Lo spettro di una guerra nucleare

“Quando circa sei anni fa titolammo sul Manifesto (9 giugno 2015) «Ritornano i missili a Comiso?», la nostra ipotesi che gli USA volessero riportare i loro missili nucleari in Europa fu ignorata dall’intero arco politico-mediatico. Gli avvenimenti successivi hanno dimostrato che l’allarme, purtroppo, era fondato. Ora, per la prima volta, abbiamo la conferma ufficiale. L’ha data pochi giorni fa, l’11 marzo, una delle massime autorità militari USA, il generale James C. McConville, capo di stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti. Non in un’intervista alla CNN, ma in un intervento – di cui abbiamo la trascrizione ufficiale – a un meeting di esperti alla George Washington School of Media and Public Affairs. Il generale McConville non solo comunica che lo US Army si sta preparando a installare nuovi missili in Europa, evidentemente diretti contro la Russia, ma rivela che saranno missili ipersonici, un nuovo sistema d’arma di estrema pericolosità. Ciò crea una situazione ad altissimo rischio, analoga o peggiore di quella in cui si trovava l’Europa durante la Guerra Fredda, quale prima linea del confronto nucleare tra USA e URSS.

I missili ipersonici – con velocità superiore a 5 volte quella del suono (Mach 5), ossia più di 6.000 km/h – costituiscono un nuovo sistema d’arma con capacità di attacco nucleare superiore a quella dei missili balistici. Mentre questi seguono una traiettoria ad arco per la maggior parte al di sopra dell’atmosfera, i missili ipersonici seguono invece una traiettoria a bassa altitudine nell’atmosfera direttamente verso l’obiettivo, che raggiungono in minor tempo penetrando le difese nemiche.

Nel suo intervento alla George Washington School of Media and Public Affairs, il generale McConville rivela che lo US Army sta preparando una «task force» dotata di «capacità di fuoco di precisione a lungo raggio che può arrivare ovunque, composta da missili ipersonici, missili a medio raggio, missili per attacchi di precisione» e che «questi sistemi sono in grado di penetrare lo spazio dello sbarramento anti-aereo». Il generale precisa che «prevediamo di schierare una di queste task force in Europa e probabilmente due nel Pacifico» (evidentemente dirette contro la Cina). Sottolinea quindi che «le stiamo costruendo in questo momento, mentre stiamo parlando».

Ciò viene confermato dalla Darpa (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata della Difesa). In un comunicato ufficiale informa di aver incaricato la Lockheed Martin di fabbricare «un sistema missilistico ipersonico a raggio intermedio con lancio da terra», ossia missili con gittata tra 500 e 5500 km della categoria che era stata proibita dal Trattato sulle forze nucleari intermedie firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, stracciato dal presidente Trump nel 2019. Secondo le specifiche tecniche fornite dalla Darpa, «il nuovo sistema permette ad armi ipersoniche glide con propulsione a razzo di colpire con rapidità e precisione bersagli di importanza critica e prioritaria, penetrando moderne difese aeree nemiche. L’avanzata propulsione a razzo può trasportare vari carichi bellici a più distanze ed è compatibile con piattaforme terrestri di lancio mobili, che possono essere dispiegate rapidamente».

Il capo di stato maggiore dell’Esercito e l’Agenzia di ricerca del Pentagono informano dunque che tra non molto gli Stati Uniti schiereranno in Europa (si parla di una probabile prima base in Polonia o Romania) missili ipersonici armati di  «vari carichi bellici», ossia di testate nucleari e convenzionali. I missili ipersonici nucleari a raggio intermedio installati su «piattaforme terrestri mobili», ossia su speciali veicoli, potranno essere rapidamente dispiegati nei paesi NATO più vicini alla Russia (ad esempio le repubbliche baltiche). Avendo già oggi la capacità di volare a circa 10.000 km/h, i missili ipersonici saranno in grado di raggiungere Mosca in circa 5 minuti.

Anche la Russia sta realizzando missili ipersonici a raggio intermedio ma, lanciandoli dal proprio territorio, non può colpire Washington. I missili ipersonici russi potranno però raggiungere in pochi minuti le basi USA, anzitutto quelle nucleari come le basi di Ghedi e Aviano, e altri obiettivi in Europa. La Russia, come gli Stati Uniti e altri, sta schierando nuovi missili intercontinentali: l’Avangard è un veicolo ipersonico con raggio di 11.000 km e armato di più testate nucleari che, dopo una traiettoria balistica, plana per oltre 6.000 km alla velocità di quasi 25.000 km/h. Missili ipersonici li sta realizzando anche la Cina. Poiché i missili ipersonici sono guidati dai sistemi satellitari, il confronto si svolge sempre più nello spazio: a tale scopo è stata creata nel 2019 dall’amministrazione Trump la Forza Spaziale USA.   

Le armi ipersoniche, di cui vengono dotate anche le forze aeree e navali che hanno maggiore mobilità, aprono una nuova fase della corsa agli armamenti nucleari, rendendo in gran parte superato il trattato New Start appena rinnovato da USA e Russia. La corsa passa sempre più dal piano quantitativo (numero e potenza delle testate nucleari) a quello qualitativo (velocità, capacità penetrante e dislocazione geografica dei vettori nucleari).

La risposta, in caso di attacco o presunto tale, viene sempre più affidata all’intelligenza artificiale, che deve decidere il lancio dei missili nucleari in pochi secondi o frazioni di secondo. Aumenta in modo esponenziale la possibilità di una guerra nucleare per errore, rischiata più volte durante la Guerra Fredda. Il «Dottor Stranamore» non sarà un generale pazzo, ma un supercomputer impazzito. Mancando l’intelligenza umana per fermare questa folle corsa alla catastrofe, dovrebbe almeno scattare l’istinto di sopravvivenza, risvegliatosi finora solo per il Covid-19.”

Da Missili ipersonici USA In Europa a 5 minuti da Mosca, di Manlio Dinucci.

Sotto il tricolore che sventola a Camp Darby


Mentre molte attività bloccate dal lockdown stentano a ripartire dopo l’allentamento delle restrizioni, ce n’è una che, non essendosi mai fermata, ora sta accelerando: quella di Camp Darby, il più grande arsenale USA nel mondo fuori dalla madrepatria, situato tra Pisa e Livorno. Completato il taglio di circa 1.000 alberi nell’area naturale «protetta» del Parco Regionale di San Rossore, è iniziata la costruzione di un tronco ferroviario che collegherà la linea Pisa-Livorno a un nuovo terminal di carico e scarico, attraversando il Canale dei Navicelli su un nuovo ponte metallico girevole.
Il terminal, alto una ventina di metri, comprenderà quattro binari capaci di accogliere ciascuno nove vagoni. Per mezzo di carrelli movimentatori di container, le armi in arrivo verranno trasferite dai carri ferroviari a grandi autocarri e quelle in partenza dagli autocarri ai carri ferroviari. Il terminal permetterà il transito di due convogli ferroviari al giorno che, trasportando carichi esplosivi, collegheranno la base al porto di Livorno attraverso zone densamente popolate. In seguito all’accresciuta movimentazione di armi, non basta più il collegamento via canale e via strada di Camp Darby col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nei 125 bunker della base, continuamente riforniti dagli Stati Uniti, è stoccato (secondo stime approssimative) oltre un milione di proiettili di artiglieria, bombe per aerei e missili, cui si aggiungono migliaia di carrarmati, veicoli e altri materiali militari.
Dal 2017 nuove grandi navi, capaci di trasportare ciascuna oltre 6.000 veicoli e carichi su ruote, fanno mensilmente scalo a Livorno, scaricando e caricando armi che vengono trasportate nei porti di Aqaba in Giordania, Gedda in Arabia Saudita e altri scali mediorientali per essere usate dalle forze statunitensi, saudite e altre nelle guerre in Siria, Iraq e Yemen. Proprio mentre è in corso il potenziamento di Camp Darby, il più grande arsenale USA all’estero, una testata toscana online titola «C’era una volta Camp Darby», spiegando che «la base è stata ridimensionata, per i tagli alla Difesa decisi dai governi USA». e il quotidiano Il Tirreno annuncia «Camp Darby, sventola solo il tricolore: ammainata dopo quasi 70 anni la bandiera USA». Il Pentagono sta chiudendo la base, restituendo all’Italia il territorio su cui è stata creata? Tutt’altro.
Lo US Army ha concesso al Ministero italiano della Difesa una porzioncina della base (34 ettari, circa il 3% dell’intera area di 1.000 ha) prima adibita ad area ricreativa, perché vi fosse trasferito il Comando delle forze speciali dell’esercito italiano (Comfose), inizialmente ospitato nella caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento paracadutismo. Il trasferimento è avvenuto silenziosamente durante il lockdown e ora il Comfose annuncia che il suo quartier generale è situato nel «nuovo comprensorio militare», di fatto annesso a Camp Darby, base in cui si svolgono da tempo addestramenti congiunti di militari statunitensi e italiani.
Il trasferimento del Comfose in un’area annessa a Camp Darby, formalmente sotto bandiera italiana, permette di integrare a tutti gli effetti le forze speciali italiane con quelle statunitensi, impiegandole in operazioni coperte sotto comando USA. Il tutto sotto la cappa del segreto militare. Visitando il nuovo quartier generale del Comfose, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini lo ha definito «centro nevralgico» non solo delle Forze speciali ma anche delle «Unità Psyops dell’Esercito».
Compito di tali unità è «creare il consenso della popolazione locale nei confronti dei contingenti militari impiegati in missioni di pace all’estero», ossia convincerla che gli invasori sono missionari di pace. Il ministro della Difesa Guerini ha infine indicato il nuovo quartier generale quale modello del progetto «Caserme Verdi».
Un modello di «benessere ed ecosostenibilità», che poggia su un milione di testate esplosive.
Manlio Dinucci

(Fonte)

Forze ed operazioni militari USA in Africa – una rassegna

Di Benjamin Cote in esclusiva per SouthFront

L’importanza delle Forze Militari in Africa
Il 4 ottobre 2017, forze nigerine e Berretti Verdi americani sono stati attaccati da militanti islamici durante una missione di raccolta di intelligence lungo il confine con il Mali. Cinquanta combattenti di una affiliata africana dello Stato Islamico hanno attaccato con armi di piccolo calibro, armi montate su veicoli, granate lanciate con razzi e mortai. Dopo circa un’ora nello scontro a fuoco, le forze americane hanno fatto richiesta di assistenza. I jet Mirage francesi hanno fornito uno stretto supporto aereo e i militanti si sono disimpegnati. Gli elicotteri sono arrivati per riportare indietro le vittime per l’assistenza medica.
Quando la battaglia finì quattro Berretti Verdi sono risultati uccisi nei combattimenti e altri due furono feriti. I sergenti maggiori Bryan Black, Jeremiah Johnson, Dustin Wright e il più pubblicizzato di tutte le vittime il sergente La David Johnson sono stati uccisi in missione. Il presidente Trump si è impegnato in uno scontro politicizzato con la vedova di Johnson e la deputata della Florida Federica Wilson in merito alle parole da lui usate in una telefonata consolante.
La battaglia politica sui commenti del Presidente Trump ha avuto l’effetto non intenzionale di spostare l’attenzione della nazione sulle attività americane in Africa. In precedenza il pubblico americano, e buona parte dell’establishment politico, mostrava scarso interesse o conoscenza delle missioni condotte dai dipartimenti di Stato e della Difesa all’interno delle nazioni africane in via di sviluppo. Il 5 maggio, un Navy SEAL era stato ucciso vicino a Mogadiscio mentre assisteva le forze somale nel combattere al-Shabaab. Questa morte è arrivata un mese dopo che l’amministrazione Trump aveva revocato le restrizioni sulle operazioni di antiterrorismo nelle regioni della Somalia.
Certamente l’evento non ha registrato la stessa attenzione del mainstream come la polemica circa il sergente Johnson; tuttavia, tutto rivela come l’Africa stia lentamente diventando un’area di interesse nazionale cruciale per gli Stati Uniti. Le questioni concernenti le nazioni africane riguardanti le minacce terroristiche sia esterne sia interne, così come i loro problemi economici, servono a garantire che i responsabili politici degli Stati Uniti si concentrino sul continente. Iniziative globali come la Combined Joint Task Force for Operation Inherent Resolve coinvolgono diverse nazioni africane fondamentali per combattere l’ascesa dell’estremismo islamico radicale. L’ascesa di gruppi estremisti coesi insieme all’espansione degli investimenti economici nell’Africa post-coloniale ha comportato un aumento dei dispiegamenti militari stranieri e americani nella regione. Continua a leggere

La Russia è rimasta indifferente all’esibizione canora della NATO “Noi siamo la guerra”

Al Gurnov per rt.com

Consideriamo per un momento quale sarebbe la risposta da Washington se la Russia annunciasse l’inizio di giochi di guerra internazionali vicino ai confini americani. Impossibile, dite? Eppure è quasi esattamente quello che il Pentagono ha annunciato vicino alla Russia.
“Il Ministero della Difesa russo ha annunciato che oltre 350 soldati russi e 80 veicoli blindati con copertura aerea inizieranno una marcia di 300 miglia attraverso il Messico la prossima settimana, segnalando l’inizio di giochi di guerra multinazionali BRICS nella regione.”
La dichiarazione fittizia di cui sopra suona un po’ come uno scherzo, o qualcosa di impossibile da immaginare. Dopo tutto, per quale scopo la Russia dovrebbe patrocinare l’invio di truppe internazionali vicino al confine degli Stati Uniti? Quindi, come si spiega questo altro pezzo di notizia molto vera: oltre 350 soldati americani e 80 veicoli dell’esercito americano con la copertura dell’US Air Force inizieranno una marcia di 400 chilometri attraverso la Romania questa settimana, segnalando l’inizio di giochi di guerra multinazionali NATO in Romania.
Suona un po’ più credibile, non è vero? E dimostra il semplice fatto che la NATO e gli Stati Uniti hanno creato per se stessi una reputazione di essere aggressivi, dal grilletto molto facile, mentre la Russia, che la scorsa settimana ha festeggiato il 70° anniversario della sua vittoria sul fascismo, ha dichiarato la propria intenzione di non andare mai più in guerra.
Dopo aver assunto il titolo di “vincitori” della Guerra Fredda, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno categoricamente trascurato importanti leggi internazionali in uno sforzo sfacciato di imporre la loro volontà in tutto il mondo. Sono tornati alla vecchia pratica del 20° secolo di dividere il mondo in amici e nemici in un pericoloso gioco geopolitico “a somma zero”. In effetti, la NATO promise di impegnarsi a non espandersi a Est in cambio della riunificazione della Germania e del ritiro militare sovietico dall’Europa. Tuttavia, questa promessa si è rivelata essere uno scherzo ancora più grande di quello che apre questo articolo.
Nel quadro del cosiddetto “Partenariato Orientale”, l’infrastruttura della NATO continua la sua marcia ad est verso i confini della Russia. Questa mossa ha praticamente distrutto i legami storici che la Russia ha avuto con almeno una dozzina di Stati, cui è stata data una falsa scelta, artificiale di essere “o contro la Russia, o contro il resto d’Europa”. C’è stata anche la costruzione di un nuova Cortina di Ferro – eretta questa volta dall’Occidente – che impedisce l’espansione del commercio, delle relazioni economiche, umanitarie e culturali tra le persone.
Per questo motivo, quando i ministri degli Esteri della NATO, dopo un banchetto in Turchia, si sono lasciati andare e hanno cantato “We are the World”, le persone in tutto il mondo hanno udito invece le parole “We are the WAR”. Continua a leggere

