Cinepanettone di Stato

Le contradditorie dichiarazioni del ministro della “Difesa” Ignazio La Russa relativamente alla morte di Matteo Miotto squalificano le istituzioni, la politica e le forze armate.

“Non ho mai visto in tv un Ministro della Difesa mimare come fa un attore in un film di ultima categoria“. Insomma, un La Russa che recita la parte del comico in un cinepanettone in programmazione tra San Silvestro e la Festa della Befana.
”Camporini ha detto la verità, è stato il titolare di Palazzo Baracchini a cambiare versione, le accuse che ha lanciato hanno un effetto negativo anche sulla situazione interna del Paese. Squalificano le istituzioni, la politica e le forze armate.
Si sta scardinando [intenzionalmente? – nda] il tessuto connettivo del Paese. Dopodiché non resta nulla.
I nostri sabotatori, gli incursori non dipendono dall’Esercito ma dalla NATO. Prendono ordini direttamente dal Comando Generale di Bruxelles. Scendono dagli elicotteri ed eliminano tutto quello che incontrano addentrandosi, anche di notte, in territorio “ostile“. Questa è guerra. Eliminare significa uccidere“.
Sono dichiarazioni rilasciate da Fabio Mini in questi giorni alle agenzie di stampa, che le hanno totalmente ignorate. Quello che ha detto il generale lo sapevamo e lo abbiamo scritto in più occasioni, dal 2009 in poi.
Sei parlamentari di Montecitorio hanno ripreso i contenuti dei nostri articoli sulla famigerata “Task Force 45“ per presentare delle interrogazioni a risposta scritta direttamente al Presidente del Consiglio piuttosto che rivolgersi al Ministro della Difesa od ai Sottosegretari Giuseppe Cossiga (!), figlio di Francesco, e Guido Crosetto, con l’intenzione di metterci allo scoperto piuttosto che di far sapere qualcosa in più agli italiani.
Ma c’è di peggio di un “malinteso“ o di una versione discordante sulla morte di Matteo Miotto tra il D’Annunzio del XXI° secolo ed il Capo di Stato Maggiore delle FF. AA..
Camporini andrà in pensione anticipata tra pochi giorni dopo aver accennato, ai margini della recente polemica sulla morte dell’Alpino del 7° Reggimento di Belluno della Brigata Julia, per la prima volta, a responsabilità esclusivamente politiche per la strage di… Ustica che si tirerà dietro quella di… Bologna.
Torniamo al titolare di Palazzo Baracchini.
La Russa racconta flagranti menzogne anche sui cacciabombardieri per l’attacco al suolo AMX-Acol in dotazione al PRT di Herat.
Ce li fa apparire come velivoli esclusivamente da ricognizione quando invece sono armatissimi e fanno decine di morti ammazzati a “strike“.
Se il Ministro mente e l’Aeronautica Militare dal canto suo nasconde il “lavoro“ tra le righe, salta immediatamente agli occhi la piena responsabilità politica dei Presidenti Napolitano e Berlusconi, del Sottosegretario Letta e dell’intero Esecutivo nella faccenda.
I vertici delle istituzioni e della politica sanno perfettamente quello che succede sul terreno nelle 4 province sotto (formale) controllo del contingente italiano in Afghanistan.
La Russa firma gli ordini esecutivi ma le decisioni collegiali vengono prese al Quirinale quando si riunisce il Consiglio Supremo di Difesa (CSD).
Entriamo nel merito.
Nel portale del Ministero della Difesa, Missioni Estere, Aeronautica Militare Italiana, si legge:
“… il personale navigante e specialista della Task Force “Black Cats“ proviene dai Gruppi di volo dell’A.M.I che hanno in dotazione il caccia AM-X: il 103° ed il 132° Gruppo del 51° stormo di Istrana, il 13° ed il 101° Gruppo del 32° stormo di Amendola”. Lo stesso, aggiungiamo noi, che effettuò per ordine dell’allora presidente del Consiglio D’Alema, consigliere militare Tricarico, ripetuti lanci di missili antiradiazione Harm sugli impianti radar del Montenegro nel 1999, in missione SEAD (Suppression of Enemy Air Defence), senza autorizzazione dell’ONU.
