nel caso del ritardo di alcuni treni, quel giorno, a El Pozo si ebbe “un paio di minuti di ritardo“, secondo la testimonianza del conducente. Le esplosioni non sono state programmate in anticipo, ma innescato “in diretta“. I mezzi di trasmissione radio suggeriscono che si trattasse di una operazione sofisticata, al di là della portata della piccola banda di criminali, indicata dalla versione ufficiale. Ciò detto, perché volevano che i treni esplodessero nella stazione? La ragione potrebbe essere che così fossero più facilmente accessibili e discreti, cosa che corrobora l’ipotesi delle due “bombe finte” introdotte dopo le esplosioni.
In secondo luogo, vi sono indicazioni che le bombe erano cariche di esplosivi militari, “che tagliano”, e non di dinamite per cave, “che mordono“, come è stato dimostrato nel precedente articolo. Nella sua spiegazione al giudice, il capo degli artificieri di Madrid menziona anche l’esplosivo militare C4.
(…)
Dopo aver dimostrato che elementi non identificati dell’apparato statale avevano falsificato le prove, per portare l’inchiesta sulla strada sbagliata, coprendo una operazione di stile militare, è legittimo ritenere che gli attentati di Madrid siano stati commessi da un servizio segreto militare.
Secondo l’ex ufficiale dei servizi segreti per la U. S. Army Eric H. May: “Il modo più semplice di attuare un attentato false flag è con l’organizzazione di una esercitazione militare che simula proprio l’attentato che vogliamo commettere”. Come negli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, e quelli del 7 luglio 2005 a Londra, gli attentati di Madrid sono coincisi con un attacco terroristico simulato. Dal 4 al 10 marzo 2004, la NATO ha realizzato la sua esercitazione annuale per la gestione delle crisi, intitolata CMX 2004, e la mattina dell’11 marzo, vere bombe sono esplose a Madrid.
Lo scenario sviluppato quell’anno dall’Alleanza Atlantica era proprio un grande attacco terroristico di Al-Qaida in Occidente. In Spagna, la presidenza del governo, il Dipartimento della Difesa e la CNI (servizi segreti), hanno preso parte all’esercitazione. Non sappiamo ancora se le manovre includevano esercitazioni nella capitale spagnola, in quanto i dati pertinenti sono riservati. In una delle poche evocazioni della stampa di questa simulazione, El Mundo ha scritto: “La somiglianza dello scenario elaborato dalla NATO con i fatti di Madrid è agghiacciante, e ha impressionato i diplomatici, militari e servizi segreti che hanno partecipato all’esercitazione poche ore prima”. I dettagli di CMX 2004 sono classificati, purtroppo non sappiamo dove finisce la somiglianza.
Un’altra coincidenza inquietante è lo scalo, in Spagna, che hanno avuto degli aerei clandestini della CIA. Questi aerei sono divenuti famosi dopo lo scandalo dei sequestri di persona e delle prigioni segrete in Europa, che gli americani utilizzavano nel programma “extraordinary renditions”. Il Boeing 737 immatricolato N313P, atterrò il 9 Marzo 2004 all’aeroporto di Palma, nell’isola spagnola di Maiorca, e se ne andò il 12 marzo, il giorno dopo l’attentato. Questo velivolo è il più grande tra quelli utilizzato per tali voli segreti, e l’aereo più importante citato nella relazione del Consiglio d’Europa nel 2006. Palma è a sua volta descritta come una “piattaforma-cerniera del programma delle renditions della CIA.”
Premiati per le loro indagine sul voli della CIA, i giornalisti del quotidiano locale “El Diario de Mallorca” furono sentiti sulle onde radio della Cadena SER, la più ascoltata in Spagna. Concludendo l’intervista, avvisarono: “L’11 marzo 2004, il Boeing 737 della CIA fu a Palma. Il giorno dopo partì in fretta, perché aveva cambiato il suo orario di decollo. Aveva annunciato di recarsi in Svezia, ma si recò a Baghdad”. A cosa era dovuta questa partenza affrettata, a solo poche ore dall’episodio della scoperta della famosa borsa di Vallecas? Oltre a questa fretta, è la presenza stessa del velivolo in territorio spagnolo, al momento dell’attacco, che attira l’attenzione. Secondo la commissione del Parlamento europeo sui voli della CIA, 125 voli dell’agenzia di intelligence USA sono passati su un aeroporto spagnolo, dal 2001 al 2005 (un periodo di circa 1.500 giorni). Questi scali erano di solito di uno o due giorni, la simultaneità dei due eventi è una coincidenza degna di nota.
(…)
Il comando USA in Europa (EUCOM) e la NATO controllano in Spagna la base navale e d’intelligence di Rota e la base aerea di Moron. Infine, il Comando Sud della NATO stava installando il quartier generale delle sue truppe di terra a Madrid, al momento degli attentati.
È interessante notare che i servizi segreti della Marina e dell’Aeronautica USA, rispettivamente, NCIS e OSI, hanno goduto durante il periodo che ci interessa, di strabiliante libertà di azione in Spagna.
Nell’aprile 2002, Jose Maria Aznar e George W. Bush riformulavano l’accordo bilaterale della difesa tra i due paesi. Questo accordo legalizzava, per la prima volta, la presenza in Spagna di due dei servizi segreti USA, dotati anche di poteri di polizia. La redazione volutamente confusa del testo, ha dato loro un grande margine di manovra, “le autorità competenti dei due Paesi dovrebbero stabilire norme che regolano la condotta in Spagna di NCIS e OSI”. Nel febbraio 2006, il “Caso Pimienta” portava alla luce la mancanza di norme regolamentari. L’NCIS aveva rapito in territorio spagnolo Federico Pimienta, disertore dei Marines, senza alcun controllo da parte della polizia o delle autorità giudiziarie spagnole. Solo dopo le polemiche generate da questa flagrante violazione della sovranità spagnola, verranno elaborate le norme su “l’accreditamento previo dei membri di NCIS e OSI dalle autorità spagnole” e “la comunicazione alle autorità della Spagna, di qualsiasi operazione”.
(…)