L’assolato avamposto di Camp Lemonnier

Una base statunitense isolata al centro di operazioni segrete
di Craig Whitlock

Gibuti Città (Gibuti) – Notte e dì, circa 16 volte al giorno, i droni decollano o atterrano qui, a una base militare statunitense, lo snodo per le guerre antiterrorismo dell’amministrazione Obama nel Corno d’Africa e nel Medio Oriente.
Alcuni degli aeroplani senza pilota sono destinati alla Somalia, lo Stato imploso il cui confine si trova proprio 10 miglia a sud-est. La maggior parte dei droni armati, comunque, fanno rotta a nord attraverso il Golfo di Aden verso lo Yemen, un altro Paese instabile ove vengono utilizzati in una guerra sempre più mortale contro una componente di al-Qaeda che ha preso di mira gli Stati Uniti.
Camp Lemonnier, un assolato avamposto nel Terzo Mondo fondato dalla Legione Straniera francese, iniziò come campo temporaneo di addestramento per Marines statunitensi alla ricerca di un punto d’appoggio nella regione un decennio fa. Nel corso degli ultimi due anni, l’esercito statunitense lo ha surrettiziamente trasformato nella più trafficata base per Predator all’esterno della zona operativa afgana, un riferimento per combattere una nuova generazione di gruppi terroristi.
L’amministrazione Obama ha fatto ricorso a misure straordinarie per nascondere i dettagli legali e operativi del suo programma di uccisioni mirate. A porte chiuse, scrupolose discussioni precedono ogni decisione di posizionare qualcuno al centro del mirino nella guerra perpetua degli Stati Uniti contro al-Qaeda ed i suoi alleati.
Sempre più, gli ordini di trovare, pedinare o uccidere queste persone vengono presi a Camp Lemonnier. Praticamente tutti i 500 acri della base sono dedicati all’antiterrorismo, rendendola l’unica installazione di questo tipo nella rete globale di basi del Pentagono. Continua a leggere

Tra boschi e caverne, il covo di Plutone

“Per decenni è stata la punta avanzata della follia strategica USA e NATO che ritenevano possibile una guerra nucleare “limitata” per contenere l’avanzata delle truppe sovietiche nel nord-est d’Italia. A Site Pluto, installazione militare top secret, occultata tra le caverne carsiche e i boschi del comune di Longare (Vicenza) sono state immagazzinate le testate nucleari del tipo W-79 con una potenza tra i 5 e i 10 kiloton e W-82 da 2 kiloton, destinate agli obici a corto raggio M-109 e M-110 dell’esercito USA e ai missili Nike Hercules della vicina base dell’Aeronautica italiana di San Rocco. Poi Longare è caduta in sonno per risvegliarsi all’alba delle nuove campagne militari del Pentagono in terra d’Africa. Adesso che i lavori di costruzione della megainstallazione della 173^ Brigata aviotrasportata volgono al termine nell’ex aeroporto Dal Molin e il comando di US Army Africa è pienamente operativo, servono nuovi poligoni per addestrare i reparti di Vicenza. E Site Pluto, con chissà quante altre aree demaniali in Veneto e Friuli, è pronto a fare la sua parte.”

Pluto Longare Vicenza alle guerre in Africa, di Antonio Mazzeo continua qui.

“La città italiana con la più alta presenza di militari USA”

“Intanto prosegue frenetico il processo di ipermilitarizzazione del territorio comunale. Il colonnello David Buckingham, comandante di US Army Garrison-Vicenza, ha formalizzato la conclusione della seconda fase dei lavori di realizzazione delle facilities destinate ai reparti statunitensi all’interno dell’ex aeroporto Dal Molin. La trasformazione dello scalo in megacaserma della 173^ brigata aviotrasportata è uno dei principali progetti di potenziamento infrastrutturale delle forze armate USA a livello mondiale. I lavori, per un importo di 245 milioni di euro, sono stati affidati nel marzo 2008 a due aziende leader di LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna (CMC) e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC). “Questa seconda tranche è consistita nella costruzione degli uffici e delle infrastrutture di servizio del 173rd Airborne Brigade Combat Team e delle abitazioni per circa 1.200 soldati single”, ha spiegato il colonnello Buckingham. Lo scorso mese di gennaio, al Dal Molin sono stati trasferiti i primi reparti di US Army Africa, mentre il personale restante del comando raggiungerà la base entro il giugno del 2014. “Prevediamo invece che entro il giugno 2013 si completi il trasferimento al Dal Molin dei circa 2.000 militari e delle rispettive famiglie attualmente ospitati a Bamberg and Schweinfurt, in Germania. Il programma ha subìto solo qualche mese di ritardo a causa delle cattive condizioni meteorologiche, della bonifica delle munizioni non esplose ritrovate all’interno dell’aeroporto (49 bombe italiane e britanniche risalenti alla Seconda guerra mondiale) e degli scavi archeologici”. A conclusione dei lavori, il Dal Molin ospiterà quattro battaglioni e il quartier generale della 173^ brigata, mentre due battaglioni dell’esercito resteranno nella vicina Camp Ederle. “Vicenza sarà la città italiana con la più alta presenza di militari USA in termini di popolazione, con circa 5.000 uomini distribuiti tra il Dal Molin e l’Ederle”, ha concluso Buckingham.”

Da Le nuove guerre dei militari USA di Vicenza, di Antonio Mazzeo.

Guerre USA 2013

E l’Italia segue al traino…

“Sacrifici e tagli per tutti ma non per i mercanti di morte. L’amministrazione Obama ha presentato al Congresso la proposta di bilancio 2013 per il comparto “difesa”: 613 miliardi di dollari, 525 per pagare stipendi e acquistare cacciabombardieri, missili, carri armati e bombe nucleari e 88 per le missioni di guerra d’oltremare. Meno di quanto chiedevano generali e ammiragli ma alla fine tutti sono rimasti contenti: la Marina confermerà i suoi undici gruppi navali guidati da portaerei a propulsione atomica, l’Aeronautica e i Marines avranno i nuovi caccia ed elicotteri multi-missione, l’Esercito si diletterà con superblindati, tank, radar e intercettori terra-aria. Grazie agli ordini Pentagono potranno brindare le borse e le aziende leader del complesso militare industriale Usa, le inossidabili Boeing, General Dynamics, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon, ecc..
Quasi un terzo delle spese andranno per l’acquisto e la modernizzazione dei sistemi di guerra più sofisticati, aerei con e senza pilota, navi e sottomarini d’attacco, missili a medio e lungo raggio, satelliti. Esattamente 179 milioni di dollari, il 7% in meno del bilancio di previsione 2012, ma con quasi 70 milioni da destinare alla ricerca e allo sviluppo di nuovi strumenti di morte. A fare la parte del leone saranno i famigerati cacciabombardieri F-35 “Joint Strike Fighters” di Lockheed Martin che piacciono tanto pure ai ministri-ammiragli di casa nostra. Il prossimo anno, il Dipartimento della difesa vorrebbe acquistarne 29, 19 da destinare a US Air Force e 10 a US Navy, per un valore complessivo di 9,2 miliardi di dollari. Il programma degli F-35 sarà comunque ridimensionato per poter risparmiare nei prossimi cinque anni almeno 15 miliardi.”

Barack Obama al supermarket delle armi 2013, di Antonio Mazzeo continua qui.

“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza”

“Se non mi fossi convinto della sicurezza del MUOS, che non è barattabile con nessuna compensazione, io non sarei qui assolutamente a parlarvi, perché non c’è né punto nascita in un ospedale, né Ponte sullo stretto che tenga, rispetto alla salute dei cittadini…”. Si presenta così d’avanti al consiglio comunale di Niscemi (Caltanissetta) il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, per formalizzare il suo giro di valzer sul terminal terrestre del nuovo sistema satellitare che i militari USA vogliono realizzare all’interno della riserva naturale “Sughereta”. Dopo il “No” e il “Ni”, finalmente il “Sì” di petto: il MUOS è “sicuro al 1.000 x 1.000” e “riduce” perfino l’inquinamento elettromagnetico generato dall’impianto di telecomunicazioni che l’US Navy gestisce da quasi vent’anni a Niscemi. È per questo, secondo Lombardo, che sono superflui i risarcimenti e le misure compensative che la Regione era pronta ad offrire poco meno di sei mesi fa, appena un paio di vigilantes a cavallo nella riserva naturale, un centro in ospedale per monitorare i tumori e una sospetta “zona franca cittadina”, altro che Ponte di Messina. E per convincere sindaco, giunta e consiglieri che il MUOS s’ha da fare, don Raffaele sì è fatto accompagnare a Niscemi da due “esperti segnalati in maniera particolare dal rettore dell’università di Palermo”, una pattuglia di dirigenti regionali, tre colonnelli delle forze armate e un parlamentare, Alessandro Ruben (Fli), componente della commissione difesa della Camera e delegato presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.
“Vorremmo tranquillizzare i cittadini sulla presenza dell’antenna statunitense perché da come espresso dai tecnici in materia fa meno male rispetto a quelle 47 antenne che insistono già nel territorio di Niscemi”, ha dichiarato il presidente. “Il MUOS è funzionale alla comunicazione che serve per la sicurezza, dalla quale dipende la permanenza nella nostra terra della base militare di Sigonella. Il MUOS sostituirà l’attuale sistema ed è più sicuro. Mi hanno spiegato che 27 antenne comunicano e le altre 20 sono di riserva nel caso in cui si guastano alcune, mentre una piccola parte di esse resterebbe inattiva, entrando eventualmente in funzione solo se dovesse disattivarsi il nuovo sistema satellitare”. In verità le antenne USA presenti a Niscemi sono 41, sei in meno di quelle contate da Lombardo. Quisquiglie, ciò che conta davvero è trovar credito a Washington specie dopo quel maledetto cablogramma inviato il 15 giugno 2009 dal console di Napoli alle massime autorità civili e militari degli Stati Uniti d’America, in cui il leader del Movimento per l’Autonomia veniva duramente criticato per le resistenze opposte all’installazione del nuovo sistema di comunicazioni satellitari. “Contro il MUOS si oppone un gruppo di sindaci locali, che hanno usato con successo i media locali per diffondere congetture – non supportate neanche dagli scienziati coinvolti dai sindaci come esperti – che l’installazione pone gravi rischi ambientali alla salute della popolazione locale”, spiegava il console USA. “Gli studi della Marina militare, convalidati dal Ministero della difesa italiano, evidenziano come le emissioni elettromagnetiche delle antenne sono al di sotto dei limiti italiani e della Ue”. Nel cablogramma si stigmatizzava poi il comportamento dell’assessorato regionale all’ambiente che “ha ritardato” l’approvazione del progetto consentendo l’esecuzione di ulteriori analisi d’impatto ambientale. “Lombardo ha poco tempo per i funzionari stranieri”, aggiungeva il diplomatico. “Durante il suo precedente incarico come presidente della provincia di Catania, ha concesso al Console Generale una telefonata di cortesia di 5 minuti, e da presidente della Regione si è rifiutato di ricevere sia l’ex ambasciatore Spogli che quello attualmente in carica, durante i loro viaggi a Palermo, a dispetto del suo staff”. Una reprimenda che deve aver lasciato il segno: nei successivi 18 mesi Raffaele Lombardo si è incontrato in sei occasioni con i diplomatici statunitensi in Italia, l’ultima volta l’11 gennaio 2011 a Roma direttamente con l’ambasciatore Thorne. Oggetto della visita, secondo una nota d’agenzia, gli “investimenti USA in Sicilia e la questione delle antenne satellitari del MUOS di Niscemi”. I meeting hanno convertito il Presidente in un convinto assertore dell’innocuità delle antenne ma soprattutto della rilevanza strategica del sistema militare. Il colonnello Francesco Maurizio Noto, capo del secondo ufficio del gabinetto del Ministero della difesa, in visita a Niscemi insieme a Lombardo, ha voluto precisare che la “rilocalizzazione” del MUOS è fuori discussione. “Ciò porterebbe ad un aggravio di comunicazioni specifiche, si dovrebbe cioè ricreare fisicamente tutto il supporto trasmissivo che esiste tra Sigonella e Niscemi”, ha dichiarato Noto. “Riteniamo che il MUOS vada fatto e come mi insegnano i casi che ho seguito personalmente di Vicenza ed altre situazioni, esplicheremo tutte le potestà che la legge ci consente per ottenere questo risultato di difesa nazionale”.
Dopo le dure parole dell’alto ufficiale, sono arrivate quelle più rassicuranti di due docenti della facoltà d’ingegneria di Palermo, Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri, “tecnici neutrali e non ingaggiati sicuramente dal Ministero della difesa o dalla NATO”, stando alla presentazione di Lombardo.
(…)
“Noi ci abbiamo messo tutta la nostra scienza, conoscenza ed oggettività, abbiamo cercato di pensare che qua potevano essere nati e cresciuti i nostri figli”, ha concluso la docente Livreri. “Ci abbiamo messo la faccia, l’Università di Palermo ci ha messo la carta intestata, il logo, la firma del professore Zanforlin, la mia e quella del direttore…”. Per dovere di cronaca, nell’ultimo biennio la facoltà d’ingegneria dell’università di Palermo ha sottoscritto con il Laboratorio di Ricerca dell’US Army – Dipartimento della difesa, due contratti per un valore complessivo di 70.000 dollari per la “produzione elettro-chimica di materiali nano-strutturati per applicazioni di conversione energetica”. Quando di parla di neutralità dell’accademia…
(…)

Da La resa del presidente Lombardo al MUOStro di Niscemi, di Antonio Mazzeo.