Abbiamo pubblicato a suo tempo anche i numeri degli oggettini indirizzati verso i targets in prossimità di alloggiamenti dei militari serbi.
Continuiamo a leggere quello che ci dice il portale.
“… Sabato 4 Dicembre ad Herat si è svolta la cerimonia del passaggio di consegne tra il magg. Nadir Ruzzon, comandante uscente e il magg. Michele Grassi, subentrante.
Nel periodo di comando del maggiore Ruzzon i 4 AM-X Acol (acronimo di Aggiornamento capacità operativa e logistica) hanno portato a termine con successo numerose missioni operative. Negli ultimi mesi sono state effettuate più di 300 ore di volo in 140 sortite [attenzione qui – nda] tra attività di supporto aereo ravvicinato, appoggio tattico alle truppe in operazioni di Close Air Support e ricognizione aerea per esigenze di intelligence, sorveglianza e ricognizione ISR“. In realtà le ore effettive di volo degli AMX dal 9 Novembre 2009, giorno del loro primo impiego in Afghanistan, ad oggi sono 2300. L’A.M.I azzera le ore di volo a fine anno per ricominciare la conta. Il perché è semplice: nasconde intenzionalmente l’entità del suo “impegno” aria-terra nelle province ovest di Herat, Farah, Bagdis e Ghor contro nuclei di combattenti pashtun.
Per non dare interpretazioni errate o di parte abbiamo usato Wikipedia. Ecco cosa riporta.
Close Air Support (CAS) è un termine utilizzato in gergo militare per indicare appoggio tattico fornito da velivoli ad ala fissa contro obbiettivi nemici in prossimità di forze amiche.
Il ruolo Close Air Support viene effettuato da aerei da attacco al suolo.
Per essere meno criptici, in soldoni, il Comando del PRT di Herat usa gli AMX che mitragliano e bombardano con armi a guida laser ed i Tornado IDS con missili e spezzoniere, per proteggere – si sostiene – il contingente italiano anche quando la minaccia sul terreno è pressoché inesistente o nulla.
La filosofia di impiego è fare terra bruciata, preventiva, per decine di chilometri di ampiezza intorno ai (nostri) capisaldi, controllando dall’aria ogni obbiettivo che si muova in maniera sospetta a piedi od in auto, fuoristrada e camion su percorsi asfaltati o strade di montagna, sia in prossimità di villaggi che di insediamenti agricoli od abitazioni isolate nelle vallate.
Il tutto a discrezione visiva (interpretativa) degli operatori alla consolle degli UAV Predator di Camp Arena.
Sentire in voce, in un filmato, un militare USA che… segnala ad un A-10 in volo due sospetti (terroristi) in prossimità di un argine che hanno in mano qualcosa che somiglia ad un lanciarazzi (pale, picconi?) ed autorizza il pilota a fare fuoco sui bersagli con i cannoni a tiro rapido da 30 mm, fa semplicemente rabbrividire.
Il portale dell’Aeronautica Militare non può dire esplicitamente quello che la Russa nega in pubblico ma si lascia una via di uscita per non caricarsi di responsabilità nell’ammazzare pashtun in quantità industriali, per decisioni di esclusiva responsabilità del Ministro della Difesa e del CSD.
La Russa, abbagliato da veline e gossip, che privatizza le FF. AA., che aliena per un tozzo di pane proprietà dello Stato, fari ed isole comprese, per reperire fondi per la Roma di Alemanno ed il sostegno armato al governo Karzai; capacissimo di licenziare, per sforamenti di bilancio, graduati e sottoufficiali, precari, ed ufficiali a ferma breve, in combutta con Brunetta e Tremonti, non può continuare a rappresentare lo strumento militare del Paese.
Abituato a mentire spudoratamente, può continuare meravigliosamente bene a fare il “politico” ma non certo il Ministro della Difesa. Non ne ha le capacità intellettuali né comportamentali. E’ una vajassa ed un debito elettorale per il PdL. Anche se non ce ne può fregare di meno. Fatti loro.
Il generale Mini ha detto in modo esplicito quello che si pensa unanimemente, tra gli organici di basso e medio livello delle forze armate e tra la gente perbene, dell’on. Ignazio La Russa.
Più buia la notte più luminosi i fuochi.
Giancarlo Chetoni

