I falsi profeti


Regolarmente mi ritrovo a dover ripetere, con ironia se sono di buon umore, che i Paesi considerati avversari dalla dottrina statunitense sono soggetti ad un’incessante demonizzazione. A questo scopo esiste un intero apparato, con articolazioni regionali, che produce e distribuisce su scala industriale fake news, revisionismo storico e analisi pseudo accademiche per manipolare l’opinione pubblica. Questo apparato si avvale dell’aiuto e della cooperazione di tutte le piattaforme che controlla. E non si tratta solo di quelle ufficiali – agenzie di stampa, media tradizionali e social media, motori di ricerca, centri studi, ecc. – un numero sempre crescente di influencer e canali della cosiddetta controinformazione vengono arruolati per creare confusione e paura, ed impedire così l’esercizio delle più elementari facoltà’ di giudizio. Chiaramente usano il linguaggio del loro pubblico di riferimento e creano narrazioni compatibili con quelle già sedimentate nelle coscienze di chi legge o ascolta. All’alt-right e ai libertari viene spacciato come nemico soprattutto la Cina, ai liberal progressisti soprattutto la Russia, ma si assiste anche ad un crossover. L’ultima follia che ho sentito, i BRICS vorrebbero imporre una dittatura globalista e schiavizzare l’Occidente “democratico”. Narrazione di chiara matrice anglo-americana, costruita sulla falsa dicotomia “democrazia vs autoritarismo”. Il credito sociale, la dittatura politico-sanitaria-digitale, la transizione finto-ecologica di cui un italiano dovrebbe preoccuparsi vengono imposti da chi ha giurisdizione sull’Italia, non dalla Cina che non ha nessuna giurisdizione sul Paese. Prima di credere alle finzioni che circolano sulla Cina o sulla Russia, ci si dovrebbe preoccupare della realtà che tocca ognuno di noi direttamente. Lo sfruttamento, l’inflazione, l’impatto economico delle sanzioni, l’erosione di diritti un tempo dati per acquisiti, la censura, le follie distopiche e pseudo-progressiste di un’élite finanziaria che si spaccia per guida morale nonostante le sue pratiche criminali, l’ingerenza di organismi sovranazionali e non eletti nella politica del Paese, l’isteria bellicista che ci sta portando dritti nel baratro di una guerra mondiale che rischia di sterminare gran parte della popolazione del pianeta… “Se non state attenti, i media vi faranno odiare gli oppressi e amare gli oppressori”, ricordava Malcom X. Prima di cercare nemici fuori dall’Occidente, occupiamoci di quelli che hanno rubato le nostre chiavi di casa.
Laura Ruggeri

L’incubo dei potenti

“Per le dittature è importante dimostrare che con esse non è venuta meno la libertà di dire no. (…) La propaganda ha bisogno di una situazione nella quale il nemico dello Stato, il nemico di classe, il nemico del popolo sia già stato messo fuori combattimento e ridicolizzato, e però non sia ancora scomparso del tutto. Il semplice consenso non basta alle dittature: per vivere esse hanno bisogno altresì di incutere odio e, per conseguenza, di seminare il terrore.”

“(…) la maggioranza deve imporsi non soltanto numericamente, ma anche con i segni di una superiorità morale.”

“Nel clima della tirannide, l’umorismo, come tutte le altre manifestazioni che accompagnano la libertà, viene meno.”

“Le dittature non sono soltanto pericolose, sono esse stesse sempre in pericolo poiché l’uso brutale della forza suscita ovunque ostilità. Stando così le cose, la presenza di esigue minoranze pronte a tutto costituisce una minaccia, in particolare quando esse abbiano messo a punto una loro tattica.”

“Se le grandi masse fossero così trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono a un pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poiché tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. E’ questo l’incubo dei potenti.”

“Saranno quindi delle élites a dare battaglia per una nuova libertà – battaglia che esige grandi sacrifici e pretende un’interpretazione che non sia impari alla loro dignità. (…) E’ giusto dire che la tirannide rimuove e annienta la libertà – anche se non si deve dimenticare che la tirannide diventa possibile soltanto se la libertà è stata addomesticata e ormai ridotta a vuoto concetto.”

 “(…) soltanto una frazione delle grandi masse umane è in grado di sfidare le potenti finzioni del nostro tempo e le minacce che esse irradiano. (…) In situazioni del genere l’iniziativa passa immancabilmente nelle mani di quei gruppi di eletti che preferiscono il pericolo alla schiavitù. E la riflessione precederà sempre le loro azioni.”

“Nessuno di noi può sapere oggi se per caso domani mattina non si troverà a far parte di un gruppo dichiarato illegale. Ogni parvenza di civiltà sembra in tal caso abbandonare la nostra esistenza, mentre scompaiono gli scenari del benessere che anzi si trasformano in segni premonitori di distruzione.”

“E la sovranità oggi non si riscontra più nelle grandi risoluzioni, ma esclusivamente nell’uomo singolo che ha abiurato in sé la paura. Le incredibili procedure ideate soltanto contro di lui sono destinate, in ultima istanza, al suo stesso trionfo. Quando l’uomo capisce questo, è libero. E le dittature crollano miseramente.”

“La resistenza richiede grandi sacrifici: il che spiega anche perché la maggior parte delle persone scelga la costrizione. Ma la storia autentica può essere fatta soltanto da uomini liberi. La storia è l’impronta che l’uomo libero dà al destino. In questo senso possiamo dire che l’uomo libero agisce in nome di tutti: il suo sacrificio vale anche per gli altri.”

“La libertà è il grande tema di oggi, è la forza capace di dominare la paura. La libertà dovrebbe essere la materia più importante da insegnare agli uomini liberi, al pari dei modi e delle forme di rappresentarla efficacemente e di manifestarla nella resistenza.”

La pretesa di neutralizzare il conflitto

“L’irresistibile pulsione a discriminare, a creare capri espiatori – riemersa ferocemente nel seno di ordinamenti sulla carta costituzionali – è il segno di una crisi antropologica radicale, che è al contempo la vera origine e la posta in gioco dei governi dei sepolcri imbiancati che imperversano in molti paesi occidentali. Liberarsene, di tali sinedri farisaici, comprenderne e superarne le cause, è dunque una questione, oltre che politica, spirituale e antropologica.  Per venirne a capo, occorre un lavoro di fondo.  

La libertà costituisce, insieme al principio repubblicano, a quello democratico e all’eguaglianza (formale e sostanziale) dei cittadini, uno dei cardini dell’orizzonte simbolico nel quale vale ancora la pena riconoscersi, sebbene sia stato rimosso da chi doveva custodirlo. Come il lavoro è il fondamento sociale della Repubblica, così si potrebbe dire che la libertà ne costituisca il fondamento etico. Il rispetto e la tutela della persona umana ispirano e permeano di sé l’intera trama assiologica della nostra Carta costituzionale. Del resto, quale valore aveva conculcato prioritariamente il fascismo? La libertà, nelle sue plurime configurazioni: personale, spirituale, associativa, politica. A quale modello si contrappone la Costituzione, rovesciandone la logica? All’autoritarismo fascista.  La valorizzazione del concetto di “persona”, sulla quale hanno trovato una preziosa convergenza le forze del cattolicesimo sociale (da cui la nozione originariamente proviene) e quelle di ispirazione socialista, ha consentito di assumere l’eredità più significativa della tradizione liberale (il suo nucleo umanistico, non economicistico, che ha un valore generale), e di corroborarlo di una visione concreta, incarnata e relazionale del soggetto di diritti.

Siamo qui in presenza di un principio fondamentale del costituzionalismo: l’intangibilità fisica e morale della persona, la cui antica origine è l’Habeas corpus: concepito come scudo rispetto agli arbitri coercitivi del potere che dispone della forza pubblica, si estende oggi al rispetto della dignità della persona nel suo complesso, della sua integrità psico-fisica.  Nessuno può coartare senza limiti, manipolare indiscriminatamente il corpo e la mente di un altro, neppure il potere legittimo, neppure a fini (veri o presunti) di pubblica utilità. La libertà può conoscere delle restrizioni, ma solo entro precisi binari e sulla base di inderogabili garanzie.  Certo non in virtù di una condizione di gruppo, e in assenza di precisi obblighi, divieti, sanzioni. In ogni caso, le restrizioni della libertà (la più pesante delle quali è il carcere) non possono mai oltrepassare il limite del rispetto della persona umana e della sua dignità.  Pur su un altro piano, emerge qui la logica costitutiva dell’età dei diritti, che ispira ad esempio il divieto di torturare e schiavizzare: il presupposto dei diritti è il soggetto libero. Esso non è un’astrazione formale, che può occultare discriminazioni ed esclusioni di fatto, ma l’individuo in carne e ossa, concretamente considerato nella rete delle sue relazioni sociali. Il diritto a non essere torturato e quello a non essere reso schiavo debbono essere considerati “assoluti” o “privilegiati” (Bobbio), e pertanto non bilanciabili con altri diritti o interessi, perché la loro violazione significherebbe transitare dalla sfera della libertà a quella della manipolabilità, della strumentalizzazione del soggetto. Pertanto tortura e schiavitù non sono mai ammissibili, neppure in parte e a buon fine (ammesso che possa mai esistere un “buon fine” nel torturare, magari per estorcere una confessione coatta). Ora, indurre surrettiziamente a scelte non dovute che incidono in modo pesante sulla dignità, la vita sociale e il lavoro, come accade con il green pass più che saudita adottato in Italia, rientra nell’ambito della manipolazione arbitraria della soggettività, significa trattare la persona (anzi, peggio, un’intera “classe” di persone, individuate come categoria da sottoporre a un regime speciale) come un mezzo e non come un fine. Con il mega, super, ultra green pass, il cittadino non vaccinato viene considerato dalle istituzioni un soggetto di diritti perlomeno dimezzato, da espellere ai margini della comunità degli auto-investitesi Eletti. Facile che divenga oggetto di stigmatizzazione e campagne d’odio, peraltro fondate sulla menzogna.

Secondo la logica ferrea che lega tutti i diritti fondamentali l’uno all’altro, se si attaccano le libertà civili, in particolar modo in un regime politico di massa che ambisca a definirsi costituzionale e democratico e non plebiscitario (magari di un nuovo plebiscitarismo tecnocratico), è facile che anche la libertà politica sia a rischio: nel “trentennio inglorioso” del neoliberismo e del globalismo si è cominciato con l’attacco ai diritti sociali, al Welfare e al lavoro, si è proseguito con la messa fra parentesi della sovranità democratica in nome delle emergenze (prima finanziaria, oggi sanitaria), per arrivare alla messa in questione dei diritti di libertà. Tra cui, oltre a quelli civili, tradizionalmente liberali, figurano anche quelli di partecipazione politica, associazione ed espressione del dissenso.

(..)  La pretesa di neutralizzare definitivamente il conflitto – pretesa che è la vera ratio dell’emergenzialismo e della tecnopolitica – , è in sé eversiva e antidemocratica. Il primo pericolo per la democrazia proviene oggi dall’alto, dai poteri costituiti. Un capitolo estremo di quello che Gramsci chiamava il sovversivismo dall’alto delle classi dirigenti: le attuali élites neoliberali, alle strette per la crisi del paradigma antipopolare e antisociale che hanno perseguito pervicacemente da almeno un trentennio e perciò incattivite, sembrano pronte a tutto. Gli apprendisti stregoni dell’emergenza permanente e della prevenzione assoluta rischiano di evocare, con l’uso disinvolto dello stato di necessità come eccezione giustificata, potenze incontrollabili, alimentando il caos, producendo anomia. Che forze le quali dicono di ispirarsi a un ormai vago “progressismo” si rendano disponibili per tali operazioni, e anzi ne siano le mosche cocchiere, è triste ma del tutto coerente con le scelte e l’impostazione culturale della ex-sinistra nell’ultimo trentennio.”

Da Fuga dalla libertà, di Geminello Preterossi.

L’infinitizzazione del Bene e del Male

Di legami e convergenze tra il covid e la mafia ce ne sono diversi. Uno è l’illimitatezza. Le epidemie vere si esauriscono spontaneamente, ma qui avremmo una inedita epidemia a sorgente stazionaria, che come una guerra può perdurare a seconda di come si comportano gli uomini. Anche la mafia, “fenomeno umano che avrà una fine” (Falcone; che forse divenne bersaglio anche per la sua inclinazione a capire troppo) è stata resa sorgente stazionaria, illimitata, di Male. Il male assoluto consente misure assolute; nel caso del covid, quelle legibus solutus. Nel caso della mafia, consente di mostrare solo questa e praticare indisturbati dietro alla perenne lotta alla mafia altre forme di grande predazione. Fino a questo golpe camuffato da lotta al covid, dove il potere sembra potere fare a meno, per il momento, del paravento della lotta alla mafia. Le sorgenti di male infinito – soprattutto se appaiono coltivate, come è sia per il covid che per la mafia – andrebbero riconosciute come possibili coperture per delitti di massima scala, favorendo in vario modo l’esercizio predatorio del potere. Una terza illimitatezza che consente il male in nome del bene è quella del bene agli altri, che nella realtà può essere esercitato in via diretta solo verso il prossimo, cioè per un raggio limitato a piccoli gruppi; mentre si vuole che abbia portata infinita, per giustificare una “accoglienza” forzosa dei migranti economici che di etico non ha nulla.

Francesco Pansera

(Fonte)

La prospettiva securitaria ai tempi della “emergenza sanitaria”

“L’11 novembre, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, come noto, ha emanato una direttiva per limitare le manifestazioni pubbliche. La ministra, nelle dichiarazioni che hanno accompagnato il provvedimento, ha detto che il disagio causato alle attività commerciali nei centri storici motivasse ampiamente il divieto dei cortei. Per i prossimi mesi, il governo Draghi vieterà, nei centri urbani, i cortei, tutti i cortei. Chiunque voglia manifestare la propria indignazione, nei confronti delle misure adottate dalle forze governative, non potrà farlo nei centri delle città, né a ridosso dei cosiddetti obiettivi sensibili, i quali, tra l’altro, corrispondono, il più delle volte, ai responsabili che hanno determinato le condizioni per cui si manifesta.

Il conflitto sociale viene gestito a partire da una logica preventiva. Non c’è alcuna soglia di tolleranza per le lotte sociali. Ciò avviene nel nome del diritto/dovere a consumare, attraverso l’abuso, assolutamente strumentale, dell’aumento dei contagi. Entro questa logica si scarica, per l’ennesima volta, la pessima gestione della crisi pandemica sul comportamento dei cittadini. La crisi di legittimità del comando corrisponde al carico di coercizione che esso impone. Il divieto di manifestare nei centri cittadini risponde alla stessa logica adottata con i decreti antiaccattonaggio, e con i daspo urbani. Tale misura non ha nulla a che vedere con l’adesione o con la contrarietà al green pass. Quanto avviene mette in evidenza la profonda crisi di legittimità dello Stato. Lo Stato, nel momento in cui non ritiene percorribili le soluzioni a disposizione, si blinda, vieta e reprime.

(…) Da più di dieci anni assistiamo a un abuso della decretazione d’urgenza in tema di “pubblica sicurezza”. Ben quattro ministri (Maroni, Minniti, Salvini, Lamorgese) hanno impropriamente utilizzato la formula del decreto legge per introdurre all’interno del nostro ordinamento norme finalizzate a sacrificare, in nome del “decoro”, della “sicurezza” e “dell’ordine pubblico”, i principi costituzionali, comportando una preoccupante flessibilizzazione dei diritti fondamentali.