[E non smettiamo di seguire l’evolversi della crisi in Libia. Sempre qui.]

Egitto: solo il tempo ci potrà dare delle risposte

Per capire perché abbiamo definito, con dispiacere, le forze di terra egiziane uno strumento militare da “parata” basterà esaminare in breve dettaglio il materiale pesante che costituisce al momento la sua ossatura: l’Mbt Abrams, nella versione M1A1.
Non la faremo lunga perdendo del tempo per illustrarne le caratteristiche tecniche, diremo soltanto che fin dal primo esemplare uscito dalle linee di montaggio USA (1985-1993) era il carro da battaglia di costo più elevato a parità (comparate) di prestazioni.
Consuma 4.5-5 litri a km, in addestramento su terreno desertico l’autonomia, a pieno carico di carburante, non supera le 50 miglia.
L’ultimo impiego operativo risale alla guerra in Iraq del 2003, dove ha continuato ad essere impiegato in ambiente urbano ed extraurbano contro la guerriglia baathista fino al 2009 e ne rimangono circa 300-320 a protezione delle basi USA.
Farne muovere una divisione per delle semplici esercitazioni ha costi insopportabili per la stessa US Army, immaginarsi che effetto possa produrre sul bilancio militare dell’esercito egiziano doverne tenere in linea 1.008 esclusi i 1.435 rottami M-60 di fornitura USA ed i T-55 e T-62 lasciati in eredità a Sadat dall’Unione Sovietica qualche mese prima della guerra del ’73 (Kippur), per un totale di altri 1.120 autentici pezzi da museo tenuti per trenta anni in (seconda) linea da Mubarak.
Un totale folle di 3.563 carri armati per dare il comando di brigate, divisioni e corpi d’armata ai vertici militari che hanno sostenuto il “rais” e che ha bruciato nel tempo enormi risorse finanziarie senza produrre né un briciolo di qualità né concrete capacità di combattimento sul terreno all’esercito del Cairo.
Lo sviluppo e la produzione di armamenti ad alta tecnologia in Egitto è totalmente assente. Il riferimento principale è al mancato sviluppo di qualsiasi produzione di armi di precisione.
La ricerca militare e l’ingegneria applicata sono state letteralmente smantellate. Continua a leggere

L’Africa come cavia

Per lo sviluppo del programma sono già stati investiti più di 500 milioni di dollari e lavorano fianco a fianco i ricercatori di un colosso mondiale del settore farmaceutico e i migliori medici delle forze armate USA. Sponsor, l’onnipotente padrone delle nuove tecnologie informatiche. Si tratta della sperimentazione di un nuovo vaccino contro la malaria, nome in codice “RTS,S/ASO2”. Una speciale unità dell’esercito statunitense in Kenya (USAMRU-K) e la multinazionale britannica GlaxoSmithKline (GSK) stanno eseguendo decine di migliaia di test su bambini e neonati in alcuni dei villaggi più poveri del continente africano. Il tutto sotto l’occhio vigile di US Army Africa, il comando delle forze militari terrestri in Africa istituito a Vicenza che tra gli scopi annovera il “supporto delle missioni mediche di US Army nel continente nero”.
È nel Muriithi-Wellde Clinical Research Centre di Kombewa, città della provincia di Nyanza (Kenya), che i dati della sperimentazione del vaccino vengono raccolti ed analizzati dal team di USAMRU-K. “La nostra unità dipende dal Comando per la Ricerca Medica dell’US Army (USAMRMC) che ha sede a Fort Detrick, Maryland, ma noi stiamo coordinando le attività nel continente con l’US Africa Command (AFRICOM) di Stoccarda e US Army Africa di Vicenza”, spiega il portavoce di USAMRU-K. “A Kombewa è in avanzata fase di sviluppo la ricerca sull’efficacia del vaccino contro la malaria, malattia trasmessa da zanzare infette. USAMRU-K partecipa alla sperimentazione di quello che potrebbe diventare il primo vaccino anti-malarico per bambini. I partecipanti ricevono cure gratuite per la durata di tre anni scolastici. Una volta provata la sua sicurezza ed efficacia, il vaccino potrà essere immesso sul mercato. Lo studio odierno nasce da una partnership con la PATH Malaria Vaccine Initiative (MVI) e la compagnia farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK)”. Per lo sviluppo del vaccino, GSK ha già investito 300 milioni di dollari e altri 100 verranno spesi nei prossimi due anni. Al finanziamento delle ricerche ha contribuito con 107,6 milioni di dollari l’organizzazione statunitense “no-profit” Path, utilizzando un fondo ad hoc della Bill & Melinda Gates Foundation, la fondazione “umanitaria” del magnate di Microsoft, Bill Gates.
Il vaccino RTS,S/AS02 è stato creato nel 1987 nei laboratori del Belgio di GSK Biologicals (una partecipata Glaxo) ed è stato testato la prima volta nel 1992 su “alcuni volontari” negli Stati Uniti d’America, grazie alla collaborazione dell’US Walter Reed Army Institute of Research, l’istituto di ricerca medica dell’esercito USA con sede a Washington. La prima campagna di sperimentazione ad ampio raggio dell’RTS,S ha però preso via in Africa nel 1998 e nel biennio 2002-2003 i test sono stati eseguiti sulla popolazione “adulta” dei villaggi di Kombewa nel Centro clinico co-gestito da USAMRU-K. “I test fornirono dati incoraggianti in termini di sicurezza e immunogenicità, così a partire della fine del 2003 è stata avviata la fase sperimentale “Ib” su 90 bambini della stessa aerea geografica, che ha prodotto risultati ancora una volta incoraggianti”, si legge in un report della GlaxoSmithKline. “Subito dopo è partita la fase “II”, condotta su oltre 2.000 bambini nel sud del Mozambico. I risultati di questo test, pubblicati dalla rivista medica The Lancet nel 2004 e 2005, hanno mostrato che l’RTS,S è stato efficace per un periodo di 18 mesi nel ridurre la malaria clinica nel 35% dei casi, e la malaria grave nel 49%”. Ignoto, ovviamente, cosa sia accaduto nel restante numero di casi, 1.300 bambini cioè in carne ed ossa.
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Se appare incredibilmente spregiudicata e priva di etica la massiccia sperimentazione del vaccino in aree del continente dominate dalla fame, dal sottosviluppo, dall’analfabetismo e dall’assenza di qualsivoglia servizio primario, desta profonda inquietudine il ruolo assunto nella vicenda da un’unità “sanitaria” d’élite delle forze armate USA. USAMRU-Kenya vanta però una lunga tradizione nel campo della “ricerca scientifica” e della “prevenzione” delle infermità tropicali. In qualità di task force operativa estera del Walter Reed Army Institute of Research, l’unità fu inviata in Kenya nel lontano 1969 per avviare uno studio sulla tripanosomiasi, un’infezione parassitica trasmessa dalla mosca tse-tse. Nel 1973 USAMRU stabilì una propria sede permanente a Nairobi grazie ad un accordo con il Kenya Medical Research Institute. Negli anni successivi furono aperti laboratori nella capitale e nel Kenya occidentale (Kisumu, Kisian, Kombewa e Kericho) per la sperimentazione di farmaci contro malaria, tripanosomiasi, “malattie infettive globali emergenti” e l’HIV/AIDS. Proprio all’AIDS sono stati destinati gli sforzi maggiori più recenti: nell’ambito dell’United States Military HIV Research Program (USMHRP), lo staff di US Army sta sviluppando il vaccino HIV-1 ad efficacia globale e testando e valutando altri vaccini sperimentali contro l’AIDS. La sede del programma HIV è stata stabilita ancora una volta in Kenya, a Kericho, alla fine del 2000.
Coincidenza vuole che a fine dicembre 2000 nasceva pure in Gran Bretagna la GlaxoSmithKline (GSK) grazie alla fusione di due grandi società farmaceutiche, Glaxo Wellcome e SmithKline Beecham. Con oltre 100 mila dipendenti e un fatturato di 34 miliardi di euro, GSK si colloca al secondo posto nel mondo con una quota di mercato del 5,6%, dietro il gruppo Pfizer. Il comportamento “etico” della multinazionale è stato duramente stigmatizzato da più parti e non sono mancati gli scandali che l’hanno vista direttamente coinvolta.
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Mentre fatturati e guadagni si moltiplicano inverosimilmente, il management di GSK ha varato un piano che prevede la chiusura a breve termine del Centro ricerche e produzione antibiotici di Verona, uno dei due impianti posseduti in Italia dalla società. A rischiare il licenziamento sono più di 600 lavoratori. Delocalizzazioni nel sud-est asiatico, test sui bambini africani, smantellamento dell’apparato produttivo in Europa. E nello sfondo la guerra, altro crimine del capitalismo dal volto sempre più disumano. Nell’ultima decade, la GlaxoSmithKline ha sottoscritto con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America ben 61 contratti per la fornitura di vaccini, farmaci e attrezzature sanitarie, per un importo complessivo di 75.555.579 dollari. Assai meno di quanto fatto però dal partner e “mecenate” Bill Gates: in computer, programmi e war games, Microsoft-Gates ha fatto affari con il Pentagono per 278.480.465 dollari. Due volte e mezzo in più di quello che è stato reinvestito per i nuovi vaccini contro la malaria.

Da Neonati africani cavie del vaccino di US Army Africa e Glaxo, di Antonio Mazzeo.

Giocare a golf ad Aviano

Nuovi progetti infrastrutturali per la base aerea di Aviano (Pordenone), sede del principale comando dell’US Air Force in Europa e trampolino di lancio dei cacciabombardieri a capacità nucleare F-16 nei Balcani e in Medio oriente. “Priorità strategica per i piani di lavoro 2011”, come ha spiegato Jeff Borowey, responsabile del Comando d’ingegneria navale USA per l’Europa, l’Africa e l’Asia sud occidentale, Aviano assorbirà da sola più del 27% degli investimenti destinati per il nuovo anno al potenziamento delle basi aeree USA nel vecchio continente. Si tratta di 29 milioni e duecentomila dollari, 10 milioni e duecentomila destinati alla costruzione di una “Air Support Operations Squadron (ASOS) Facility” e 19 milioni per 144 alloggi per il personale del 31° Stormo dell’US Air Force.
“La nuova facility di Aviano deve rispondere adeguatamente alle necessità amministrative, operative, addestrative e di manutenzione e stoccaggio veicoli ed attrezzature dell’8° Squadrone per le Operazioni di Supporto Aereo (8th ASOS)”, scrive il comando dell’US Air Force nella richiesta di finanziamento per il 2011 presentata al Congresso. Giunto nella base friulana a fine 2006 dalla caserma Ederle di Vicenza, l’8° Squadrone è composto da una quarantina di uomini che forniscono il supporto al “Comando e Controllo Tattico delle componenti congiunte delle forze aeree e terrestri statunitensi per le operazioni di guerra”. “Questo progetto – aggiunge il comando dell’US Air Force – consentirà di sostenere l’iniziativa di trasformazione voluta dall’aeronautica militare per consentire il collegamento diretto dell’ASOS con le unità aeree e dell’US Army di stanza ad Aviano”. Dallo scorso anno è infatti operativa nella base, accanto ai reparti aeronautici, la 56th Quartermaster Company, letteralmente 56^ Compagnia Timonieri, unità dipendente dalla 173^ Brigata trasportata dell’US Army di Vicenza, specializzata nelle tecniche di aviolancio. “Secondo le linee guida progettuali”, spiega il Pentagono, “le aree destinate ad uffici ASOC cresceranno in superficie del 30% (2.414 mq), mentre quelle riservate a deposito veicoli di un 25% circa (550 mq). È prevista l’installazione di condizionatori d’aria, sistemi antincendio e distribuzione di energia, collegamenti internet e telefonici, apparecchiature di protezione luminosa e attenuazione dei rumori. Questo progetto risponderà alle richieste del Dipartimento della difesa in materia di protezione da attacchi terroristici e richiederà l’approvazione da parte di una commissione mista USA-Italia”.
La seconda importante tranche finanziaria ottenuta dall’Air Force è riservata alla realizzazione di nuovi dormitori multipli per gli avieri, dotati di saloni, servizi, lavanderia e ampi parcheggi.
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Aviano si conferma dunque come una delle principali basi-cantiere delle forze armate USA in Europa. Nell’ottobre 2009 è entrato in funzione l’“Airborne Equipment/Parachute Shop”, costo 12 milioni e 100 mila dollari, un megadeposito di 4.000 mq che ospita i materiali necessari per le operazioni di aviolancio e altre attrezzature pesanti dei reparti US Army di Vicenza. Recentemente è stata pure completata la costruzione di una infrastruttura di 5.000 mq atta ad ospitare sino a un migliaio di paracadutisti della 173^ Brigata in attesa di imbarco (“PAHA – Personnel Alert Holding Area”). Accanto ad essa sorge pure una piattaforma per le soste operative dei grandi velivoli da trasporto delle forze armate Usa, in grado di ospitare simultaneamente sino a dodici C-130 o cinque C-17. A fine 2009 sono stati completati infine i lavori di riparazione della rete stradale e del sistema d’illuminazione del parcheggio della base per una spesa complessiva di 750 mila dollari.
Attualmente il distretto europeo dell’US Army Corps of Engineers sta eseguendo una serie di lavori di manutenzione per circa 4 milioni di dollari, che includono la riparazione di alloggi, scuole, piste aeree e di una facility per l’addestramento anti-incendio. Il 31st Civil Engineer Squadron ha inoltre dato il via ad un piano biennale con un investimento di 5 milioni di dollari che prevede la realizzazione di 16 progetti di “risparmio energetico”, tra cui l’installazione di un impianto geotermico nel Fitness Center, pannelli solari per la piscina e i dormitori destinati ai militari e un sistema d’irrigazione con acqua piovana dei campi sportivi e del campo da golf realizzato nel 2006 su 3 ettari e mezzo di superficie dell’aeroporto “Pagliano e Gori”. Per la rizollatura dell’“Alpine Golf Corse” di Aviano, l’US Air Force ha pubblicato a fine settembre un bando di gara e i lavori dovrebbero iniziare a giorni.
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Lo scorso anno, l’US Air Force ha pure pubblicato uno studio sul cosiddetto “impatto economico” generato delle basi estere, il quale prende in considerazione i “beni e i servizi acquistati localmente” dal personale militare, gli stipendi versati al personale civile locale, gli affitti degli alloggi e i lavori appaltati a ditte e imprese delle nazioni ospitanti. Stando ai militari USA, nell’ultimo anno “il valore totale del denaro immesso nell’economia locale di Aviano raggiunge i 427 milioni di dollari”. Di questi, 199 milioni corrisponderebbero alle spese sostenute fuori dalla base dal personale militare e civile statunitense e dai dipendenti civili italiani; 47,3 milioni sono stati generati dalle attività di costruzione, 16 milioni dalle spese “per servizi”, 104,9 dall’acquisto di materiali ed attrezzature. L’US Air Force si spinge nel quantificare in 1.743 i posti di lavori “secondari” generati dalla base aerea friulana, con un apporto di 59, 8 milioni di dollari in retribuzioni e contributi salariali. Anche se restano misteriose le modalità e i parametri con cui sono stati stimati i presunti “benefici” economici dell’installazione, una prima incongruenza traspare dal computo degli appartenenti alle forze armate e dei dipendenti civili in forza ad Aviano. Lo studio “sull’impatto economico” calcola infatti una presenza di 348 ufficiali, 3.409 militari semplici, 594 civili USA e 934 lavoratori civili italiani. Nella scheda presentata al Congresso, sempre dall’US Air Force, per i fondi infrastrutturali del 2011, il personale USA ad Aviano è invece leggermente inferiore (303 ufficiali, 3.196 militari semplici e 764 civili). Nelle stime manca poi qualsivoglia riferimento agli impatti “negativi” sull’economia e la società locale, non certo indifferenti in termini di contaminazioni ambientali, traffico veicolare, inquinamento acustico, consumo di territorio, depauperamento risorse idriche e naturali, rischi di dispersione di materiali radioattivi, accumulazione rifiuti solidi e speciali, ecc.. I comandi USA, che lo scorso anno hanno pubblicamente enfatizzato il “business” generato dal mercato degli affitti degli immobili destinati al personale statunitense (“36 milioni e 600 mila euro all’anno”), preferiscono glissare sul fatto che la stramaggioranza dei contratti sottoscritti direttamente dal Dipartimento della difesa riguardano immobili di proprietà di quattro grandi società immobiliari che hanno sede fuori dalla provincia di Pordenone. A ciò si aggiunge il piano di drastico ridimensionamento delle spese recentemente varato dal Pentagono il quale prevede entro la fine del 2011 una riduzione degli alloggi locati ad Aviano da 726 a 531 unità e del canone medio mensile da 8.712 dollari a 6.372, con una spesa finale di 16.078.000 dollari contro i 20.734.000 del 2009.
A rendere ancora più asimmetrica la relazione costi-benefici per la popolazione locale l’ammontare delle risorse pubbliche dirottate dalle amministrazioni locali per interventi infrastrutturali pro-base. Nel gennaio 2009, ad esempio, sono state consegnate due rotatorie e una serie di bretelle intermedie sul confine meridionale dell’aeroporto “Pagliano e Gori”, sulla strada provinciale Aviano-Pordenone e la circonvallazione nord di Roveredo. Gli interventi si sono resi necessari per regolarizzare i voluminosi flussi veicolari verso lo scalo aereo (oltre 5.000 mezzi al giorno), e hanno comportato una spesa di oltre tre milioni di euro da parte dell’amministrazione provinciale di Pordenone e della Regione Friuli Venezia Giulia