Afghanistan: le manfrine di Frattini, La Russa & soci

Il “Freccia“ è il 5° blindato, in questo caso di produzione FIAT Iveco-Oto Melara, utilizzato dal “nostro“ contingente in Afghanistan ed il 3° progettato ed uscito dalle catene di montaggio nazionali per dotare i militari “tricolori“ di “un mezzo idoneo ad affrontare le minacce di formazioni ostili in Paesi in cui si imponga la necessità di operazioni di polizia internazionale per ristabilire l’ordine e sicurezza“ (dichiarazione di La Russa Ignazio). Insomma, peace-keeping e peace-enforcing sotto l’egida dell’ONU ed occasione utile per soddisfare al tempo stesso le esigenze dell’ Esercito Italiano (E.I.) per dotare i suoi reparti di un numero adeguato di VBL/VCM/VCE/IFV che soddisfi l’esigenza di dotazioni della Forza Armata.
Un esigenza che coincide con l’acquisto da parte del Ministero della Difesa di un numero di blindati tale da generare, in ogni caso, un lauto profitto alle società costruttrici che si accollano, bontà loro, i costi di progetto, produzione, modifica, manutenzione a tempo e le scorte ricambi all’ E.I..
La conseguenza più immediata di una tale procedura è il volatilizzarsi del rischio di impresa e l’acquisizione da parte dell’E.I. di quantità “regolarmente eccedenti di esemplari prodotti, rispetto alle necessità operative“ essendo ben noti i benefici economici che ricava il personale di alto grado della Forza Armata, Marina ed Aviazione comprese, alla quiescenza, dall’’inserimento a livello dirigenziale nell’industria militare pubblica e privata.
Lobbies che opacizzano, nel migliore dei casi, i bilanci di settore ed inquinano, ormai a partire dagli anni Settanta, le destinazioni di spesa di Via XX Settembre.
Il “Freccia“ pesa in ordine di combattimento 26+2 tonnellate, ha un cannone a tiro rapido da 25 mm KBA, una mitragliatrice MG-42 da 7,62 mm ed una trasmissione su quattro assi. L’arma più temibile nelle mani di un coraggiosissimo ed eternamente appiedato straccione pashtun è un RPG-7 che a 150 metri perde i tre quarti della sua precisione di tiro od un AK-47 che a 130 mt la dimezza.
Nella versione controcarro il “Freccia” aggiungerà, grazie al professore, una dotazione di missili antitank “made in Israel“ Spike con un raggio d’azione dai 4 ai 6 km. Continua a leggere

