Lo spettro di una guerra nucleare

“Quando circa sei anni fa titolammo sul Manifesto (9 giugno 2015) «Ritornano i missili a Comiso?», la nostra ipotesi che gli USA volessero riportare i loro missili nucleari in Europa fu ignorata dall’intero arco politico-mediatico. Gli avvenimenti successivi hanno dimostrato che l’allarme, purtroppo, era fondato. Ora, per la prima volta, abbiamo la conferma ufficiale. L’ha data pochi giorni fa, l’11 marzo, una delle massime autorità militari USA, il generale James C. McConville, capo di stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti. Non in un’intervista alla CNN, ma in un intervento – di cui abbiamo la trascrizione ufficiale – a un meeting di esperti alla George Washington School of Media and Public Affairs. Il generale McConville non solo comunica che lo US Army si sta preparando a installare nuovi missili in Europa, evidentemente diretti contro la Russia, ma rivela che saranno missili ipersonici, un nuovo sistema d’arma di estrema pericolosità. Ciò crea una situazione ad altissimo rischio, analoga o peggiore di quella in cui si trovava l’Europa durante la Guerra Fredda, quale prima linea del confronto nucleare tra USA e URSS.

I missili ipersonici – con velocità superiore a 5 volte quella del suono (Mach 5), ossia più di 6.000 km/h – costituiscono un nuovo sistema d’arma con capacità di attacco nucleare superiore a quella dei missili balistici. Mentre questi seguono una traiettoria ad arco per la maggior parte al di sopra dell’atmosfera, i missili ipersonici seguono invece una traiettoria a bassa altitudine nell’atmosfera direttamente verso l’obiettivo, che raggiungono in minor tempo penetrando le difese nemiche.

Nel suo intervento alla George Washington School of Media and Public Affairs, il generale McConville rivela che lo US Army sta preparando una «task force» dotata di «capacità di fuoco di precisione a lungo raggio che può arrivare ovunque, composta da missili ipersonici, missili a medio raggio, missili per attacchi di precisione» e che «questi sistemi sono in grado di penetrare lo spazio dello sbarramento anti-aereo». Il generale precisa che «prevediamo di schierare una di queste task force in Europa e probabilmente due nel Pacifico» (evidentemente dirette contro la Cina). Sottolinea quindi che «le stiamo costruendo in questo momento, mentre stiamo parlando».

Ciò viene confermato dalla Darpa (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata della Difesa). In un comunicato ufficiale informa di aver incaricato la Lockheed Martin di fabbricare «un sistema missilistico ipersonico a raggio intermedio con lancio da terra», ossia missili con gittata tra 500 e 5500 km della categoria che era stata proibita dal Trattato sulle forze nucleari intermedie firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, stracciato dal presidente Trump nel 2019. Secondo le specifiche tecniche fornite dalla Darpa, «il nuovo sistema permette ad armi ipersoniche glide con propulsione a razzo di colpire con rapidità e precisione bersagli di importanza critica e prioritaria, penetrando moderne difese aeree nemiche. L’avanzata propulsione a razzo può trasportare vari carichi bellici a più distanze ed è compatibile con piattaforme terrestri di lancio mobili, che possono essere dispiegate rapidamente».

Il capo di stato maggiore dell’Esercito e l’Agenzia di ricerca del Pentagono informano dunque che tra non molto gli Stati Uniti schiereranno in Europa (si parla di una probabile prima base in Polonia o Romania) missili ipersonici armati di  «vari carichi bellici», ossia di testate nucleari e convenzionali. I missili ipersonici nucleari a raggio intermedio installati su «piattaforme terrestri mobili», ossia su speciali veicoli, potranno essere rapidamente dispiegati nei paesi NATO più vicini alla Russia (ad esempio le repubbliche baltiche). Avendo già oggi la capacità di volare a circa 10.000 km/h, i missili ipersonici saranno in grado di raggiungere Mosca in circa 5 minuti.

