La politica economica è la più politica delle politiche

“L’accentramento politico-decisionale nelle mani del Super Ministro comporta che l’intera politica economica del Paese sia convogliata nella figura di colui che siede sulla scrivania lignea che fu di Quintino Sella. Questa semplice caratteristica istituzionale implica dunque che la filosofia politica di una singola persona, senza tuttavia sottovalutare l’entourage dei dirigenti ministeriali, finisce per ricoprire un’importanza maggiore di qualunque proposta economica contenuta nei programmi elettorali dei partiti rappresentati nel Parlamento sovrano. La recente genealogia dei Ministri del Tesoro (fino al 2001) e del MEF è piuttosto eloquente in questo senso. Fin dai tempi del primo Ministro del Tesoro dell’Italia repubblicana, l’incarico di dirigere il più importante dicastero economico spettò ad un esponente politico eletto in Parlamento.
(…) Tornando al caso italiano, occorre ricordare che l’ultimo vero ministro “politico”, prima della cesura del 1992, fu proprio il “tecnico” per eccellenza della Prima Repubblica: Guido Carli, ministro del Tesoro dal 1989 al 1992, ma già alla seconda legislatura al Senato tra le file della Democrazia Cristiana. Piero Barucci diventò quindi il primo “tecnico” a ricoprire l’incarico di ministro del Tesoro nel contesto del governo “semi-tecnico” di Giuliano Amato (1992-1993), quello della svalutazione della lira, del prelievo forzoso sui conti correnti e della trasformazione degli enti pubblici in S.p.A.. Barucci rimase in quel ruolo anche nel Governo Ciampi e cedette il posto a Lamberto Dini, Direttore Generale della Banca d’Italia per quindici anni (1979-1994), con l’avvento del primo Governo Berlusconi. Il vaso di Pandora dei “tecnici economici” era stato aperto: Carlo Azeglio Ciampi (ex Governatore della Banca d’Italia), Domenico Siniscalco (ex Direttore Generale del Tesoro), Tommaso Padoa Schioppa (ex Vicedirettore Generale della Banca d’Italia e Banca Centrale Europea), Mario Monti (ex Commissario europeo), Vittorio Grilli (ex Direttore Generale del Tesoro e Ragioniere Generale dello Stato), Fabrizio Saccomanni (ex Direttore Generale della Banca d’Italia), Pier Carlo Padoan (ex Vicesegretario Generale dell’OCSE). Fanno eccezione Vincenzo Visco (ministro del Governo Amato dal 2000 al 2001) e Giulio Tremonti, entrambi esperti di economia attivi in politica ed eletti in Parlamento nel corso del loro incarico.
Come ci si può spiegare questa progressiva tecnicizzazione antropologica della figura del principale ministro dell’economia? La motivazione di tale necessità si accompagna alla conclamata de-politicizzazione della politica economica in Italia. Con essa, si sancisce un sostanziale commissariamento delle scelte politiche in ambito economico, imposto da sacrali ed universali leggi economiche custodite da imperscrutabili istituzioni nazionali e sovranazionali. Le alternative si riducono a poche indistinguibili e ininfluenti opzioni. Ma la politica economica è quella che regola lo sviluppo e la distribuzione del reddito di una nazione, il tasso di disoccupazione, l’inflazione, la concessione di prestazioni sociali e previdenziali. La politica economica è la più politica delle politiche, è un’area di massimo conflitto tra interessi contrapposti. L’aver stabilito, come se fosse un cardine della nuova Costituzione materiale del Paese, che essa debba essere affidata ad un “tecnico responsabile”, apprezzato dai “mercati finanziari”, “affidabile nel contesto delle istituzioni dell’Unione Europea”, non è altro che la cruda affermazione di un principio fondamentalmente anti-democratico che implica la prevaricazione di un’unica radicale opzione politica: i saldi primari eterni, le privatizzazioni scriteriate, la precarizzazione del lavoro e l’abbattimento delle tutele, la regressività delle imposte, la progressiva riduzione dello Stato sociale.
(…) Contro il nefasto Super MEF occorrerebbe meno falso tecnicismo e più democrazia. Il paradosso di questo lungo governo tecnocratico di venticinque anni, in tutta la sua proclamata rispettabilità, si trova nel drammatico fallimento dello stesso assetto economico incarnato dal dicastero di Via Venti Settembre. Se l’Italia è tornata ad essere una periferia industriale sulla via del declino, incapace di garantire un benessere diffuso ai suoi cittadini, la responsabilità è da attribuirsi esclusivamente alle scelte adottate dai Super ministri del MEF, cavalieri della politica empiricamente fallimentare e politicamente anti-democratica incarnata nei trattati UE. Per questo motivo, la finta tecnocrazia conservatrice che ha dominato il panorama politico in questi ultimi decenni dovrebbe essere bandita da ogni incarico di potere. Al suo posto, il governo della nostra martoriata economia necessiterebbe di un maggiore controllo democratico, con un dibattito pubblico accessibile a tutti i cittadini, scevro di anglofoni tecnicismi e dichiarazioni apodittiche. Bisognerebbe instaurare la logica dei ministri politici responsabili di fronte all’opinione pubblica e alle rappresentanze politiche, parlamentari e sociali. Non si negano certo gli aspetti tecnici della politica economica: quello di cui le strutture economiche italiane avrebbero bisogno è una vera tecnocrazia democratica, imbevuta di un patriottismo progressista che ambisca a rendere l’economia Italiana più dinamica, prospera, giusta e libera per tutti, o quanto meno per i molti che hanno inutilmente sofferto a causa del trentennio tecnocratico.
C’è solo da augurarsi che questa incombente nomina del Super ministro sia l’ultima di una lunga e tormentata serie. (…)”