L’Italia che frana, alla bancarotta

Nel fiume straboccante dei finanziamenti per centinaia di milioni di euro a fondo perduto per la “ricostruzione“ dell’Afghanistan, abbiamo trovato sulle entrate dichiarate dall’Ufficio ONUPA del Palazzo di Vetro 1.8 milioni di euro destinati dall’Italia (sentite, sentite) alla prevenzione ambientale.
Un primo stanziamento, si preciserà, finalizzato a localizzare le sedi che ospiteranno centri di osservazione contro il dissesto geologico nella provincia di Farah.
Non potevano non tornarci in mente i comuni di Scaletta Marina, Giampilieri, Briga e Scaletta Zanclea nel messinese, i quali il 25 ottobre del 2007 vennero coinvolti da un vasto movimento franoso durante un nubifragio particolarmente intenso che in quell’occasione non fece vittime ma solo ingenti danni materiali.
Questo territorio della Sicilia Orientale, al pari di altri 1.503, distribuiti a macchia di leopardo dall’arco alpino alle dorsali appenniniche, era stato censito nel 2004 da ricercatori e tecnici, locali e nazionali, ad elevato rischio idrogeologico.
Nonostante i ripetuti allarmi lanciati dai sindaci e dal prefetto di Messina, i ministri dell’Ambiente, Pecoraro Scanio e Prestigiacomo, non hanno mai destinato un solo euro di finanziamento per la messa in sicurezza della zona.
Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso che, insieme al suo staff, ha raccolto dalla magistratura avvisi di garanzia come coriandoli per la gestione dell’emergenza spazzatura a Napoli, da queste parti la gente lo ricorda per lo slogan beffardo “meno salsicce (in riferimento alle sagre delle proloco – nda), più risorse al territorio“ con cui investì gli amministratori locali che sollecitavano un piano di opere di contenimento per fermare gli smottamenti.
Il 3 ottobre 2009, milioni di metri cubi di terra trasformati in fango da un altro violento temporale si staccano da un costone della collina che sovrasta Giampilieri Alta e precipitano a valle travolgendo Giampilieri Marittima.
Le strade delle due frazioni saranno invase da un fiume di terra ed acqua che spazzerà via decine di abitazioni e interi nuclei familiari.
Il bilancio finale sarà di 37 morti e di 3 dispersi seppelliti sotto metri di fango i cui corpi non verranno più ritrovati.
Il responsabile della Protezione Civile senza arrossire nemmeno un po’ dichiarerà: “Eravamo in allerta meteo, di più non potevamo fare“.
A catastrofe annunciata e poi consumata, due cadaveri verranno rinvenuti dai Vigili del Fuoco in mare, ci sarà un gran spolverio di vip ed una montagna di immagini trasmesse dai TG, con l’immancabile seguito di funerali di Stato e bare avvolte dal tricolore.
Anche Giampilieri Marina avrà il suo eroe travolto dal fango per salvare 3 compaesani.
La famiglia, statene certi, riceverà a riflettori accesi ed a cineprese ronzanti una bella medaglia d’oro al valor civile dalle mani di Giorgio Napolitano.
Il TG3 serale di martedì 22 u.s. intervisterà un residente domandandogli cosa è cambiato in paese a distanza di due mesi e come sarà il suo Natale. L’inviato della Berlinguer si sentirà rispondere con un secco “qui da noi è tutto come dopo la tragedia“.
Il blocco totale delle attività agricole ed artigianali continua. Il 25 dicembre sarà per Vito Abbate un giorno segnato dalla sofferenza.
Ecco perché troviamo allucinante la destinazione di quel 1.8 milioni per la provincia di Farah dove continuiamo a portare morte e distruzione con la Task Force 45, con i Predator, i Tornado e gli AMX di Napolitano e La Russa. Il marcio che corrode l’Italietta esce prepotente in superficie.
Appena 24 ore prima che Vito Abbate dicesse cosa succede, o meglio non succede, a Giampilieri il Presidente della Repubblica, rivendicando le sue funzioni di Capo delle Forze Armate, a margine della teleconferenza dall’Afghanistan con il generale Alessandro Veltri della Brigata Sassari – che ha sostituito la Folgore al Comando del West RC di Herat – si è detto particolarmente soddisfatto per il rifinanziamento (miliardario in euro) delle “missioni di pace“. “E’ motivo di profondo conforto – ha continuato – che a Camera e Senato ci sia stata compattezza ed unanime sostegno dalle forze politiche“.
Per Napolitano, il suo è un compito di guida e di stimolo che si esplica nel presiedere il Consiglio Supremo di Difesa. “Sento – affermerà – come un grande onore la responsabilità di ricoprire questo incarico al servizio del popolo italiano“.
Quanto al ruolo dei (nostri) militari, il Capo dello Stato ha voluto sottolineare come “ovunque all’estero ho raccolto grandissima testimonianza ed apprezzamento per l’operato delle nostre forze armate in Afghanistan che proseguiranno negli impegni assunti dall’Italia con gli USA e gli alleati della NATO per quanto serie siano le difficoltà finanziarie che il Paese sta incontrando nell’attuale fase di recessione internazionale“.
E ora una pessima notizia per i nostri portafogli, uscita dal Ministero della Difesa il 18 dicembre.
“ … esiste un forte ritardo nel processo di formazione delle forze afghane e di sicurezza che dovranno sostituire via, via il continente internazionale, ci sono difficoltà nel reperire i luoghi dove formare quadri dell’esercito e della polizia afghana. L’obbiettivo di un larghissimo rientro (di ISAF/NATO – nda) nel 2013  è basato sulla capacità di stare sul territorio degli effettivi locali e per farlo abbiamo bisogno di infrastrutture adeguate per l’addestramento“.
Insomma, non si riesce a trovare aree adatte per la formazione militare del personale locale.
La dichiarazione, pagliaccesca, è uscita da Palazzo Baracchini, dalla bocca di La Russa.
Prepariamoci a pagare altre spese miliardarie per la “missione di pace“ in Afghanistan per almeno altri 4 anni, senza avere muri di contenimento a Scaletta Marina, Giampilieri, Briga e Scaletta Zanclea ed in altre 1.503 aree, a elevato rischio ambientale, di questo Paese alla bancarotta.
Disoccupati, cassaintegrati, lavoratori in nero, precari, pensionati, famiglie con un solo reddito potranno nel frattempo continuare tranquillamente a fare la fila davanti ad un Banco Alimentare.
Fino a quando?
Giancarlo Chetoni

[Buon Natale!]

“Un nuovo esercito europeo per le aree di crisi”

