La Risistemazione Globale

Di Peter Koenig per Global Research

Peter Koenig, economista e analista geopolitico, ha lavorato per la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità nei settori dell’ambiente e delle risorse idriche. Tiene lezioni nelle università in USA, Europa e Sud America. Scrive regolarmente per Global Research e diverse altre testate.
È autore di Implosion – An Economic Thriller about War, Environmental Destruction and Corporate Greed – romanzo basato sui fatti e su trenta anni di esperienza alla Banca Mondiale in giro per il mondo. E’ anche coautore di The World Order and Revolution! – Essays from the Resistance.

Immagina, stai vivendo in un mondo che ti hanno detto sia una democrazia – e tu puoi persino crederci – ma in effetti la tua vita e il tuo destino sono nelle mani di pochi oligarchi ultra ricchi, ultra potenti e ultra disumani. Possono essere chiamati lo “Stato Profondo”, o semplicemente la “Bestia”, o qualsiasi altra cosa di oscuro e non rintracciabile – non ha importanza. Sono meno dello 0,0001%.
Per mancanza di una migliore espressione, per ora chiamiamoli “Oscuri Individui”.
Questi oscuri individui che pretendono di gestire il mondo non sono mai stati eletti. Non abbiamo bisogno di nominarli. Capirete chi sono, e perché sono famosi e perché alcuni di loro sono totalmente invisibili. Hanno creato strutture e organismi senza alcuna struttura legale. Sono pienamente al di fuori della legalità internazionale. Sono un’avanguardia per la Bestia. Può essere che ci siano svariate Bestie in competizione. Ma esse hanno lo stesso obiettivo: un Nuovo Ordine Mondiale (NOM) o un Unico Ordine Mondiale (UOM).
Questi oscuri individui stanno gestendo il Forum Economico Mondiale (in cui si riuniscono i rappresentanti della grande industria, dell’alta finanza e le grandi celebrità), il Gruppo dei 7 – G7, il Gruppo dei 20 – G20 (in cui si riuniscono i leader delle nazioni “economicamente più forti”). Ci sono anche entità minori, chiamate Bilderberg Society, Council on Foreign Relations (CFR), Chatam House e altre ancora.
I membri di tutte loro si sovrappongono. Persino la combinazione di questa avanguardia ampliata rappresenta meno dello 0,0001%. Si sono tutti sovraimposti sui governi nazionali sovrani eletti e sui governi costituzionali, e sulla struttura multinazionale a livello mondiale, l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Continua a leggere

Divi di (quello) Stato 6°

Nel macellare interi Paesi non sono ammesse discriminazioni di genere e, nelle stanze dei bottoni, non si possono allungare le mani.
La diva di Stato Angelina Jolie, inviato speciale dell’ONU nonché membro del Council on Foreign Relations (CFR), grazie alla sua “forte voce” e “grande autorevolezza” vigila affinché la NATO faccia le cose per bene.
Del resto, solo lo scorso dicembre, insieme all’amico Jens ha pubblicato un editoriale molto esaustivo per spiegare al mondo intero Perché la NATO deve difendere i diritti delle donne.

Volete stabilità nei Balcani? Allora ridateci la Jugoslavia

Torna alta la tensione nei territori della ex Jugoslavia a seguito dell’assassinio di Oliver Ivanovic, esponente di punta della minoranza serba in Kosovo.

L’influente think-tank statunitense Council on Foreign Relations (CFR) ha messo i Balcani nella sua lista di prevenzione dei conflitti nella sua recente inchiesta del 2018.
Tuttavia l’idea, promossa dal CFR, che gli Stati Uniti siano il Paese che può aiutare a preservare “pace e stabilità” deve essere messa alla prova – così come gli stessi Stati Uniti e gli alleati NATO più vicini che sono in verità responsabili di molti dei problemi che affliggono attualmente la regione.
Questi problemi derivano tutti dalla violenta rottura della Jugoslavia multietnica degli anni ’90, un processo che le potenze occidentali hanno sostenuto e addirittura incoraggiato attivamente. Ma questo non è menzionato nel documento di riferimento del CFR “Lo scioglimento degli accordi di pace nei Balcani” (Contingency Planning Memorandum n. 32).
Invece sono i Russi, udite, udite, ad essere considerati i cattivi – con “la destabilizzazione russa del Montenegro o della Macedonia” elencato come uno dei possibili scenari del 2018. La verità è, tuttavia, che tutti i possibili “punti di fiamma” identificati dal CFR, che potrebbero portare a conflitti, possono essere direttamente collegati non a Mosca ma alle conseguenze di precedenti interventi e campagne di destabilizzazione statunitensi o guidate dall’Occidente. Continua a leggere

Washington sta addestrando un esercito ribelle per “Occupare” la Siria?