Da L’inarrestabile espansione della base USA di Aviano, di Antonio Mazzeo.
[grassetto nostro]

Guerre USA 2011

Lacrime e sangue per tutti, tranne che per i signori delle armi e delle guerre. Il Congresso degli Stati Uniti d’America ha approvato il budget 2011 del Dipartimento della Difesa. Saranno 725 i miliardi di dollari destinati alle missioni di guerra e ai nuovi programmi militari. Buona parte del bilancio, 158,7 miliardi di dollari, sarà speso dal Pentagono per prolungare le operazioni in Iraq e Afghanistan, a cui si aggiungeranno 13,1 miliardi per lo “sviluppo delle forze di sicurezza afgane e irachene”. Sempre nell’ambito della “guerra permanente” al terrorismo internazionale, il Congresso ha destinato 75 milioni di dollari per l’addestramento e l’equipaggiamento delle “forze di controterrorismo” dello Yemen, Paese mediorientale sempre più attenzionato e corteggiato dal Pentagono.
(…)
Assai articolato il piano di potenziamento delle infrastrutture militari USA all’estero, con un particolare occhio di riguardo per il continente africano e il Medio oriente. Le vecchie e nuove priorità strategiche sono delineate dal report sui “Piani di lavoro del Naval Facilities Engineering Command”, pubblicato nel giugno 2010 da Jeff Borowey, responsabile del Comando d’ingegneria dell’US Navy per l’Europa, l’Africa e l’Asia sud occidentale. Tra i programmi più ambiziosi, il “completamento del Master Plan di Camp Lemonnier, Gibuti, a supporto delle operazioni di Africom”, il nuovo Comando USA per il continente africano, per cui vengono stanziati 110,8 milioni di dollari; “l’installazione di un crescente numero d’infrastrutture in Africa per sostenere le richieste dei partner africani, di AFRICOM, CENTCOM e delle forze statunitensi della JTF-HOA di Gibuti”; “l’espansione delle basi in Bahrain e negli Emirati Arabi Uniti”, con progetti per 213,2 milioni di dollari. Altrettanto imponente la spesa per alcune delle maggiori installazioni USA in Europa: nelle voci di bilancio sono stati inseriti 28,5 milioni di dollari per la base aerea di Aviano (Pordenone) per realizzare “dormitori” e un “centro per il supporto delle operazioni aeree”; 23,2 milioni per la base aeronavale di Rota in Spagna (una “torre per il controllo del traffico aereo”); 33 milioni di dollari per la costruenda base dell’US Army al “Dal Molin” di Vicenza.
Oltre 300 milioni di dollari andranno invece al programma di trasformazione dell’isola di Guam, nell’oceano Pacifico, nel principale centro strategico-operativo d’oltremare delle forze armate USA. A Guam, dove da ottobre operano i velivoli-spia “Global Hawk” dell’US Air Force, verranno realizzate piste e aree di parcheggio nella base aerea di Andersen, infrastrutture portuali ad Apra Harbor per l’approdo delle portaerei e probabilmente pure un centro operativo per la “difesa missilistica”. A medio termine è previsto il trasferimento nell’isola degli 8.600 Marines oggi ospitati nella base di Okinawa; il governo giapponese contribuirà con 498 milioni di dollari che saranno utilizzati dal Pentagono per realizzare alcune facilities nell’area di Finegayan (caserme, edifici amministrativi e logistici, un poligono di tiro, una stazione anti-incendio, un ospedale). Neppure un dollaro invece per i sopravvissuti dell’occupazione giapponese di Guam durante la Seconda guerra mondiale; originariamente il “National Defense Authorization Act of 2011” destinava 100 milioni di dollari come risarcimento per gli eccidi subiti dalla popolazione locale, ma i legislatori USA hanno preferito alla fine cancellare il fondo per “esigenze di risparmio nazionale”. Un ulteriore taglio ai finanziamenti pro diritti umani è giunto con la decisione di non sostenere le richieste del Dipartimento della Difesa per la chiusura del lager di Guantanamo. Il Congresso ha formalmente proibito il possibile trasferimento negli States dei detenuti ospitati nella base navale illegalmente realizzata nell’isola di Cuba.

Da Bilancio di guerra record per le forze armate USA, di Antonio Mazzeo.
[grassetto nostro]

Pizzarotti collaborazionisti d.o.c.

Non poteva che chiamarsi “Residence degli aranci” il complesso di Mineo che ospita 404 unità abitative per i militari USA di stanza nella base di Sigonella. Occupa un’area di 25 ettari nel cuore della piana di Catania, terra di agrumi, a due passi dalla statale che scorre veloce sino al mare, il Mediterraneo. Il residence a stelle e strisce è una struttura off-limits autosufficiente. Le villette, 160 mq di superficie su due livelli, giardino indipendente con prato inglese e megabarbecue, hanno una capacità ricettiva sino a 2.000 persone e sono dotate di tutti i confort. Nel residence trovano posto alcuni edifici adibiti ad uffici per il personale dell’US Navy, la sala Telecom, un supermercato, un bar, la palestra, un centro ricreativo con asilo, la sala per le funzioni religiose, la caserma dei vigili del fuoco, 12 ettari di spazi verdi con campi da tennis, baseball e football americano, aree di gioco attrezzate per bambini. L’approvvigionamento idrico, computerizzato, fornisce 20 litri d’acqua potabile al secondo, la copertura del fabbisogno di un comune di 10.000 abitanti. L’acqua giunge da un pozzo privato nel territorio di Vizzini distante 20 km, grazie ad un acquedotto realizzato nel 2006 dalla società costruttrice e proprietaria del “Residence degli aranci”, la Pizzarotti Spa di Parma.
Per conto dell’US Navy, la Pizzarotti si occupa della gestione e della manutenzione degli impianti elettrici, idrici e del depuratore, della pulizia di strade e marciapiedi, delle attività di giardinaggio, della raccolta differenziata dei rifiuti. Entro dicembre installerà nel complesso un impianto fotovoltaico da un megawatt che verrà posizionato su 105 abitazioni. Standard di vita a cui solo pochi autoctoni possono aspirare ma che lasciano tuttavia insoddisfatti gli esigentissimi militari statunitensi.
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La Pizzarotti è una delle principali aziende italiane contractor delle forze armate USA. Solo nell’ultimo decennio ha fatturato per conto del Dipartimento della difesa qualcosa come 134 milioni di dollari. Già nel 1979 le era stata affidata la costruzione di una serie di infrastrutture a Sigonella quando la base era stata scelta come centro operativo avanzato della Rapid Deployment Force, la Forza d’Intervento Rapido statunitense. A metà anni ‘80 la Pizzarotti partecipò pure alla costruzione di numerose infrastrutture nella base di Comiso (Ragusa), utilizzata per l’installazione di 112 missili a testata nucleare Cruise. Quindici anni dopo la società realizzò a Belpasso (Catania) il villaggio “Marinai”, anch’esso destinato ai militari di Sigonella, con 526 unità abitative e 42 ettari di estensione. Il contratto d’affitto con il Pentagono scade nel 2015 ma non dovrebbero esserci problemi per una sua estensione. Anche a Belpasso la Pizzarotti cura per conto dell’US Navy la gestione e la manutenzione di infrastrutture e servizi.
Sempre in ambito militare, ha eseguito i lavori di ristrutturazione ed ampliamento delle banchine della (ex) base navale di Santo Stefano (arcipelago de La Maddalena), utilizzata sino alla primavera 2008 come base appoggio per i sottomarini nucleari di stanza nel Mediterraneo. Alla Maddalena, la Pizzarotti è attualmente impegnata alla costruzione di una cinquantina di alloggi per il personale della Marina militare italiana. Tra il 2004 e il 2007, la società ha operato all’interno della base US Army di Camp Darby (Livorno) per la realizzazione di una piccola tratta ferroviaria interna e di 7 nuovi edifici da adibire a depositi. Nella base aerea di Aviano (Pordenone), Pizzarotti Spa è stata chiamata invece per ampliare i locali adibiti a servizi e casermaggio. Molto più rilevanti i lavori eseguiti a Vicenza. A metà anni ’90 Pizzarotti ha realizzato a Camp Ederle un complesso di edifici residenziali per 300 marines (costo 20 milioni di euro). Recentemente, in associazione con l’azienda tedesca Bilfinger Berger, ha invece consegnato all’US Army un nuovo polo sanitario avanzato, costo 47,5 milioni di dollari. A Vicenza Pizzarotti si è però visto soffiare l’appalto più ambito, quello per la trasformazione dell’ex aeroporto Dal Molin nella mega-cittadella della 173^ Brigata Aviotrasportata USA, vinto dalle “coop rosse” di Bologna e Ravenna. Poca fortuna pure a Quinto Vicentino, dove nonostante un pre-accordo del 2006 con il Comando statunitense per la realizzazione di un villaggio di oltre 200 abitazioni (valore stimato 50 milioni di dollari), c’è stato uno stop all’iter progettuale da parte degli amministratori locali.
Pizzarotti vanta pure la realizzazione di un invidiabile elenco di opere “civili”, alcune delle quali dall’altissimo impatto socio-ambientale:
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Da Grandi affari a Mineo con il villaggio dei marines di Sigonella, di Antonio Mazzeo.
[grassetto nostro]

A perenne ricordo

Roma, 27 maggio – E’ il capitano Leandro Corina il primo ufficiale dell’Esercito Italiano ad essere stato inserito nel ”President’s Honor Roll”. Effettivo al Reggimento Lagunari ”Serenissima”, Corina ha frequentato presso la United States Marine Corps School di Quantico, in Virginia, il corso destinato ad ufficiali, denominato ”Expeditionary Warfare Course 2010”.
Al termine del corso, a cui hanno partecipato 240 Ufficiali, rappresentanti di 24 nazioni, tra cui appartenenti a US Marines Corps, US Army e US Air Force, il capitano Corina si è posizionato tra i primi 20 partecipanti e pertanto il suo nome verrà trascritto, a perenne ricordo, nel ”President’s Honor Roll”.
(Adnkronos)

Baguettes allucinogene

Il mistero lungo 50 anni del “pane maledetto” di Pont-Saint-Esprit, che lasciò i suoi cittadini affetti da allucinazioni, è stato risolto dopo la scoperta da parte di uno scrittore che gli Stati Uniti avevano contaminato il pane con LSD come parte di un esperimento.
Di Henry Samuel per il Telegraph
[Traduzione di L. Bionda]

Nel 1951, un tranquillo e pittoresco villaggio della Francia meridionale fu improvvisamente e misteriosamente colpito da fenomeni di allucinazioni e follia di massa. Almeno cinque persone morirono, a dozzine furono rinchiuse nei ricoveri e diverse centinaia soffrirono di disturbi.
Per decenni si credette che il pane locale fosse stato involontariamente avvelenato da una muffa psicoattiva. In ogni caso ora, un giornalista investigativo americano ha svelato le prove che indicherebbero nella CIA il responsabile di una contaminazione del cibo locale con l’allucinogeno LSD, nell’ambito di un esperimento per il controllo delle menti preparato al culmine della Guerra Fredda.
Il mistero de “Le Pain Maudit” (“il pane maledetto”) ancora tormenta gli abitanti di Pont-Saint-Esprit, nel distretto del Gard, sud-est della Francia.
Il 16 Agosto 1951 gli abitanti di Pont-Saint-Esprit furono improvvisamente preda di spaventose allucinazioni sotto forma di fiamme e bestie terrificanti. Un uomo cercò di affogarsi, urlando che dei serpenti stavano dilaniando la sua pancia. Un ragazzino undicenne cercò di strangolare la propria nonna. Un altro uomo si mise ad urlare “sono un aeroplano” prima di lanciarsi da una finestra al secondo piano, rompendosi le gambe; lo stesso arrivò ad alzarsi, trascinandosi per oltre 40 metri. Un altro abitante vide il suo cuore scappare attraverso i propri piedi e pregò il suo medico di riportarglielo indietro. In tanti furono portati al manicomio locale, in camicie di forza. Continua a leggere

Pochi ragazzi in gamba?