Siamo in attesa di conferme, ma a quanto ci fanno sapere dall’Iraq è in arrivo una “chicca”.
La Repubblica delle Banane starebbe investendo da quelle parti 200 milioni di dollari per l’approntamento di una base militare, questa volta tutta “tricolore”, apparentemente slegata da necessità di sicurezza per il personale dell’ENI nei campi estrazione di Zubair e Nassiriya.
Ma passiamo ad altro, saltiamo dei parallelismi, e torniamo al Qurinale. Al Consiglio Supremo di Difesa dell’11 Novembre.
Le “novità“ scaturite dal summit (si fa per dire) organizzato e presieduto da Giorgio Napolitano con Silvio Berlusconi nella veste di “vicepresidente“, hanno preso forma e sostanza nella settimana successiva, a partire dal 17, un giorno che porta ancora più sfiga del mese dei morti.
Tagli agli organici e “privatizzazione“ delle FF.AA., esclusi provvedimenti che peraltro stanno clamorosamente venendo alla luce in queste ore.
“Novità“ apparentemente slegate ma che fanno parte, di fatto, di un unico indirizzo politico e militare di respiro “strategico“ accuratamente nascosto tra le righe del comunicato ufficiale della Segreteria Generale del Quirinale già dal giorno 9.
Il 17 Novembre, La Russa Ignazio è in “Israele“ a rendere omaggio (ancora una volta a spese degli italiani) allo Yad Vashem, accompagnato dall’ambasciatore Mattiolo e dal suo consigliere personale per gli “affari internazionali“ on. Ruben (!), del PdL.
Incontrerà Il Primo Ministro Netanyahu e il Ministro della Difesa Barak, sottolineando l’importanza della visita per… “ampliare i rapporti di collaborazione tra due Paesi amici e far acquisire all’Italia la tecnologia anti-Ied per evitare altri lutti alle forze armate italiane in Afghanistan“. Una dichiarazioncina che la dice tutta sulla calibrata perfidia dell’azzeccagarbugli atlantista.
Lo stesso giorno atterra all’aereoporto Ben Gurion, proveniente dal Comando Generale della NATO di Bruxelles, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, di cui ci siamo già occupati per la Task Force 45, per una visita di due giorni su invito del Capo di Stato Maggiore Ashkenazy e successivo incontro con il Ministro della Difesa Barak e alti ufficiali dello S.M. per… “esaminare le forme di un ulteriore approfondimento nella cooperazione militare e di difesa tra Israele e la NATO”. L’ammiraglio visiterà la base aerea di Palmachin e l’Unità Yahalom.
Su Ria Novosti, il 18, il corrispondente Ylia Kramnik dà conto dell’intervista rilasciata 24 ore prima a Londra da Franco Frattini al “Times” dove il (nostro?) Ministro degli Esteri dice, papale papale, quanto segue: “La NATO sta discutendo attivamente la possibilità di istituire un esercito comune europeo per lungo tempo “(!) .
Il Titolare della Farnesina andrà un po’ più in là sostenendo che “la nuova Europa che uscirà il 19 Novembre dal Trattato di Lisbona al vertice UE sarà sostenuta dal forte appoggio dell’Italia che spinge per la creazione di un nuovo esercito europeo come centro di un potere globale di intervento nelle aree di crisi “.
Dichiarazioni che trovano una collimazione perfetta con l’’odg discusso nel Consiglio Supremo di Difesa l’11 Novembre al Quirinale.
(…)

Da Banderuole, complottardi e lacché NATO: tutti uniti appassionatamente, di Giancarlo Chetoni
[grassetto nostro]