Nell’attuale contesto, le forme di opposizione o gli interessi divergenti al Capitale sono affrontati come “nemico bellico”. La logica e la tattica del conflitto bellico sono progressivamente adattati e calibrati alle “operazione di polizia”. Questa forte tendenza ha compromesso i fondamenti dello Stato di diritto, giacché, in una guerra permanente e infinita, lo Stato che la conduce deve assumere i connotati di uno “Stato di guerra permanente”. All’interno di questa cornice istituzionale e “bellica”, alle forze di opposizione è sottratta la propria legittimità. Se lo stato di eccezione diventa, giorno dopo giorno, la “normalità” del mondo, il “laboratorio Italia” scopre di avere una rilevanza strategica sul piano teoretico ed empirico. Quarant’anni di “legislazione d’emergenza” hanno mutato in ovvia consuetudine la manipolazione indiscriminata dei codici penali, senza alcun riguardo per il grado di coerenza delle norme stesse con lo “Stato di diritto”.

Nella prospettiva securitaria, l’identità del nemico deve restare nell’indeterminatezza, affinché chiunque possa essere identificato come tale. Il mantenimento di una stato di paura generalizzata, la depoliticizzazione dei cittadini e la rinuncia a qualsiasi certezza del diritto sono solamente tre delle caratteristiche che qualificano lo Stato di sicurezza. Da un lato, infatti, lo Stato di sicurezza verso il quale stiamo scivolando fa il contrario di quanto promette; una condizione di sicurezza implica un’assenza di preoccupazioni, invece, lo Stato, nel verso opposto, sostiene la paura e il terrore. Al contempo, lo Stato di sicurezza si traduce in uno Stato di polizia. Attraverso l’eclissi del potere giudiziario, lo Stato generalizza ed estende i margini di discrezionalità della polizia.”

Da Il capro espiatorio e la logica dell’emergenza, di Alessandro Ugo Imbriglia e Italo Di Sabato.

Super Green Pass: salvare le coscienze e boicottare la festa

Con il Super Green Pass possiamo salvare il Natale” titolano oggi i giornali, all’indomani della stretta ulteriore del Green Pass emanato dal governo di Mario Draghi. Chi pensa di rinvenire ancora qualcosa di squisitamente sanitario in queste manovre e in questo cappio che si fa sempre più stretto attorno alla Costituzione non nutre probabilmente abbastanza amore per l’analisi delle parole e per l’implicazione dei concetti sottesi. Ebbene, a meno che, per effetto di qualche ulteriore ignoto decreto emanato nello svuotamento ormai pressoché totale del Parlamento, non siano stati conferiti al premier anche funzioni di natura spirituale e religiosa, è impossibile non leggere in questo lessico intenzioni e urgenze di natura strettamente produttiva.

A dirla tutta, è da circa due anni che il ritornello della salvaguardia delle festività viene recitato dalla nuova tecnopolitica filantropica e umanitaria, la stessa che, senza prendersi minimamente briga di potenziare il welfare sanitario e assistenziale fino a un livello degno di un Paese che dice di voler “combattere con ogni mezzo la pandemia”, introduce però misure sempre più in contraddizione con la vecchia tradizione costituzionale.

Oramai l’assuefazione alla rinuncia e al taglio delle garanzie civili è così incalzante che anche quando il diritto al lavoro e allo studio sono stati posti sotto ricatto – fatto che avrebbe dovuto far scendere in piazza trasversalmente e compattamente ogni militante di sinistra che un tempo si sarebbe strappato le vesti per leggi così indecorose – la contestazione ha dovuto rimboccarsi autonomamente le maniche senza il benchè minimo sostegno politico. Anzi, a voler fare un’analisi dell’atteggiamento con cui la politica ha approcciato nei fatti e nelle parole queste proteste, possiamo individuare tre momenti principali: il primo è stato la fase della derisione con epiteti riferiti sia alla quantità (“quattro poveri gatti”), sia alla qualità dei manifestanti con annessi giudizi valoriali (“ignoranti”, “analfabeti”); la seconda fase è stata quella della demonizzazione e colpevolizzazione sino al margine della criminalità al fine di dipingere i partecipanti ai cortei come untori responsabili della catena del contagio di intere città e persino regioni; la terza e ultima fase è stata caratterizzata dal soffocamento bello e buono delle proteste, con il divieto della ministra Lamorgese di permettere lo svolgimento dei cortei nelle vicinanze dei centri storici. Dalla ridicolizzazione alla repressione nel giro di neanche tre mesi, senza il minimo ascolto e la minima interlocuzione con cittadini che piaccia o no continuano a essere nella legge senza aver commesso alcun reato.

Lo stato del diritto a due anni dalla diffusione del virus è arrivato a un tale livello di amputazione che il suo esercizio non è più nemmeno riferibile alla fruibilità ma a un’eventuale gentile concessione se e solo se intercetta i piaceri e le convenienze delle leggi economiche. (Piange un po’, ma poi a tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo, diceva Dostoevskij!) Cosa sottende l’espressione “salvare il Natale” se non la tutela delle perverse logiche del profitto e dei nauseanti isterismi pubblicitari per i Black Friday, in contraddizione lampante con le difficoltà che le famiglie dei lavoratori sospesi dai ricatti del QRcode stanno vivendo? Cosa sottendono i divieti alle manifestazioni No Green Pass se non la salvaguardia delle entrate e le uscite da negozi traboccanti di ogni bene da vendere e stravendere? Cosa si può leggere nel confinamento dei manifestanti ai margini delle città se non lo sbarazzarsi del loro ingombro all’interno della macchina produttiva?

A pensarci bene, hanno ragione quelli che invitano a non fare associazioni fuori luogo con dittature precedenti: siamo proprio in una dimensione nuova e inedita che con il passato ha proprio ben poco a che fare, tanto più che nessun regime si era spinto fino al punto di relegare alla scadenza di un codice digitale il lavoro e lo studio, perché è evidente oramai che in gioco non è più il vaccino, ma la facile negoziabilità e ricattabilità che hanno acquisito diritti che credevamo sacri e inviolabili.

Silvia D’Autilia

(Fonte)

Il gruppo di intelligence militare da “film di spionaggio” al centro dell’offensiva per il passaporto vaccinale in USA

Di Jeremy Loffredo e Max Blumenthal per The Grayzone, 26 Ottobre 2021

Descritta come “l’organizzazione più importante di cui non avete mai sentito parlare”, MITRE fa soldi a palate con enormi contratti statali per la fornitura di servizi per la sicurezza facendo da pioniere nella tecnologia di spionaggio invasiva. Ora è alla base di una campagna per implementare i passaporti vaccinali digitali.

Mentre i passaporti vaccinali sono stati commercializzati come una manna per la salute pubblica, promettendo sicurezza, riservatezza e convenienza per coloro che sono stati vaccinati contro il Covid-19, il ruolo cruciale che sta svolgendo un’ambigua organizzazione di intelligence militare nella spinta all’implementazione del sistema in forma digitale ha sollevato serie preoccupazioni per le libertà civili.

Conosciuta come MITRE, l’organizzazione è una società senza scopo di lucro guidata quasi interamente da professionisti dell’intelligence militare e sostenuta da ragguardevoli contratti con il Dipartimento della Difesa, l’FBI e il settore della sicurezza nazionale.

Lo sforzo “per espandere i passaporti vaccinali con codice QR al di là di Stati come la California e New York” ruota ora attorno a una partnership pubblico-privata nota come Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini (Vaccine Credential Initiative, VCI). E il VCI ha riservato a MITRE un ruolo determinante nella sua coalizione

Descritto da Forbes come un “laboratorio misterioso [di ricerca e sviluppo]” che è “l’organizzazione più importante di cui non avete mai sentito parlare”, MITRE ha sviluppato alcune delle tecnologie di sorveglianza più invasive usate ad oggi dalle agenzie di spionaggio statunitensi. Fra i suoi prodotti più innovativi c’è un sistema creato per l’FBI che cattura le impronte digitali delle persone dalle immagini inserite sulle piattaforme delle reti sociali.

La coalizione paravento per il COVID-19, di cui fa parte la stessa Mitre, include In-Q-Tel, il ramo finanziario della CIA, e Palantir, un’azienda di spionaggio privata macchiata da scandali.

Elizabeth Renieris, il direttore fondatore dei laboratori di etica per la tecnologia di Notre Dame e della IBM, ha avvertito che “sebbene le società tecnologiche e di sorveglianza che dominano i mercati” come MITRE “perseguano nuovi flussi di ricavi nei servizi sanitari e finanziari… essendo di proprietà privata e avendo operato sui sistemi di identificazione digitale con modelli di business tesi alla massimizzazione dei profitti minacciano la riservatezza, la sicurezza e altri diritti fondamentali degli individui e delle comunità”.

Infatti, il coinvolgimento dell’apparato di intelligence militare nello sviluppo di un sistema di passaporto vaccinale digitale è l’ennesima indicazione del fatto che dietro la parvenza delle preoccupazioni per la salute pubblica, lo Stato di sorveglianza degli Stati Uniti potrebbe avere in programma di aumentare il suo controllo su una popolazione sempre più recalcitrante.

L’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini, un veicolo neoliberista consigliato da professionisti dell’intelligence militare

Come dettagliato nella prima puntata di questa serie, gli  oligarchi dell’alta tecnologia come Bill Gates e centri nevralgici per la politica capitalista a livello globale come il World Economic Forum hanno mandato avanti sistemi  di identificazione digitale  e di  valuta elettronica in tutto il Sud del mondo per raccogliere dati e profitti da popolazioni che in precedenza erano fuori portata.

L’avvento dei passaporti vaccinali che forniscono accesso all’occupazione lavorativa e alla vita pubblica è diventato il vettore chiave per accelerare la loro agenda in Occidente. Come la  società di consulenza finanziaria, Aite-Novarica, dichiarò questo settembre, i passaporti  vaccinali digitali per il COVID-19 “espandono  gli argomenti a favore del sistema di identificazione digitale  oltre la sola vaccinazione COVID-19 e potenzialmente servono sia come sistema di identificazione  digitale che come fonte più completa e universale di informazioni sull’identità…”.

Sebbene i passaporti vaccinali escludano milioni in tutto l’Occidente, suscitando proteste furiose e scioperi selvaggi, il World Economic Forum sta lavorando con i suoi partner per implementarli in forma digitale.

Guidato dall’economista tedesco Klaus Schwab, che dice di essere propugnatore di una “Quarta rivoluzione industriale” che sta cambiando il modo in cui le persone “vivono, lavorano e si relazionano gli uni agli altri”, il World Economic Forum (Forum Economico Mondiale) è una rete internazionale di alcuni dei più ricchi e politicamente potenti individui del pianeta. Con sede a Davos, in Svizzera, il World Economic Forum si posiziona come punto di riferimento del capitalismo globale.

A Gennaio del 2021, diversi partner del World Economic Forum,  compresi Microsoft, Oracle, Salesforce e altre multinazionali, annunciarono una coalizione per lanciare l’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini (Vaccine Credential Initiative, VCI), che mira a istituire passaporti vaccinali basati su codice QR negli Stati Uniti.

L’obiettivo dichiarato dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini è quello di implementare un’unica “tessera sanitaria SMART” che possa essere riconosciuta “oltre i confini organizzativi e giurisdizionali”.

Negli USA, alcuni Stati stanno già distribuendo tessere digitali sanitarie SMART sviluppate dall’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini. Queste tessere sanitarie SMART hanno posto le basi per uno standard nazionale di fatto riguardante le credenziali sui vaccini.

Un’organizzazione no-profit istituita dalla Rockfeller Foundation e denominata The Commons Project sta guidando la campagna di lobbying per le smart card digitali attraverso l’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini che ha co-fondato. E si dà il caso che il direttore generale di Commons Project, Paul Meyer, sia stato allevato nell’ambito del World Economic Forum come un “giovane leader”.

In qualità di volto pubblico dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini, Meyer propugna l’agenda della campagna di lobbying nel linguaggio dell’inclusione progressista, martellando costantemente su temi come la “responsabilizzazione” nelle comunicazioni pubbliche.

“L’obiettivo dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini è facilitare alle persone   l’accesso digitale ai registri sul loro status vaccinale in modo che possano usare strumenti come Common Pass per tornare in sicurezza a viaggiare, lavorare, ad andare a scuola e alla loro vita, proteggendo al contempo la riservatezza dei loro dati”, sosteneva Meyer.

In un comunicato stampa che annunciava la creazione dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini, MITRE faceva eco al linguaggio preoccupato di Meyer, dichiarando di aver aderito alla partnership “per garantire che le popolazioni svantaggiate abbiano accesso a questo tipo di verifica sul vaccino digitale.”

Ma cos’è MITRE, e perché un’organizzazione nota per la sorveglianza di massa e la tecnologia militare potrebbe essere al centro di un’iniziativa che offre la possibilità di un monitoraggio senza precedenti della popolazione globale? L’organizzazione non ha risposto alle domande inviate via e-mail da The Grayzone sulla sua partecipazione all’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini, comunque, la sua storia documentata genera inquietanti pensieri.

Collaborazione nelle guerre al Vietnam e alla marijuana, sviluppo di tecnologia di spionaggio “straordinariamente agghiacciante”

Con sede nel nord della Virginia, MITRE è un think tank di esperti di intelligence militare finanziato per 2 miliardi di dollari l’anno da agenzie governative USA, compreso il Dipartimento della Difesa. È guidato quasi interamente da ex funzionari del Pentagono ed ex agenti dei servizi segreti.

MITRE fu fondato nel 1958 come progetto congiunto della US Air Force (Aeronautica militare statunitense) e del Massachusetts Institute of Technology (MIT) per sviluppare sistemi di “comando e controllo” per la guerra nucleare e convenzionale, come la rivista Science and Revolution metteva in evidenza.

Nel 1963, MITRE selezionò un giovane brillante linguista del MIT chiamato Noam Chomsky, per assistere allo “sviluppo di un programma per formare un linguaggio naturale che avesse funzione di linguaggio operativo per il comando e il controllo”. Dopo alcuni anni di lavoro su progetti come questi, Chomsky disse: “Non potevo più guardarmi allo specchio” e si lanciò nell’attivismo contro la guerra.

Alla fine degli anni ‘60, MITRE disse che “stava impegnando quasi un quarto delle sue risorse totali per i sistemi di comando, controllo e comunicazione necessari alla condotta del conflitto in Vietnam.”

La società finanziata da fonti militari venne presa di mira dagli attivisti contro la guerra quando sviluppò una “recinzione elettronica” composta principalmente di acustica e sensori progettati per localizzare i movimenti dei Vietcong e delle truppe nordvietnamite in modo tale che i militari statunitensi potessero prenderli di mira per distruggerli.

Inoltre alla fine degli anni ‘60, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America stipulò un contratto con MITRE per condurre una campagna di sradicamento aereo della cannabis in Messico. MITRE consigliò agli agenti statunitensi di spruzzare ampi tratti della campagna messicana con un erbicida tossico chiamato paraquat, che veniva descritto come sicuro sulla base di una discutibile interpretazione dei test sugli animali. Quando il Dipartimento di Stato perseguì la strategia consigliata da MITRE, le coltivazioni alimentari divennero contaminate e la salute delle comunità contadine locali fu messa in pericolo.