Anche la Russia sta realizzando missili ipersonici a raggio intermedio ma, lanciandoli dal proprio territorio, non può colpire Washington. I missili ipersonici russi potranno però raggiungere in pochi minuti le basi USA, anzitutto quelle nucleari come le basi di Ghedi e Aviano, e altri obiettivi in Europa. La Russia, come gli Stati Uniti e altri, sta schierando nuovi missili intercontinentali: l’Avangard è un veicolo ipersonico con raggio di 11.000 km e armato di più testate nucleari che, dopo una traiettoria balistica, plana per oltre 6.000 km alla velocità di quasi 25.000 km/h. Missili ipersonici li sta realizzando anche la Cina. Poiché i missili ipersonici sono guidati dai sistemi satellitari, il confronto si svolge sempre più nello spazio: a tale scopo è stata creata nel 2019 dall’amministrazione Trump la Forza Spaziale USA.   

Le armi ipersoniche, di cui vengono dotate anche le forze aeree e navali che hanno maggiore mobilità, aprono una nuova fase della corsa agli armamenti nucleari, rendendo in gran parte superato il trattato New Start appena rinnovato da USA e Russia. La corsa passa sempre più dal piano quantitativo (numero e potenza delle testate nucleari) a quello qualitativo (velocità, capacità penetrante e dislocazione geografica dei vettori nucleari).

La risposta, in caso di attacco o presunto tale, viene sempre più affidata all’intelligenza artificiale, che deve decidere il lancio dei missili nucleari in pochi secondi o frazioni di secondo. Aumenta in modo esponenziale la possibilità di una guerra nucleare per errore, rischiata più volte durante la Guerra Fredda. Il «Dottor Stranamore» non sarà un generale pazzo, ma un supercomputer impazzito. Mancando l’intelligenza umana per fermare questa folle corsa alla catastrofe, dovrebbe almeno scattare l’istinto di sopravvivenza, risvegliatosi finora solo per il Covid-19.”

Da Missili ipersonici USA In Europa a 5 minuti da Mosca, di Manlio Dinucci.

Sigonella è un cancro in metastasi


“Quanto sta accadendo in Sicilia conferma inesorabilmente quanto sostenuto da attivisti e ricercatori No War, cioè che la base di Sigonella è un cancro in metastasi che diffonde ovunque installazioni, radar, presidi e militarizzazioni. L’Isola è stata trasformata infatti in un’immensa piattaforma di morte USA e NATO: oltre alla telestazione di Niscemi, è stato creato un centro operativo a Pachino (Siracusa) per supportare le esercitazioni aeronavali della VI Flotta nel Canale di Sicilia; ad Augusta sorge una grande struttura portuale per il rifornimento di armi e gasolio delle unità da guerra e dei sottomarini nucleari; gli scali di Catania-Fontanarossa, Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa sono utilizzati per le missioni d’intelligence top secret dei velivoli alleati o di società contractor private a servizio del Pentagono e/o – come avvenuto nel 2001 durante la guerra contro la Libia – per le operazioni di bombardamento contro obiettivi civili e militari “nemici”.
Non c’è area addestrativa o poligono in Sicilia che non sia stato messo a disposizione dei reparti d’elite USA protagonisti delle peggiori nefandezze nei teatri di guerra internazionali. I Marines destinati a intervenire in Africa utilizzano periodicamente per esercitarsi una vasta area agricola nel Comune di Piazza Armerina. Ai reparti a stelle e strisce è stato concesso pure l’uso del poligono di Punta Bianca, a due passi dalla città di Agrigento, in una delle aree naturali e paesaggistiche più belle e più fragili dell’Isola, utilizzato stabilmente dalla Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano. Nella primavera 2019, i reparti statunitensi di stanza a Sigonella sono stati inoltre tra i protagonisti di un’imponente esercitazione che ha interessato buona parte della provincia di Trapani, comprese alcune aree di rilevante interesse naturalistico e lo scalo aereo di Birgi.
Ancora più foschi gli scenari che potrebbero essere riservati alla Sicilia intera nei prossimi anni. E’ in atto una pericolosissima sfida sferrata da Trump contro la Russia con la cancellazione unilaterale del Trattato INF contro le armi nucleari a medio raggio, firmato da USA e URSS a fine anni ’80. Quel trattato aveva consentito lo smantellamento dall’Europa dei missili Pershing II, SS-20 e Cruise; 112 di questi ultimi vettori nucleari “da crociera” erano stati installati dalla NATO a Comiso (Ragusa), nonostante una straordinaria stagione di mobilitazione popolare, una delle più importanti della storia della Sicilia. La scellerata decisione dell’amministrazione USA rischia di condurre ad una nuova escalation del processo di militarizzazione e ri-nuclearizzazione dell’intero territorio siciliano, considerato che i nuovi programmi di riarmo puntano alla realizzazione – ancora una volta privilegiando il Fianco Sud della NATO oltre a quello orientale – di nuovi sistemi missilistici a medio raggio con lancio da piattaforme terrestri e/o anche mobili, esattamente come avveniva con i Cruise di Comiso, trasportabili ovunque sui camion-lanciatori TEL. Altri aghi atomici da occultare nel pagliaio Sicilia in nome e per conto dei moderni Stranamore e delle transazionali del profitto d’oltreoceano.”