Come il No Child Left Behind Act ha permesso a reclutatori militari di raccogliere informazioni su milioni di ignari ragazzi.
Di David Goodman per motherjones.com

John Travers camminava a grandi passi nel Centro Commerciale Westfield a Wheaton, nel Maryland, per fare alcuni acquisti nel doposcuola alla vigilia del suo terzo anno alla Bowling Green State University. Quando gli chiesi se avesse mai parlato con un reclutatore militare, Travers, un afro-americano di 19 anni con i capelli rasati, una maglietta bianca, e un diamante incastonato nell’orecchio sinistro, sorrise ironicamente: “Nel mio liceo, per arrivare a pranzare si doveva passare i reclutatori”, disse. “È stato travolgente”. Poi aggiunse: “Pensavo che i reclutatori avessero troppe informazioni su di me. Mi hanno chiamato al telefono, ma io non ho mai dato loro il mio numero”.
Non aveva mai dato loro una e-mail, né il numero della Social Security, nemmeno dettagli circa la sua origine etnica, le abitudini negli acquisti od i programmi riguardanti la scuola. Eppure probabilmente loro conoscevano già tutto.
Negli anni passati, i militari hanno pianificato un’invasione virtuale nella vita dei giovani americani. Utilizzando il prelievo di dati informatici, siti internet nascosti, test sulle opportunità di carriera, e programmi di marketing sofisticati, il Pentagono raccoglie ed analizza informazioni su tutto, dalla GPA [Grade Point Average, sistema di attribuzione di punteggi scolastici (media) per le scuole superiori – ndt] e punteggi SAT [Scholastic Assessment Test, ovvero test finalizzato all’ammissione universitaria – ndt] degli studenti delle scuole superiori fino al tipo di videogiochi preferiti. Prima che un reclutatore dell’esercito prenda il telefono per chiamare un candidato come Travers, il militare potrebbe saperne di più sulle abitudini del ragazzo di quanto non siano a conoscenza i suoi stessi genitori.
I militari hanno lottato a lungo allo scopo di trovare modi più efficaci per raggiungere potenziali arruolati; per ogni nuovo soldato registrato l’anno scorso, l’Esercito ha speso 24.500$ per il reclutamento. (Le università quadriennali invece spendono una media di 2.000 dollari per ogni studente che si iscrive). Il picco negativo di spesa per i reclutatori si è verificato nel 2002, quando l’allora membro della Camera dei Rappresentanti, ed attuale senatore, il repubblicano David Vitter incluse una disposizione nel No Child Left Behind Act (NCLB) che chiedeva alle scuole superiori di fornire ai reclutatori nomi e recapiti di tutti gli studenti junior e senior. Le scuole inadempienti potevano perdere il loro finanziamento previsto dal NCLB. Questo regolamento poco conosciuto ha di fatto trasformato la firma del disegno di legge sull’istruzione del Presidente George W. Bush nello strumento più aggressivo per il reclutamento militare dopo la leva. Gli studenti potrebbero firmare un modulo di rinuncia, ma non tutti i distretti scolastici li mettono a conoscenza di questo diritto.
Eppure il NCLB è solo la punta di un iceberg di dati. Continua a leggere

Più suicidi che morti ammazzati

Col proseguire dello sforzo bellico in Iraq ed Afghanistan, il numero dei militari statunitensi che si tolgono la vita ha raggiunto cifre mai toccate precedentemente. Alla fine di novembre 2009, si contavano 334 suicidi commessi da appartenenti alle Forze Armate, più dei 319 morti in Afghanistan o dei 150 in Iraq durante tutto l’anno. Il pedaggio pagato ai suicidi nel 2009 è il peggiore mai registrato da quando nel 1980 si è iniziato a tenerne la contabilità.
L’Esercito, la Guardia Nazionale e la Riserva hanno perso almeno 211 militari. Più della metà di coloro i quali si sono tolti la vita era stato impiegato in Iraq e/o in Afghanistan. Il tasso di suicidio per l’Esercito, pari a 20.2 ogni 100.000 unità di personale, è più alto di quello che si registra tra i maschi fra i 19 e 29 anni, la fascia statistica con il più alto tasso tra la popolazione complessiva. Prima del 2001, raramente l’Esercito aveva sofferto più di 10 suicidi ogni centomila membri.
Nel 2009, la Marina ha perso 47 militari, l’Aviazione 34 ed il corpo dei Marine – quello coinvolto nei combattimenti più cruenti in entrambi i teatri di guerra – 42. Il tasso di suicidio fra i Marine è cresciuto dal 12 ogni centomila militari del 2001 al 19.5 attuale.
Per ogni militare morto, almeno altri cinque membri delle Forze Armate hanno dovuto essere ricoverati in strutture ospedaliere in seguito al tentativo di suicidarsi. Secondo il Navy Times, che ha effettuato un sondaggio fra 28.536 militari appartenenti a tutte le specialità, il 2% di quelli dell’Esercito, il 2.3% dei Marines ed il 3% dei membri della Marina avrebbero almeno una volta tentato di togliersi la vita. D’altro canto, la “Ricerca della Difesa sui Comportamenti in tema di Salute” ha evidenziato “pericolosi livelli” nell’abuso di bevande alcooliche e l’uso illecito di droghe come rimedio nei confronti della sofferenza da parte del 12% del personale militare.
Una ricerca sui veterani afflitti da disturbo post traumatico da stress, pubblicata a fine agosto 2009 sul Giornale dello Stress Traumatico, evidenzia come il 47% del campione abbia coltivato tendenze suicide prima di ricorrere alle cure mediche e come il 3% abbia tentato di suicidarsi. Il Dipartimento USA per gli Affari dei Veterani è stato obbligato ad incrementare sostanzialmente il suo impegno al riguardo. Da quando nel luglio 2007 è stato, tardivamente, istituito il servizio di consulenza attivo ventiquattro ore al giorno, sette giorni alla settimana, sono stati assistiti più di 185.000 fra militari e le loro famiglie, prevenendo almeno 5.000 suicidi. Il servizio adesso impiega più di 400 consulenti per la prevenzione del suicidio, benché lo stesso Pentagono ammetta che ne servirebbero molti di più.
I militari che sono stati impiegati in Iraq o in Afghanistan costituiscono una percentuale crescente dei 6.400 veterani che si stima siano autori di suicidio ogni anno. Una ricerca condotta dalla CBS nel 2007 calcola il tasso di suicido tra i veterani maschi aventi una età fra i 20 ed i 24 anni come quattro volte tanto la media nazionale, ossia superiore a 40 ogni centomila persone annualmente.
Le statistiche circa i suicidi non includono le centinaia di giovani veterani che muoiono ogni anno in incidenti automobilistici, molti dei quali sono causati da eccesso di velocità o per guida sotto l’effetto di sostanze. Nel 2008, i veterani impiegati in Iraq ed Afghanistan sono risultati soggetti, rispetto ai non-veterani, ad una maggiore probabilità di morire in un incidente d’auto per il 75%, in un incidente di moto per il 148%. Le medesime statistiche non tengono fra l’altro conto delle morti classificate come provocate da accidentali overdosi di droghe.

Le cinque sorelle USA in Europa

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Sta sorgendo nel cuore dell’Assia, in Germania, una delle maggiori basi dell’US Army in Europa. Nell’ambito del programma di ristrutturazione della presenza militare statunitense nel vecchio continente, finalizzato alla creazione di cinque grandi centri “hub” dove concentrare i reparti delle forze terrestri e aviotrasportate (tra essi l’ex scalo aereo Dal Molin di Vicenza), il Pentagono ha dato il via a multimilionari lavori di ristrutturazione e ampliamento delle caserme e della base aerea che sorgono a Wiesbaden. Il centro è oggi sede della 1^ Divisione Armata e di una serie di reparti dell’US Army rientrati un paio di mesi fa da una lunghissima missione di guerra in Iraq.
Alla costruzione di alcune infrastrutture strategiche ove trasferire uomini, mezzi ed armamenti oggi ospitati ad Heidelberg, Mannheim e Darmstadt, sono stati destinati dal Pentagono 252 milioni di dollari. Un contratto per 125 milioni di dollari è stato sottoscritto appena qualche giorno fa dal Corpo d’Ingegneria dell’esercito USA in vista della progettazione e della realizzazione di un Centro di coordinamento delle operazioni di guerra (“Network Warfare Center”) e del nuovo comando del 7th Army (anche detto “United States Army Europe”), da cui dipendono le brigate terrestri presenti in Europa. Verrà inoltre realizzato un vasto centro operativo destinato ad ospitare la nuova stazione di controllo e comunicazioni di USAREUR, il Comando dell’US Army in Europa. “Si tratta di una struttura mai realizzata sino ad oggi, capace di ospitare sino ad un migliaio di addetti militari”, afferma USAREUR. “Grazie a questo programma infrastrutturale saranno consolidati i quartier generali di US Army e i comandi del 5th Signal, della 66^ Brigata d’intelligence e di altre unità di supporto USA, accrescendo le capacità operative delle forze terrestri nel continente”.
Nello scalo aereo di Wiesbaden sono stati avviati altri imponenti progetti di costruzione: un “Army lodge” con 164 stanze che accoglierà ufficiali e sottufficiali USA (costo 32 milioni di dollari) e un “centro ricreativo” con sale cinematografiche, bar, birreria, ristoranti, fast food, piste da ballo e bowling, slot machines e video games (8,8 milioni). A partire del 2010 partiranno inoltre i lavori per realizzare un megacomplesso residenziale con 324 villette unifamiliari destinate al personale USA e alle famiglie al seguito (133 milioni di dollari). La nuova base “hub” di Wiesbaden diverrà pienamente operativa entro il 2013, quando sarà completato il trasferimento dei reparti del 7th Army. Secondo il Comando USAEUR, grazie al “piano di consolidamento” delle forze armate in Europa, giungeranno a Wiesbaden più di 4.000 militari, portando il personale statunitense a 17.000 unità.
Il programma infrastrutturale di Wiesbaden è stato affidato dall’US Army alla società “M+W Zander Israel Ltd”, filiale israeliana della “M+W Zander” di Stoccarda, colosso del complesso industriale, militare e spaziale tedesco, operativo pure nel settore farmaceutico, delle costruzioni avanzate, delle biotecnologie, dello smaltimento dei rifiuti tossici e delle “energie alternative”. A partire dalla sua costituzione nel marzo 2004, la “M+W Zander Israel” si è accaparrata buona parte dei contratti finanziati dal Corpo d’Ingegneria dell’esercito USA per il potenziamento e l’ammodernamento delle installazioni dell’aeronautica militare israeliana in Israele e nei Territori occupati di Cisgiordania.
(…)

Da A Wiesbaden la base USA “sorella” di Vicenza, di Antonio Mazzeo.

Le cavie umane da laboratorio dello Zio Sam

cavia

Dicono che gli scienziati governativi hanno devastato la loro mente. Ora, i veterani dei test segreti sulla psiche vogliono delle risposte.
Di Bruce Falconer per Mother Jones

Le loro storie sono un ingrediente della cultura cospirazionista: uomini a pezzi, sofferenti di allucinazioni e di amnesie quasi totali, che dicono di essere vittime di esperimenti segreti sul controllo della mente condotti dal governo americano. Pensate a Liev Schreiber in “The Manchurian Candidate” oppure a Mel Gibson in “Conspiracy Theory”. I giornalisti sono l’obiettivo preferito per i deliri paranoici di questo popolo. Così è pure Gordon Erspamer – e l’ultimo caso dell’avvocato di San Francisco non lo aiuta certo a respingere gli attacchi di questo tipo. Erspamer ha presentato una causa contro la CIA e l’esercito statunitense a nome della Vietnam Veterans of America e di sei ex-soldati americani che sostengono di essere davvero dei sopravvissuti ai test segreti governativi condotti presso l’arsenale dell’esercito ad Edgewood, nel Maryland, tra il 1950 ed il 1975. “Ho ricevuto diverse chiamate”, ci dice. “Ci sono un sacco di matti là fuori che pensano che qualcuno dal pianeta Marte riesca a controllare il loro comportamento attraverso le onde radio”. Ma quando si arriva ad Edgewood, “trovo che molte di queste storie sono vere!”.
Il fatto che gli scienziati governativi abbiano condotto esperimenti sugli umani ad Edgewood è fuori discussione. “Il programma riguardava i test sugli agenti in grado di colpire il sistema nervoso, sui rispettivi antidoti, sulla chimica della psiche e sugli agenti irritanti” secondo un documento datato 1994 del General Accounting Office (oggi Government Accountability Office, GAO). Almeno 7.800 militari americani hanno lavorato “come topi o cavie da laboratorio” ad Edgewood, riferisce il documento di accusa di Erspamer, depositato a Gennaio presso una corte distrettuale federale in California. Il Dipartimento per gli Affari dei Veterani ha riportato che gli scienziati militari avrebbero testato su di loro centinaia di sostanze chimiche e biologiche, inclusi VX, tabun, soman, sarin, cianuro, LSD, PCP, ed agenti vescicanti dell’epoca della Prima Guerra Mondiale come fosgene ed iprite.
Lo scopo complessivo dei test, comunque, potrebbe non essere mai conosciuto. Continua a leggere