Nel frattempo, la marijuana cominciò ad arrivare nelle strade americane inzuppata di paraquat, innescando una causa legale contro il Dipartimento di Stato da parte della Organizzazione Nazionale per la Riforma delle Leggi sulla Marijuana la quale sosteneva che l’erbicida avesse causato malattie respiratorie fra i fumatori di marijuana. Quando il Dipartimento di Stato perse la causa, accordò a MITRE un contratto di 255.211 dollari per produrre uno studio d’impatto sull’irrorazione di paraquat che in conclusione consigliava i fumatori di marijuana di mitigare gli effetti dell’erbicida consumandola con pipe ad acqua o sotto forma di dolcetti.

In anni recenti, MITRE ha progettato tecnologia di sorveglianza per l’FBI che raccoglie impronte umane dalle piattaforme delle reti sociali come Facebook, Instagram, e Twitter. Ha anche fornito assistenza all’FBI per istituire un sistema di Identificazione di Prossima Generazione, a quanto si dice il più grande database di informazioni biometriche del mondo, nonché il Database per l’Intelligence Modernizzato dell’agenzia federale.

Secondo l’ex vicedirettore dell’FBI William Bayse, il Database di Intelligence Modernizzato dell’FBI consentiva ai programmatori della polizia di collegare gli attivisti alle loro cause politiche, ai loro colleghi, datori di lavoro, alle loro fedine penali, foto segnaletiche e impronte, alle loro abitudini d’acquisto e persino ai loro dati fiscali.

Mediante centinaia di richieste basate sul Freedom of Information Act (FOIA) e interviste con attuali e precedenti funzionari di MITRE, Forbes è venuta a sapere che MITRE ha progettato “uno strumento prototipo che può violare smartwatch, fitness tracker e termometri da parete per scopi di sicurezza nazionale interna… e uno studio per determinare se la puzza di sudore di qualcuno possa rivelare che sta mentendo.”

MITRE è anche sede dello “ATT&CKProgram”, un modulo di sicurezza informatica che la società descrive come “una base di conoscenza accessibile globalmente di tattiche avversarie e tecniche di intelligence basate su osservazioni dal mondo reale”. Adam Pennington, capo del progetto ATT&CK di MITRE, “ha speso più di dieci anni con MITRE a studiare e predicare l’uso dell’inganno per la raccolta di informazioni”.

Il procuratore legale di ACLU (The American Civil Liberties Union), Nate Wessler, ha definito i progetti di sorveglianza di MITRE “straordinariamente agghiaccianti”, lanciando l’avvertimento che essi “sollevano seri problemi di riservatezza.”

Da parte sua, il materiale promozionale dell’appaltatore militare sembra vantarsi del suo lascito di innovazione nel settore della sorveglianza: “Potreste non saperlo ma MITRE entra nelle vostre vite ogni giorno.”

Mesi dopo che la pandemia per il nuovo coronavirus fu dichiarata nel marzo 2020, MITRE fece leva sulla sua competenza nel monitorare le popolazioni per produrre il sistema di tracciamento dei contatti Sara Alert. Un video pubblicitario di MITRE spiega come il sistema permetta alle autorità sanitarie pubbliche di tracciare gli utenti: “Le persone che sono contagiate dalla malattia saranno messe in isolamento a casa… Per le persone che sono esposte alla malattia ma non mostrano sintomi, Sara Alert li segue mentre sono in quarantena per 14 giorni”.

Il Sara Alert di MITRE entrò in uso in una manciata di Stati, con iscrizioni limitate. Se fosse stato implementato a livello nazionale, avrebbe potuto costringere una sostanziale parte di popolazione statunitense ad andare in autoquarantena su basi continue, persino se le persone non avessero presentato sintomi.

Come il Brookings Institute faceva notare in un articolo accademico mettendo in discussione l’utilità di app come Sara Alert, “Una persona lo può sopportare per una volta o due, ma dopo alcuni falsi allarmi e l’eccessivo inconveniente di autoisolamento protratto, prevediamo che molti ignoreranno gli avvertimenti”.

MITRE ha anche lavorato per sopprimere le narrative che potessero minare l’agenda delle agenzie governative che lo finanziano. L’applicazione del plugin per il browser detta SQUINT dell’appaltatore, per esempio “consente una rapida consapevolezza situazionale della disinformazione sulle reti sociali relativa al COVID-19 per i funzionari della sanità pubblica mediante una copertura basata su fonti collettive”, secondo il relativo materiale promozionale.

MITRE sta ora lavorando per implementare i passaporti vaccinali digitali negli Stati Uniti D’America, e non solo.

Società private di spionaggio e un’azienda della CIA fra le società facenti parte della coalizione di MITRE per il COVID-19

Come membro del gruppo direttivo al governo dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini (VCI), MITRE gestisce la sua propria “Coalizione Sanitaria per il COVID-19” mentre si descrive come “un partner affidabile di lunga data per le comunità di intelligence e di difesa”.

Fra i membri della coalizione per il COVID-19 della stessa MITRE c’è Palantir, un’azienda privata di intelligence fondata nel 2003 da Peter Thiel, cofondatore di Paypal. Palantir si è consolidata come una società leader nei programmi di sorveglianza predittiva e faceva soldi a palate in lucrosi contratti con la CIA. L’azienda una volta partecipò in una campagna diffamatoria proposta contro attivisti contrari allo strapotere delle multinazionali e contro critici giornalistici, compreso Glenn Greenwald.

Avril Haines, l’attuale Direttore dell’Intelligence Nazionale e precedente Vicedirettore della CIA fu pagata 180.000 dollari come consulente per Palantir – un lavoretto cancellato dalla sua biografia.

Haines fu anche fra i principali partecipanti alla simulazione pandemica denominata “Event 201” avvenuta nell’Ottobre 2019 e sponsorizzata dalla Gates Foundation, dal World Economic Forum, e dal John Hopkins Center for Health and Security. Durante tale esercitazione, funzionari della salute pubblica e dell’intelligence nonché uomini d’affari simularono una ipotetica epidemia di coronavirus che avrebbe ucciso 65 milioni di persone nel mondo.

Haines enfatizzò ai colleghi relatori il bisogno di controbattere alle critiche rivolte alla gestione ufficiale della pandemia tramite “l’inondazione dello spazio informativo con fonti fidate” dei media e degli opinionisti “al fine di cercare di amplificare il messaggio che si vuole trasmettere”.

Palantir ha anche fornito la tecnologia per il tracciamento dei dati sul Covid al Ministero della Sanità del Regno Unito, insieme a Microsoft, Google e Amazon. Lo stratega politico britannico conservatore, Dominic Cummings, che gode di collegamenti con Palantir e fornì all’azienda un accesso speciale al gabinetto del Primo Ministro, ha consigliato Boris Johnson e il Gruppo Consultivo Scientifico per le Emergenze sulle politiche da attuare per la gestione del Covid.

Tornando a parlare degli Stati Uniti, Palantir è stato il fornitore per il Dipartimento della Sicurezza Nazionale e il Centro per il Controllo delle Malattie di varie tecnologie correlate al Covid.

L’azienda finanziaria della CIA, In-Q-Tel, è anche nella lista delle società facenti parte della Coalizione Sanitaria per il Covid-19 di MITRE.

Lo scorso settembre, il Vicepresidente del personale tecnico di In-Q-Tel, Dan Hanfling, fu citato dal Washington Post per aver sostenuto che alle persone non vaccinate dovrebbe essere negata l’assistenza sanitaria retrocedendole nel sistema di priorità al pronto soccorso: “Quel gruppo di persone che volontariamente hanno scelto di non vaccinarsi, per ragioni illegittime, sarebbe corretto metterli in fondo alla linea d’attesa”, ha asserito Hanfling….

Il Washington Post non fece notare l’affiliazione di Hanfling con la CIA; invece lo descrisse semplicemente come un “medico di pronto soccorso”.

In-Q-Tel non è affatto l’unica società collegata ai servizi di intelligence fra quelle che fanno parte dell’Iniziativa per le Credenziali sui Vaccini. C’è anche Oracle, membro fondatore della stessa iniziativa, che nacque come un progetto della CIA.

Uno sguardo al gruppo dirigente di MITRE mostra come l’organizzazione sia strettamente connessa con il più ampio settore dell’intelligence militare.

Falchi”, spie e fantasmi guidano MITRE

Il Presidente del consiglio di amministrazione di MITRE, Donald Kerr, è l’ex Vicedirettore principale dell’intelligence nazionale. Prima di questo ruolo, Kerr era stato Vicedirettore per la scienza e tecnologia presso la CIA, dove ricevette l’Illustre Medaglia CIA per alti servizi resi all’intelligence statunitense.

Il Vicepresidente del consiglio di amministrazione di MITRE, Mike Rogers, è l’ex Presidente repubblicano del comitato permanente di selezione sull’intelligence della Camera degli Stati Uniti. Prima di servire al Congresso, il signor Rogers era un ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti e un agente speciale dell’FBI.

Essendosi distinto al Congresso come uno dei più schietti oppositori della riservatezza digitale, accusando le comunicazioni crittografate di gravi attacchi terroristici, Rogers fu il conduttore e produttore esecutivo di una serie televisiva in sei parti intitolata “Desegretato: storie inedite di spie americane per la CNN”. Il programma era una pubblicità virtuale per l’apparato di intelligence degli Stati Uniti, “accurata descrizione di casi importanti, missioni e operazioni degli agenti dell’intelligence americana”, secondo la CNN.

Rogers è anche un illustre membro dell’Hudson Institute, un think tank neoconservatore con sede a Washington DC finanziato da Northrop Grumman, Lockheed Martin, gruppi farmaceutici impegnati in attività di lobbying e società tecnologiche supportate dalla CIA come Oracle.

Nei ruoli direttivi in MITRE ci sono ex funzionari di alto livello dell’intelligence e del Pentagono come Robert Work, che servì come Vice Segretario alla Difesa sotto tre diversi Segretari prima di passare attraverso la porta girevole al consiglio di amministrazione di Raytheon che è un gigante dell’industria degli armamenti.

Il membro del consiglio di amministrazione di MITRE Paul Kaminski è il Direttore Generale di Technovation, Inc., un’azienda di consulenza che “promuove l’innovazione, lo sviluppo del business e le strategie di investimento relative alla tecnologia della difesa”. Kaminski fu Sottosegretario alla Difesa per l’acquisizione e la tecnologia dal 1994 al 1997 e fu due volte Presidente del comitato del Consiglio Scientifico della Difesa che collabora col Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

A Kaminski di Mitre è stato assegnato il “Premio di Direttore dell’Intelligence Centrale” che è dato a coloro che “incoraggiano l’obiettivo di un’eccezionale raccolta di intelligence umana e la segnalazione di informazioni di valore significativo per la comunità di intelligence degli Stati Uniti.”

L’amministratore delegato di MITRE è Jason Providakes. Secondo la sua biografia ufficiale fornita da MITRE, la carriera di Providakes “ha origine nella ricerca scientifica a sostegno della sicurezza nazionale”. Prima di diventare amministratore delegato, Providakes era stato Direttore Esecutivo per la “Divisione Tecnologica e Sistemi di Armamento” di MITRE, dove svolse un ruolo fondamentale per la trasformazione dell’esercito nel “digitalizzare il campo di battaglia”.

Gli intimi legami fra MITRE e l’apparato di intelligence militare degli Stati Uniti si estendono al lavoro della società sul COVID-19.

Il “borsista tecnico” di MITRE, Jay Crossler, è una guida dei dati esecutivi per la Coalizione Sanitaria sul COVID-19, definita quale “risposta collaborativa dell’industria privata” al Covid. Secondo MITRE, Crossler fra l’altro “progettò, costruì, schierò e mise in funzione il portale che il generale Stanley McChrystal aveva usato per gestire l’invasione dell’Afghanistan”.

Peraltro il Direttore Sanitario di MITRE, Jay Schnitzer, era stato in precedenza il direttore di Scienze della Difesa presso DARPA, l’unità di ricerca notoriamente segreta del Dipartimento della Difesa.

Dal discreditato e distruttivo modello di letalità per il COVID-19 all’offensiva per il passaporto digitale

Il 17 marzo 2020, praticamente poche ore dopo la dichiarazione di una pandemia globale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la divisione per il contrasto alle armi di distruzione di massa del Dipartimento della Sicurezza Nazionale stipulò un contratto con MITRE per “coinvolgere, informare e guidare” sindaci, governatori e funzionari impiegati nelle emergenze sulla risposta al COVID-19. Secondo Forbes, il Centro per il Controllo delle Malattie firmò pure un contratto da 16,3 milioni di dollari per stabilire “una durevole capacità nazionale di contenere il Covid-19”.

Un giorno dopo aver firmato il contratto con la divisione per il contrasto alle armi di distruzione di massa del Dipartimento della Sicurezza Nazionale, MITRE sfornò un “libro bianco” che delineava l’impatto previsto del COVID-19 sulla popolazione degli Stati Uniti e forniva raccomandazioni per i funzionari locali e federali su una risposta alle emergenze.

Il documento di MITRE affermava in modo sicuro che il COVID-19 rappresentava “un’epidemia pericolosa all’incirca quanto l’influenza spagnola che infettò 500 milioni di persone e ne uccise 50 milioni in tutto il mondo”. Durante l’epidemia del 1918, quando la popolazione degli Stati Uniti era inferiore a 1/3 di quella che è oggi, morirono circa 675.000 americani. MITRE quindi sopravvalutò il bilancio delle vittime del 2020 di sei volte tanto.

Con il suo modello ormai screditato come giustificazione, MITRE chiese alle autorità di ridurre del 90% i contatti sociali tra i membri della popolazione statunitense, di imporre rigidi confinamenti, di chiudere praticamente tutte le attività commerciali, di sigillare i confini e “di mettere in quarantena negli hotel o in altre strutture, uno per stanza, con personale ridotto all’osso, i cittadini di ritorno” dall’estero.

Molti Stati degli USA seguirono una qualche versione di questo modello estremo, innescando una catastrofe sociale ed economica dalla quale la popolazione potrebbe non riprendersi mai del tutto.

Ora che i confinamenti sembrano essere finiti, MITRE è al centro dell’offensiva per i passaporti vaccinali digitali per mezzo dell’Iniziativa per le Credenziali sul Vaccino. Tuttavia l’influente organizzazione di intelligence militare rimane dietro le quinte, per lo più sconosciuta a un pubblico statunitense le cui vite potrebbero essere radicalmente alterate da uno dei suoi più importanti progetti.

Per leggere la prima puntata di questa serie sui passaporti vaccinali digitali a cura di Jeremy Loffredo and Max Blumenthal, cliccare qui.

(Traduzione a cura della redazione)

Lezione in libertà a Bologna

Gli studenti universitari di Bologna, mobilitati contro lo stato di emergenza permanente e l’infame lasciapassare nazistoide, hanno dato vita ad una rassegna di lezioni all’aperto con alcuni accademici e non, particolarmente impegnati sul fronte delle tematiche citate.

A seguire, la video documentazione dei primi cinque appuntamenti finora svoltisi.