Da Droni AGS a Sigonella. Il regalo di Natale della NATO ai Siciliani, di Antonio Mazzeo.
L’immagine a corredo è tratta dalla pagina Facebook NAS Sigonella.

Italia e UE votano per i missili USA in Europa

Presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, a New York, c’è una scultura metallica intitolata «il Bene sconfigge il Male», raffigurante San Giorgio che trafigge un drago con la sua lancia.
Fu donata dall’URSS nel 1990 per celebrare il Trattato INF stipulato con gli USA nel 1987, che eliminava i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra. Il corpo del drago è infatti realizzato, simbolicamente, con pezzi di missili balistici statunitensi Pershing-2 (prima schierati in Germania Occidentale) e SS-20 sovietici (prima schierati in URSS).
Ora però il drago nucleare, che nella scultura è raffigurato agonizzante, sta tornando in vita. Grazie anche all’Italia e agli altri Paesi dell’Unione Europea che, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, hanno votato contro la risoluzione presentata dalla Russia sulla «Preservazione e osservanza del Trattato INF», respinta con 46 voti contro 43 e 78 astensioni.
L‘Unione Europea – di cui 21 dei 27 membri fanno parte della NATO (come ne fa parte la Gran Bretagna in uscita dalla UE) – si è così totalmente uniformata alla posizione della NATO, che a sua volta si è totalmente uniformata a quella degli Stati Uniti.
Prima l’amministrazione Obama, quindi l’amministrazione Trump hanno accusato la Russia, senza alcuna prova, di aver sperimentato un missile della categoria proibita e hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato INF.
Hanno contemporaneamente avviato un programma mirante a installare di nuovo in Europa contro la Russia missili nucleari, che sarebbero schierati anche nella regione Asia-Pacifico contro la Cina.
Il rappresentante russo all’ONU ha avvertito che «ciò costituisce l’inizio di una corsa agli armamenti a tutti gli effetti». In altre parole ha avvertito che, se gli USA installassero di nuovo in Europa missili nucleari puntati sulla Russia (come erano anche i Cruise schierati a Comiso negli anni Ottanta), la Russia installerebbe di nuovo sul proprio territorio missili analoghi puntati su obiettivi in Europa (ma non in grado di raggiungere gli Stati Uniti).
Ignorando tutto questo, il rappresentante UE all’ONU ha accusato la Russia di minare il Trattato INF e ha annunciato il voto contrario di tutti i Paesi dell’Unione perché «la risoluzione presentata dalla Russia devia dalla questione che si sta discutendo». Nella sostanza, quindi, l’Unione Europea ha dato luce verde alla possibile installazione di nuovi missili nucleari USA in Europa, Italia compresa.
Su una questione di tale importanza, il governo Conte, rinunciando come i precedenti a esercitare la sovranità nazionale, si è accodato alla UE che a sua volta si è accodata alla NATO sotto comando USA.
E dall’intero arco politico non si è levata una voce per richiedere che fosse il Parlamento a decidere come votare all’ONU. Né in Parlamento si leva alcuna voce per richiedere che l’Italia osservi il Trattato di Non-Proliferazione, imponendo agli USA di rimuovere dal nostro territorio nazionale le bombe nucleari B61 e di non installarvi, a partire dalla prima metà del 2020, le nuove e ancora più pericolose B61-12.
Viene così di nuovo violato il fondamentale principio costituzionale che «la sovranità appartiene al popolo». E poiché l’apparato politico-mediatico tiene gli Italiani volutamente all’oscuro su tali questioni di vitale importanza, viene violato il diritto all’informazione, nel senso non solo di libertà di informare ma di diritto ad essere informati.
O si fa ora o domani non ci sarà tempo per decidere: un missile balistico a raggio intermedio, per raggiungere e distruggere l’obiettivo con la sua testata nucleare, impiega 6-11 minuti.
Manlio Dinucci