La fabbrica del consenso

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Nel data base dei contratti sottoscritti dall’US Army c’è un elemento emblematico. Il versamento a favore dell’Associazione degli Industriali di Vicenza, una delle più potenti d’Italia, di 17.117 dollari in cambio di una serie di misteriosi “servizi” offerti proprio quando sulla pelle dei vicentini c’è chi decide di convertire il vecchio scalo aeroportuale in base-residence per i militari della 173^ Brigata aviotrasportata. Sono sei i contratti a favore dell’Associazione Industriali. I primi due risalgono al 2004 (uno con la causale “Policy Review/Development Services”, valore 3.277 dollari e l’altro “Other Education and Training Services” per 300 dollari); uno è del 2005 (“Other Professional Services” per 3.277 dollari); un altro ancora del 2007 (“Technical Assistance” per 4.572 dollari); gli ultimi due per “servizi” non meglio specificati ed un valore complessivo di 5.691 dollari recano la data del 15 luglio 2008. Proprio singolare il rapporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America con gli industriali vicentini. Anche perché non esistono altre associazioni di categoria in Italia o nel mondo che possano vantare un simile trattamento di favore.
Tra le società e le industrie di “peso” dell’Associazione industriale locale ci sono però alcuni dei contractor di fiducia del Pentagono in Italia. Prima fra tutte la Gemmo S.p .A., società leader nell’installazione elettrica e nella progettazione e costruzione d’impianti civili, porti, aeroporti, strade, autostrade e tunnel. Con sede centrale ad Arcugnano ed uffici di rappresentanza in tutto il paese e all’estero (Armenia, Romania, Russia, Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Nigeria, Iraq ed Argentina), nel solo periodo compreso tra il 2000 e il 2007, la Gemmo ha eseguito per conto delle forze armate USA lavori per oltre 36.848.000 dollari. Settantatre i contratti sottoscritti per interventi che spaziano dalla realizzazione d’infrastrutture ed edifici per le truppe, alla manutenzione di piste aree, la riparazione di oleodotti, l’esecuzione di servizi vari come la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la derattizzazione, ecc.. La Gemmo ha pure partecipato alla gara per i lavori di bonifica nell’area Dal Molin degli ordigni inesplosi della Seconda Guerra Mondiale. L’esito non è stato favorevole ma l’azienda si è prontamente rifatta in Sicilia, ottenendo in consorzio i lavori per l’installazione entro il 2010 di tre potentissime antenne radar del nuovo sistema satellitare a microonde MUOS nel Centro di trasmissione dell’US Navy di Niscemi (Caltanissetta).
(…)
Sedici contratti per un valore complessivo di 12.410.282 dollari è il bottino incamerato grazie alle basi USA dall’Impresa Costruzioni Maltauro, partner di Gemmo nei lavori di realizzazione della nuova Fiera di Vicenza. L’importante azienda ha costruito piste per il decollo dei cacciabombardieri, hangar e palazzine per le truppe, depositi munizioni ed impianti idrici. Nella Caserma Ederle di Vicenza di proprietà dell’US Army, la Maltauro ha realizzato un centro d’intrattenimento di 3.000 mq per i soldati e le famiglie statunitensi, dotato di 16 piste da bowling, due sale giochi, due sale meeting, una cucina con area self-service, un bar e diversi uffici amministrativi. Un altro complesso ricreativo è stato realizzato all’interno della base aerea di Aviano (Pordenone). Nell’ambito del cosiddetto “Piano Aviano 2000” avviato da Washington per potenziare le infrastrutture e le funzioni dello scalo friulano, la società vicentina sta realizzando un edificio di circa 1.000 mq per nuovi uffici operativi e ristrutturando tre aree destinate a parcheggio, ricovero ed officine dei cacciabombardieri a capacità nucleare dell’US Air Force. I lavori per un ammontare di 11.514.816,40 euro, sono iniziati nel gennaio 2007 e avranno una durata di circa quattro anni.
(…)
L’Impresa Costruzioni Maltauro ha pure tentato di sedersi al banchetto dei lavori per la nuova base al Dal Molin, ma l’appalto è stato assegnato alle due aziende leader della LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna.
Con l’arrivo a Vicenza dei 1.200 militari più familiari attualmente ospitati in Germania si aprono però enormi frontiere per il mercato immobiliare e speculativo. Fioccano così le presentazioni-approvazioni di varianti ai PRG per la costruzione di residence per il riposo dei nuovi guerrieri USA. Tra i progetti in pole position quello per centinaia di milioni di euro che la Maltauro sta eseguendo a Caldogno, comune che dista pochi chilometri dall’ex aeroscalo vicentino. I lavori, autorizzati dall’amministrazione locale il 3 dicembre 2007, prevedono la costruzione di due blocchi per 76 unità abitative di lusso, un grande centro commerciale, bar, ristoranti, negozi, centri fitness, impianti di calcetto e finanche una piscina olimpionica.
Ancora più ambizioso è il piano presentato dalla stessa società a Lentini, in Sicilia, per un “complesso insediativo chiuso ad uso collettivo”, destinato ad “esclusiva residenza temporanea dei militari americani della base US Navy di Sigonella”. In due terreni per complessivi 91,5 ettari , il cui cambio di destinazione d’uso è stato autorizzato dal Comune il 18 aprile 2006, la Maltauro intende realizzare “1.000 casette a schiera unifamiliari con annesso verde privato e parcheggi, un residence per la sistemazione temporanea per i militari in attesa dell’alloggio definitivo, attrezzature ad uso collettivo per l’istruzione, lo svago e il terziario, impianti sportivi, relative opere di urbanizzazione primaria e un sistema di guardiole per il presidio di controllo e sicurezza”. Si prevede un investimento per oltre 300 milioni di euro con l’insediamento di 6.800 abitanti e un volume complessivo di 670.000 metri cubi di costruzioni ed una superficie coperta di 195,000 mq..
(…)
Tra i contractor, pure qualche azienda o ente pubblico locale. L’AIM – Aziende Industriali Municipali, la società per azioni controllata dal Comune di Vicenza che gestisce reti idriche e fognarie, parcheggi, ecc., risulta aver ricevuto 739.654 dollari direttamente dall’US Army. Due i pagamenti contabilizzati, presumibilmente in cambio della fornitura di energia elettrica: il primo nel 2006 per soli 14.309 dollari, il secondo in data 10 dicembre 2007 per 725.345 dollari. Per la “raccolta e lo smaltimento di rifiuti solidi”, 40.753 dollari sono invece finiti direttamente nelle casse del Comune di Longare, il cui territorio ospita una base sotterranea delle forze armate USA, utilizzata come deposito di testate nucleari tattiche, che dopo essere stata parzialmente smantellata ma mai bonificata, è stata segretamente riattivata lo scorso anno. Infine l’Unità locale socio-sanitaria numero 6 di Vicenza che a partire dal 2004 ha ricevuto 4.146 dollari per la fornitura di prestazioni mediche e 2.504 dollari per ignoti “servizi di formazione e training”.
Gli alti strateghi di Washington si confermano acuti fabbricanti del consenso.

Da La Vicenza connection delle basi militari USA in Italia, di Antonio Mazzeo.
[grassetti nostri]

Mi chiamo Maria Grazia, il 4 luglio 2009 sarò a Vicenza

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4 luglio

Alcuni lettori del blog, siciliani in parte emigrati al nord, si ritrovano d’accordo nel partecipare alla grande manifestazione NoDalMolin che si svolgerà a Vicenza il prossimo 4 luglio.
L’idea è quella di portare all’attenzione dell’opinione pubblica il progetto MUOS in corso d’opera nei pressi di Niscemi, sotto lo slogan ”L’aria del nord non ci ha offuscato la memoria, i Siciliani insieme ai Vicentini del NoDalMolin il 4 Luglio 2009 per ribadire il nostro no al MUOS”.

Chiunque sia interessato a dare il proprio sostegno all’iniziativa, è pregato di contattare Maria Grazia al seguente indirizzo: niscemesidoc@gmail.com

Center of Excellence for the Stability Police Units (CoESPU)

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Sovente da queste pagine abbiamo parlato di Vicenza, in merito alla questione del raddoppio della base statunitense presso l’ex aeroporto Dal Molin. Ma nel capoluogo berico sorge un’altra struttura sulla quale vale la pena spendere qualche parola. Dal primo marzo 2005, è stato infatti istituito a Vicenza, presso la caserma Chinotto, il CoESPU (Center of Excellence for the Stability Police Units – Centro di Eccellenza per le Unità di Polizia di Stabilità), struttura nella quale viene addestrato il personale per le PSO (Operazioni per il Supporto della Pace). La creazione del CoESPU venne stabilita (su proposta italiana) nel vertice dei Paesi del G8 tenutosi nel 2004 a Sea Island negli Stati Uniti, occasione nella quale i Paesi partecipanti al vertice hanno formalmente adottato un piano d’azione denominato “Espansione della Capacità Globale nelle Operazioni per il Supporto della Pace”, che mira ad aumentare la capacità globale di sostegno a tali operazioni, in particolare nei Paesi africani.
Le basi erano state gettate nel 2002 al vertice di Kananaskis, dove ci si era prefissi l’obiettivo di far sì che le nazioni africane entro il 2010 potessero partecipare a tali operazioni. La ricerca di un sempre maggiore coinvolgimento dei Paesi africani in questo tipo di operazioni è un chiaro segnale di come gli Stati Uniti siano sempre meno in grado di gestire da soli le situazioni di conflitto da essi stessi generate, in particolare in Afghanistan ed Irak.
L’obiettivo che il Centro si prefigge è l’addestramento entro il 2010 di 7.500 unità, il 10% del quale formato da personale tipo Carabinieri/Gendarmeria. Si conta di aver addestrato entro tale data 3.000 ufficiali e sottufficiali, i quali una volta fatto ritorno al loro Paese di origine potranno addestrare ulteriori 4.500 unità. Il modello al quale ci si ispira è quello delle MSU (Unità Multinazionali Specializzate) che ha fornito personale per le operazioni in Bosnia, Kosovo ed Irak. A tal proposito va evidenziato come la caserma Chinotto sia anche la sede della Gendarmeria Europea, un corpo di oltre 3.000 uomini cui partecipano le forze di polizia militarizzate di Italia, Francia, Spagna, Portogallo ed Olanda. La forza sarà a disposizione dell’Unione Europea ma potrà operare in favore dell’ONU, della NATO, dell’OCSE e di altri organismi internazionali.
Ritornando al CoESPU, il personale che partecipa ai corsi viene preparato ad operare sia in contesti militari che in contesti civili, gestendo la fase di transizione da un contesto di guerra ad un contesto per così dire di normalità.
La durata dei corsi varia dalle 5 alle 7 settimane, le lezioni si tengono in inglese e si concludono con l’assegnazione di un certificato che abilita all’impiego ONU. Va sottolineato che la scuola usufruisce di robusti finanziamenti del governo americano, anche se purtroppo l’ammontare di tali finanziamenti non è noto. Il comando resta interamente italiano, ma il vicedirettore (svincolato dalla catena di comando) è un ufficiale statunitense, ed ulteriori contributi sono stati offerti da Francia e Canada. Al momento i Paesi coinvolti sono una trentina ma sembra siano destinati ad aumentare.
Concludiamo riportando uno dei punti-chiave fra quelli che sono indicati come obiettivi principali del CoESPU, così come riportato sul sito dell’Arma dei Carabinieri: “Interagire con organizzazioni internazionali e regionali, quali le Nazioni Unite, la NATO, l’OSCE, l’Unione Europea […]; accademie ed istituti di ricerca (per es. il George Marshall Center); istituzioni di ricerca militari come il NATO Joint Analysis and Lesson Learned Center o lo US Army Peacekeeping and Stability Operations Institute e lo US Army Center for Lesson Learned”.

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Quello che ricorda per certi aspetti la famigerata “Scuola delle Americhe” che formò migliaia di ufficiali latinoamericani nelle decadi in cui le dittature imperversavano nel continente, si chiama “Center of Excellence for Stability Police Units, (CoESPU)”, e dal marzo 2005 è ospitato presso la Caserma “Chinotto” di Vicenza, sotto il comando dell’Arma dei Carabinieri. Il 4 e 5 maggio, il centro di formazione e addestramento internazionale delle “forze di polizia” africane è stato visitato dal generale William “Kip” Ward, a capo del Comando Africom di Stoccarda. Nell’occasione, Ward ha incoraggiato l’alto ufficiale dei Carabinieri Umberto Rocca, responsabile del CoESPU, a proseguire nello “sviluppo delle abilità degli ufficiali delle forze di polizia africane affinché operino nelle missioni di peacekeeping nel continente”, assicurando che “Africom continuerà a mantenere stretti legami con il Centro d’Eccellenza di Vicenza”. “Fate buon uso di quest’esperienza”, ha poi raccomandato ai militari di Camerun, Nigeria, Mali e Burkina Faso, ospiti di uno dei corsi attualmente in fase di realizzazione nella città veneta. Prima di lasciare la caserma “Chinotto”, lo zar delle nuove campagne USA in Africa ha rivelato che Serbia, Nepal ed Indonesia potrebbero inviare presto propri reparti per potenziare le missioni internazionali di “peacekeeping” nel continente.
(…)
Durante la sua visita a Vicenza, il capo supremo di Africom si è recato pure a Camp Ederle. A conclusione dell’incontro con il generale William B. Garrett III, comandante di US Army Africa, William Ward ha voluto ringraziare ufficialmente i militari statunitensi per il ruolo assunto nelle missioni in terra d’Africa. “US Army Africa sta supportando Africom in una serie d’incarichi finalizzati a migliorare le funzioni dei militari africani, costruire partenariati e promuovere forze militari professionali”, ha dichiarato l’alto comandante USA.
“In Rwanda, il personale US. Army lavora attualmente insieme ai militari della Gran Bretagna per addestrare i soldati ruandesi. In Liberia, più di una dozzina di sottufficiali dell’esercito statunitense appoggiano il Liberia Security Sector Reform, un programma diretto dal Dipartimento di Stato per aiutare la ricostituzione delle forza armate liberiane”, ha aggiunto Ward. “Altre missioni degne di menzione includono i programmi logistici a favore di Botswana, Uganda e Rwanda. Ufficiali dell’US Army operano con la African Partnership Station, la missione della marina statunitense in Africa occidentale, e con la Combined Joint Task Force – Horn of Africa, la forza militare che opera congiuntamente con i nostri partner in Africa orientale”.
Vicenza si conferma sempre più il cuore strategico delle operazioni terrestri di Africom.

Da Vicenza è sempre più Africom, di Antonio Mazzeo.