Salute pubblica o ricchezza privata? Come i passaporti digitali vaccinali spianano la strada verso un capitalismo di sorveglianza senza precedenti

Di Jeremy Loffredo e Max Blumenthal per The Grayzone, 19 Ottobre 2021

I titani del capitalismo globale stanno sfruttando la crisi da Covid-19 per istituire in tutto l’Occidente sistemi di identificazione digitale sul modello del credito sociale

La morte per fame di Etwariya Devi, una vedova di 67 anni dello Stato rurale indiano del Jharkhand, sarebbe potuta passare inosservata se non fosse stata parte di una tendenza più ampia.

Come 1,3 miliardi di suoi connazionali indiani, Devi era stata costretta a iscriversi a un sistema di identificazione digitale biometrico chiamato Aadhaar per potere accedere ai servizi pubblici, compresa l’assegnazione mensile di 25 kg di riso che le spettava. Quando la sua impronta non riuscì a essere registrata con questo scadente sistema, a Devi fu negata la sua razione di cibo. Durante il corso dei tre mesi successivi nel 2017, le fu ripetutamente negato il cibo fino a quando soccombette alla fame, da sola a casa sua.

Premani Kumar, una donna di 64 anni anche lei del Jharkhand, ha subito la stessa sorte di Devi, morendo di fame e di esaurimento lo stesso anno dopo che il sistema Aadhaar trasferì senza il suo premesso i suoi pagamenti pensionistici a un’altra persona mentre nel frattempo sospendeva le sue razioni mensili di cibo.

Un destino analogamente crudele fu riservato a Santoshi Kumari, una ragazzina di 11 anni, anche lei del Jharkhand, che a quanto si dice morì chiedendo l’elemosina per il riso dopo che la tessera annonaria della sua famiglia era stata cancellata perché non era stata collegata al sistema di identificazione digitale Aadhaar.

Queste tre morti strazianti sono fra un’ondata di decessi avvenuti nel 2017 nell’India rurale e tutte quante sono state il diretto risultato del sistema di identificazione digitale Aadhaar.

Con oltre un miliardo di indiani nel suo database, Aadhaar è il più grande programma di identificazione digitale biometrica mai costruito. Oltre a fungere da portale per accedere ai servizi governativi, tiene traccia dei movimenti degli utenti fra le città, del loro status professionale e dei loro acquisti. È un sistema di credito sociale de facto che serve da punto di ingresso chiave per accedere ai servizi in India.

Dopo aver definito il collega miliardario Nandan Nilekani un “eroe”, le iniziative sostenute dall’oligarca dell’alta tecnologia Bill Gates hanno cercato a lungo di portare ”l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”. Con l’inizio della crisi da Covid-19, Gates e altri esperti del settore dell’ID digitale hanno un’opportunità senza precedenti di introdurre i loro programmi nei Paesi ricchi del Nord.

Per coloro che agognano la fine delle restrizioni legate alla pandemia, i programmi con credenziali certificanti la loro vaccinazione contro il Covid-19 sono stati lanciati sul mercato come la chiave per riaprire l’economia e ripristinare la loro libertà personale. Ma l’implementazione dei passaporti di immunità sta anche accelerando la creazione di un’infrastruttura di identità digitale globale.

Come ha recentemente affermato la Thales, società di vigilanza militare e appaltatore della NATO, i passaporti vaccinali ”sono il precursore dei portafogli di identità digitali “.

E come ha enfatizzato su Forbes l’amministratore delegato di iProov, società di identificazione biometrica e appaltatore della Homeland Security (Dipartimento della Sicurezza Interna USA), “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà in effetti nel futuro l’intero campo dell’identificazione digitale. Pertanto, non si tratta solo del Covid, questo è qualcosa persino più grande“.

Per lo stato di sicurezza nazionale, i passaporti di immunità digitale promettono un controllo senza precedenti sulle popolazioni ovunque tali sistemi siano implementati. Ann Cavoukian, l’ex commissario per la privacy dell’Ontario, in Canada, ha descritto il sistema di passaporti dei vaccini già attivo nella sua provincia come ”una nuova rete di sorveglianza inevitabile, con dati di geolocalizzazione tracciati ovunque“.

Per gli oligarchi dell’alta tecnologia come Bill Gates e istituzioni neoliberali come il World Economic Forum, i sistemi di identità digitale e valuta digitale hanno già permesso l’estrazione di profitti incredibili nei Paesi del Sud, dove centinaia di milioni di persone rimangono senza alcun servizio bancario e quindi al di fuori dell’ambito dei sistemi di pagamento elettronico.

Oggi, mentre monta la protesta dal basso contro il regime di esclusione del passaporto vaccinale, i capitani del capitalismo globale stanno conducendo una campagna più urgente che mai per portare il sistema di identificazione digitale in Occidente.

Per questi interessi elitari, la digitalizzazione dei passaporti di immunità rappresenta uno strumento critico in una trasformazione economica e politica pianificata da tanto tempo.

Senza tessera Covid, io e mia moglie siamo emarginati dalla società”

In tutto il mondo, la certificazione della vaccinazione contro il COVID-19 è già un requisito per partecipare alla vita quotidiana.

In Indonesia, i vaccini contro il COVID-19 sono obbligatori e coloro che rifiutano possono rischiare multe o gli viene negato l’accesso ai servizi pubblici. In Grecia, i residenti devono presentare il certificato di immunità per lavorare o entrare nei bar, teatri e altri spazi pubblici al chiuso

La Francia ha similmente richiesto ai residenti di portare con sé un pass sanitario per accedere a tutti i ristoranti, bar, treni e qualsiasi luogo che possa ospitare più di 50 persone, una decisione che ha scatenato estese proteste in tutto il paese. L’ex candidato socialista alla presidenza francese Jean-Luc Mélenchon ha criticato aspramente le nuove restrizioni come” assurde, ingiuste e autoritarie“.

L’Italia ha imposto il suo lasciapassare verde a tutti i lavoratori, minacciando la cessazione dei rapporti di lavoro e la sospensione del salario. L’Italia richiede questo pass anche per usare i mezzi pubblici. Le scene riguardanti uomini della vigilanza privata mentre eseguono il controllo del Green Pass e l’esclusione degli anziani in Italia dai servizi vitali hanno già iniziato a diventare virali sui social media.

Le restrizioni per i Lituani che non sono doppiamente vaccinati e che non sono in grado di dimostrare una recente precedente infezione da Covid-19 sono fra le più rigide al mondo. Gli sono vietati i ristoranti, tutti i negozi di generi non essenziali, i centri commerciali, i negozi di estetica, le librerie, le banche o le agenzie d’assicurazione, le università, cure mediche in regime di degenza, e i viaggi ferroviari.

Gluboco Lietuva, un uomo che si autodefinisce “padre lituano” che ha rifiutato la vaccinazione affermava su Twitter: “Senza Covid Pass, mia moglie e io siamo stati messi al bando dalla società. Non abbiamo nessun reddito. Ci sono stati vietati la maggior parte dei negozi. A malapena possiamo sopravvivere”.

Quattro su dieci province canadesi attualmente richiedono ai propri cittadini di mostrare la prova di essere stati vaccinati contro il Covid-19 per potere entrare in spazi pubblici al chiuso come ristoranti e teatri. Tutti i dipendenti pubblici federali e alcuni altri lavoratori devono essere vaccinati per conservare i loro posti di lavoro.

Il governo del primo ministro canadese Justin Trudeau richiede anche a tutti i viaggiatori in aereo e ai viaggiatori su treni interprovinciali di essere vaccinati. La provincia canadese di Alberta questo settembre prese una misura ulteriore quando annunciò che a tutti coloro che non possono provare di avere fatto il ciclo completo di vaccinazione per il Covid non gli sarà più permesso di socializzare al chiuso con gruppi di più di 12 persone.

In Israele, nel frattempo, solo coloro che hanno ricevuto tre dosi possono lavorare o fare acquisti al chiuso e andare nei ristoranti; i cittadini che hanno ricevuto due dosi vaccinali più di sei mesi fa sono ora considerati non vaccinati. Questa regola ha consolidato ciò che persino il New York Times ha giudicato “un sistema dualistico fra vaccinati e non vaccinati…. che solleva questioni legali, morali ed etiche”.

Negli USA, il presidente Joe Biden “sta procedendo con i requisiti vaccinali ovunque può”. Biden, che ha dichiarato che “la sua pazienza si sta esaurendo” per gli Americani non vaccinati, recentemente ha annunciato nuovi requisiti federali che impongono a circa 80 milioni di Americani – inclusi tutti coloro che lavorano in società con più di 100 dipendenti – che devono, o essere vaccinati, oppure sottoporsi settimanalmente al test per il Covid.

Biden ha anche imposto che coloro che lavorano in istituti che ricevono le coperture sanitarie come Medicare o Medicaid devono mostrare la prova dell’immunità per mantenere i loro posti di lavoro. Secondo la Associated Press, il presidente Biden sta prendendo in considerazione la prova dell’immunità per i viaggi interstatali, una restrizione che il suo precedente consulente per la salute pubblica, Ezekiel Emanuel, aveva chiesto insistentemente.

Nello stato del Colorado, il sistema ospedaliero “UC Health” ha annunciato che non permetterà trapianti di organo da eseguire su pazienti non vaccinati, suggerendo di andare in Texas per le procedure salvavita.

La città di New York offre un assaggio del programma in serbo per il resto del Paese. Il prerequisito “Key To NYC” che è entrato in vigore il 13 settembre di quest’anno, richiede la prova vaccinale per lavorare o mangiare al chiuso, per attività di fitness al chiuso, per luoghi di intrattenimento come musei, stadi, sale giochi e teatri.

“Se vuoi partecipare pienamente nella nostra società, devi essere vaccinato”, ha affermato il sindaco De Blasio. “New York è un posto eccezionale letteralmente pieno di meraviglie…. se tu sei non vaccinato, purtroppo non potrai esserne partecipe”.

Gli obblighi relativi al COVID potrebbero essere permanenti

Mentre i media come la CNN hanno definito i passaporti vaccinali una ”misura utile e temporanea“, è sempre più chiaro che le restrizioni sulla prova dell’immunità imposte alle popolazioni occidentali può darsi che non cambieranno molto presto.

Il dottor Kerry Chant, Ministro della Salute del New South Wales in Australia, ha affermato che i cittadini “dovrebbero abituarsi ad essere vaccinati con vaccini anti-Covid in futuro…sarà un ciclo regolare di vaccinazioni e rivaccinazioni”.

Albert Bourla, CEO della società multinazionale Pfizer, che ha visto le sue azioni salire alle stelle durante la pandemia, ha osservato che lo ”scenario più probabile” è che i vaccini contro il coronavirus siano obbligatori ogni anno.

Come un titolo tratto da Nature nel mese di febbraio diceva, ”il coronavirus è qui per rimanere”. Oppure, come ha affermato il dottor Mike Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è ”molto, molto, improbabile” che il COVID-19 sparirà per sempre.

”Sradicare questo virus dal mondo proprio ora rassomiglia molto a cercare di pianificare la costruzione di un sentiero di pietre per la luna”, ha affermato Michael Osterholm, epidemiologo dell’Università del Minnesota a Minneapolis. ”È irrealistico“.

”D’ora in poi è la nostra vita, a ondate”, ha riconosciuto lo zar israeliano del coronavirus Salman Zarka. Zarka ha già preparato dei piani per imporre una quarta dose agli Israeliani.

Le imposizioni per il COVID verranno rinforzate digitalmente

Mentre i richiami vaccinali di routine imposti dallo Stato possono sembrare sgradevoli per molti, se non completamente insopportabili per altri, l’incubo rappresenta l’occasione di una vita. A partire da maggio 2020, sole sette settimane dopo che la pandemia era stata dichiarata, il miliardario americano Bill Gates prevedeva che” prima o poi avremo dei certificati digitali per vedere chi è guarito o è stato testato di recente, o quando abbiamo un vaccino, chi lo ha ricevuto”.

Ora, più di un anno dopo, un numero crescente di governi locali e nazionali richiede una qualche forma di prova digitale della vaccinazione o dell’immunità naturale contro il COVID-19.

A coloro che vogliono viaggiare in Canada, per esempio, viene richiesto di scaricare una app che verifica lo stato di vaccinazione dei viaggiatori in entrata. Il governo prevede anche di introdurre un passaporto federale digitale vaccinale per tutto il Canada nei prossimi mesi.

Quando l’Unione Europea (UE) aprì ai turisti stranieri questa estate, introdusse un “Certificato Digitale COVID” che consentiva l’ingresso a coloro vaccinati contro il COVID-19, a coloro che risultano negativi al test o a coloro che si erano recentemente ripresi da un’infezione. Il “Certificato Verde Digitale” proposto è stato promosso come un modo per facilitare la libera circolazione sicura all’interno dell’UE durante la pandemia.

Il governo francese ha stretto una partnership con una società di tecnologia biometrica chiamata IDEMIA per ”rendere più facile per i suoi cittadini dimostrare la propria identità ed effettuare transazioni online usando uno smartphone“. La nuova applicazione ”consentirà ai cittadini francesi di posizionare la propria carta d’identità elettronica nazionale [introdotta in Francia nell’ambito della risposta al COVID-19 nell’agosto 2021] … sul retro del proprio smartphone e avere immediatamente conferma della propria identità“. IDEMIA sta anche aiutando la Francia a certificare i dati sull’immunità dei viaggiatori con la sua suite Health Travel Pass.

Gli Stati Uniti accettano ancora le tessere di vaccinazione cartacee e il presidente Biden ha insistito sul fatto che non ci sia una app a livello nazionale per i posti di lavoro. Tuttavia, sette Stati (California, New York, Louisiana, Colorado, Illinois, New Jersey e Hawaii) hanno già implementato applicazioni che certificano la vaccinazione COVID-19 e hanno vari gradi di obblighi vaccinali per il Covid-19 sul posto/a livello locale.

ImmunaBand, un braccialetto indossabile, la cui missione aziendale è ”avvicinare un po’ il mondo in tempo di pandemia da COVID-19 e consente di dimostrare al mondo il vostro stato di vaccinazione/status vaccinale“, è stato approvato anche dalla città di New York come prova di vaccinazione.

“Nel tipico modo americano, il governo degli Stati Uniti sta relegando la creazione di certificati di vaccinazione digitali al settore privato”, ha affermato Data & Society, organizzazione no profit.

In effetti, dietro l’impulso per i passaporti vaccinali digitali c’è una cricca di istituzioni neoliberali sovranazionali guidate da donatori oligarchici dell’industria tecnologica.

Interessi aziendali elitari dietro i passaporti digitali COVID

Le mega società per azioni, le istituzioni finanziarie internazionali e le fondazioni private sostenute da miliardari hanno svolto un ruolo vitale nel fare attività di lobbying per i passaporti vaccinali digitali e nel rendere effettivi gli stessi.

Il promettente sistema di passaporto sanitario globale è stato coordinato sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) facente parte dell’ONU. Tuttavia, questa istituzione (l’OMS) è così intrecciata con ricchi interessi privati ​​che difficilmente può essere caratterizzata come un organismo di sanità “pubblica”.

Come l’ex direttore dell’OMS Margaret Chan ha detto alla regista Lilian Franck,” Solo il 30% del mio budget è costituito da fondi prevedibili. Per il restante 70%, devo prendere un cappello e viaggiare per il mondo supplicando denaro. E quando ci danno dei soldi, è estremamente legato alle loro preferenze, a ciò che a loro piace”.

Il primo tra questi finanziatori privati ​​è il secondo uomo più ricco del mondo, Bill Gates, e la sua Fondazione Bill e Melinda Gates, che risulta essere il secondo donatore dell’OMS.