Da Contro il “Super MEF”. Come imparai ad amare i tecnici e a svuotare la democrazia, di Simone Gasperin.

Alle origini del sub normale: Mike Bongiorno

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Caro Mike, è da tempo ormai che ti seguo alla “Voce dell’America”.
Grazie direttore ma… guardi che io mi chiamo Michael.
Mike! Suona meglio… no?
(Dialogo tra Mike Bongiorno e Vittorio Veltroni, l’allora responsabile del giornale radio RAI, 1953)

Nacque a New York da padre italo-americano, noto avvocato e presidente della potente Associazione Sons of Italy in America, e madre italiana il 26 maggio 1924. Il suo vero nome era Michael Nicholas Bongiorno ma era chiamato Mickey. Quando Mickey era giovanissimo, la madre, che si era separata dal marito, si trasferì in Italia a Torino, portandolo con lei. Qui egli frequentò le scuole fino al liceo, iniziando a lavorare per la pagina sportiva de La Stampa.
Dopo l’8 settembre 1943, si unì a gruppi della Resistenza, prodigandosi come staffetta tra i partigiani e gli Alleati di stanza in Svizzera.
Il 20 aprile del 1944, fu intercettato e arrestato e quindi condotto nel carcere di San Vittore a Milano dove ebbe modo di conoscere e fraternizzare con Indro Montanelli, detenuto nello stesso carcere.
Dopo questo periodo di reclusione, passò attraverso vari campi di concentramento, arrivando alla fine del 1944 a Spittal, in Germania, dove rimase sino al gennaio 1945, per poi essere protagonista di un poco usuale scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Germania. Lo ritroviamo a New York dove riprese l’attività giornalistica, collaborando a Voice of America, emittente radiofonica emanazione del Dipartimento di Stato.
Tornò in Italia solo nel 1952, realizzando alcuni documentari sulla ricostruzione del Paese. Successivamente il funzionario RAI Vittorio Veltroni, padre del più noto Walter, gli offrì un contratto di collaborazione per il Radiogiornale. Realizzò servizi e radiocronache sportive, entrando poi in pianta stabile nella neonata TV di Stato italiana e divenendo il primo presentatore della stessa.
Una lunghissima carriera, quella di Bongiorno, interrotta solo dalla morte avvenuta nel 2009, dopo aver ottenuto la cittadinanza italiana e l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica, conferitagli nel 2004 dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Federico Roberti