Fonte

30 Marzo a Niscemi

eorasmantelliamole46antenneIl 15 febbraio scorso, il console degli Stati Uniti d’America a Napoli ha reso nota la decisione delle autorità militari statunitensi di “sospendere” il trasporto di materiali e operai nel cantiere di contrada Ulmo dove è in corso l’installazione di uno dei quattro terminali terrestri del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare della Marina USA. Se si è però pervenuti finalmente al blocco dei lavori, richiesto unanimemente dalla popolazione siciliana e da decine di enti locali, da quattro consigli provinciali e dall’Assemblea regionale siciliana, è solo perché centinaia di donne, giovani e attivisti No MUOS hanno messo in atto per più di tre mesi la “revoca dal basso”, impedendo con i propri corpi che si portasse a conclusione il progetto di guerra globale e di devastazione del territorio ignorando colpevolmente i gravi danni arrecati alla salute ed all’ambiente.
L’azione concreta e diretta di blocco dei lavori da parte dei Comitati resterà ancora la pratica fondamentale di opposizione al MUOS, accanto alle cento iniziative di mobilitazione e solidarietà che si svilupperanno in tutto il territorio italiano. E questo sino a quando il nuovo Governo e il Parlamento eletto a fine febbraio, prendendo atto della volontà popolare, non deliberino l’annullamento di ogni autorizzazione all’installazione in Sicilia del nuovo progetto di morte, imponendo contestualmente alla Marina militare USA di smantellare i tralicci e le infrastrutture MUOS già realizzati in dispregio delle normative ambientali e paesaggistiche relative alla riserva naturale orientata “Sughereta” di Niscemi.
Ribadiamo ancora una volta che il MUOS è uno degli strumenti chiave per assicurare il funzionamento dei sistemi di guerra di distruzione di massa, ad uso esclusivo delle forze armate USA. Esso s’inquadra nel vasto programma di militarizzazione del territorio siciliano che vede in particolare la trasformazione della stazione aeronavale di Sigonella in “capitale mondiale” dei droni, i famigerati velivoli senza pilota che USA, NATO e forze armate italiane utilizzano quotidianamente negli scenari di guerra africani e mediorientali per uccidere a distanza, impunemente e indiscriminatamente. Si tratta altresì di un impianto assai nocivo per la salute dei siciliani; nel breve e medio periodo l’esposizione alle sue microonde provocherà gravissime patologie: tumori di vario tipo quali leucemie infantili, melanomi, linfomi; infarti, malformazioni fetali, sterilità, aborti, mutazioni del sistema immunitario. Esso grava inoltre su un territorio già devastato dal petrolchimico di Gela e dalle 46 antenne della base della marina militare USA NRTF, operanti anch’esse all’interno della Sughereta, le cui emissioni elettromagnetiche violano sistematicamente, dal 1991, i limiti previsti dalla legge.
Il MUOS è capace di interferire con le strumentazioni tecnologiche dei voli civili sull’aeroporto di Fontanarossa (già sottoposto a servitù militare dalla vicina base di Sigonella); è verosimilmente la causa della mancata apertura dell’aeroporto di Comiso; è un ingombrante ostacolo per il rilancio dell’economia territoriale; è, soprattutto, uno strumento di guerra e di morte.