La Gates Foundation ha recentemente contribuito a finanziare un documento dell’OMS che fornisce ”guida all’implementazione” per le certificazioni vaccinali in tutto il mondo. Gli autori hanno creato questo documento assieme alla Fondazione Rockefeller e con l’assistenza di diversi rappresentanti di alto livello della Banca Mondiale.

Secondo Foreign Affairs, ”Poche delle iniziative politiche o normative standard stabilite dall’OMS sono annunciate prima di essere state esaminate non ufficialmente dallo staff della Gates Foundation“. Oppure, come altre fonti dissero a Politico nel 2017, ”le priorità di Gates sono diventate quelle dell’OMS“.

Anche il World Economic Forum (WEF) è in prima linea nel passaggio ai certificati digitali. ”Il Forum fa parte del gruppo di lavoro dell’OMS per riflettere su questi standard [requisiti del certificato vaccinale] e pensare a come sarebbero usati“, si legge in un articolo del WEF risalente a maggio 2021.

Sulla carta, il WEF (noto anche come l’Organizzazione Internazionale per la Cooperazione Pubblico-Privato) è una ONG e un “think tank” impegnato a migliorare lo stato del mondo . In realtà, è una rete internazionale di alcune delle persone più ricche e influenti del pianeta. Il Forum si posiziona come opinion leader del capitalismo mondiale.

L’organizzazione è meglio conosciuta per il suo raduno annuale della classe dirigente globale/ a livello globale. Ogni anno, manager di hedge fund, banchieri, amministratori delegati di multinazionali, rappresentanti dei media e capi di Stato si riuniscono a Davos per “determinate le agende globali, regionali e industriali“. Come ha detto Foreign Affairs, ”il WEF non ha un’autorità formale, ma è diventato il principale forum delle élite per discutere di idee politiche e relative priorità per realizzarle“.

Nel 2017, l’economista tedesco e fondatore del WEF Klaus Schwab introdusse il concetto di ”Quarta rivoluzione industriale” con il titolo del libro che pubblicò quell’anno. La Quarta Rivoluzione Industriale (4RI), secondo Schwab, rappresenta l’attuale ”rivoluzione tecnologica” che sta cambiando il modo in cui le persone ”vivono, lavorano e si relazionano tra loro“, e con implicazioni ”diverse da qualsiasi cosa l’umanità abbia vissuto”.

Per lui, la Quarta Rivoluzione Industriale è la “fusione dei mondi a livello fisico, digitale e biologico”. Schwab ha persino detto che la Quarta Rivoluzione Industriale condurrà inevitabilmente verso il transumanesimo, o la modificazione del genoma umano.

Nel gennaio 2021, secondo Forbes, diversi partner del WEF, tra cui Microsoft, Oracle, Salesforce e molti altri “pesi massimi”, annunciavano una partnership per lanciare l’Iniziativa Per La Credenziale Vaccinale (Vaccine Credential Initiative – VCI), allo scopo di sviluppare strumenti di autenticazione digitale riguardanti le immunità da vaccinazioni.

Puntando ad istituire un’unica “tessera sanitaria SMART” per tutto il mondo, la VCI pretende che le proprie tessere sanitarie SMART vengano riconosciute “al di sopra dei confini organizzativi e giurisdizionali”.

Negli USA, alcuni Stati stanno già dislocando le tessere sanitarie SMART sviluppati dalla VCI. Queste tessere sanitarie SMART hanno gettato le basi per uno standard nazionale de facto per le credenziali vaccinali.

”Se un numero sufficiente di Stati adottasse questa tecnologia, potrebbe diventare uno standard nazionale de facto e sollevare l’amministrazione Biden dal dovere definire requisiti federali per scopi nazionali“, faceva notare Politico.

L’ultima versione di iOS di Apple, iOS 15, include persino il supporto per la SMART Health Card

A partire da oggi, coloro che hanno ricevuto un vaccino in California, Hawaii, Louisiana, New York, Virginia o in certe contee del Maryland possono ottenere una tessera sanitaria SMART dallo Stato.

Nella maggior parte degli altri Stati, la tessera sanitaria SMART è disponibile per coloro che sono stati vaccinati in una delle più di 17.100 farmacie facenti parte delle catene farmaceutiche CVS, Walgreen o Rite Aid, diffuse su scala nazionale.

”Più Stati, farmacie e sistemi sanitari inizieranno molto presto ad emettere tessere sanitarie SMART“, promette il sito di Commons Project, uno dei fondatori dell’iniziativa VCI.

L’amministratore delegato di Commons Project Paul Meyer è un ”giovane leader” del World Economic Forum.

In India, gli oligarchi tecnologici usano il sistema di identificazione digitale per imporre il credito sociale ai poveri delle zone rurali, dando origine a esclusione sociale e persino alla morte

Nel 2015, la Gates Foundation ha fornito il capitale iniziale per un progetto della Yale School of Public Health che sarebbe diventato noto come Khushi Baby. Attualmente organizzazione senza scopo di lucro, Khushi Baby realizza collane dotate di microchip da far indossare a un bambino in qualsiasi momento per tenere traccia del loro stato vaccinale e stabilire un monitoraggio continuo dalle prime vaccinazioni fino all’età adulta. L’organizzazione no-profit afferma che ora sta utilizzando i dati provenienti da più di 35.000 villaggi in India per creare algoritmi che ”prevedono i risultati sanitari per le madri e i bambini“.

Nel 2016, IDEMIA, l’azienda di sicurezza che ora lavora con il governo francese sulle vaccinazioni e la relativa verifica di identità, progettò collane dotate di microchip. Queste collane sono state usate per tracciare i dati sanitari di 13 milioni di persone in India dall’inizio della pandemia.

Questi programmi sono stati immessi sul mercato da consulenti aziendali come strumenti essenziali per migliorare l’uguaglianza e l’inclusione nei Paesi del Sud del mondo. ”L’identificazione digitale è la chiave per una crescita inclusiva“, sosteneva McKinsey, la società di consulenza globale, nel 2019.

”Qualcosa come un miliardo di persone potrebbero essere finanziariamente più inclusi e partecipativi”, ha affermato Mike Kubzansky, managing partner della rete Omidyar del fondatore di Ebay e magnate dei media Pierre Omidyar, durante un panel del WEF che esplorava come ”l’Identificazione Digitale Offre una Significativa Opportunità per la Creazione di Valore”.

Come Gates, Omidyar ha pesantemente investito nel progresso dell’identificazione digitale e dei sistemi valutari attraverso la sua rete Omidyar, che collabora con il World Economic Forum sulla Good ID Initiative.

Uno sguardo più da vicino alla spinta verso l’”inclusione” da parte dei colossi aziendali rivela che il loro linguaggio altruistico è poco più di una copertura di pubbliche relazioni per motivi di puro profitto, con conseguente emarginazione e persino morte per molti di coloro coinvolti nei loro sistemi di identità digitale.

Oltre a servire come luogo per il progetto Khushi Baby, l‘India è diventata un laboratorio per il tracciamento digitale e i sistemi di identificazione. Con il supporto di travestimenti capitalistici occidentali come la Gates Foundation e la Banca Mondiale, il Paese è diventato il sito del più grande database di identità digitale del mondo, noto come Aadhaar.

Il sistema Aadhaar è indicato con una serie di 12 cifre che serve come prova di identità e di indirizzo, fra gli altri segni evidenziatori, ovunque in India. Fino a oggi, un miliardo e trecento milioni di indiani sono stati iscritti nel sistema, il che lo rende il più grande database di identificazione biometrica mai costruito. Contiene le scansioni dell’iride e le impronte digitali di entrambe le mani di ciascun utente. La tecnologia per questo sistema è stata fornita da nessun altro che la società di sicurezza francese IDEMIA.

Aadhaar fu reso effettivo nel 2014, l’anno in cui Narendra Modi, un sostenitore del libero scambio e della tecnologia, è salito alla carica di primo ministro. Il suo creatore, il miliardario della tecnologia Nandan Nilekani, è stato soprannominato ”il Bill Gates di Bangalore“, celebrato da entusiasti della globalizzazione come Thomas Friedman, e salutato nientemeno che da Gates come un ”eroe” altruista. La Gates Foundation ha collaborato con Nilekani al suo progetto ”Co-impact” assieme alla Skoll Foundation del miliardario Jeffrey Skoll, co-fondatore di eBay.

“Aadhaar è una risorsa enorme per l’India”, così ne parlava calorosamente Bill Gates in un’intervista del 2019 sul network indiano Times Now. “Il fatto che si possano fare pagamenti digitali e aprire un conto bancario così facilmente, l’India è un Paese leader in questo settore. Ci sono enormi vantaggi nel poter far arrivare il denaro digitale emesso dal governo direttamente al beneficiario”.

Ma dietro la propaganda neoliberale, il sistema di identificazione digitale Aadhar di Nilekani ha devastato le vite delle popolazioni più vulnerabili e stigmatizzate dell’India.

Nello Stato orientale indiano di Jharkhand, un’ondata di morti si verificò nel 2017 quando i cittadini impoveriti furono esclusi dalle razioni di cibo sovvenzionate dal governo per mezzo del sistema Aadhaar. In parecchi casi, le vedove anziane si sono viste negare il riso per diversi mesi perché il sistema non riconosceva le scansioni delle loro impronte digitali.

Circa nello stesso periodo, tre fratelli morirono di fame dopo non essersi registrati correttamente nel sistema di identificazione digitale Aadhaar e successivamente furono negate loro le razioni per sei mesi. La stessa crudele sorte toccò alla famiglia Kumari, che non riuscì a ottenere un’identità digitale nel sistema di identificazione digitale Aadhaar, perse la sua tessera alimentare e videro la figlia undicenne Santoshi morire di fame.

“Molte persone in Jharkhand sono state vittime di una simile perdita di diritti alimentari durante gli ultimi mesi”, riportava India’s Scroll, un quotidiano indiano online. “La ragione principale è che l’autenticazione biometrica, alla base del sistema di identificazione digitale Aadhaar, è ora obbligatoria in circa l’80% dei negozi che erogano le razioni alimentari nello Stato di Jharkhand”.

Secondo India’s Scroll, un campione casuale di 18 villaggi in cui l’autenticazione biometrica era obbligatoria rivelò che uno sbalorditivo 37% dei titolari della carta non poterono accedere alle loro razioni alimentari.

Oltre a far sì che il sistema di identificazione digitale Aadhaar sia diventato la chiave per ottenere servizi governativi, il governo Modi ha integrato i dati raccolti da tale sistema per istituire un “database a 360 gradi” che “traccia automaticamente quando un cittadino si sposta fra le città, quando cambia lavoro o acquista una nuova proprietà”, secondo quanto riferito dall’Huffington Post.

Quando il Covid-19 raggiunse l’India all’inizio del 2020, Nilekani propose di impiegare Aadhaar come base per un programma di vaccinazione e tracciamento anti-Covid. “Dobbiamo assicuraci che tutti ricevano un certificato digitale con la data di vaccinazione, il nome del vaccino e attraverso quale fornitore e la località in cui è stato somministrato”, Nilekani dichiarò nel 2020.

Come era prevedibile, il sistema di sorveglianza di massa di Nilekani ha dimostrato di essere molto più efficace nel raccogliere dati che nel proteggerli. Nel 2018, il quotidiano Indian Tribune fu in grado di acquistare le informazioni personali di quasi tutti gli utenti di Aadhaar tramite venditori anonimi su WhatsApp. Il processo richiese solo dieci minuti e costò circa sei dollari, secondo quanto riferito dal quotidiano stesso.

Le violazioni seriali del sistema della privacy hanno persino spinto alcuni indiani HIV positivi a ritirarsi dai programmi di trattamento antiretrovirale che richiedono la carta Aadhaar. Sebbene venga detto che l’adesione a Aadhaar è su base volontaria, le persone con HIV si sono lamentate con i media indiani di aver subito pressioni per iscriversi al programma di identificazione digitale e di essere state minacciate di perdita dei servizi medici.

I sostenitori della privacy negli Stati Uniti indicano i programmi di identità nazionale digitale come quelli di Aadhaar come giganteschi strumenti di sorveglianza che gettano le basi per un sistema di credito sociale.

Parlando al Comitato per i servizi finanziari della Camera degli Stati Uniti nel luglio 2021, Elizabeth Renieris, del Technology Ethics Lab di Notre Dame, lanciò un avvertimento: “In India, il numero Aadhaar è in grado di tracciare la tua attività in ogni aspetto della tua vita, dall’impiego lavorativo che svolgi all’assistenza sanitaria, alla scuola, praticamente tutto quello che fai. Non puoi conservare autonomia in settori specifici della tua vita. Non puoi separare la tua reputazione personale e professionale. Non puoi avere questo genere di identità personale contestualizzata. Penso che ciò sia davvero problematico.”

“Dobbiamo evitare di costruire sistemi di identificazione digitale e infrastrutture in un modo che ulteriormente espande e rafforza lo stato di sorveglianza, come fa il sistema di identità nazionale in India”, ha continuato Renieris.

Ma è l’aspetto onnicomprensivo di credito sociale di Aadhaar che ha reso Bill Gates così appassionato del sistema.

Parlando ai più alti decisori politici dell’India nel 2016, il secondo uomo più ricco del mondo dichiarò: “Nel corso del tempo, tutte queste transazioni creano un’impronta e quindi quando fai domanda di credito, l’abilità di accedere ai dati storici che hai pagato le tue bollette in tempo, che hai risparmiato soldi per l’istruzione dei tuoi figli, tutte quelle cose nella tua traccia digitale, di cui si è avuto accesso in modo appropriato permettono al mercato del credito di valutare adeguatamente il rischio.”

ID4D espande l’identificazione digitale per tracciare più attività umane che mai

Nel 2016, la Fondazione Gates ha stanziato finanziamenti per un progetto della Banca Mondiale chiamato Identity for Development (ID4D) Initiative con lo scopo dichiarato di portare “l’approccio Aadhaar ad altri Paesi”.

Finora, la Banca Mondiale ha investito 1,2 miliardi di dollari nell’iniziativa ID4D , con l’obiettivo ufficiale di creare “sistemi di identificazione che utilizzino soluzioni del 21° secolo”.

Tra i quattro partner finanziari che stabilirono l’iniziativa c’erano due familiari organizzazioni finanziate da Big Tech: The Gates Foundation e The Omidyar Network, assieme all’Australian Aid e UK Aid. Secondo la Banca Mondiale, in particolare, “i contributi che hanno funto da catalizzatore” della Fondazione Gates trasformarono il progetto da un’idea a un’iniziativa funzionale della Banca Mondiale.

Nilekani di Aadhaar siede attualmente nel consiglio consultivo dell’Iniziativa ID4D.

Secondo la Banca Mondiale , ID4D “promuove l’uso di sistemi di identificazione digitale per la libera circolazione e la fornitura di servizi, creando collegamenti tra i sistemi che permettono agli utenti di autenticarsi per servizi chiave come la ricezione di pagamenti di trasferimento sociale, il completamento di transazioni finanziarie, e l’attraversamento di confini”.

I materiali promozionali inquadrano questa impresa come una causa umanitaria incentrata sull’aiuto alle donne povere e sull’inclusione nell’economia moderna delle persone senza un conto in banca come rifugiati e migranti.