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Mahdi Darius Nazemroaya per rt.com

Gli Stati Uniti stanno pianificando l’occupazione della Siria attraverso la formazione di una forza insorgente non convenzionale di invasione?
Pensate che un cambio di regime in Siria sia fuori programma? Pensate ancora. Il bombardamento di ISIL o ISIS in Siria è parte di una campagna politica di rischio calcolato che porta a una potenziale invasione non convenzionale, parallela al ritorno delle forze armate statunitensi in Irak.
L’ISIL e le altre forze anti-governative in Irak e Siria non sono gli unici ad ignorare il confine iracheno-siriano disegnato dagli inglesi e francesi Sykes-Picot nel 1916. Gli Stati Uniti altresì hanno violato il confine e il diritto internazionale quando hanno cominciato a bombardare illegalmente la Siria.
La campagna di bombardamenti non era sufficiente per alcuni nel Congresso degli Stati Uniti. In una dichiarazione congiunta del 23 settembre, gli arci-falchi senatori John McCain e Lindsey Graham hanno chiesto che anche truppe USA siano inviate in Siria. Entrambi hanno elogiato gli attacchi aerei illegali del Pentagono in Siria e poi suggerito truppe di terra statunitensi.
Anche se McCain e Graham hanno fatto del loro per dire che questa non sarebbe una occupazione di Siria o Irak, ciò è quasi esattamente quello che chiedevano quando hanno detto che la campagna militare doveva essere diretta anche contro il governo siriano.
Poiché, e prima ancora delle richieste da parte di McCain e Graham diversi suggerimenti erano circolati su un’invasione della Siria.
Il dilemma è che Washington non vuole che il Pentagono invada direttamente la stessa Siria. Vuole tirare le fila mentre un’altra forza fa il lavoro sul campo. I candidati per un’invasione esternalizzata della Siria includono l’esercito turco o altri alleati regionali degli Stati Uniti. C’è però anche un impasse qui in quanto gli alleati di Washington sono pure timorosi delle conseguenze di un’invasione della Siria. Questo è dove un terzo attore entra in scena: la costruzione di un esercito ribelle multinazionale da parte degli Stati Uniti. Continua a leggere

Otto motivi per odiare la Siria

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Perché USA, Gran Bretagna, Unione Europea e Israele odiano la Siria
di Adrian Salbuchi, analista politico e commentatore a radio e televisione in Argentina, per rt.com

Una ragazza giovane e dai toni delicati che sta vivendo la tragedia siriana e ne parla con maggiore buon senso e rispetto della verità di quanto non facciano i potenti governi occidentali ed i pupazzi dei mass media controllati con i loro soldi.
Presentandosi solo come una “siriana, patriottica, anti–Neocon, anti–Nuovo Ordine Mondiale, anti-sionista, l’anno scorso ha creato il suo canale su Youtube (YouTube/User/SyrianGirlpartisan).
In un breve video (di nove minuti) lei spiega “gli otto motivi per cui il Nuovo Ordine Mondiale odia la Siria”. Faremmo tutti molto bene ad ascoltare…
Il suo “Le principali otto ragioni per cui ci odiano” è un eccellente riepilogo applicabile a qualsiasi nazione che abbia il rispetto di se stessa: Banca centrale non controllata dai Rotschild, nessun debito con il Fondo Monetario Internazionale, cibo non geneticamente modificato, anti-sionismo, secolarismo e nazionalismo.
Il suo breve messaggio si presenta come una sorta di manuale del buon senso che spiega perché gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito, l’Unione Europea (specialmente la Francia) e Israele sono così portati a distruggere la Siria, una nazione la cui leadership semplicemente non vuole inchinarsi alle elites del Nuovo Ordine Mondiale, ben inserite all’interno del potere pubblico occidentale e nelle strutture di potere private (multinazionali/banche).
Lei descrive queste otto ragioni in maniera succinta e convincente, dando al mondo più alimento per il pensiero e si spera anche ispirando la messa in discussione di molte opinioni. Specialmente tra le popolazioni di USA, Gran Bretagna, UE e Israele che sono le uniche a poter esercitare una pressione diretta verso i propri politici eletti a Washington, Londra, Parigi, Tel Aviv e in altre capitali occidentali, per far sì che la finiscano di comportarsi come folli criminali e comincino a dar retta alla parola Noi il Popolo, in una maniera democratica e responsabile. Continua a leggere