Aerei spia USA a Vicenza

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L’Esercito USA ha assegnato un plotone di aerei senza pilota (UAV) “Shadow 200” alla 173^ Brigata Aerotrasportata di Vicenza. Lo ha reso noto il comandante del “Joint Multinational Training Command” dell’US Army, colonnello Tim Touzinsky. Annunciando l’intenzione del Pentagono di realizzare a Grafenwöhr, Germania, la principale area addestrativa in Europa dei nuovi aerei spia, Touzinsky ha accennato all’attivazione di tre plotoni “Shadow”, il primo presso la 172^ Brigata di Fanteria di Grafenwöhr, il secondo presso il 2° Reggimento di cavalleria di Vilseck (Germania), e il terzo presso la 173^ Brigata di Vicenza.
(…)
I residenti che vivono attorno all’aeroporto Dal Molin di Vicenza sono avvisati. Gli aerei spia “Shadow 200” hanno una spiccata propensione a schiantarsi a terra dopo il decollo, come è confermato dalle cronache dei primi voli sperimentali eseguiti in Kosovo nel 2004. Nei soli primi due giorni d’addestramento, l’US Army perdette due velivoli e fu costretta a sospenderne la sperimentazione. Dopo la “correzione” di alcuni problemi tecnici agli apparati di bordo furono riprese le operazioni, ma altri due gravi incidenti imposero un lungo stop ai nuovi aerei senza pilota. Furono poi testati negli scenari di guerra afghano ed iracheno. Qualche mese fa, gli “Shadow 200” sono stati dislocati dalla 172^ Brigata di Fanteria dell’US Army presso la base avanzata “Warhorse” di Baqubah, Iraq.
(…)
L’attribuzione di un plotone di “Shadow 200” alla 173^ Brigata Aviotrasportata di Vicenza va infatti interpretata nel quadro dei nuovi piani USA di penetrazione in Africa, insieme alla recentissima trasformazione del comando SETAF (Southern European Task Force) – ospitato anch’esso nella città veneta – in US Army Africa, la componente terrestre di Africom. Il 9 dicembre 2008, alla presenza dei due massimi rappresentanti dell’esercito USA in Europa, il generale William E. Ward, comandante Africom, e il generale Carter Ham, comandante di US Army Europe, la SETAF ha mutato emblema e bandiera, assumendo il ruolo di reparto d’élite per l’intervento armato nel continente africano. In realtà, per la SETAF di Vicenza non si tratterrà di un debutto in Africa. La forza aerotrasportata ha infatti una lunga storia operativa in questa vasta area geografica. Nel 1994, gli uomini della 173^ Brigata furono inviati in Rwanda per un’ambigua operazione di “peacekeeping” che non impedì lo sterminio di centinaia di migliaia di civili durante il conflitto interno. Due anni più tardi la SETAF fu mobilitata per facilitare l’evacuazione di personale USA presente a Monrovia, Liberia.
Ancora nel 1996, i reparti USA di Vicenza presero parte alla “Joint Task Force Guardian Assistance” inviata in Uganda e Rwanda per “assistere” le operazioni di rimpatrio dei rifugiati ruandesi dall’allora Zaire. Quando una parte dei rifugiati rientrò nel paese d’origine, la missione USA si trasformò in assistenza militare e logistica a favore delle nuove autorità del Rwanda. Nel 1997 fu la volta della Repubblica del Congo, dove la 173^ Brigata fu schierata per fornire “assistenza” all’evacuazione di popolazione non combattente proveniente dallo Zaire. Quando il paese fu nominato “Repubblica Democratica del Congo”, gli obiettivi della missione furono ridisegnati, e i militari USA si trasformarono in “consiglieri” del governo di transizione.

Da Aerei spia “Shadow” alla 173^ Brigata aerotrasportata di Vicenza, di Antonio Mazzeo.

Parà, di qua e di là

Nel quadro generale di riferimento della Difesa italiana, resta invariata la politica, avviata negli ultimi anni, protesa allo sviluppo della capacità interforze, la cosiddetta jointness. L’altro punto fermo è l’evoluzione del panorama internazionale, che richiama l’approfondimento di tecniche e dottrine, mirate a rendere uomini e mezzi capaci di una stabile sinergia con gli “alleati” nelle missioni svolte dall’Italia in contesti multinazionali.
In quest’ottica, permane l’impegno delle Forze Armate italiane proteso alla pianificazione di attività di scambio bilaterale con i Paesi della NATO. Un esempio arriva dall’Esercito, in particolare dalla brigata paracadutisti Folgore, uno degli assetti che per primi muovono verso gli scenari operativi all’estero. Dal 28 settembre al 4 ottobre u.s., una delegazione di specialisti dell’US Army, guidata dal colonnello Terry Sellers, ha visitato le strutture italiane in previsione di un’ulteriore approfondimento delle attività di cooperazione, soprattutto a livello esercitativo.
La delegazione statunitense, formata da ufficiali e sottufficiali del 1° battaglione paracadutisti Airborne della scuola di fanteria di Fort Benning, costituisce l’equivalente del Centro addestramento paracadutisti (Capar) di Pisa. La delegazione è stata ricevuta dal comandante della Folgore, generale Rosario Castellano che ha illustrato l’organizzazione ed i compiti della brigata paracadutisti, sottolineando l’impegno del proprio personale nei vari contesti in cui è chiamato ad operare, sia in Italia che all’estero.
I vari comprensori del complesso addestrativo sono risultati di grande interesse per la delegazione USA, che ha avuto modo di assistere ad alcune fasi delle attività condotte dagli aspiranti paracadutisti. Il programma della visita ha compreso anche l’approfondimento delle dottrine e dei materiali in uso alla brigata, attraverso sopralluoghi presso i vari reparti della Folgore dislocati in Toscana. Secondo quanto espresso dalla delegazione statunitense, il momento che maggiormente ha valorizzato l’interazione tra i due Paesi è stata l’esercitazione congiunta di aviolancio con i colleghi della brigata sulla zona di Altopascio, che ha dato modo ai membri dell’Airborne di conseguire il brevetto di paracadutista militare italiano. Al termine della visita,  i militari USA si sono detti molto soddisfatti dell’accoglienza nel nostro Paese e dell’attività di studio e cooperazione sviluppata nel periodo trascorso tra le diverse strutture addestrative. L’occasione è stata utile al perfezionamento di altri accordi di collaborazione, soprattutto per i corsi di “Jump Master” (direttore di lancio) ed altri specifici settori di pertinenza del Capar di Pisa.

Soldati americani in giro per il mondo

Trimestralmente il Ministero della Difesa statunitense diffonde uno stringato censimento del personale militare attivo alle proprie dipendenze, diviso per area geografica e per Paese.

Giusto per puntualizzare i dati più significativi, considerando le aggregazioni maggiori:
– il grosso dei soldati statunitensi (più di un milione) opera nella madrepatria;
– quelli in Europa sono poco meno di 85.000, oltre la metà dei quali appartengono all’US Army, altri 31.000 abbondanti all’US Air Force ed il rimanente diviso tra US Navy (oltre 5.000) e Marines (briciole);
– altra grossa fetta è rappresentata dall’Estremo Oriente e dall’area del Pacifico, che ospitano più di 70.000 militari, abbastanza equamente distribuiti fra i quattro corpi: 20.000 circa per esercito ed aviazione, 15.000 circa per marina e Marines;
– le rimanenti quattro aree geografiche registrano presenze assai più modeste: Nord Africa, Vicino Oriente ed Asia meridionale per poco meno di 8.000 unità; Africa sub-sahariana per circa 2.700; il cosiddetto Emisfero Occidentale (in pratica, l’America centrale e meridionale) per poco più di 2.000; infine i territori delle ex repubbliche sovietiche a malapena per 154 unità;
– vi è infine un dato residuale ma significativo, che comprende i militari cosiddetti “non distribuiti” i quali ammontano ad oltre 122.000 unità. Di questi la maggior parte dovrebbero essere imbarcate sulle varie Flotte statunitensi che solcano le acque internazionali, visto che quasi 88.000 fanno capo alla US Navy e quasi 26.000 ai Marines.

Esaminiamo ora le presenze nei singoli Paesi:
– partendo dall’Europa, è ancora massiccia la presenza statunitense in Germania (56.200 militari, quasi per intero quelli che stazionano sul nostro continente in capo all’US Army e circa la metà di quelli che appartengono all’USAF); seconde “a pari merito” vengono Italia e Gran Bretagna, con poco meno di diecimila soldati ciascuna: in Italia stazionano poco meno della metà degli appartenenti all’US Navy in Europa, mentre in Gran Bretagna i militari sono quasi tutti in forza all’USAF (e, sia detto per inciso, in gran numero impegnati in attività di intelligence, presso le basi di Menwith Hill – che ospita importanti infrastrutture della rete Echelon – e di Lakenheath, che è anche il più importante deposito di armamenti nucleari statunitensi rimasto in Europa dopo il probabile smantellamento di quello di Ramstein, in Germania);
– trasferendoci in Estremo Oriente, si trovano gli oltre 33.000 militari stazionanti in Giappone, di cui circa 14.000 Marines (quasi tutti quelli dispiegati nella regione), ed i 26.339 in Corea del Sud, per due terzi appartenenti all’US Army;
– infine, segnaliamo il caso di Gibuti, il piccolo Stato africano posto all’ingresso del Mar Rosso e di fronte alla penisola Arabica, dove l’ex base della Legione Straniera francese di Camp Lemonier – allargata di cinque volte tanto – ospita 2.400 militari di cui 750 Marines, 700 marinai, 600 fanti e 350 aviatori; qui gli Stati Uniti vorrebbero porre la sede del nuovo comando AFRICOM, per ora collocata in Germania insieme a quella dell’EUCOM.

Tirando le somme: 290.178 militari statunitensi stazionano in Paesi stranieri, e di questi 81.709 operano sul territorio di Paesi membri della NATO. Addizionati a quelli operativi nella madrepatria, si raggiunge la cifra di 1.373.205 che costituiscono gli effettivi delle Forze Armate statunitensi.
Di questi, 195.000 sono dispiegati nell’operazione Iraqi Freedom e 31.100 in quella Enduring Freedom in Afghanistan. Una percentuale di poco inferiore al 10% di questi due dispiegamenti è effettuata a partire da truppe dislocate sul territorio di Paesi stranieri, in particolare Germania, Italia e Giappone (nonché Corea del Sud e Gran Bretagna). Il che basterebbe a rendere i Paesi in questione complici della cosiddetta “Guerra Globale al Terrore” decretata dall’amministrazione statunitense dopo l’11 Settembre 2001, anche se non fossimo in presenza – come nel caso dell’Italia sicuramente siamo – di un contributo militare attivo ai disegni egemonici a stelle e strisce.

Il documento, la cui ultima edizione risale a marzo 2008, è disponibile qui.

English version

American soldiers all over the world

translation: L. Bionda.

Every three months the US Department of Defense publishes a short report on active duty military personnel strength, listed by regional area and by country.

Let’s focus on the most significant data:
– the greatest part of the US soldiers (more than 1 million) works in the United States;
– the ones deployed in Europe are no more than 85,000; more than a half of them works in the US Army, 31,000 in the US Air Force, 5,000 in the US Navy; only few of them belongs to the Marine Corps;
– a large number works in the Far East and Pacific Area, with more than 70,000 military units, more or less uniformly distributed: 20,000 in the Army and the Air Force, 15,000 in the Navy and the Marine Corps;
– in the four remaining parts of the world the US military presence is very small: in North Africa, Middle East and Southern Asia there are no more than 8,000 soldiers; in Sub-Saharan Africa about 2,700 units. In the so-called “Western Hemisphere” (Southern and Central America) about 2,000 troops. In some of the former USSR countries about 154 US military are deployed;
– finally, there is a small but significant data which refers to the so-called “undistributed” troops, about 122,000 soldiers. Most of them are probably deployed in US fleets in international waters, since almost 88,000 units work in the US Navy, and about 26,000 are Marines.

Let’s examine these data by region and country:
– starting with Europe, the military presence in Germany is still very large (56,200 soldiers, almost the entire US Army in the whole Europe, about a half of the USAF units); just behind Germany come Italy and Great Britain with less than 10,000 soldiers each: in Italy remains less than a half of the US Navy units in the whole Europe, while in Great Britain most of the soldiers works for the USAF (mainly dealing with intelligence activities at Menwith Hill base – with hosts important infrastructure of the Echelon network – and in the Lakenheath base, which will be the most important US nuclear weapons’ warehouse in Europe after the probable dismantling of Ramstein, Germany);
– in the Far East there are 33,000 units based in Japan, of which 14,000 are Marines (almost the entire Marines presence), and 26,339 in South Korea, with 2/3 of them working for the US Army;
– finally, we can underline the situation in Djibouti, a small African country near the Red Sea facing the Arabic Peninsula, where the in former “Foreign Legion” base in Camp Lemonier – enlarged five times – 2,400 military units are deployed (750 Marines, 700 US Navy, 600 units from infantry and 350 units working in the air forces); here in Djibouti the US State Department plan to build the headquarters of the new AFRICOM command, now based in Germany as well as the EUCOM.

In conclusion, 290,178 US soldiers are deployed in foreign countries, with 81,709 of them in NATO member countries. If we add those who work in the USA, we have 1,373,205 soldiers as the total strength of the US armed forces.
195,000 of them are deployed in Iraq (Operation Iraqi Freedom) and 31,000 in Afghanistan (Operation Enduring Freedom). About 10 per cent of these soldiers comes from military bases in foreign countries, in particular Germany, Italy and Japan (but also South Korea and Great Britain). This fact allows to consider these countries as accomplices in the “Global war on terror” started by US administration soon after 11/9, even though in absence (and this is certainy not the case of Italy) of an active military contribution to the American egemonic plans.

You can read that document (most recent edition – March 2008) here.