Tuttavia, uno sguardo più attento ai sostenitori dell’iniziativa e alla loro agenda rivela un obiettivo di lunga data dei capitani del capitalismo globale: creare un sistema di identità digitalmente caratterizzato che consenta a potenti istituzioni pubbliche e private di monitorare più attività umane che mai.

“L’ID digitale … può essere usato abilmente da piattaforme governative e commerciali per facilitare una varietà di transazioni digitali, inclusi i pagamenti digitali”, spiega la Banca Mondiale.

In un white paper dell’agosto 2021, la Banca Mondiale chiedeva alle nazioni africane di realizzare un “mercato digitale unico” e di allentare le normative sull’infrastruttura digitale per ridurre il rischio per gli investitori. Il documento rivelò le reali intenzioni dietro la spinta della Banca Mondiale per la chiusura del divario digitale: aprire il continente agli investimenti esteri. “La regolamentazione del governo”, dichiarava il documento, “ha bisogno di rendere scorrevole il percorso verso la trasformazione digitale nella regione”.

“Accelerando la trasformazione digitale dell’Africa, le aziende possono raccoglierne i benefici”, proclamava il World Economic Forum (WEF) in un articolo del 2020 intitolato “L’Africa ha il potenziale per rilanciare la crescita globale”.

“Ci saranno […] opportunità lucrative in Algeria, Angola, Etiopia, Ghana, Kenya, Marocco, Sudan e Tunisia … una buona scommessa per le aziende che cercano di entrare in nuovi mercati”, consigliava il WEF.

Come ha scritto di recente il World Economic Forum, ” Il COVID-19 ha evidenziato i vantaggi della creazione di un’economia digitale”. Tuttavia, i vantaggi di cui parla il gruppo probabilmente ricadranno dalla parte dei suoi portatori di interessi (stakeholder).

I partner della “Piattaforma per una buona identità digitale” del World Economic Forum includono l’azienda di identificazione biometrica Accenture, Amazon, Barclays Bank, Deutsche Bank, HSBC Bank, Mastercard, l’azienda di tecnologia biometrica Simprints e il gigante del credito Visa.

Gli stakeholder dell’iniziativa rappresentano i principali beneficiari di un sistema di identificazione biometrica imposto al Sud del mondo, con le multinazionali finanziarie occidentali svolgenti la funzione di porta d’accesso per i suoi abitanti per partecipare all’economia globale.

Il WEF ha anche reso chiaro che l'”obiettivo finale” della sua agenda è espandere il modello stabilito in India fino a quando ogni persona nel mondo possiede un ID digitale unico.

In un articolo intitolato “L’ID digitale è il catalizzatore del nostro futuro digitale”, Mohit Joshi , un “giovane leader” del WEF, sosteneva che “i governi dovrebbero utilizzare [Aadhaar] per ottimizzare la fornitura di servizi e pagamenti e aumentare in modo massiccio l’inclusione finanziaria.”

In un documento separato, comunque, il WEF ammise che il nuovo sistema digitale non fornirà necessariamente agli utenti la liberazione che è stata loro promessa: “L’identità digitale della quarta rivoluzione industriale determinerà a quali prodotti, servizi e informazioni possiamo accedere – o, al contrario, ciò che ci è precluso”, ha affermato il WEF.

ID2020 usa a proprio vantaggio le vaccinazioni per spingere “oltre un livello distopico” i sistemi di identificazione e i pagamenti digitali

Nel 2016, la Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI) di Bill Gates, Microsoft, Accenture e la Rockefeller Foundation hanno costituito un nuovo consorzio per fornire certificati di identificazione digitale ai bambini in età infantile quando riceveranno le vaccinazioni di routine. Lo chiamarono ID2020, indicandolo incidentalmente per l’anno in cui una pandemia globale sarebbe stata dichiarata.

ID2020 dice che è “concentrato a essere a capo dello standard di identità biometrica digitale a livello globale” e sostiene che gli ID digitali condurranno all'”indipendenza finanziaria”.

I partner dell’iniziativa ID2020 includono il gigante delle carte di credito MasterCard e Simprints, un’azienda di tecnologia biometrica supportata dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID, una tradizionale organizzazione di copertura per l’intelligence statunitense.

Il progetto “community pass” di MasterCard mira a catturare i dati biometrici di 30 milioni di individui in zone remote dell’Africa nei prossimi tre anni e a dargli una smart card biometrica, la MasterCard Community Pass, che a sua volta fornirà gli Africani di un’identità biometrica digitale e di un conto bancario digitale.

ID2020 è attualmente in funzione in Bangladesh , dove amministra la registrazione biometrica e il sistema di identificazione digitale per i bambini in età infantile quando ricevono le vaccinazioni di routine. L’amministratore delegato di GAVI, Seth Berkely, ha detto che pianifica di espandere il programma in tutto il mondo sottosviluppato, lavorando con multinazionali come Facebook e MasterCard per vincolare lo stato di vaccinazione a un sistema di identificazione biometrica.

“L’89 per cento dei bambini e degli adolescenti senza identificazione vive in paesi supportati da GAVI”, affermava Berkley . “Siamo entusiasti del potenziale impatto di questo programma non solo in Bangladesh, ma come qualcosa che possiamo replicare in tutti i Paesi con requisiti idonei a far parte di GAVI”.

Con la dichiarazione dell’OMS di una pandemia globale nel marzo 2020, è arrivata un’opportunità senza precedenti per le forze che fanno avanzare gli ID digitali. Come Andrew Bud, amministratore delegato della società di tecnologia biometrica e appaltatore del Dipartimento della Sicurezza Interna iProov, che così si entusiasmava, “L’evoluzione dei certificati vaccinali guiderà effettivamente l’intero campo dell’identità digitale in futuro. Quindi, di conseguenza, non si tratta solo di Covid, si tratta di qualcosa di persino più grande”.

Entro l’anno successivo, ID2020 e l’azienda di identificazione biometrica partner di USAID, Simprints, avevano usato a proprio vantaggio i fondi della Gates Foundation per pubblicare un articolo intitolato ” Consegna di vaccini COVID-19: un’opportunità per organizzare sistemi per il futuro “. Gli autori sostenevano che i vaccini COVID-19 nel Sud del mondo avrebbero potuto essere utilizzati come “potenziale leva” per fornire sistemi di identificazione biometrici digitali.

Hanno continuato ammettendo che tali sistemi biometrici digitali sarebbero rimasti in vigore molto tempo dopo la fine della pandemia di COVID-19 e sarebbero stati sfruttati per una serie di scopi dopo il lancio: “La biometrica ha il vantaggio di essere agnostica rispetto al caso d’uso”, i co-autori scrivevano, “nel senso che può connettere diversi sistemi durante o anche dopo il lancio”.

Elizabeth Renieris del Notre Dame-IBM Tech Ethics Lab rassegnò le dimissioni dal ruolo di consulenza tecnica per ID2020, citando “i rischi per le libertà civili” dopo che l’iniziativa si mise in alleanza con i giganti della tecnologia per progettare passaporti di immunità COVID supportati dalla tecnologia blockchain ancora in fase sperimentale.

Renieris proseguì nel denunciare il promettente sistema di identificazione digitale come un incubo per le libertà civili: “La prospettiva di limitare severamente i diritti e le libertà fondamentali degli individui attraverso piani insensati di ‘passaporti di immunità’ o certificati simili, in particolare quelli che farebbero leva su prematuri standard e su una tecnologia altamente sperimentale e potenzialmente lesiva dei diritti come la blockchain, va oltre la distopia”.

Gli esperti di ID digitali prendono di mira i poveri del mondo

Mentre collegare un’identità biometrica digitale alle finanze degli individui è quasi certo che escluda un sacco di gente, e ne ha persino ucciso alcuni tagliando fuori dai servizi governativi i cittadini in stato di povertà, gli istituti finanziari e creditizi predatori vedono la tecnologia come il mezzo perfetto per capitalizzare su mercati non sfruttati e in via di sviluppo.

Un rapporto del settembre 2021 di BankServAfrica, la più grande stanza di compensazione automatizzata di pagamenti digitali in Africa, che è diretta da ex manager di MasterCard, VISA e IBM, sollecitava il Sudafrica ad adottare un sistema di identificazione digitale biometrico.

Il rapporto proclamava: “È arrivato il momento per i consumatori, gli investitori e i settori pubblico e privato di lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo comune di attivare un’identità digitale solida, sicura e fidata per il Sudafrica”.

La piattaforma di pagamento digitale di BankServAfrica è attualmente testata in Namibia, Zimbabwe e Tanzania con il supporto finanziario della Banca mondiale, dell’USAID e della Bill & Melinda Gates Foundation.

“La pandemia di COVID-19 ha dimostrato quanto sia critico un sistema di identificazione digitale”, insisteva a dire il Direttore Commerciale di BankServAfrica.

Il rapporto di BankServAfrica sosteneva che un solido sistema di identificazione digitale biometrica aiuterà il Sudafrica a realizzare “processi FICA [sistema di punteggio per il credito] più semplici” e “un mercato del credito al consumo equo, trasparente, competitivo, sostenibile, responsabile, efficiente ed efficace”.

Ma dietro la nobile retorica neoliberista schierata dall’industria finanziaria si trova un indecente storia di affarismo e invasione della privacy su vasta scala.

Nel 2007, Vodafone e Safaricom lanciarono mPesa, un sistema che consente digitalmente agli utenti di depositare, prelevare, trasferire e pagare. Il progetto fu “in grado di rendere disponibile credito e capitale per la crescita a milioni di persone che non hanno mai avuto accesso al credito prima”, secondo Areiel Wolanow , che guidava il team che progettò e costruì il motore di valutazione del credito per mPesa in Kenya.

Ma uno studio dell’economista Alan Gibson rivelò che fu il settore finanziario, non la popolazione rurale del Sud del mondo, a beneficiare veramente di mPesa. Nel frattempo, le condizioni di vita dei più poveri partecipanti al sistema non sono migliorate affatto: “Quello che è indiscutibile è che il lato dell’offerta del mercato finanziario ha beneficiato molto dagli ultimi dieci anni. Le vendite delle banche sono aumentate di 2,5 volte e gli utili di 3,5 volte, con aumento anche dei margini di profitto; gli anni dell’inclusione sono stati senza dubbio anni buoni per le banche. Questo apparente contrasto tra un cospicuo successo dal lato dell’offerta e un’economia ancora povera … solleva interrogativi sul ruolo del settore finanziario. In particolare, ci porta alle domande su chi/cosa è lì per servire e sugli incentivi che determinano il comportamento”.

In un’ulteriore accusa riguardante gli schemi di pagamento digitali apparentemente “inclusivi”, la Rivista di Economia Politica Africana scoprì che “la maggior parte di questo valore [mPesa] non va ai poveri. Piuttosto, tale tecnologia finanziaria è chiaramente progettata per risucchiare valore e depositarlo nelle mani di una ristretta élite finanziaria digitale globale che sono le forze principali dietro la rivoluzione di questa tecnologia finanziaria.

Nonostante l’evidenza di una crescente disuguaglianza, Bill Gates – la cui fondazione spende centinaia di miliardi di dollari per promuovere servizi finanziari digitali per i poveri – si profuse in salamelecchi per mPesa.

“M-Pesa è un eccellente programma”, così su Twitter Bill Gates ne parlava calorosamente in uno dei suoi parecchi tweet a favore del sistema di pagamenti digitale.

Gates si agganciava a un articolo che promuove il programma della National Public Radio, l’emittente pubblica statunitense che ha ricevuto oltre 17,5 milioni di dollari da Gates mentre pubblicava centinaia di articoli di elogio a favore del miliardario della tecnologia e delle sue iniziative in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti, nel frattempo, la campagna ID2020 di Gates ha collaborato con le forze che mandano avanti un sistema che registra lo stato vaccinale degli Americani con la stessa società che calcola il loro punteggio di credito finanziario.

L’industria del credito statunitense e le organizzazioni di identificazione dell’immunità digitale collaborano sulle “enormi opportunità per il settore commerciale”

In Illinois, ai residenti è attualmente richiesto di verificare di aver ricevuto il vaccino COVID-19 attraverso un portale online chiamato Vax Verify che funzionerà insieme al passaporto vaccinale di imminente attuazione a Chicago.

Per registrare l’avvenuta vaccinazione, i residenti dell’Illinois si devono rivolgere a Experian, il leader mondiale per il servizio di punteggio sul credito.

Il portale Vax Verify sta già incontrando resistenze per aver fornito informazioni imprecise sullo stato vaccinale. È anche argomento di serie preoccupazioni sulla sicurezza, dato il primato di infrazioni di Experian che fece trapelare i dati personali di milioni di cittadini dal Brasile al Sud Africa.

Inoltre, il portale online richiede che qualsiasi residente con un blocco del credito debba sbloccarlo con Experian prima di registrare l’avvenuta vaccinazione.

“L’uso di Experian è certamente uno dei peggiori [passaporti vaccinali] che abbia visto fino ad ora”, commentò a Yahoo News il direttore tecnico della Electronic Frontier Foundation, Alexis Hancock.

Dopo che l’Illinois è diventato il primo Stato degli USA a forgiare una relazione formale tra le certificazioni vaccinali e Experian, Bill Foster, membro del Congresso dell’Illinois e il prediletto dell’industria finanziaria, ha proposto una legislazione che vorrebbe imporre un sistema di identificazione biometrico digitale all’intera popolazione americana.

L’Improving Digital Identity Act del 2021, proposto da Foster a luglio, richiede al settore pubblico, e in particolare al Dipartimento della Difesa Nazionale, di collaborare con il settore privato per sviluppare una nuova infrastruttura di identificazione digitale biometrica per gli Stati Uniti.

Nel novembre 2020, l’ID2020 sponsorizzato da Gates fornì a Foster un forum online per promuovere il suo disegno di legge. Durante l’evento, il membro del Congresso esortò per un “fidato sistema di certificati di immunità digitale biometrico” spiegando nel mentre che il suo disegno di legge otterrebbe i dati biometrici da ogni cittadino in modo che le società private possano “usarlo a proprio vantaggio” per generare enormi profitti.

“Una volta che il governo avrà [preso] da te quei dati biometrici piuttosto seri, ci saranno enormi opportunità per il settore commerciale per usarli a proprio vantaggio”, diceva. “E per cercare di dare il via a tutto questo, ho introdotto l'”Improving Digital ID Act'”.

Le società bancarie e di carte di credito sono fra i tanti “settori commerciali” che il progetto di legge Foster beneficerà attraverso i sistemi di identificazione biometrici digitali. Il disegno di legge afferma chiaramente che il sistema di identificazione aziendale darà a “persone che usano a malapena i servizi bancari e a quelle del tutto sprovviste di servizi bancari un migliore accesso ai servizi finanziari digitali”, mimetizzando l’apertura dei mercati per i giganti della finanza nello stesso linguaggio vigile riguardo alle ingiustizie sociali che viene usato da ID4D e ID2020.

Ma mentre gli oligarchi dell’alta tecnologia e i loro partner nei settori finanziario e della sicurezza nazionale usano a proprio vantaggio l’epidemia da coronavirus per istituire un redditizio apparato di monitoraggio digitale, il dissenso sta esplodendo nei Paesi in cui i passaporti vaccinali hanno iniziato a escludere milioni di persone.