Qui c’è qualcosa sotto

jolie-cfr“Cosa c’è dietro la ‘scelta coraggiosa’ della nota attrice hollywoodiana?
O meglio, cosa significa questa scelta per lei, ma anche – vista la risonanza mediatica – cosa significherà inevitabilmente per migliaia di altre donne?
O di uomini, visto che – è notizia di ieri – già qualcuno ha pensato bene di farsi togliere una prostata sana solo per prevenire eventuali insorgenze tumorali.
Affronteremo questa analisi su vari piani – economico, scientifico, di comunicazione e spirituale – ma partiamo dall’inizio, o meglio, da un dettaglio non insignificante.
Come è noto la Jolie si è sottoposta a doppia mastectomia perché la presenza di un gene difettoso, il BRCA1, a dire dei medici, la predisponeva a sviluppare un tumore al seno.
La notizia della scelta di Angelina è ‘strillata’ con tanto di foto a tutta pagina in copertina della nota rivista People, praticamente in contemporanea con l’annuncio ufficiale, nonostante che di regola la rivista venga ‘chiusa’ redazionalmente tre settimane prima di arrivare nelle edicole.
Mmmmh, qui c’è qualcosa sotto.
Diverse cose.
Iniziamo con il suggerimento, un po’ desueto, ma che funziona sempre: follow the money.
Ebbene, tutto sarebbe nato – secondo quanto ci è stato raccontato dalla stampa – da un test genetico, il BRACAnalysis, che avrebbe stabilito, nel caso della bella Angelina, una percentuale molto elevata (87%) di possibilità di contrarre un cancro al seno.
Il test è stato brevettato dalla Myriad Genetics e ha un costo di circa 4000 dollari.
Ma, guarda caso, il prezzo del titolo della Myriad Genetics (MYGN) ha avuto un notevole beneficio dall’outing della Jolie, oltre ad aver registrato incrementi di valore da oltre 50 settimane.
Ma questo è niente; se la Corte Suprema USA decidesse di approvare la BRACAnalysis, inserendola nel sistema sanitario nazionale, aprirebbe la strada a un business di migliaia di miliardi nei prossimi anni.
Dunque azioni che salgono, profitti enormi per gli azionisti della Myriad Genetics, tutto da una decisione dell’attrice.
Coincidenza?
Guarda caso in ambienti ben informati si parla molto seriamente di far rientrare il test all’interno della famigerata ObamaCare…
Insomma un test ‘lanciato’ dall’attrice hollywoodiana, che farebbe leva sul terrore di milioni di donne e che porterebbe a riversare sui contribuenti – già poco entusiasti della riforma di Obama – i costi assicurativi del test.
Non dimentichiamo che Angelina Jolie non è semplicemente una notissima attrice, ma anche una rappresentante ufficiale delle Nazioni Unite [e anche membro del “famigerato” Council on Foreign Relations (CFR), aggiungiamo noi – ndr], dunque il suo appello non è solo privato, personale; è in grado di influenzare occultamente le donne americane trasformando il loro corpo in profitto.
Insomma una vera e propria ‘svendita’ della donna, travestita da ‘libera scelta femminile’ per meglio manipolare gli animi.”

La scelta di Angelina, di Piero Cammerinesi continua qui.