Gli AMX a(l)col-izzati di Ignazio

amx acol

Vediamo di fare il punto sugli AMX dell’A.M.I, sul programma ACOL, sull’addestramento di piloti e macchine a Nellis in Nevada e sull’arrivo in Afghanistan dei 4 Aermacchi-Embraer. Comiciamo da Dedalonews, una fonte vicina al Ministero della Difesa.
Ecco cosa scriveva questo bollettino di informazione il 31 luglio 2009: “Il generale Tei CSM dell’ Aereonautica comunica che 10 AMX ACOL e 34 piloti in forza ad Istrana ed Amendola raggiungeranno con partenza 2 agosto la base aerea di Nellis in Nevada per effettuare delle esercitazioni mirate ad una preparazione forse finalizzata ad un loro impiego in Afghanistan in autunno. Tei precisa inoltre che l’addestramento si protrarrà per quattro settimane e sarà articolato in esercitazioni chiamate Red Flag e Green Flag”.
Eravamo rimasti al sequestro disposto nel luglio 2006 dalla Procura di Cagliari dell’intera documentazione tecnica degli AMX nella sede della società Aermacchi di Venegono Superiore (Varese) e la precedente messa a terra dell’intera flotta di questo cacciabombardiere di costruzione italo-brasiliana in dotazione all’ A.M.I.
I sequestri degli AMX da parte di più distretti della Magistratura proseguono dal dicembre 2007 fino al marzo 2008 per accertare l’esistenza di difetti strutturali sui jets.
Lo sblocco degli AMX coinciderà con l’impegno da parte dell’ A.M.I di effettuare un piano completo di revisione su questo tipo di aereo.
E’ il programma di aggiornamento ACOL che appronterà nel tempo modifiche su 50 dei circa 110 esemplari in dotazione all’ A.M.I con un finanziamento ad hoc di 285 milioni di euro.
Correrà voce di un interessamento della Alenia North America (società di Finmeccanica) a rilevare dall’A.M.I il surplus (60) degli AMX non sottoposti ad aggiornamento ACOL per destinarlo all’Afghan Army Air Corps (?) attraverso una cessione al Pentagono (!).
Un vortice, grigio-fumo, di centinaia e centinaia di milioni di euro, se fosse andato a buon fine l'”affare” estero su estero.
Nell’agosto del 2008, La Russa stanzia per i primi velivoli portati allo standard ACOL un bilancio supplementare di 35,4 milioni di euro per “attività di supporto e servizio”.
Formuletta che servirà a nascondere la volontà del Consiglio Supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano, d’intesa con Palazzo Chigi, di impiegare gli AMX in “missione di pace” sul teatro afghano.
Tempi e uscite che lasciano intravedere un’accurata programmazione dell’intervento bellico di ISAF-Italia in Afghanistan ben al di là delle decisione politiche e militari di volta in volta comunicate all’opinione pubblica italiana dai governi della Repubblica delle Banane.
A dirla tutta, del possibile impiego operativo degli Aermacchi-Embraer in questo Paese del Centro Asia cominciò già a parlarne l’allora Ministro della Difesa Arturo Parisi con Prodi a Palazzo Chigi.
Il progetto non ebbe seguito per i sequestri effettuati dalla Magistratura oltre che per l’allora minore pericolosità degli “insorti” pashtun e mujaheddin che verrà “contrastata” dalla primavera del 2006 fino al 2008 (solo) con l’invio ad Herat di elicotteri di attacco A-129 Mangusta e UAV Predator.
I 35,4 milioni di euro serviranno, in che frazione non lo sappiamo, a finanziare il trasferimento di 10 AMX ACOL, del personale di volo, gli addetti alla manutenzione, il soggiorno, i costi carburante (saranno necessari dopo il primo atterraggio alle Azzorre degli AMX dotati di serbatoi supplementari, sei rifornimenti in volo di tanker USA per la missione andata e ritorno ed una fortuna sfacciata per poter attraversare, senza perdite, l’Atlantico con questo tipo di velivolo), uso e consumo di proiettili a canne rotanti, missili, razzi e bombe laser per 30 giorni di esercitazioni a fuoco. Anche l’Esercito e Marina faranno la loro parte inviando nella base USA per addestramento otto squadre del 185° RAO della Folgore ed Incursori di Comsubin per l’addestramento all’uso dei puntatori laser in tandem con UAV e cacciabombardieri da attacco al suolo USA ed AMX “tricolori” dotati di munizionamento GBU12 Paveway.
Una costosissima superbomba da una tonnellata di alto esplosivo che segue il puntamento monocromatico da terra sul “target” da utilizzare in ambiente UCAS, acronimo di Urban Close Air Support.
Giandomenico Gaiani su Il Sole-24 Ore ripreso da “Analisi Difesa” scrive che ne sono state utilizzate dagli AMX Ghibli 300 (a carica inerte?).
Cosa voglia dire questa roba in termini di costi e che effetti possa produrre la sbandieratissima “precisione chirurgica” in ambienti abitati su obbiettivi nemici “paganti” è intuibile.
Ecco, abbiamo fatto un breve spaccato dell’addestramento a quella “missione di pace” in Afghanistan sulla quale Napolitano, La Russa & Soci pontificano senza soste da giornali e tv raccontandoci una colossale montagna di menzogne.
Il problema grosso, e irrisolto, degli AMX è di progetto. Le specifiche richiedevano un notevole carico alare (carico bellico utile) a fronte della disponibilità di un unico propulsore-turbina Rolls Royce-Fiat Avio da 5.000 kg di spinta che sviluppa una velocità massima di 0,86 mach senza picchi di potenza erogabile.
In parole povere, l’AMX è assimilabile ad un furgone da 18 quintali di peso con un motore diesel da 1.500 cc, nato con difetti nella propulsione e nell’allestimento.
Usato da D’Alema sui cieli di Pristina in ambiente prevalentemente pianeggiante e collinare ad altissima protezione dove la precarietà e l’asfitticità della motorizzazione poteva risultare non penalizzante, l’AMX ha colpito gli “obbiettivi” facendo il suo carico di distruzioni, morti e feriti. In Afghanistan per la conformazione montuosa, la quota operativa da mantenere con aria rarefatta le “cose” potrebbero andare diversamente anche per il possibile uso da parte della guerriglia “talebana” di missili antiaerei spalleggiabili.
Giancarlo Chetoni