Noi, Coordinamento regionale dei Comitati NO MUOS:
vogliamo che si revochi immediatamente l’installazione del MUOS e che si smantellino le 46 antenne NRTF;
vogliamo la smilitarizzazione della base americana di Sigonella, da riconvertire in aeroporto civile internazionale;
vogliamo che il governo, che taglia le spese sociali aumentando ogni genere di tasse e imposte per salvare il capitale finanziario e il debito delle banche, tagli invece le spese militari;
vogliamo che la Sicilia sia una culla di pace al centro di un Mediterraneo mare di incontro, di convivenza e di cooperazione tra i popoli.

Facciamo appello per una grande manifestazione nazionale su questi temi da tenersi a Niscemi sabato 30 Marzo con concentramento alle ore 14,30 presso SP10 (Niscemi-Caltagirone) Contrada Apa, da dove un corteo sfilerà fino all’ingresso principale della base americana MUOS e NRTF.
In serata ore 19,30 corteo in città con concerto ed interventi.

Per adesioni e contatti nomuos.info.

Comiso trent’anni dopo

Un certo scalpore ha suscitato il servizio messo in onda durante la nota trasmissione televisiva Ballarò, martedì 18 u.s., sull’attuale condizione di inutilizzo in cui versa l’ex aeroporto militare di Comiso che, negli ultimi anni, con generoso impiego di risorse pubbliche, era stato riconvertito a uso civile.
Nella versione data in pasto al grande pubblico si tratterebbe di un classico, ennesimo caso di malaburocrazia, “malattia” che affligge in particolar modo le regioni meridionali del Paese. Dalla Sicilia si risponde che l’aeroporto “non è incompiuto ma azzoppato da leghisti e nordisti” (Berlusconi, Tremonti e Matteoli prima, Monti, Passera e Catricalà dopo…).
E se invece si trattasse di disinformazione strategica?
Se invece il mancato funzionamento di questa infrastruttura fosse causato dal niet degli Stati Uniti, impegnati a sviluppare l’attività dei velivoli senza pilota – in particolare i nuovi Global Hawks – presso la base di Sigonella, attività che spesso entra in conflitto con le normali operazioni dell’aeroporto Fontanarossa di Catania?
E se gli “alleati” d’oltreoceano fossero anche preoccupati dalle conseguenze che il costruendo terminale del MUOS, presso la vicina Niscemi, potrebbe avere sul traffico aereo nei cieli siciliani?
“La potenza del fascio di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, spiegano i professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu, ordinario di Impianti nucleari del Politecnico di Torino, nonché research affiliate del Massachusetts Institute of Thecnology il primo e consulente esterno del Dipartimento di energetica il secondo, autori dell'”Analisi dei rischi del Mobile User Objective System” su incarico dell’amministrazione comunale di Niscemi.
“Gli incidenti provocati dall’irraggiamento di aeromobili distanti anche decine di Km sono eventualità tutt’altro che remote e trascurabili ed è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli studi progettuali. I rischi d’interferenza investono potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante il sito d’installazione del MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso, a poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano rispettivamente a 52 e a 67 Km”.
Federico Roberti

La base di Comiso fu un enorme affare

A trent’anni di distanza, si inizia a fare chiarezza sui retroscena degli assassinii di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
E sul fatto che la possibilità di schierare i missili a Comiso fu garantita dal controllo della mafia sul territorio…