Nino Galloni: “Come ci hanno deindustrializzato”

Claudio Messora intervista Nino Galloni, economista ed ex direttore del Ministero del Lavoro.
Un viaggio nella storia d’Italia che passa per Enrico Mattei e Aldo Moro, lungo un progetto di deindustrializzazione che ha portato il nostro Paese da settima potenza mondiale a membro dei “Pigs”.
Si tratta di un lungo intervento ma sappiate che la vostra pazienza sarà adeguatamente ricompensata…

Divi di (quello) Stato 2°

Hollywood sforna ambasciatori di alto profilo e Clooney ce lo siamo beccati noi.
Il fatto che abbia flirtato con la Canalis, che prenda case in Toscana e sul lago di Como, che sia perennemente in mostra qui da noi… casualità?

Angelina Jolie era stata membro temporaneo all’importante Council on Foreign Relations, uno dei più prestigiosi concili di politica estera degli Stati Uniti. Con lei, altri importanti personaggi di spicco nel corso della storia, dalla nascita nel 1921, tra cui Henry Kissinger, Colin Powell, Condoleezza Rice e Madeleine Albright.
Il Council, con sede a New York a Park Avenue e a Washington ha aperto le porte anche ad un pluripremiato attore/regista di Hollywood, il bel George Clooney.
Oltre a personaggi famosi, il Concilio è rappresentato da ex segretari, ex ambasciatori ed esperti di economia. Prima di Clooney era stato chiesto ad altri due attori di far parte dei membri; Michael Douglas e Warren Beatty.
Clooney ha dunque raggiunto l’importante traguardo come membro a vita del Concilio, grazie al suo apporto umanitario in Darfur, dove ha dato una mano per i profughi insieme al rappresentante del New York Times Nick Kristof che tra l’altro lo ha fatto entrare nel Concilio.
Al Washington Post, Clooney, ha confermato poi che la carica che gli hanno assegnato lo riempie di orgoglio ed è onorato di essere stato prescelto per tale mansione.
Ha poi scherzato ai microfoni sull’importante carica di membro a vita, dicendo: “Parteciperò alle riunioni e mi hanno detto che il rito di iniziazione è tremendo”.
Insieme a Clooney, anche l’ex capo della FED (la Federal Reserve) Alan Greenspan e l’ex vice presidente degli Stati Uniti al tempo della carica di George W. Bush Dick Cheney, hanno avuto questa importante carica.
(…)

Da Clooney come Kissinger: membro a vita del Foreign Relations, di Andrea Bandolin.
[grassetto nostro]

John Hopkins University, Bologna: studiare, e non solo

In questo articolo daremo qualche informazione sulla Paul H. Nitze School of Advanced International Studies (SAIS, Scuola di Studi Internazionali Avanzati) di Bologna, spesso identificata semplicemente come la “Johns Hopkins di Bologna”, ovvero la sezione italiana della SAIS della Johns Hopkins University di Washington.
Il ruolo e gli obiettivi “profondi” di questa istituzione “italiana” sono impliciti nelle vicende della sua storia e dei suoi protagonisti e nel modo in cui si è sempre posta  in relazione con l’ambiente esterno; crediamo che per i lettori di questo blog non sarà difficile riconoscerli.
La Johns Hopkins University è stata fondata nel 1876 negli USA. Dopo 130 anni di attività, essa si pone oggi come leader nell’insegnamento e nella ricerca in numerose discipline. Oltre alle relazioni internazionali, l’università ha altri corsi come quelli in medicina, economia, scienze naturali, ingegneria e musica. Le sedi di questi diversi dipartimenti si trovano tutti nell’area di Baltimora – Washington, compresa la sede del dipartimento che si occupa delle relazioni internazionali, la già citata Paul H.Nitze School of Advanced International Studies, la casa madre di quella italiana, che ha sede nell’area del Dupont Circle di Washington.
A differenza degli altri rami fondati a fine XIX ed inizio XX secolo, la nascita della SAIS è relativamente recente. Essa fu fondata come scuola autonoma nel 1943, durante la seconda guerra mondiale,  da due uomini di stato che faranno significative carriere nel governo statunitense, Christian A. Herter e Paul H. Nitze.
Dal primo prende nome il comitato (Herter Committee) che nel 1947 ha presentato la relazione dalla quale sono scaturite le proposte che hanno portato al Piano Marshall del presidente Truman e sarà, tra le altre cose, segretario di Stato sotto Eisenhower; il secondo coprirà importanti ruoli nella maggior parte dei governi USA del dopoguerra ed è il principale autore del significativo National Security Council Report 68 firmato dal presidente Truman nel 1950, un documento importante per il cambiamento generale della politica estera statunitense verso una strategia globale di contenimento dell’URSS e che fu confermata dalle amministrazioni successive. Sarà proprio Nitze a dare il nome alla scuola di studi internazionali. Continua a leggere