Da Attentati di Madrid: l’ipotesi atlantista, di Mathieu Miquel.

I voli CIA in Spagna e Portogallo

cia

Non è mai stato un segreto che i cosiddetti voli CIA sono stati spesso utilizzati per sequestrare persone sospette e trasportarle in Paesi dove poterle interrogare liberi da ogni vincolo legale ed umanitario.
Doveva però rimanere un segreto il patto che gli Stati Uniti avevano stretto con alcune nazioni europee utilizzate come basi di appoggio. Ma un documento classificato molto segreto del 10 gennaio 2002 e pubblicato dal quotidiano spagnolo El Pais riporta nero su bianco il trasporto di prigionieri a Guantanamo con la richiesta al governo Aznar di poter utilizzare gli aeroporti spagnoli in caso di emergenza.
L’inchiesta di Rainews24 ricostruisce le ore concitate che precedono l’apertura del carcere di Guantanamo e la richiesta da parte degli Stati Uniti di un appoggio militare e politico per le cosiddette extraordinary renditions.
In una nuova risoluzione sui voli CIA in Europa, l’Europarlamento il 19 febbraio denuncia “l’inerzia dimostrata finora” dai Ventisette nel fare luce sul programma di trasferimenti forzati.
Ed a dimostrazione di quanto sia suscettibile anche il Portogallo al coinvolgimento dei voli CIA è saltato il riferimento all’attuale presidente della Commissione europea José Barroso, all’epoca dei voli capo del governo lusitano. Una “scelta politica” della quale il relatore, Claudio Fava, ha “preso atto” giudicandola però “grave”.
La risoluzione rileva inoltre che gli ordini esecutivi del presidente statunitense Obama, pur rappresentando “un significativo passo avanti non sembrano affrontare pienamente la questione della detenzione segreta e del rapimento né dell’uso della tortura”.
Con l’arrivo alla Casa Bianca Obama infatti mantiene la promessa di chiudere il carcere di Guantanamo ma il presidente non abbandona la politica delle rendition: i rapimenti sono l’unico strumento che ci è rimasto, dice anche se assicura delle procedure più garantiste. Insomma, per il momento conferma di fatto la linea di Bush ed invoca la sicurezza nazionale per mantenere il segreto di Stato.

Il video dell’inchiesta è qui.