Crescere tra quelle righe

“Crescere tre le righe” è il convegno organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, quest’anno giunto alla sua nona edizione, che vede come protagonisti il mondo italiano ed internazionale dell’editoria, gli studenti e le Istituzioni.
Esso “rappresenta un’occasione unica, nel panorama della comunicazione nazionale, per riunire attorno allo stesso tavolo tutti i protagonisti dell’informazione sia scritta che parlata, oltre ad autorevoli esponenti delle Istituzioni e gli studenti, per fare il punto della situazione sul rapporto tra giovani e informazione e per confrontarsi sul ruolo che questa può esercitare quale strumento per la crescita, nelle giovani generazioni italiane, di quel solido spirito critico indispensabile per garantire la convivenza civile e democratica del nostro Paese”.
Così recita il sito dedicato.
L’Osservatorio Permanente Giovani-Editori è presieduto dall’infaticabile Andrea Ceccherini, che ne è stato anche co-fondatore insieme a Cesare Romiti (allora presidente di RCS-Corriere della Sera) e Andrea Riffeser Monti (vice presidente e amministratore delegato del Gruppo Poligrafici Editoriale) nel giugno 2000.
Nell’estate del 2002, il Ceccherini è stato quindi invitato dal Dipartimento di Stato USA a “compiere un viaggio di studi incentrato sulla costruzione di relazioni internazionali nei campi dell’editoria e della politica”, riferisce la nota biografica sul sito dell’Osservatorio.
Successivamente, egli ha avuto il privilegio di essere ricevuto da Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, S.S. Papa Benedetto XVI, Cardinal Tarcisio Bertone, Papa Francesco.
Un importante alleato dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori sono i Gruppi Editoriali: la squadra che affianca l’Osservatorio nelle sue iniziative è composta dal primo giornale di opinione italiano, il Corriere della Sera, dal più importante quotidiano economico, Il Sole 24 Ore, e da alcune delle principali testate locali, La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino, L’Unione Sarda, l’Adige, Il Tempo, L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi, La Stampa, la Gazzetta di Parma, Il Gazzettino. A questi si sono aggiunti più di recente La Gazzetta dello Sport, il più diffuso quotidiano sportivo, e l’Osservatore Romano, il quotidiano ufficiale della Santa Sede.
L’Osservatorio Permanente Giovani-Editori collabora da diversi anni anche con il sistema delle Fondazioni di origine bancaria italiana, ed è affiancato da grandi aziende come Enel, Eni, Telecom Italia e Rai nonché dai tre principali istituti bancari italiani: Intesa Sanpaolo, Unicredit e MPS.
Tralasciando gli esponenti dei media nazionali -i soliti Vespa e insetti similari dell’informazione atlanticamente corretta di casa nostra- non resta dunque che elencare i rappresentanti di alcuni fra “i maggiori gruppi editoriali internazionali” che saranno ospiti al Borgo La Bagnaia, alle porte di Siena, i prossimi 22 e 23 Maggio:
Gerard Baker, Direttore The Wall Street Journal;
Dean Baquet, Direttore The New York Times;
Martin Baron , Direttore The Washington Post;
Jeff Bewkes, Amministratore Delegato Time Warner;
Richard Gingras, Senior Director dei prodotti News e Social Google;
Davan Maharaj, Direttore Los Angeles Times;
Mark Thompson, Presidente e Amministratore Delegato The New York Times.
Dulcis in fundo, è assicurata la presenza di John R. Phillips, Ambasciatore USA in Italia.
I viaggi studio negli Stati Uniti, promossi dal Dipartimento di Stato, hanno colpito ancora!
Federico Roberti

[Si vedano:
Le ragioni di François
Sedurre gli intellettuali per ammaestrare il popolo
La NATO culturale]

Nino Galloni: “Come ci hanno deindustrializzato”

Claudio Messora intervista Nino Galloni, economista ed ex direttore del Ministero del Lavoro.
Un viaggio nella storia d’Italia che passa per Enrico Mattei e Aldo Moro, lungo un progetto di deindustrializzazione che ha portato il nostro Paese da settima potenza mondiale a membro dei “Pigs”.
Si tratta di un lungo intervento ma sappiate che la vostra pazienza sarà adeguatamente ricompensata…

Ricorda qualcosa?