Ivo Daalder: Stati Uniti e NATO contro l’ONU

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Olandese di nascita, Ivo Daalder è l’attuale rappresentate permanente (ambasciatore) degli Stati Uniti presso la NATO. Daalder si è fatto le ossa nei Balcani, occupando negli anni novanta sotto le presidenze Clinton il ruolo di direttore degli affari europei del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Benché nominato da Clinton, egli criticò il suo presidente durante l’aggressione alla ex-Jugoslavia del 1999 a causa del mancato intervento terrestre.
Il giorno seguente a quello in cui Daalder è stato designato da Barack Obama quale ambasciatore alla NATO (11 marzo), un articolo apparso nella stampa olandese, definendolo un “falco liberale”, ha ricordato come egli fosse fra i firmatari della lettera che nel gennaio 2005 il Project for a New American Century (PNAC, uno dei “serbatoi di pensiero” artefici della politica estera statunitense durante le amministrazioni di George Bush) aveva inviato al Congresso richiedendo urgentemente l’aumento dei militari USA impiegati in Iraq. Nell’articolo si ricordava anche come Daalder avesse spesso scritto circa il diritto-dovere della cosiddetta “comunità internazionale” – traduzione: Stati Uniti e Gran Bretagna con vassalli e valvassini vari ed eventuali provenienti da un generico Occidente – di usare lo strumento militare sotto copertura umanitaria per intervenire in quei Paesi che “hanno mancato di adempiere le proprie responsabilità”.
Al momento della nomina, Daalder ricopriva il posto di docente di studi di politica estera presso la Brookings Institution; egli è, inoltre, membro del paramassonico Council on Foreign Relations (CFR) e dell’International Institute for Strategic Studies.
L’edizione cartacea di Russia Today ha commentato la sua designazione con le seguenti parole: “L’amministrazione Obama vede nella NATO il nucleo di un’organizzazione globale delle democrazie che prenderà il posto, eventualmente, delle Nazioni Unite. Washington desidera che la NATO si allarghi con l’ingresso di Paesi come Australia, Giappone, Brasile e Sudafrica e diventi un’organizzazione globale che si occupi non solo di questioni di sicurezza ma anche di epidemie e diritti umani… Il nuovo ambasciatore USA presso la NATO Ivo Daalder è un grande sostenitore di questa idea”.
Daalder, consigliere di Obama in politica estera durante la campagna presidenziale, è un forte promotore del cosiddetto Concerto delle Democrazie, presupposto del quale è l’idea che l’ONU sia un’istituzione ormai datata. L’origine del paradigma di Concerto delle Democrazie, sotto l’egida della NATO ed in opposizione all’ONU, può essere rinvenuta in un’editoriale apparso sul Washington Post del 23 maggio 2004 intitolato “Un’alleanza di democrazie”, scritto a quattro mani da Ivo Daalder e James Lindsay, allora vice presidente e direttore degli studi presso il CFR. Nell’articolo, gli autori non lasciavano alcun dubbio su quale sia l’istituzione da rimpiazzare con una NATO globale : “Un problema immediato è che le Nazioni Unite non sono in grado di fare la differenza. I suoi Caschi Blu possono agevolare il mantenimento della pace quando i cobelligeranti interrompono le ostilità. Ma, come abbiamo appreso nei Balcani, non possono sancire la pace dove essa non esiste. (…) Il problema più grande è che queste (dell’ONU, ndr) proposte di riforma non arrivano al cuore di ciò che affligge l’organizzazione: essa tratta gli Stati membri come egualmente sovrani a prescindere dal carattere dei loro governi. L’idea di eguale sovranità riflette una decisione assunta dai governi sessant’anni fa secondo la quale sarebbe stato meglio che essi non si fossero arrogati il diritto di intervenire negli affari interni degli altri. Questa scelta ormai non ha più senso. Oggi il rispetto per la sovranità statale dovrebbe essere condizionato da come gli Stati agiscono all’interno, non solo all’estero. Abbiamo bisogno di un’Alleanza di Stati Democratici. Questa organizzazione dovrebbe unire le nazioni con solide tradizioni democratiche, quali gli Stati Uniti e il Canada; i Paesi dell’Unione Europea; Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda ed Australia; India ed Israele; Botswana e Costa Rica.”