Scoppiano proteste contro i passaporti vaccinali e contro “persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”

A New York City, l’epicentro del lancio del passaporto vaccinale negli Stati Uniti, dove nel 2020 più dell’80% di tutti gli arresti per distanziamento sociale a causa del Covid sono stati eseguiti contro residenti neri, le tensioni latenti degenerarono quando tre clienti neri iniziarono una zuffa con il personale di Carmine’s, un ristorante dell’Upper West Side che gli impedì di cenare essendo sprovvisti di certificato vaccinale.

L’incidente incitò la condanna di una succursale locale del movimento Black Lives Matter, che accusò le autorità cittadine di sfruttare l’obbligo di indossare le mascherine e di esibire i passaporti vaccinali per escludere e incarcerare i residenti neri. “Quello che qui stiamo vedendo è che la polizia del dipartimento di New York e i ristoranti stanno usando il certificato vaccinale come un motivo per discriminare i neri”, ha dichiarato l’attivista BLM Kimberly Bernard.

La Francia è stata il luogo di alcune delle più grandi proteste al mondo contro il sistema di passaporti vaccinali imposto sotto la sorveglianza dell’ex banchiere e presidente Emanuel Macron. Il 14 agosto, oltre 210.000 persone invasero le strade in più di 200 proteste in tutta la Francia contro il nascente regime di sicurezza biomedica.

Al di là dell’etichettatura dei manifestanti da parte dei media di regime come truppe d’assalto di estrema destra, il francese Le Monde li descriveva come “soli, accoppiati, con la loro famiglia o i loro amici, di tutte le età, bianchi, neri, impiegati, pensionati, alcuni vaccinati, altri che si rifiutano di vaccinarsi”.

La giornalista francese Pauline Bock faceva notare che nel suo Paese “l’unica categoria lavorativa esente dalla vaccinazione obbligatoria – la polizia – sarà quella che si assicurerà che tutti quanti gli altri obbediscano. La politica è matura per un cattivo uso autoritario”.

In Italia, nel frattempo, il presidente del Consiglio italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha ordinato a tutti i dipendenti di aziende pubbliche e private di esibire un Green Pass attestante la vaccinazione per entrare nel loro posto di lavoro.

Il sistema di passaporti vaccinali Green Pass ha già escluso le persone non vaccinate da ristoranti e palestre, come pure da treni, autobus e voli nazionali in tutto il Paese. I numeri ufficiali del governo mostrano che il pass non è riuscito ad aumentare la diffusione del vaccino.

Con l’estensione del Green Pass ai luoghi di lavoro, gli Italiani sono insorti in alcune delle più grandi proteste che il mondo abbia visto contro il nascente regime di biosicurezza.

Il 9 ottobre, centinaia di migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade italiane da Roma a Trento per esprimere il loro rifiuto della politica di Draghi. A Roma, dove la polizia ha represso manifestanti pacifici con manganelli e scudi antisommossa, un gruppo di circa 20 teppisti di estrema destra attaccò un ufficio sindacale locale mentre la polizia stava ferma. Il ministro dell’Interno [sic] Carlo Sibilia sfruttò l’incidente per sostenere che “i gruppi neofascisti si nascondono dietro i cosiddetti No Vax”.

Il segretario di una fazione del Partito Comunista Italiano, Marco Rizzo, che ha condannato il sistema dei passaporti vaccinali come “uno strumento discriminatorio e divisivo che oppone l’uno all’altro”, gettava sospetti sull’accaduto.

In una dichiarazione del 10 ottobre, Rizzo avvertiva che l’incidente della “violenza fascista” avvenuto il giorno prima faceva direttamente il gioco del governo neoliberista e si interrogava se fosse in ballo una nuova “strategia della tensione”. Il leader comunista si stava riferendo alla strumentalizzazione sotto copertura dello Stato italiano dei militanti di estrema destra durante gli “anni di piombo” per fomentare la violenza e neutralizzare le organizzazioni marxiste.

Le manifestazioni si sono ora estese alla città portuale di Trieste, dove i lavoratori portuali hanno rifiutato di scaricare le merci fino a che il Green Pass venga revocato. Il 18 ottobre, la polizia italiana provò a interrompere lo sciopero dei lavoratori con idranti, gas lacrimogeni e una pesante repressione.

Due giorni prima che esplodessero in tutta Italia le proteste contro il Green Pass, il rinomato filosofo Giorgio Agamben comparve davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Senato italiano per rilasciare una drammatica dichiarazione di opposizione al Green Pass.

Agamben è famoso soprattutto per il suo concetto di Homo Sacer, o nuda vita, in cui un individuo viene spogliato dei diritti e ridotto alla sua essenza biologica in un regime extra-legale giustificato dalla guerra o da altre emergenze. Quando le autorità italiane dichiararono il primo lockdown nel marzo 2020, il filosofo applicò questa teoria alle pesanti restrizioni del suo Paese.

“La caratteristica distintiva… di questa grande trasformazione che stanno tentando di imporre è che il meccanismo che lo rende formalmente possibile non è un nuovo corpus legislativo di leggi, ma uno stato di eccezione – in altre parole, non è un’affermazione di qualcosa, ma la sospensione delle garanzie costituzionali”, spiegava il filosofo nella prefazione alla sua raccolta di scritti del 2020 sul Covid-19, Dove siamo ora: l’epidemia come politica.

Nelle sue osservazioni davanti al Senato italiano, Agamben indicò un’agenda inquietante dietro la motivazione ufficiale per i passaporti vaccinali: “È stato detto da scienziati e medici che il Green Pass non ha nessun significato medico ma serve a costringere la gente a vaccinarsi. Penso invece che dobbiamo dire il contrario: che il vaccino è un mezzo per costringere la gente ad avere il Green Pass. Questo è, un espediente che permette di monitorare e tracciare gli individui, una misura senza precedenti».

Il filosofo concluse il suo discorso prendendo di mira le forze sovranazionali – Bill Gates, il World Economic Forum e la Rockefeller Foundation, fra gli altri – determinate a imporre un sistema di identificazione digitale e di credito sociale basato su alta tecnologia a quanta più popolazione umana possibile.

“Credo che in questa prospettiva – ha avvertito Agamben – sia più che mai urgente per i parlamentari considerare la trasformazione politica in corso, che a lungo andare è destinata a svuotare il Parlamento dei suoi poteri, riducendolo alla semplice approvazione – nel nome della biosicurezza – di decreti emanati da organizzazioni e persone che hanno ben poco a che fare con il Parlamento”.

Traduzione a cura della redazione

Gli autori:

Jeremy Loffredo è un giornalista di base a Washington, DC. Ha lavorato su vari documentari indipendenti a New York e già aveva prodotto notiziari presso RT America. Adesso sta producendo un documentario indipendente sul Green New Deal.

Max Blumenthal è direttore di The Grayzone, è un giornalista vincitore di premi giornalistici e autore di diversi libri, inclusi i più venduti “Republican Gomorrah”, “Goliath”, “The Fifty One Day War”, e “The Management of Savagery”. Ha prodotto ricerche per varie pubblicazioni, molti video reportage, e parecchi documentari, compreso “Killing Gaza”. Blumenthal ha fondato The Grayzone nel 2015 per far luce sul perpetuo stato di guerra degli USA e sulle sue pericolose ripercussioni interne.

Sta a ciascuno di noi scegliere

“Il Green Pass si basa su una tecnologia blockchain a crittografia asimmetrica, ossia a doppia chiave, pubblica e privata. Senza entrare in eccessivi tecnicismi, permette di collegare determinate ‘condizioni’ a un individuo, il quale, scaricando il Pass, apre la propria identità digitale sulla relativa piattaforma di rete europea (la DGCG, Digital Green Certificate Gateway, anche detta Gateway, gestita direttamente dalla Commissione Ue: permette l’interoperabilità delle reti nazionali Digital Green Certificate-DGC). Oggi la ‘condizione’ implementata è sanitaria: la vaccinazione o il tampone negativo o la guarigione dal Covid-19 abilitano il soggetto a entrare in determinati luoghi, ottenendo il via libera all’accesso dal software VerificaC19 che controlla il QR code del Pass. Le ‘condizioni’, lo abbiamo visto, sono state decise da governo e Parlamento italiani per via legislativa, e allo stesso modo possono mutare. L’eccezionalità del Green Pass è infatti la sua caratteristica tecnica che lo rende uno strumento dinamico, il cui utilizzo potrà estendersi e arricchirsi nelle forme più diverse: potrà abilitare il soggetto in base a condotte di comportamento (oggi la vaccinazione, domani pagamenti…) o a status (residenza, occupazione, dichiarazione dei redditi, fedina penale… qualsiasi cosa).

Non solo. La struttura a blockchain permette una raccolta dei dati (potenzialmente infinita) che non è aggregata: la blockchain individualizza i dati, legandoli all’identità digitale creata, e come tali li conserva. Il Green Pass quindi sta attuando una schedatura di massa. Nella migliore delle ipotesi sta testando la funzionalità dell’infrastruttura – che potrebbe essere la base del futuro euro digitale – nella peggiore sta già creando le identità digitali dei cittadini e implementando il database di una piattaforma che potrà essere utilizzata per gli usi più diversi. Al Green Pass si affianca infatti un cambiamento legislativo sull’utilizzo dei dati.

Con il decreto legge n. 139 dell’8 ottobre, il governo ha messo mano alla legge 196/2003 sulla privacy: con l’articolo 9, il nuovo decreto stabilisce che “il trattamento dei dati personali da parte di un’amministrazione pubblica […] nonché da parte di una società a controllo pubblico statale […] è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti. La finalità del trattamento, se non espressamente prevista da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, è indicata dall’amministrazione, dalla società a controllo pubblico in coerenza al compito svolto o al potere esercitato”. Viene inoltre abrogato l’articolo 2 quinquesdecies del codice della Privacy, che consentiva al Garante di intervenire preventivamente sull’attività della pubblica amministrazione imponendo “misure e accorgimenti a garanzia” dei dati dell’interessato se il trattamento dei dati presentava “rischi elevati”, anche se svolto “per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico”. In altre parole, ora qualsiasi ente pubblico o società a controllo statale potrà decidere autonomamente (“la finalità del trattamento è indicata dall’amministrazione stessa”) di utilizzare tutti i dati personali del cittadino per qualsiasi obiettivo (la vaghezza della dicitura “pubblico interesse”); per di più eludendo il controllo preventivo del Garante della Privacy.

L’accoppiata Gateway/modifica legislativa mette le basi per una nuova realtà. L’incrocio dei dati è infatti sempre stato il principale problema dell’amministrazione pubblica: lo Stato già detiene molte informazioni personali del cittadino, ma su database separati. Il Digital Green Certificate nazionale è la piattaforma nella quale poter trasferire, e poi via via aggiornare, tutti i dati dei cittadini (catasto, motorizzazione, Agenzia Entrate, fascicolo sanitario, dati giudiziari… per non parlare delle informazioni in mano alle diverse società partecipate dallo Stato), collegandoli alle loro identità digitali; il Gateway europeo permetterà l’interoperabilità tra le reti nazionali; la blockchain consentirà l’emissione di Pass ‘condizionati’.

Anche la conservazione dei dati diventa potenzialmente infinita. A oggi, il Green Pass e i dati di contatto forniti (telefono e/o email), così come le informazioni che hanno generato il Pass (vaccino, tampone o guarigione) sono conservate fino alla scadenza del Pass stesso, dopodiché “vengono cancellate”; queste ultime, tuttavia, possono essere conservate nel caso “siano utilizzate per altri trattamenti, disciplinati da apposite disposizioni normative, che prevedono un tempo di conservazione più ampio”.

Si aggiunge infine la questione del tracciamento. Oggi la app VerificaC19 lavora offline: la legge raccomanda di connettersi al Gateway almeno una volta nell’arco di 24 ore e aggiornare, in locale, i codici dei Green Pass esistenti. Non potrebbe fare diversamente, la rete non reggerebbe. Ma è facile ipotizzare che quando sarà attivo il 5G il tracciamento diventerà possibile, accanto alla creazione di nuovi Pass, nuove ‘condizionalità’ e nuove app di verifica che lavoreranno online.

Il costante controllo della nostra vita operato da Google, Facebook, Microsoft ecc. a fini economici è divenuto ‘usuale’ e difficilmente aggirabile; anche l’utilizzo dei dati raccolti da Big Tech per obiettivi politici è qualcosa con cui abbiamo già fatto i conti (vedi Cambridge Analytica); ma il controllo da parte dello Stato è un’altra cosa. Non si tratta di scomodare il Grande Fratello di Orwell – anche perché sarebbe piuttosto il “mondo nuovo” di Huxley, vista la remissività con cui il Green Pass è stato accettato dalla popolazione – ma di essere consapevoli che il campo di potere politico è sempre, in potenza, quello dominante: perché detiene il monopolio della violenza e perché emette le leggi, ossia stabilisce cosa è legale e cosa non lo è; a quale condotta corrisponde un reato e quindi una pena, detentiva o meno. Con Gateway, blockchain e Green Pass lo Stato potrà operare un controllo capillare e individualizzato su ogni cittadino, preventivo o a posteriori, e attuare discriminazioni (come già ha fatto). Senza nemmeno la necessità dello smartphone, perché il QR code può essere verificato anche su carta.

Risultava curioso, infatti, il nome scelto per il lasciapassare: Green Pass. Certo oggi tutto si inscrive nella narrazione green perché ciò che è green è cool, ma ora è evidente che non si tratta solo di marketing: il Pass è qui per restare. Il suo nome non poteva richiamare un evento specifico, per di più drammatico, come una pandemia.

(…) Tirando le somme, il Green Pass ha corretto, normalizzato, diviso, sorvegliato e utilizzato i cittadini, disciplinandoli. È, a oggi, l’ultimo atto di una serie di pratiche politiche che hanno creato una popolazione docile perché impaurita, prima shockata e poi normalizzata in una nuova abitudine, che si affida al ‘sovrano’ per la sua salvezza, convinta che la propria vita dipenda da un trattamento sanitario a cui è disposta a sottoporsi annualmente, e da un lasciapassare politico che lo attesti e che le garantisca l’accesso a luoghi nei quali possa interagire solo con persone altrettanto verificate e controllate. Una popolazione che ora si sente corroborata dal calo del numero dei contagi e delle ospedalizzazioni (ma attendiamo la stagione fredda per vedere quel che accade, viste le caratteristiche degli attuali vaccini), e non si domanda se la stessa situazione sarebbe stata raggiunta anche vaccinando solo le categorie a rischio e lasciando la libera scelta: perché eliminando la malattia grave tra anziani e ‘fragili’ gli ospedali sarebbero comunque stati vuoti; perché dopo 19 mesi di pandemia, l’immunità naturale dei milioni di asintomatici avrebbe comunque rallentato la circolazione del virus, garantendo anche la diffusione di una immunità di durata. Non si chiede, insomma, se senza il ricatto e la discriminazione del Green Pass non si troverebbe ora nella stessa situazione di salute pubblica, ma in una società molto diversa: dove le persone, e non lo Stato, possono ancora decidere del rapporto rischi/benefici di un trattamento sanitario sul proprio corpo.

Non ci sono risposte. Come sopra già evidenziato, la situazione è nebulosa e illogica. Ma ciò che lascia sconcertati è che non ci siano – e non ci siano state – domande.