“Il parossismo generale nei riguardi del debito pubblico – che, lungi dall’essere il fulcro del problema come vorrebbe qualcuno, costituisce invece la vera cartina tornasole capace di misurare grado di deterioramento delle altre attività economiche nazionali – non è altro che uno specchietto per le allodole, utile per giustificare lo smantellamento totale e definitivo dell’industria strategica italiana in nome dell’imperativo categorico di “far cassa”.
Per questa ragione il nuovo piano strategico elaborato da Finmeccanica ha suscitato l’approvazione di Morgan Stanley, che ha alzato il rating sulla società romana poche ore dopo che l’Amministratore Delegato Giuseppe Orsi ebbe esternato pubblicamente l’intenzione di “alleggerire” la holding attraverso la dismissione di alcune aziende “meno produttive”.
Parlare, inoltre, di concorrenza in un sistema estremamente corporativo ed oligopolistico come quello dell’energia appare quanto meno fuorviante, dal momento che i prezzi di petrolio e gas vengono stabiliti arbitrariamente da un cartello composto da un pugno di società petrolifere e da un numero altrettanto esiguo di istituzioni finanziarie che speculano sui rialzi. Alla luce di tutto ciò, giustificare l’indebolimento dell’ENI in nome della concorrenza tirando persino in ballo i minori costi che gli utenti si ritroverebbero ad affrontare appare analogo alla crociata guidata dall’attuale esecutivo “tecnico”, che intendeva provocare una diminuzione dei prezzi della benzina liberalizzando le pompe di distribuzione senza prendere in minima considerazione il ruolo di quelle che Enrico Mattei definiva “sette sorelle”. Il che la dice lunga sulla presunta risolutezza del governo Monti, che “non guarda in faccia nessuno”.
L’ultimo tassello da inserire in questo desolante mosaico è costituito dalla nomina ad advisor (consigliere), con compiti di valutazione delle modalità di vendita della Snam, di Goldman Sachs da parte della Cassa di Depositi e Prestiti presieduta da Franco Bassanini, che nel 1992 era salito a bordo del Panfilo Britannia in compagnia di una nutrita schiera di alti esponenti della politica e dell’economia italiana (Ciampi, Draghi, Costamagna, ecc.).
Sull’onda di Tangentopoli si insediò il governo tecnico presieduto da Giuliano Amato, il quale si affrettò a trasformare le aziende pubbliche in Società Per Azioni mente il Fondo Monetario Internazionale segnalava la necessità di provocare una svalutazione della moneta italiana per favorire il processo di privatizzazione. Così, non appena i “tecnici” del governo Amato ebbero incaricato Goldman Sachs di supervisionare alla vendita dell’ENI, il gruppo Rothschild “prestò” il direttore Richard Katz al Quantum Fund di George Soros per imbastire la colossale manovra speculativa contro la lira, provocando una svalutazione della moneta italiana pari al 30%. Ciò consentì ai Rothschild di acquisire parte dell’ENI a un prezzo fortemente “scontato”.
Lo scorporo della Snam appare quindi come una fase avanzata della lunga marcia di logoramento di quel che rimane dell’industria strategica italiana avviata nel 1992, con Tangentopoli e con gli attentati del 1992 che costarono la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti delle rispettive scorte.
Proprio in questi giorni è stato celebrato l’anniversario della strage di Capaci tra altisonanti discorsi da parte dei più autorevoli esponenti istituzionali. Sarebbe stato interessante se qualcuno avesse osato tirare in ballo le dichiarazione rese dall’ex ministro dell’interno Vincenzo Scotti nel corso di un’intervista resa al quotidiano romano “Il Tempo” il 6 dicembre 1996. In quell’intervista, Scotti spiegò che nel febbraio 1992 i servizi segreti e il capo della polizia Vincenzo Parisi avevano redatto e fatto pervenire sulla sua scrivania un rapporto in cui erano sommariamente elencate e descritte le modalità di un imminente piano di destabilizzazione politico, sociale ed economico dell’Italia, orchestrato da svariate potenze internazionali in combutta con alcune potenti lobby finanziarie. Il piano in questione, secondo quanto affermato da Scotti, comprendeva attentati di varia natura atti a distorcere la percezione di sicurezza nazionale in seno alla società, in modo da creare un clima di instabilità che spianasse la strada agli attacchi finanziari diretti contro il patrimonio industriale e bancario di stato. Non ricorda qualcosa?”