Complicità politiche ed istituzionali per la Task Force 45

sarissa

Dei “professionisti” tricolori della Task Force 45 si conoscono i reparti di provenienza e la forza approssimativa, 180-200 uomini. Non si sa niente invece delle dotazioni militari, niente degli ufficiali e sottoufficiali, niente della effettiva catena di comando locale, niente sugli avvicendamenti e sui cicli di “operazione”, niente sulla sorte riservata ai feriti mujaeddin e pashtun catturati sul terreno né esiste agli atti del Ministero della Difesa un solo comunicato che riguardi l’attività operativa dell’unità speciale che la Repubblica delle Banane mette ad esclusiva disposizione dei super killer di Enduring Freedom.
Alla faccia della trasparenza e della libertà di “informazione”. Su questa banda di “bucanieri della montagna” il silenzio di giornali e televisione è totale.
Si sa solo, per notizie che rimbalzano in Italia dalla agenzie di stampa afghane nelle provincie di Herat e Farah, che, ad oggi, si contano a centinaia gli insorti “neutralizzati” ed a decine i morti ammazzati tra i residenti per “effetti collaterali” di rastrellamenti, cecchinaggio, tiri di mortaio e “bonifiche” dall’aria.
Ora che la Folgore sta per essere avvicendata la Task Force 45 torna, ad orologeria, alla pratica del rambismo, per alzare il livello dello scontro e per preparare come si deve il “terreno” alla Brigata Sassari.
Tutte le Grandi Unità devono lasciare un “minimum” di caduti nel Paese delle Montagne, sufficiente a cementare solidarietà tra i partner dell’Alleanza Atlantica, a rilanciare sul piano nazionale la necessità della guerra al “terrorismo”, ad instillare nelle Forze Armate del Bel Paese l’odio per un “nemico” che predica e pratica l’Islam, a preparare a livello politico una componente militare di “elite” che offra le esperienze e le specializzazioni necessarie per essere utilizzata, quando sarà “necessario”, sul piano interno come garante dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale.
Una struttura in formazione che sottrae, via via, risorse destinate all’attività di addestramento ed utilizzo del personale delle Forze Armate, acquisizioni logistiche e sistemi d’arma.
Forze Armate che a partire dal Nuovo Modello di Difesa sono state giudicate un peso di cui doversi liberare, elefantiache, obsolete e totalmente inadatte a gestire “operazioni di polizia internazionale” sia dagli esecutivi di centro-sinistra che di centro-destra, con l’esplicito appoggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del CSD e dei titolari dei Ministeri della Difesa.
Una campagna normativa “acquisti-dismissioni” che parte in sordina dal 1999 e ha preso un’accelerazione da capogiro a partire dall’estate 2006.
Le riforme nella Pubblica Amministrazione annunciate da Brunetta ed approvate in settimana in CdM vanno in questa direzione, al di là dei settori “civetta” sotto tiro.
Per capire cosa si stia muovendo dietro la Task Force 45, dopo mesi di impenetrabile silenzio su questa “unità antiterrorismo”, basterà leggere il seguente comunicato AGI dello scorso 9 ottobre:
“Un capo talebano Ghoam Yahya [un nome con tutta probabilità inventato di sana pianta, ndr] e 25 suoi affiliati [!] sono stati neutralizzati oggi nel corso di un operazione congiunta di militari italiani e statunitensi. L’episodio è avvenuto a 20 km da Herat. Secondo quanto si apprende la Task Force 45 che seguiva il gruppo di insorti già da ieri, è entrata in azione. Appresa la notizia il Ministro della Difesa si è subito complimentato con il CSM gen. Vincenzo Camporini e con il comandante delle forze italiane di Herat generale Rosario Castellano.”
Ecco come il titolare di Palazzo Baracchini ha cercato fraudolentemente di coinvolgere le Forze Armate nazionali in questo nuovo massacro che porta una firma esclusiva: quella della NATO.
Una manovra vergognosa per scaricare sui vertici militari del Paese i malumori di un’opinione pubblica fortemente contraria all’avventurismo bellico della Repubblica delle Banane, una responsabilità che è soprattutto “politica” ed “istituzionale”. Quel “nessun ritiro dall’Afghanistan” pronunciato dal marito della signora Clio da Tokio, all’indomani della morte dei sei parà del 186° Rgt. Folgore, la dice chiara.
Non siamo mai stati teneri con i sostenitori della “missione di pace” dell’Italietta in Afghanistan ma che Camporini sia al corrente del “lavoro” che fa la Task Force 45 “tricolore” è largamente improbabile. Sparare nel mucchio non serve, anzi, è fuorviante e dannoso.
Si sa che La Russa non va per il sottile quando c’è da compiacere il Presidente del Presidente. Lo stiamo attentamente monitorando dal G8 delle “donne” alla Farnesina alla presenza della bocca ad uso poliedrico della Carfagna e di Frattini, a partire dalle mete estere, Corea del Sud e Giappone e dalle frenetiche, ormai quotidiane, convocazioni al Quirinale dei “pezzi da novanta” del Bel Paese nel tentativo di ritardarne l’implosione.
Il conflitto tra Napolitano e Berlusconi non è sulla costruzione a passi da gigante di una Repubblica Presidenziale, che va benone ad entrambi, ma su chi dovrà occupare il seggiolone del Colle con pieni poteri. L’ex fascista “O ‘Sicco” lo vuole destinare alle chiappe di Fini, “papi” vuole metterci le sue. Il resto sono chiacchiere e depistaggi.
Una struttura coperta quella della Task Force 45 che si avvale, sarà bene dirlo, di grosse complicità al Comando Operativo Interforze di Centocelle.
Il curriculum di Camporini, caso pressoché unico, è esente da qualsiasi frequentazione “imbarazzante” a Bruxelles od a Washington.
Frequentazioni che aprono la strada da sessant’anni esatti alle più alte responsabilità nelle Forze Armate dell’Italietta e dischiudono, dopo la quiescenza, le stanze nelle società di Finmeccanica od abilitano ad altri prestigiosi incarichi nelle “istituzioni”, in istituti pubblici o privati, in Italia ed in Europa. Incarichi sempre lautamente retribuiti.
Possibile invece che ne sia stato informato, a cose fatte, il comandante del West Rc di Herat, Prt 11, che non batte da tempo per il verso giusto in attesa di incassare una promozione.
La Task Force 45 non dipende né da Castellano né dal suo diretto superiore gen. Bertolini ma dall’ammiraglio G. Di Paola, un ringhioso cane da guardia con un formidabile pedigree NATO, eletto il 13 febbraio del 2008 Segretario Generale del Comitato che riunisce i vertici militari dei 28 Paesi aderenti all’Alleanza Atlantica, quando era ancora C.S.M delle Forze Armate per decisione del CdM del governo Berlusconi.
Un ammiraglio pataccato da Bush con la Legion of Merit che condivide con Will C. Rogers III, l’ex Capitano di Vascello dell’incrociatore USS CG-49 Vincennes, responsabile dell’abbattimento con due missili antiaerei RIM-66 Standard di un Airbus dell’Iran Air (volo 655) e della morte di 290 passeggeri sul Golfo Persico durante il volo Bandar Abbas-Dubai, il 3 luglio 1988.
Giancarlo Chetoni