Imperterrito, Daalder ha offerto una replica due anni e mezzo dopo (12 ottobre 2006), questa volta in una vetrina generosamente concessagli dall’International Herald Tribune, pubblicazione gemella del New York Times (l’altro principale pilastro della “libera stampa” americana), in un articolo di cui era coautore con James Goldgeier, anch’egli appartenente al CFR.
Nel pezzo, intitolato “Per la sicurezza globale, espandere l’alleanza”, si afferma: “La NATO deve diventare più estesa e globale ammettendo ogni Stato democratico che abbia il desiderio e la capacità di contribuire all’adempimento delle nuove responsabilità dell’alleanza. Altri Paesi democratici condividono i valori della NATO e molti interessi comuni – inclusi Australia, Brasile, Giappone, India, Nuova Zelanda, Sudafrica e Corea del Sud – e tutti loro possono grandemente contribuire agli sforzi della NATO con l’offerta di forze militari aggiuntive o sostegno logistico…”. Il contributo è urgente perché “il dispositivo militare della NATO è assottigliato dalle molte nuove missioni che deve adempiere in Iraq ed in Afghanistan, così come in Sudan, Congo ed altri parti dell’Africa.”
Nel marzo 2007, parlando del progetto di scudo antimissile globale, l’allora vice Segretario di Stato statunitense John Rood dichiarò che i siti all’uopo individuati in Polonia e Repubblica Ceca “dovrebbero essere integrati con le installazioni radar esistenti nel Regno Unito ed in Groenlandia così come con gli intercettori di difesa missilistica in California ed Alaska”, aggiungendo che a quel tempo qualcosa come quattordici Paesi erano già coinvolti nei piani, inclusi “Australia, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Israele, India, Giappone, Olanda ed Ucraina. Anche Taiwan sta partecipando…”.
La correlazione fra i Paesi non NATO menzionati come membri del Concerto o Alleanza delle Democrazie sotto l’egida atlantica e quelli che si stanno integrando nel sistema globale di scudo antimissile è più che evidente.

[Sulla strategia statunitense per svuotare dall’interno le Nazioni Unite: Accordo segreto fra l’ONU e la NATO]

Europa (sempre) campo di battaglia

Il Piano Strategico della politica estera statunitense per gli anni 2007-2012, pubblicato nell’aprile 2007 dal Dipartimento di Stato, afferma a chiare lettere che la sua principale priorità è fronteggiare il “comportamento negativo” della Russia in diverse aree, dalla vendita di equipaggiamenti militari a Stati ritenuti inaffidabili quali Iran, Siria e Venezuela, alla pressione esercitata sui Paesi ex sovietici per farli rientrare nella sua sfera d’influenza.
Si spiega forse in questo modo la determinazione statunitense nel cercare di acquisire una supremazia strategica nel settore degli armamenti nucleari, confermata dalla prestigiosa rivista Foreign Affairs (edita dal Council of Foreign Relations – CFR) quando ammette candidamente che “secondo la dottrina della sicurezza nazionale statunitense, lo scudo stellare non deve essere concepito come uno strumento difensivo a sé stante ma come elemento prezioso nel quadro di un contesto offensivo”.
Lo scenario prefigurato sarebbe quello nel quale gli Stati Uniti vorrebbero essere in grado di lanciare un “primo colpo” (first strike) riducendo al minimo una possibile rappresaglia grazie al progettato scudo antimissile da installare nell’Europa orientale. Come già avvenuto in passato, il Pentagono prevede che sarà l’Europa il campo di battaglia destinato a pagare le conseguenze di un eventuale confronto bellico con la Russia.