Da La lunga marcia di logoramento dell’Italia, di Giacomo Gabellini.

Intanto paghiamo

Adesso la quadruplice sta facendo pagare all’Italia l’alleanza con Putin e Gheddafi.
Con la Clinton in testa, il Club non tollera autonomia e soluzioni energetiche nazionali

di Piero Laporta per ItaliaOggi

Capolinea? ItaliaOggi del 7 ottobre 2009 scrisse che Silvio Berlusconi traballava a causa dei legami con Gheddafi e Putin, dopo la vittoria di Hussein Barak Obama e Hillary Clinton. Tre mesi prima ItaliaOggi accostò le fucilate mediatiche sulle ospiti di villa Certosa ai «terroristi che un tempo annunciavano a rivoltellate le elezioni imminenti». Seguì un copione sperimentato dal 1945, quando il «quartetto» dei vincitori (Gran Bretagna, Francia, USA e URSS), irradiatosi nei nostri interessi, li predò più o meno di comune accordo, manipolandoci la democrazia, corrompendola e non solo. Crollata l’URSS, subentrò la Germania e il nuovo Quartetto eliminò alleati esigenti a vantaggio di ex nemici ricattabili.
Berlusconi entrò in politica nel 1994 per salvare la sua proprietà? I valvassori del Quartetto rapinavano da sempre le ricchezze italiane; dopo il 1989 Mediaset fu tra le appetibili. I valvassori ebbero sempre man salva purché assicurassero la ciclica spremitura degli italici servi della gleba, come desiderano mercati, BCE, IMF e agenzie di rating. L’Italia è come le mucche dei Masai. I valvassori le incidono ogni tanto le vene del collo, badando di non ucciderla; raccolgono il sangue nella zucca e lo porgono al Quartetto che lascia qualcosa sul fondo da leccare. Negli anni ’50 gli USA bevevano per primi; oggi Berlino ha il primato, segue Parigi, ultima la Clinton che freme dopo gli abili inglesi. Il deficit statale fu pure sperperi e corruzione, però conseguenti a politiche agricole, industriali ed energetiche genuflesse al Quartetto vampiro.
Il sistema (difeso con bombe, terrore rossonero, mafia e agenzie di rating) perseguita e uccide chiunque tenti di scalfirlo o svelarlo, come Enrico Mattei, Aldo Moro, Giovanni Leone, Luigi Calabresi, Mino Pecorelli, Walter Tobagi, Bettino Craxi. Piemme comunisti? Una balla rancida: o effimeri autocrati a caccia di visibilità oppure organici ai quattro del Quartetto. Vi sono pure, grazie a Dio, tanti liberi, onesti e coraggiosi; va detto e ricordato con un grazie.
Berlusconi parvenu (come sibilarono Gianni Agnelli e Indro Montanelli, valvassori fra i più zelanti) s’adattò alle regole dei Quattro che spaccano il paese in due partiti, l’uno contro l’altro, i capponi manzoniani: comunisti contro anticomunisti, poi nord contro sud, guelfi contro ghibellini, obbligandoci a un moto parossistico e immobile, come un calabrone, di fronte al fiore inarrivabile delle riforme. «Faremo, cambieremo, riformeremo» ronzava il calabrone Silvio, mentre agguantava il futuro legando Vladimir Putin a George Bush Sr, nonostante costui sia assiduo col suo peggiore nemico in Svizzera. Sembrava fatta. Tornata tuttavia al potere la sitibonda Clinton, ogni equilibrio s’infranse nella guerra di rapina alla Libia. Berlusconi maramaldo che pugnala Gheddafi, anticipa quello col «cuore grondante sangue» che tradisce gli elettori. La Germania sta alla finestra, come gli USA nella guerra dello Yom Kippur del 1973; lascia che altri combattano, agevolando i suoi disegni, in Libia come a Roma, dove osserva Giulio Tremonti accostarsi a palazzo Chigi col primo di tre indispensabili passi: uccidere Berlusconi, politicamente s’intende. Deve, può o vuole? È presto per dirlo. Anche il secondo passo, cavar sangue come i valvassori, potrebbe essere obbligato da politiche spietate. Arriverà il terzo e decisivo passo di Tremonti, se vorrà omologarsi? Porgerà la zucca, come Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, prima di lui? A chi la porgerà prima? Che cosa conterrà? ENI, Finmeccanica? Washington condivide le priorità di Giulio con le altre tre? I guai di Marco Milanese crescono mentre si colma la zucca? Oltre le congetture, sono seri i guai del Cavaliere se smarrisce la realtà come Bettino Craxi, quando aprì le porte del Quirinale a Oscar Luigi Scalfaro e chiuse le proprie. La volpe ansima e i cani la incalzano. A meno che, a marzo, Vladimir Putin_ o forse prima, vedremo, intanto paghiamo.