Italian version

Collaborazionisti

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Ing. Roberto Casarin, dott. biol. Paolo Turin (con l’assistenza del dott. geol. Jacopo De Rossi, del dott. nat. Giovanna Mazzetti, del dott. for. Giovanni Caudullo, del dott. for. Alessia Zocca, del dott. biol. Silvia Tioli, del dott. biol. Marco Zanetti e del dott. ing. Daniele Turrin), dott. Graziano Martini Barzoli e dott. Gianluca Salogni… non vi dimenticheremo.
Lo scorso 5 febbraio è apparsa sul bollettino ufficiale della Regione Veneto la deliberazione di Giunta Regionale n. 4231 del 18 dicembre 2007 che approva “le risultanze dello studio riguardante la Valutazione di Incidenza relativa all’insediamento U.S. Army presso l’aeroporto Dal Molin – Progetto Lato Ovest, nel Comune di Vicenza”. Ha così via libera il progetto per la trasformazione della 173° Brigata dell’esercito statunitense in unità di combattimento completamente autonoma composta da quattro battaglioni, che usufruiranno di uno spazio di 54 ettari e di ventisei dicasi ventisei nuove costruzioni: oltre alle ovvie infrastrutture di carattere prettamente militare e logistico, non mancheranno nemmeno un centro fitness (costruzione 19), campi da basket, pallavolo, sportivo e pista multiuso, softball (rispettivamente le costruzioni 23, 24, 25 e 26) e – udite, udite! – un centro ricreativo BOSS. Che altro non è l’acronimo di Better Opportunities for Single Soldiers… e che sarà mai ‘sta cosa?!?
Dobbiamo a tal fine ringraziare il dott. biol. Paolo Turin e tutti i suoi collaboratori, per la redazione dello studio di screening della Valutazione d’Incidenza, i quali hanno constatato che gli interventi in programma “non manifestano effetti significativi negativi rispetto a habitat o specie, anche prioritari” e che “la esecuzione di ogni singolo intervento tiene conto delle considerazioni poste dal Principio di Precauzione” (ovviamente con la lettera maiuscola, perbacco!); d’altro canto gli stessi prescrivono di predisporre “una rete di almeno 10 piezometri di controllo da adibire al monitoraggio idrochimico della falda acquifera superficiale” e “l’attivazione di un monitoraggio ambientale, in fase di corso d’opera (coincidente con la durata del cantiere) e post opera (1 anno)”.
Ringraziamo inoltre i tecnici incaricati dott. Graziano Martini Barzoli e dott. Gianluca Salogni, appartenenti alla Direzione Pianificazione Territoriale e Parchi della Regione Veneto, i quali “prendono atto della dichiarazione del tecnico redattore dello studio di screening che afferma che con ragionevole certezza scientifica si può escludere il verificarsi di effetti significativi negativi sui siti della rete Natura 2000” e “propongono parere favorevole in merito alla Valutazione di Incidenza – studio di screening riguardante l’insediamento U.S. Army presso l’aeroporto Dal Molin”.
Ci congratuliamo infine con l’ing. Roberto Casarin, Segretario Regionale all’Ambiente e Territorio, che in qualità di Autorità competente per l’attuazione nel Veneto della Rete Ecologica Europea Natura 2000, “è del parere che lo studio per la Valutazione di Incidenza ai sensi della Direttiva 92/43/CEE relativo all’insediamento U.S. Army presso l’aeroporto Dal Molin sia meritevole di approvazione per le motivazioni e con le prescrizioni riportate nel verbale istruttorio”.

Basi non baci

Le 115 basi USA-NATO presenti in Italia (elenco aggiornato a Marzo 2008):

1. Cima Gallina (BZ): stazione telecomunicazioni e radar US Air Force (USAF).
2. Aviano (PN): base USAF, ospita la 16° Forza Aerea ed il 31° Gruppo da Caccia nonché uno squadrone di F-18 dei Marines.
3. Roveredo in Piano (PN): deposito armi e munizioni USAF.
4. Monte Paganella (TN): stazione telecomunicazioni USAF.
5. Rivolto (UD): base dell’Aeronautica Militare Italiana (d’ora in poi, AMI), base USAF saltuaria.
6. Maniago (UD): poligono di tiro USAF.
7. S. Bernardo (UD): deposito munizioni US Army.
8. Istrana (TV): base dell’AMI “Vittorio Bragadin”, base USAF saltuaria.
9. Ciano (TV): stazione telecomunicazioni e radar USA.
10. Solbiate Olona (MI): base US Army.
11. Sorico (CO): sede di sistemi di sorveglianza elettronici della National Security Agency (NSA) e del Government Communications Head Quarters.
12. Ghedi (BS): base dell’AMI “Luigi Olivari”, base USAF ospitante anche il Munitions Support Squadron per la conservazione degli armamenti atomici.
13. Montichiari (BS): base USAF, ospita le testate nucleari per missili antiaerei Nike-Hercules dislocati in varie località del Nord-est.
14. Remondò (PV): stazione radar dell’AMI e USA, sotto copertura NATO.
15. Vicenza: base US Army presso la Caserma Ederle, ospita il comando della Southern Europe Task Force (SETAF).
16. Torri di Quartesolo (VI): centro autoveicoli US Army.
17. Lerino (VI): centro logistico gestione strutture US Army.
18. Tormeno – Fontega di Arcugnano (VI): base in parte sotterranea, con deposito di armi e munizioni.
19. Longare (VI): deposito sotterraneo di armamenti, noto come Site Pluto, dove almeno fino al 1992 erano custodite 200 testate nucleari e 1.000 kg di plutonio, facendone il più importante deposito d’armi atomiche in Italia ed uno dei più importanti d’Europa.
20. Verona: stazione telecomunicazioni USAF.
21. Affi (VR): stazione telecomunicazioni USA, in parte sotterranea.
22. Lunghezzano (VR): centro radar sotto controllo dell’US Space Command e della NSA.
23. Erbazzo (VR): stazione radar HF JCOC (Joint Combat Operation Center) della NATO, sotto controllo USA.
24. Conselve (PD): base radar USA.
25. Monte Venda (PD): stazione telecomunicazioni e radar USA.
26. Trieste: base navale saltuaria.
27. Venezia: base navale saltuaria.
28. Sant’Anna di Alfaedo (VE): stazione radar HF JCOC, ospita “antenne circolari” tipo Wullenberg del sistema di spionaggio elettronico Echelon.
29. Lame di Concordia Sagittaria (VE): stazione telecomunicazioni e radar, integrata nel sistema NADGE alle dirette dipendenze dell’US Space Command e della SETAF.
30. San Gottardo, Boscomantico (VE): stazione telecomunicazioni USA.
31. Ceggia (VE): stazione radar USA.
32. Cameri (NO): base dell’AMI “Natale e Silvio Palli”, ospita un centro di manutenzione di velivoli Tornado della NATO (sotto controllo USA).
33. Candela-Masazza (VC): sede dell’Education & Training Command dell’USAF e di un distaccamento dell’US Army.
34. S. Damiano (PC): base dell’AMI, ospita anche mezzi e uomini NATO (sotto controllo USA).
35. Monte Cimone (MO): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
36. Parma: deposito USAF con copertura NATO.
37. Pieveottoville (PR): sito missilistico contraereo Hawk della NATO (sotto controllo USA).
38. Bologna: stazione telecomunicazioni del Dipartimento di Stato USA.
39. Pisignano (RA): base aerea con velivoli NATO (sotto controllo USA), ospita il 48° ed il 52° Air Expeditionary Wing.
40. Rimini: una delle sedi del Munitions Support Squadron, gruppo logistico per l’attivazione di ordigni nucleari.
41. Rimini-Miramare: centro telecomunicazioni USA.
42. Potenza Picena (MC): stazione radar USA con copertura NATO.
43. Livorno: base navale saltuaria.
44. Finale Ligure (SV): stazione telecomunicazioni US Army.
45. San Bartolomeo (SP): sede del Centro ricerche per la guerra sottomarina (Saclant), del Maricocesco (Centro per la fornitura di pezzi di ricambio per navi e sommergibili) e del Mariperman (Centro per gli esperimenti sui materiali da guerra). L’adiacente porto di La Spezia è crocevia di un intenso e regolare traffico dei sommergibili nucleari USA, sotto il riserbo più assoluto delle autorità politiche e militari italiane.
46. Camp Darby (PI): base US Army, è la più rilevante infrastruttura logistica dell’area mediterranea con depositi di armamenti e di munizioni.
47. Coltano (PI): base del NSA (Centro di raccolta e gestione delle informazioni) e deposito munizioni US Army.
48. Pisa: base dell’AMI “Arturo dell’Oro”, base saltuaria dell’USAF.
49. Monte Giogo (MS): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
50. Poggio Ballone (GR): stazione radar USA con copertura NATO.
51. Talamone (GR): base saltuaria dell’US Navy.
52. Monte Limbara (SS): stazione telecomunicazioni USAF e base missilistica.
53. Sinis di Cabras (SS): stazione telecomunicazioni USAF e centro elaborazione dati NSA.
54. Isola di Tavolara (SS): stazione telecomunicazioni US Navy.
55. Torre Grande (OR): stazione radar NSA.
56. Monte Arci (OR): stazione telecomunicazioni USAF con copertura NATO.
57. Capo Frasca (OR): eliporto, impianto radar e depositi logistici controllati dall’USAF.
58. Sinis-Malu Bentu (OR): all’interno di un Parco Naturale, stazione della NSA.
59. Santu Lussurgiu (OR): stazione telecomunicazioni USAF con copertura NATO.
60. Perdas de Fogu (NU): poligono di tiro USAF.
61. Capo Teulada (CA): poligono di tiro per esercitazioni dell’USAF e dell’US Navy, ospita anche un comando NATO.
62. Decimomannu (CA): base dell’AMI “Giovanni Farina”, base USAF saltuaria.
63. Elmas (CA): aeroporto civile aperto al traffico militare, base USAF saltuaria.
64. Salto di Quirra (CA): poligono di tiro dell’USAF, si estende su una superficie di 12.000 ettari ed è formalmente gestito dal Ministero della Difesa italiano.
65. Capo San Lorenzo (CA): poligono di tiro per l’addestramento dell’US Navy.
66. Monte Urpino (CA): deposito munizioni USA.
67. Cagliari: base navale saltuaria.
68. Roma-Ciampino: base dell’AMI “G. B. Pastine”, base saltuaria dell’USAF.
69. Rocca di Papa (RM): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
70. Monte Romano (VT): poligono di tiro dell’Esercito Italiano, ospita anche l’addestramento dello Special Operation Command dell’US Army.
71. Gaeta (LT): base della Sesta Flotta dell’US Navy.
72. Casale delle Palme (LT): scuola telecomunicazioni della NATO.
73. Napoli: sede del comando della Forza di Intervento Rapido della NATO.
74. Napoli-Capodichino: base dell’AMI “Ugo Niutta” aperta anche al traffico civile, ospita circa 4.000 militari USA e viene utilizzata regolarmente sia da velivoli USAF che US Navy.
75. Monte Camaldoli (NA): stazione telecomunicazioni USA.
76. Ischia (NA): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
77. Agnano (NA): sede dell’ADP Center della NSA e di un distaccamento amministrativo della US Navy.
78. Cirigliano (NA): sede del Commander-in-Chief Allied Forces Southern Europe.
79. Licola (NA): stazione telecomunicazioni e radar, integrata nel sistema NADGE.
80. Lago di Patria (CE): stazione telecomunicazioni USA.
81. Giugliano (CE): stazione di comunicazione SATCOM.
82. Grazzanise (CE): base dell’AMI “Carlo Romagnoli”, base saltuaria dell’USAF.
83. Mondragone (CE): centro di comando sotterraneo USA.
84. Montevergine (AV): stazione telecomunicazioni USA.
85. Pietraficcata (MT): stazione telecomunicazioni USA.
86. Gioia del Colle (BA): base dell’AMI “Antonio Ramirez” classificata come Collocated Operating Base, può cioè ospitare aerei sia NATO che USAF dotati di armamenti atomici.
87. Punta della Contessa (BR): poligono di tiro delle Forze Armate USA.
88. San Vito dei Normanni (BR): base del 499° Expeditionary Squadron e dell’Electronics Security Group facente capo alla NSA.
89. Monte Iacotenente (FG): stazione radar USA.
90. Monte Sant’Angelo (FG): stazione radar USA con copertura NATO.
91. Brindisi: base navale sede dell’United Nation Logistics.
92. Otranto (LE): stazione radar USA con copertura NATO.
93. Taranto: ospita l’HQ High Readiness Force, il sistema di spionaggio telematico C4i alle dipendenze del Navy Center for Tactical System Interoperability, la sede del Maridipart con funzioni logistiche NATO, la stazione navale Maristasom sita in “Mar Piccolo” ed un’altra, molto più ampia, sita in “Mar Grande” presso cui hanno diritto di attracco navi e sommergibili USA-NATO.
E’ candidata ad accogliere la futura base dell’US Navy che dovrebbe sorgere nell’area del “Molo polisettoriale” al posto di quella di Gaeta.
94. Grottaglie (TA): stazione aeromobili della Marina Militare Italiana “M. Arlotta”, ospita il comando NATO Comitmarfor alle dirette dipendenze del Comstrikforsouth USA.
95. Martina Franca (TA): sede del 3° Regional Operations Center della NATO (sotto controllo USA) e dello Static War Headquarters dipendente dal 5° Allied Tactical Air Force della NATO.
96. Crotone: stazione telecomunicazioni e radar, controllata dal 6917° Electronic Security Group e dal 2113° Electronic Security Squadron alle dipendenze del comando USA di Ramstein, in Germania.
97. Monte Mancuso (CZ): stazione telecomunicazioni USA.
98. Sellia Marina (CZ): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
99. Catania: comando NATO e base della polizia militare USA.
100. Sigonella (CT): la più importante base dell’US Navy nel Mar Mediterraneo, ospita anche unità dell’USAF.
101. Motta S. Anastasia (CT): stazione telecomunicazioni USA.
102. Caltagirone (CT): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
103. Vizzini (CT): depositi munizioni dell’USAF.
104. Isola delle Femmine (PA): deposito munizioni USA con copertura NATO.
105. Punta Raisi (PA): base saltuaria dell’USAF.
106. Marina di Marza (RG): stazione telecomunicazioni USA.
107. Comiso (RG): dopo la chiusura della base, ospita ancora alcuni depositi dell’USAF.
108. Monte Lauro (SR): stazione telecomunicazioni USA.
109. Birgi (TP): base dell’AMI “Sen. Vittorio Florio”, base saltuaria dell’USAF e della NATO.
110. Marsala (TP): stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
111. Pantelleria (TP): stazione telecomunicazioni US Navy e base dell’USAF.
112. Augusta (SR): sede dell’US Navy Element, AFSOUTH.
113. Centuripe (EN): stazione telecomunicazioni USA.
114. Niscemi (CL): stazione telecomunicazioni dell’US Navy.
115. Lampedusa (AG): stazione della Guardia Costiera USA e centro di comunicazioni NSA.

N.B.: il presente elenco è frutto di un riscontro incrociato delle fonti disponili al riguardo, i cui dati talvolta appaiono contraddittori. Pregando i lettori di perdonare eventuali inesattezze, è gradita ogni segnalazione utile a correggerlo ed aggiornarlo.

L’elenco è disponibile anche come file .pdf qui.