NATO = $$$

sigo

La militarizzazione del territorio e le minacce alla sicurezza dei siciliani sono inesauribile fonte di guadagno per una delle principali aziende del comparto militare statunitense. Spacciato dal ministro La Russa come importante occasione di sviluppo economico ed occupazionale, il nuovo sistema AGS di sorveglianza terrestre della NATO che sta per essere realizzato nella base di Sigonella, è invece l’occasione per trasferire enormi risorse pubbliche nelle casse di un consorzio industriale che vede in posizione dominante le statunitensi Northrop Grumman e General Dynamics.
Secondo fonti atlantiche, il programma AGS (Alliance Ground Surveillance) sarà un sistema integrato che consisterà di un segmento aereo e di uno terrestre, gestito da un NATO Force Command di 800 uomini, basato a Sigonella. L’AGS permetterà alla NATO di “eseguire la continua sorveglianza di vaste aree di territorio”, grazie all’utilizzo dei velivoli senza pilota “Global Hawk”, dotati di elevata autonomia (superiore a 30 ore di volo) ed in grado di volare fino a 60.000 piedi di altezza ed in qualsiasi condizione meteorologica. Nello specifico, i velivoli della Northrop Grumman saranno del tipo “Block 40”, equipaggiati con un sensore radar di sorveglianza del suolo (MPRIP Multi-Platform Radar Insertion Program) ed un sistema di trasmissione dati a banda larga. Anche sensori e trasmettitori saranno di realizzazione statunitense e l’affidamento in regime di monopolio dell’AGS all’industria USA è stata la causa prima della diserzione dal programma dei maggiori paesi dell’Alleanza Atlantica.
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Nel corso della riunione dei Ministri della Difesa della NATO di Cracovia, il 19 e 20 febbraio scorso, è stata formalizzata la scelta di Sigonella come “principale base operativa” del sistema di sorveglianza, ma il Memorandum of Understanding del programma AGS è stato sottoscritto solo da Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Repubblica Ceca ed Italia. Nonostante un notevole ridimensionamento del budget originario destinato a quello che è stato definito il “Grande Orecchio” della NATO in un’area che si estende dai Balcani al Caucaso e dall’Africa al Golfo Persico, la diserzione in massa degli alleati ha comportato per il nostro paese l’assunzione di una maggiore spesa per le attrezzature e le infrastrutture dell’AGS, circa 150 milioni di euro, pari al 10% del piano finanziario generale del programma. Anche le industrie che si spartiranno il bottino di guerra si sono ridotte: oltre a Northrop Grumman, General Dynamics e Raytheon, compaiono nel ruolo di modestissime sub-appaltatrici l’EADS e l’italiana Selex Galileo, gruppo Finmeccanica.
Nel febbraio 2009, la supremazia dei contractor USA è stata ulteriormente rimarcata dal contratto di 79,4 milioni di dollari sottoscritto dall’US Air Force per installare la multi-piattaforma radar MP-RTIP a bordo dei Global Hawk per accrescerne operatività e potenza elettronica. Anche in questo caso la Northrop Grumman ha scelto come subappaltatrici solo imprese USA: Raytheon Space and Airborne Systems (California), Aurora Flight Sciences (Virginia), L-3 Communications (Salt Lake City), Raytheon Intelligence and Information Systems (Virginia), Rolls-Royce Corporation (Indianapolis) e Vought Aircraft Industries (Dallas).
Come se ciò non bastasse, sempre in febbraio il Pentagono ha affidato a Northrop Grumman un contratto di 276 milioni di dollari per le “operazioni di supporto e manutenzione” di tutti i velivoli “RQ-4 Global Hawk” dell’US Air Force, quattro dei quali stanno per essere installati in via definitiva a Sigonella in aggiunta ai velivoli senza pilota della NATO. Anche la NASA, l’agenzia spaziale USA, si è affidata ai velivoli senza pilota della Northrop Grumman per misteriose “attività sperimentali e di osservazione terrestre”. Due Global Hawk sono stati destinati al teatro mediterraneo ed uno di questi stazionerà stabilmente nell’aeroporto di Decimomannu, a pochi chilometri dalla Sardegna.
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Da Madrid giungono nuovi intanto nuovi particolari sulle ragioni che avrebbero convinto l’esecutivo Zapatero a ritirarsi dall’AGS. Secondo il delegato del governo in Aragona, Javier Fernández, la Spagna aveva candidato in un primo tempo l’aeroporto di Zaragoza come principale base operativa del programma NATO, ma elementi di ordine economico-industriale e di sicurezza del traffico aereo hanno poi reso impraticabile l’opzione.
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Il rappresentante del governo ha aggiunto che l’installazione a Zaragoza dei velivoli senza pilota presentava “molti inconvenienti” al normale funzionamento del vicino aeroporto della città. “Dato che le aeronavi della NATO voleranno continuamente per catturare le informazioni – ha spiegato Fernández – si potevano generare restrizioni al traffico aereo, saturazione nello spazio aereo e problemi durante gli atterraggi e i decolli. Proprio per questo l’uso di aerei senza pilota non è stato ancora regolato in Spagna”. Per la cronaca, la base di Sigonella sorge ad una decina di chilometri dallo scalo di Catania-Fontanarossa dove annualmente transitano più di due milioni di passeggeri.

Da Il grande affare USA dell’AGS di Sigonella, di Antonio Mazzeo.