Casi di intelligence – vite esemplari 2°

segreto

Pubblichiamo la trascrizione di due lettere riservate, rispettivamente del 15 settembre 2004 e del 2 maggio 2005, inviate da Pietro Altana.
La prima al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e, per conoscenza, ai vertici dei Servizi Segreti militare (SISMI) e civile (SISDE), generali Nicolò Pollari e Mario Mori, ed al Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. Ad essa è allegata una copiosa, ma criptata, relazione sulle attività svolte dal suddetto Altana per il SISMI.
La seconda – con oggetto: rinvio a giudizio – è indirizzata a Pollari e, per conoscenza, a Mori e Pisanu.
Qui la versione .pdf delle due lettere e della relazione di servizio.
Grazie a Joseph per la segnalazione.

Ill.mo Sig. Presidente della Repubblica Italiana, mi chiamo Pietro Altana, sono nato a Torino il 14 gennaio 1960, residente in Genova, Via Sardorella, 53A/2. Richiedo il Suo autorevolissimo intervento per le circostanze che m’han visto coinvolto. Che Le sintetizzo di seguito.
Da anni lavoro per il SISMI (Servizio Segreto Militare) a tempo pieno, ed occasionalmente per il SISDE (Servizio Segreto Civile) in qualità di consulente nei settori di mia competenza: informatica, Società Iraniane e Centri Sociali. Stò seguendo da circa 2 anni sotto copertura, come “infiltrato” i Centri Sociali di Torino, Genova e Milano, e son entrato in contatto con soggetti che hanno rapporti d’interesse e che gravitano nell’area di questi Centri Sociali del triangolo industriale TO-MI-GE.
Nell’ambito del mio incarico per i Servizi ho acquisito la fiducia di questi soggetti e acquisito materiali utili ed informazioni. Tra questi materiali: documenti, campioni di stupefacente, esplosivi ed altro. In particolare gli esplosivi di grande interesse (per indagini attinenti recenti attentati effettuati in Genova a danno della Questura di Genova e di una Caserma della Polizia di Stato di Genova-Sturla). Il 5 agosto 2004 avrei dovuto consegnare il predetto materiale al mio diretto superiore del SISMI, Sig. Renato Raso.
Quella stessa mattina nei pressi della mia abitazione son stato fermato da una pattuglia dei Carabinieri della Stazione di Genova-Pontedecimo che ha proceduto alla perquisizione della mia vettura (dove avevo parte del materiale dei Centri Sociali da consegnare ai Servizi).
Come da disposizioni impartite dico ai Carabinieri che lavoro per il Ministero dell’Interno, che il materiale era da consegnare ai Servizi, ed ho indicato i dati del mio diretto superiore del SISMI, Sig. Renato Raso, che era autorizzato a fornire tutte le necessarie delucidazioni. I militari dell’Arma han richiesto il mio arresto ed esteso la perquisizione al mio ufficio ed abitazione. Quì è stato posto sotto sequestro copioso materiale afferente le società iraniane che sono al centro delle nostre investigazioni (tra cui diversi computers contenenti files di documenti digitalizzati, CD, documenti cartacei etc etc).