Afghanistan: com’è e come ce lo racconta La Russa

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L’Afghanistan ha un’estensione di 647.500 kmq, quasi due volte l’Italia, confina con Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Cina e Pakistan. La frontiera in comune solo con quest’ultimo Paese è di 2.640 km. Un’enormità.
Il Kosovo ha un’area di 10.887 kmq. Per la sua “stabilizzazione” in una condizione geopolitica – ormai pressoché definitiva – di narcostato dalla seconda metà del 1999, ottenuta con 78 giorni di bombardamenti aerei, segnata da residue tensioni etniche tra albanesi e serbi, USA-NATO-ONU-EULEX hanno impiegato sul terreno fino ad oggi un numero fluttuante di scarponi che non è mai sceso sotto i 12.000 e ha raggiunto un picco di 14.500. L’Abruzzo occupa un’area di 10.794 km. Stiamo usando gli stessi riferimenti che il generale Fabio Mini adopera nelle sue conferenze in giro per l’Italia dopo essere stato tagliato fuori non solo da Rai e Mediaset ma anche da La Repubblica che in qualche rara occasione gli ha consentito nel corso del 2008 di farci capire come stavano le cose al Comando Operativo Interforze di Centocelle ed in Afghanistan.
Ecco cosa dice l’ex comandante KFOR-NATO messo brutalmente da parte dal Popolo della Libertà di Martino per aver voluto eseguire solo “ordini scritti” e pensionato dall’Ulivo di Parisi: “Non siamo mai riusciti a sigillare completamente i confini tra Albania e Kosovo, non vedo come possano riuscirci gli americani lungo i confini Af-Pak, specie nei 650 km delle zone tribali sotto la sovranità formale di Islamabad”.
Un confine poroso, porosissimo.
In territorio pakistano ex ufficiali e sottoufficiali dell’ISI addestrano, quale che sia il governo al potere nel loro Paese, almeno 3.500-4.000 pashtun all’anno, sufficienti a coprire le perdite in combattimento in Afghanistan attingendo reclute da un serbatoio potenzialmente stimato di 250.000 uomini delle regioni centrali autonome di età compresa tra i 16 ed i 45 anni.
I dati “geografici” citati fanno immediatamente capire perché il controllo militare dell’Afghanistan sarebbe un obbiettivo strategico totalmente fuori portata per la coalizione Enduring Freedom-ISAF anche in condizioni di una ritrovata normalizzazione del quadro politico-organizzativo-economico del Paese.
Per il generale Mini, la guerriglia mujaheddin ha messo in campo nel 2008 7.000-7.500 combattenti e stima che siano aumentati a 10.000 nel corso dei primi otto mesi del 2009.
Un dato che non convince, a naso, per difetto. Continua a leggere