“I giganteschi lavori cominciarono, per adattare ai missili lo sgangherato e vecchio aeroporto Magliocco di Comiso. Negli anni tra finanziamenti nazionali e statunitensi furono migliaia di miliardi, il cui ammontare definitivo non è calcolabile. Gli appalti per la base furono conferiti direttamente dalle autorità statunitensi col benestare della loro intelligence. Il consenso del Pci fu negoziato direttamente cogli Usa? Il dibattito sugli Euromissili – acceso dal cancelliere tedesco Helmut Schmidt – cominciò a primavera del 1977. Giorgio Napolitano guidò la delegazione del Pci a Washington per garantire l’affidabilità atlantica del Pci, meno d’un anno dopo. Il tentativo della Democrazia Cristiana di far negare il visto da Washington alla delegazione del Pci fu un clamoroso fallimento. L’ambasciata statunitense a Roma, d’intesa col dipartimento di Stato, garantì il visto. Individuò evidentemente un preciso tornaconto.
La base di Comiso fu un enorme affare in forniture militari ma anche una cuccagna di appalti e di traffici illeciti d’ogni genere. Claudio Fava scrisse anni dopo: “Tutto questo, naturalmente, non è passato su Comiso e dintorni senza lasciare traccia: anzi; si è probabilmente avverata nel corso degli ultimi tre anni la “profezia” di Pio La Torre, il deputato comunista ucciso dalla mafia: «…Si vedrà presto a Comiso lo scatenarsi della più selvaggia speculazione, dal traffico di droga al mercato nero, alla prostituzione, con il degrado più triste della nostra cultura e della nostra tradizione»”. Dalla relazione di minoranza (fra cui il Pci) della Commissione antimafia nel 1984 «(la base NATO di Comiso) rappresenta un elemento che accelera in modo impressionante i processi di degenerazione e di inquinamento della vita sociale e politica». Tutto vero e anche tutto prevedibile: sia mentre il Pci approvava la “doppia decisione della NATO”, sia quando, pochi mesi dopo, l’irriducibile Pio La Torre ricoprì la carica di segretario del Pci siciliano. La guerra per posizionarsi opportunamente per affondare le mani nelle montagne di miliardi cominciò tempestivamente e coinvolse molte parti. Riguardò la politica, la mafia e l’imprenditoria e quanti nelle rispettive organizzazioni avevano i contatti giusti in Italia e negli Usa.
Riguardò anche i servizi europei e statunitensi, senza escludere quelli sovietici. Quando le cifre sono da capogiro ogni accordo è possibile, ogni corruzione è probabile, ogni tradimento è giocabile.”

Da Comiso, la vera trattativa Stato-Mafia di Piero Laporta.

Pizzarotti collaborazionisti d.o.c.