Il materiale in questione concerne società di trading iraniane (tutte controllate direttamente dal Governo Iraniano) quali le società: IRASCO, NISCO, IRITEC, IRISA, IRITAL, IRAN AIR, TEEN TRANSPORT, e molte altre, tutte società che hanno rapporti con i servizi di intelligence iraniana e che dalle ns. indagini risulta abbiano favorito l’export – da Genova per l’Iran – di alta tecnologia Made in Usa (vietata dall’embargo) ed inoltre tecnologie militari e tecnologie nucleari. Moltissima di questa riservata documentazione era depositata in files nei miei computers (tutti posti sotto sequestro) e sono ora al vaglio degli inquirenti. Queste documentazioni sono state da me acquisite tramite informatori del SISMI all’interno delle società iraniane. I miei legali di fiducia m’han anche paventato l’ipotesi che gli inquirenti (PM Anna Canepa e GIP Todella) possano interpellare le società iraniane per una verifica della documentazione trovata in mio possesso.
A questo riguardo Le segnalo – ill.mo Sig. Presidente – il potenziale rischio (peraltro reale) che le società iraniane (e quindi induttivamente anche il Governo Iraniano) possano venire a conoscenza delle Ns. indagini espletate in questi anni sul loro conto. Con tutte le gravi, irreparabili e conseguenti negative implicazioni di carattere diplomatico per il Ns. Paese.
Attualmente mi trovo ancora in stato di detenzione nel Carcere di Genova in attesa di sviluppi. Mi metto sin d’ora a Sua più completa disposizione per poterLe fornire – qualora lo ritenesse necessario – ogni ulteriore e più approfondita informazione in ordine alla presente. E’ gradita l’occasione per porgerLe i più deferenti saluti e ringraziamenti.
ALTANA PIETRO

Ill.mi Sigg.ri Direttore SISMI, Ministro dell’Interno, Direttore Sisde,
mi riferisco alla mia del 15 settembre 2004, rimasta priva di riscontro, che allego in copia, per segnalarVi che – in relazione ai fatti che mi vedono imputato – la Procura della Repubblica di Genova (PM Anna Canepa) m’ha notificato un avviso di rinvio a giudizio. La decisione degli inquirenti, è stata assunta in quanto dagli Organi Istituzionali preposti – in questo frangente – non si è ritenuto di dover assumere autonome iniziative a miglior tutela dei miei interessi e reputazione.
Ricorrendo le circostanze sopra menzionate gradisco informarVi che, stante la situazione, i miei legali m’han indotto a predisporre per le prossime udienze dibattimentali (la prima il giorno 30 giugno c.a. ore 9.00 c/o Tribunale di Genova) le documentazioni comprovanti la mia attività professionale, espletata in questi anni a favore del SISMI (e Sisde), dal momento che questa ora rientra a pieno titolo nelle competenze della Magistratura e che in tale sede andrà discussa ed approfondita.
Ciò naturalmente con l’esonero da parte mia di qualsivoglia responsabilità, e con la riserva di far valere nelle opportune sedi giudiziarie i diritti con Voi instaurati, nascenti dalla mia qualità di collaboratore subordinato.
E’ gradita l’occasione per porgerVi i miei più cordiali saluti.
Altana Pietro