Non poteva che chiamarsi “Residence degli aranci” il complesso di Mineo che ospita 404 unità abitative per i militari USA di stanza nella base di Sigonella. Occupa un’area di 25 ettari nel cuore della piana di Catania, terra di agrumi, a due passi dalla statale che scorre veloce sino al mare, il Mediterraneo. Il residence a stelle e strisce è una struttura off-limits autosufficiente. Le villette, 160 mq di superficie su due livelli, giardino indipendente con prato inglese e megabarbecue, hanno una capacità ricettiva sino a 2.000 persone e sono dotate di tutti i confort. Nel residence trovano posto alcuni edifici adibiti ad uffici per il personale dell’US Navy, la sala Telecom, un supermercato, un bar, la palestra, un centro ricreativo con asilo, la sala per le funzioni religiose, la caserma dei vigili del fuoco, 12 ettari di spazi verdi con campi da tennis, baseball e football americano, aree di gioco attrezzate per bambini. L’approvvigionamento idrico, computerizzato, fornisce 20 litri d’acqua potabile al secondo, la copertura del fabbisogno di un comune di 10.000 abitanti. L’acqua giunge da un pozzo privato nel territorio di Vizzini distante 20 km, grazie ad un acquedotto realizzato nel 2006 dalla società costruttrice e proprietaria del “Residence degli aranci”, la Pizzarotti Spa di Parma.
Per conto dell’US Navy, la Pizzarotti si occupa della gestione e della manutenzione degli impianti elettrici, idrici e del depuratore, della pulizia di strade e marciapiedi, delle attività di giardinaggio, della raccolta differenziata dei rifiuti. Entro dicembre installerà nel complesso un impianto fotovoltaico da un megawatt che verrà posizionato su 105 abitazioni. Standard di vita a cui solo pochi autoctoni possono aspirare ma che lasciano tuttavia insoddisfatti gli esigentissimi militari statunitensi.
(…)
La Pizzarotti è una delle principali aziende italiane contractor delle forze armate USA. Solo nell’ultimo decennio ha fatturato per conto del Dipartimento della difesa qualcosa come 134 milioni di dollari. Già nel 1979 le era stata affidata la costruzione di una serie di infrastrutture a Sigonella quando la base era stata scelta come centro operativo avanzato della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido statunitense. A metà anni ‘80 la Pizzarotti partecipò pure alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa), utilizzata per l’installazione di 112 missili a testata nucleare Cruise. Quindici anni dopo la società realizzò a Belpasso (Catania) il villaggio “Marinai”, anch’esso destinato ai militari di Sigonella, con 526 unità abitative e 42 ettari di estensione. Il contratto d’affitto con il Pentagono scade nel 2015 ma non dovrebbero esserci problemi per una sua estensione. Anche a Belpasso la Pizzarotti cura per conto dell’US Navy la gestione e la manutenzione di infrastrutture e servizi.
Sempre in ambito militare, ha eseguito i lavori di ristrutturazione ed ampliamento delle banchine della (ex) base navale di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino alla primavera 2008 come base appoggio per i sottomarini nucleari di stanza nel Mediterraneo. Alla Maddalena, la Pizzarotti è attualmente impegnata alla costruzione di una cinquantina di alloggi per il personale della Marina militare italiana. Tra il 2004 e il 2007, la società ha operato all’interno della base US Army di Camp Darby (Livorno) per la realizzazione di una piccola tratta ferroviaria interna e di 7 nuovi edifici da adibire a depositi. Nella base aerea di Aviano (Pordenone), Pizzarotti Spa è stata chiamata invece per ampliare i locali adibiti a servizi e casermaggio. Molto più rilevanti i lavori eseguiti a Vicenza. A metà anni ’90 Pizzarotti ha realizzato a Camp Ederle un complesso di edifici residenziali per 300 marines (costo 20 milioni di euro). Recentemente, in associazione con l’azienda tedesca Bilfinger Berger, ha invece consegnato all’US Army un nuovo polo sanitario avanzato, costo 47,5 milioni di dollari. A Vicenza Pizzarotti si è però visto soffiare l’appalto più ambito, quello per la trasformazione dell’ex aeroporto Dal Molin nella mega-cittadella della 173^ Brigata Aviotrasportata USA, vinto dalle “coop rosse” di Bologna e Ravenna. Poca fortuna pure a Quinto Vicentino, dove nonostante un pre-accordo del 2006 con il Comando statunitense per la realizzazione di un villaggio di oltre 200 abitazioni (valore stimato 50 milioni di dollari), c’è stato uno stop all’iter progettuale da parte degli amministratori locali.
Pizzarotti vanta pure la realizzazione di un invidiabile elenco di opere “civili”, alcune delle quali dall’altissimo impatto socio-ambientale:
(…)

Da Grandi affari a Mineo con il villaggio dei marines di Sigonella, di Antonio Mazzeo.
[grassetto nostro]

Aviano Italia: la basi NATO viste da vicino

Cosa vuol dire vivere accanto a una base militare? E’ davvero un vantaggio economico per la comunità? Qual’è l’impatto su ambiente e territorio?
Nel nuovo ciclo di Radio Rai 3, Aviano Italia, Carla Fioravanti racconta la vita intorno alle basi militari statunitensi e NATO in un itinerario sonoro che percorre l’Italia da nord a sud.
Dalle basi di San Vito dei Normanni e Taranto in Puglia, a Comiso e Sigonella in Sicilia. Dai poligoni militari di Quirra e Teulada alla base de La Maddalena in Sardegna. Le basi di Gaeta e Napoli e, ancora, Camp Darby in Toscana; Ghedi e Solbiate Olona in Lombardia. Infine Vicenza e Aviano, la base più grande e più nota.
Sorte prevalentemente alla fine della seconda guerra mondiale, le basi sul territorio italiano sono numerose e di importanza strategica per l’esercito americano.
L’extraterritorialità e la riservatezza che caratterizzano queste aree sottratte alla sovranità territoriale italiana innescano una serie di rapporti particolari con la comunità che vive nelle immediate vicinanze. Cosa vuol dire vivere accanto ad una base militare? Che impatto ha sulla popolazione la prossimità ad un deposito di armi nucleari?
Nelle oltre cento testimonianze raccolte, Carla Fioravanti traccia un quadro della storia delle basi, dell’indotto economico per la popolazione, dell’impatto ambientale e culturale che la presenza di un esercito straniero inevitabilmente produce.
Alla luce dei recenti avvenimenti di Vicenza, Aviano Italia si presenta come uno spaccato sociale di stringente attualità.

Carla Fioravanti è stata già autrice per Radio Rai 3 con Li chiamavamo liberatori, Come l’America, Io di notte volo .

Per riascoltare le venti puntate, trasmesse dal 7 gennaio all’1 febbraio ultimi scorsi, cliccare qui.

“Quel piano è una vera follia”

Così affermava il grande urbanista Edoardo Salzano nell’estate del 2006, quando divennero note le intenzioni del governo statunitense di raddoppiare la propria presenza militare sul territorio comunale di Vicenza, già oberato di quasi un milione e mezzo di mq di servitù militari considerando la Caserma Ederle, il cosiddetto “Villaggio della Pace” (sic) – la cittadella che ospita le residenze ed i servizi per le famiglie dei militari stanziati alla Ederle -, le basi sotterranee di Fontega di Arcugnano e di Longare (dove all’inizio degli anni novanta si è verificata una fuga di materiale radioattivo dagli ordigni nucleari ivi custoditi), i centri logistici di Lerino e Torri di Quartesolo. Sulla scorta dell’esperienza passata, che ha visto la Ederle triplicare la sua area, è infatti prevedibile che il nuovo insediamento all’ex aeroporto Dal Molin riguardi non solo l’area una volta adibita ad uso civile ma anche quella a scopi militari, attualmente in dismissione da parte dell’aeronautica italiana.
Per finire (ma chi lo sa?) con la costruzione di un nuovo villaggio – e chissà come lo chiameranno questa volta… – in località Quinto Vicentino, già appaltato alla ditta Pizzarotti di Parma, la stessa che nel 1983 aveva vinto l’appalto per l’installazione dei missili Cruise a Comiso, in Sicilia. In tal modo l’estensione totale degli insediamenti militari a stelle e strisce ammonterebbe a circa 3 milioni di mq, pari al 30% della superficie occupata dal centro storico della città berica, patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco.
All’epoca, Salzano sottolineava come le edificazioni in programma non sono previste dagli strumenti urbanistici di pianificazione, andando ad esaurire quasi tutte le cubature e volumetrie contemplate nei piani regolatori per l’intera città. Di lì a poco sarebbero stati stimati da valenti professionisti anche le pesanti ricadute in termini di impatto ambientale della nuova base, sotto i diversi aspetti dell’inquinamento atmosferico (in una città che detiene il poco invidiabile secondo posto fra le più inquinate in Italia), idrico, acustico, elettromagnetico e, presumibilmente, anche radioattivo-batteriologico. Dati altrettanto inquietanti riguardano i consumi di risorse naturali da parte delle future nuove infrastrutture e dai loro occupanti. A cominciare dall’acqua di ottima qualità dell’acquedotto locale, per la quale gli statunitensi avanzano una richiesta di circa tre milioni di mc annui, pari a quello che oggi consumano trentamila vicentini. Analogamente spropositate anche le previsioni per i consumi di gas naturale ed energia elettrica, che del resto loro hanno il privilegio di pagare notevolmente meno del cittadino italiano (a prezzi inferiori, rispettivamente, del 40% e 25%) grazie all’esenzione dalle relative imposte di consumo, quelle tecnicamente denominate “accise”. Di uno sconto ancora maggiore, pari al 65% del prezzo di mercato, beneficiano per l’acquisto del gasolio per riscaldamento, che perciò utilizzano in grandi quantità nonostante il suo forte impatto ambientale.
Coloro i quali, poi, sperano che l’arrivo di ulteriori soldati statunitensi produrrà un grosso vantaggio in termini di un aumento del monte affitti relativo agli appartamenti, rischiano seriamente di rimanere delusi dalle previsioni del consolato che, in virtù della costruzione alla Dal Molin di otto nuove caserme per i militari senza famiglie al seguito, di una sessantina di appartamenti all’interno della Ederle e del nuovo villaggio di Quinto, stima una riduzione dagli attuali 37,5 milioni di euro annui a circa 8,5.