(…) L’apertura di un conflitto sociale inizia sempre con una scelta individuale: scioperare, andare in piazza, rifiutarsi, sono innanzitutto scelte – e responsabilità – personali, che solo dopo si trasformano in collettive. Chi lotta sa che l’impotenza e la frustrazione sono sentimenti diffusi, perché nella complessità politica ed economica di oggi è difficile che l’apertura di un conflitto con il potere porti a un cambiamento sociale nel breve termine. Ma il Green Pass, come prima la app Immuni, offriva questa possibilità. Quella di dire NO, di rifiutarsi di avallare con il proprio comportamento – scaricare e utilizzare il Pass – una pratica discriminatoria. Era una scelta politica che, ricordiamo, aveva nulla a che fare con l’insindacabile decisione di vaccinarsi, e non richiedeva certo un gran sacrificio: non andare al ristorante, a teatro, al cinema…

Molti cittadini, in numero maggiore rispetto a quelli che stanno riempiendo le piazze contro il Pass, ora si dichiarano contrari alla sua applicazione al lavoro; eppure, in una incoerenza che sembra non riguardarli, continuano ad avallare la discriminazione utilizzando il lasciapassare per riempire locali serali e ristoranti; non hanno modificato la loro condotta dopo il 16 settembre, quando il governo ha esteso l’obbligo al lavoro a partire dal 15 ottobre e l’asticella della discriminazione si è alzata. Lasciare vuoti ristoranti, cinema, teatri ecc. può diventare un’arma economica di pressione sul potere politico, oltre a rappresentare un atto di protesta collettiva e di coerenza personale.

Non si può né sperare né attendere una chiamata strutturata e organizzata, da sinistra, per questo conflitto: salvo poche realtà o singoli individui, la sinistra movimentista che si riempie continuamente la bocca della parola ‘discriminazione’, dichiarando di volerla combattere, si è appiattita sulle posizioni governative spedendo il cervello in vacanza. Sta, dunque, a ciascuno di noi. Scegliere.”

Da Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza, di Giovanna Cracco.

Riconoscere l’albero

Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere (Mt 7,15-20).

“La vicenda del passaporto verde e del suo intento sotteso, di «accelerare le vaccinazioni e farne fare di più» (così Paolo Mieli, tra i tanti), si presta molto bene alla prova evangelica perché il suo beneficio si declina nel tempo futuro della promessa, appunto di una «profezia» non ancora realizzata ma i cui frutti pendono già maturi dal ramo. Da questi ultimi si deve oggi riconoscere l’albero, se è buono o se va «tagliato e gettato nel fuoco». Proviamo a esaminarlo qui, ramo per ramo.

Primo ramo: la tutela della salute. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» (Costituzione dell’OMS, 1946). Una discriminazione volta a limitare il godimento di alcuni diritti costituzionalmente ordinati, o una campagna denigratoria di vasta eco dove chi esprime una certa scelta diventa pubblicamente un «sorcio», un «pazzo» o un «criminale» sono evidentemente lesive del «benessere sociale», e quindi della salute. L’angoscia di chi ha perso o perderà il lavoro, lo stigma, la vergogna, il risentimento, l’emarginazione, il conflitto sono evidentemente lesivi del «benessere mentale», e quindi della salute. La mancanza di reddito e la crisi di alcuni settori economici sono evidentemente lesivi del «benessere fisico» se non proprio della sussistenza, e quindi della salute. La sospensione di migliaia di medici e di altri operatori sanitari mina proprio l’«assenza di malattia», e quindi la salute anche nella sua accezione più elementare. Quindi no, anche escludendo i danni più controversi, eventuali e specifici dei trattamenti prescritti, ciò che nuoce già così gravemente alla salute non la può anche tutelare.

Secondo ramo: ne vale la pena. Nei bollettini epidemiologici italiani si legge che da quando le coperture vaccinali hanno superato soglie significative, i decessi attribuiti alla malattia non sono diminuiti ma anzi aumentati rispetto allo stesso periodo del precedente anno «pandemico», pur caratterizzato da meno restrizioni e dall’assenza di vaccinazioni. Lo stesso nesso è stato osservato nella conta dei contagi su scala globale (cfr. l’ultimo studio di Subramanian e KumanEuropean Journal of Epidemiology). Senza trarre altre conclusioni, previsioni o interpretazioni, osserviamo galileianamente che la robustezza dei frutti promessi «nel mondo di carta» è assai lontana da quella dei frutti osservati nel «mondo sensibile».

Terzo ramola libertà. Che i provvedimenti in parola servano a ripristinare le libertà perdute negli ultimi mesi è fattualmente falso in senso assoluto, perché al contrario introducono limiti al godimento dei diritti sociali e civili. Ma lo è anche in senso relativo, perché i nuovi limiti non escludono né sostituiscono i precedenti. In questa torsione che tanto sembra parafrasare un celebre motto orwelliano, ricorre la solita fallacia discronica dell’albero della profezia (saremo più liberi) che produce frutti a sé opposti (siamo meno liberi).

Quarto ramo: un «atto d’amore». Così Papa Francesco ha definito la nuova vaccinazione, caricandola di un’aura anche spirituale. Il segretario generale della Fraternità San Pio X, roccaforte dell’ala tradizionalista cattolica, ha rilanciato l’idea in modo più contorto argomentando che sì, «le condizioni attuali possono essere considerate abusive, così come la pressione che viene esercitata per imporre la vaccinazione», ma proprio in virtù di queste condizioni «può accadere che l’obbligo di compiere un dovere di carità ci spinga ad accettare di essere vaccinati». È buffo osservare che tra i tanti frutti portati dall’albero di questi amorevoli precetti, i più evidenti siano invece proprio quelli dell’odio. Di un odio feroce come può esserlo quello che prepara le purghe e le guerre civili, che fa desiderare in pubblico l’annientamento dell’avversario.

(…) Non c’è nulla di irrazionale nel dubitare della bontà di una cosa che fa male a così tanti livelli. Nulla di illogico nelle parole della consigliera veneta che valutava di vaccinarsi «ma l’aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo». O dell’insegnante altoatesino che rispondeva ai microfoni della televisione: «se mi costringono e dicono ah, io ti procuro la morte economica se non ti fai vaccinare, allora è un indizio che è sbagliata la tesi». Nulla di irragionevole nel diffidare di un’offerta che non si può rifiutare: è solo l’applicazione di un criterio naturale e anche divino. Assurda è piuttosto l’idea contraria, che sia scaltro respingere sempre e comunque le apparenze e che l’immaginazione conti più dell’esperienza, col risultato di rendere indifferentemente plausibile ogni cosa, anche che l’uva cresca dalle spine e i fichi sui rovi.

Triste è il destino di una civiltà che non crede più ai suoi occhi e alle sue orecchie, «ingiunzione essenziale e definitiva» del governo distopico e violento immaginato da George Orwell. Che baratta la propria autonomia cognitiva con la promessa pelosa di elevare i semplici sui semplici stipando loro la bocca di verità controintuitive, strategie di lungo termine, arcani retroscena, latinorum scientifici, false correlazioni, garbugli logici e ideologici. Un’equazione irrisolvibile ammette tutte le soluzioni e per un popolo che crede a tutto, tutto è lecito. Eccoci al punto di questo e di qualunque altro copione. Mettere insieme i frutti con l’albero pareva dunque ovvio, pareva non dovesse scomodarsi Nostro Signore per dircelo. Invece è l’unica rivoluzione utile, urgente, possibile.”

Da Dai frutti li riconoscerete, de Il Pedante.

Il progetto di fare affari sulla salute

Brescia, Unibsdays, 23 maggio 2014, aula magna di Giurisprudenza, ore 18. Contemporaneamente, nell’aula 5 di Giurisprudenza, conferenza ““Dal bancone del laboratorio al letto del paziente oncologico”, lo slogan accattivante e demenziale della “medicina traslazionale” (I trucchi della medicina traslazionale), l’ideologia medica dello sloanismo, del getto continuo – come gli aggiornamenti Microsoft di Windows – di prodotti “innovativi” inefficaci e dannosi, funzionale all’impiego della medicina come comoda fonte di enormi profitti. Gratteri, dopo avere entusiasmato l’uditorio, me compreso, parlando di come combatte la mafia, è stato zitto e sorridente, facendo da testimonial, mentre Pecorelli esponeva il suo progetto “Health and wealth”. Il progetto di fare affari sulla salute; che non può funzionare senza frodi, senza impunità e aiuti istituzionali alle frodi, senza la soppressione delle voci di denuncia. Un progetto che la tradizione ipomafiosa delle nostre istituzioni e classi dirigenti propizia. Uno dei “laboratori” intermedi dai quali è uscita l’operazione covid; inclusa la strage di pazienti a Bergamo e Brescia (Lo knock-on dell’operazione covid in Lombardia orientale). Con la collaborazione della magistratura.

Quattro mesi dopo la conferenza Pecorelli era a Washington, da dove ha portato la consegna di fare dell’Italia la capofila mondiale dell’imposizione dei vaccini. Che è ciò che abbiamo vissuto in questi mesi e stiamo vivendo in questi giorni, e che Gratteri appoggia esprimendosi in tv per l’obbligatorietà. Nonostante che il suo ruolo di PM e la popolarità – che i media allineati alimentano – comportino il non pronunciarsi a favore di ciò che deroga dai principi costituzionali e che da molti viene contestato come un grave abuso.

Alla suggestio falsi si aggiunge la suppressio veri con l’eliminazione di chi si oppone. In particolare di chi si oppone alla medicina iatrogena, e si sarebbe quindi opposto, se non fosse stato fatto fuori, alla gestione “clinica” iatrogena che ha prodotto la strage knock-on in Lombardia orientale. Eliminazione attuata mediante i consumati sistemi obliqui dell’ipomafia, e con metodi nuovi d’importazione come il gaslighting. Tramite “fratelli” e clericali che nella Presila cosentina, a Lamezia, a Brescia, hanno pochi gradi di separazione dalla mafia di ndrina alla quale invece Gratteri è avverso.

Come minimo pratica forme di ragionamento circolare il magistrato – Gratteri non è il solo – che senza conoscere il merito ma dando per certi i benefici si dice a favore dell’obbligatorietà dell’introduzione nel corpo di tutti cittadini di sostanze ad attività farmacologica non ben nota e dotate comunque di una accertata capacità di ledere, anche gravemente (meglio, introduzione nelle cellule, i nuovi vaccini potendosi definire “intracellulari”). Sostanze per di più sbucate fuori in maniera anomala da una vicenda tumultuosa e opaca, che dovrebbe portare a interrogarsi sulla asserita necessarietà e centralità delle vaccinazioni e sull’asserito loro essere “l’unica via di salvezza”. Una obbligatorietà o un costringere che viola non solo il dettato Costituzionale sulla tutela della salute, ma la stessa ontologia implicita nella Costituzione, sostituita con un modello del mondo psicotico, dove il cittadino non ha salute ma deve riceverla dalla case farmaceutiche tramite lo Stato (L’esproprio della salute da parte della medicina dei banchieri). Dove si definisce il cittadino come un uomo inerme, privo di difese, che necessita dei farmaci come chi non abbia i reni della dialisi. In una finzione che criminalmente la malattia la crea (v. es. “Vaccinating people who have had Covid-19: why doesn’t natural immunity count in US?”, BMJ, 13/9/2021). Ragionamenti di infimo livello, discorsi da richiesta di pizzo, tanto più indegni per chi giudica per professione, che ottengono la circolarità col bulverismo (Il bulverismo giuridico e giudiziario su questioni mediche) e con la fallacia del saltare alla conclusione “selecting on the dependent variable”. Pratiche diffusissime, costanti, tra chi conduce e appoggia la campagna covid, e segno certo di cattivo giudizio, per inadeguatezza morale o intellettuale.

Da L’ipomafia, di Francesco Pansera.

Quel 25 settembre a Roma

Nessun grande giornale on line, nessun telegiornale, nessun talk show. Nessuno ai piani alti del giornalismo italico ha parlato della più vasta delle manifestazioni popolari contro il lasciapassare verde che si sono tenute oggi in tante città: quella di Roma, con una piazza San Giovanni piena come non la si vedeva da tanto tempo. Qui e lì, per la verità, sui giornaloni qualche vago sfottò lo si legge pure, unicamente per evocare una misteriosa presenza di qualche sparuta formazione neofascista diluita in dosi omeopatiche in una folla sterminata che invece cantava canzoni antifasciste all’ombra di una gigantografia di Sandro Pertini, che sparisce nel tragitto dalla piazza alle redazioni.
Questa piazza è stata riempita per decenni dalle manifestazioni dei sindacati che vi convocavano lavoratori da ogni angolo del territorio della repubblica. Lo hanno fatto in varie fasi della vita nazionale per difendere o conquistare posizioni del mondo del lavoro. Stavolta invece – di fronte alla più massiccia manomissione mai vista dei diritti fondamentali dei lavoratori – niente piazza San Giovanni. Abbiamo sentito solo Landini pigolare nel cortile di Palazzo Chigi per supplicare tamponucci gratis. Il gran visir del Draghistan gli ha detto nisba, e Landini non ha nemmeno usato la parola sciopero, non sia mai, ritirandosi con la coda fra le gambe.
Ma i vuoti si riempiono. Succede anche per le piazze. I lavoratori – che Cgil Cisl e Uil e altri sindacati avrebbero dovuto convocare – sono stati invece riuniti da altre sigle, molte delle quali nate di recente. Davanti alla basilica più antica dell’Occidente, oggi, si è ritrovata una grande piazza di lavoratori che non accetteranno più di essere lasciati soli dai sindacati mentre Draghi resetta il sistema (con il plauso di Confindustria, con l’inerzia incarognita, imbalsamata e repressiva della sinistra istituzionale italiana, dell’acquitrino pentastellato e della lega rimangiatutto).
E che ci sia necessità di difendersi, organizzarsi, creare un’opposizione e un’alternativa vera, ce lo dice anche la drammatica ed efferata ammissione del ministro Renato Brunetta, che ha appena confessato di essere il volenteroso complice di un’estorsione, mentre descrive con un entusiasmo da torturatore guatemalteco la vera funzione del Racket Pass: usare il tampone non come strumento di controllo dei contagi, bensì di coercizione e castigo, di dolore corporeo da infliggere come costo psichico e fisico, “geniale” perché rende penosa la vita e comporta costi che a molti (cioè ai meno abbienti) risulteranno insostenibili, se non vorranno aggiungere altre dosi alla statistica siringosa del generale pennutissimo.
Voi sapete che il principio numero uno che informa il lavoro del medico è «Primum non nŏcēre» ossia «per prima cosa, non nuocere». Per contro, il principio numero uno di Brunetta è «Primum nŏcēre», cioè «per prima cosa, nuocere». Voi capite che un siffatto ministro, in un qualsiasi Paese europeo democratico, sarebbe saltato come un tappo di champagne dopo un solo minuto. Da noi invece il ministro affila sadicamente i tamponi da infilare nelle narici dei sudditi del Draghistan, in mancanza di olio di ricino, coperto dall’imbarazzato silenzio della sua terrificante maggioranza di governo.
Un governo che rompe in questo modo il patto sociale impone al popolo la necessità di doverne costruire uno nuovo e diverso. Intanto abbiamo dimostrato che l’opposizione potrà riempire le piazze e poi costruire l’alternativa.

Pino Cabras

(Fonte)

Il video integrale della manifestazione

L’intervento di Nunzia Alessandra Schilirò, vice questore aggiunto della Polizia di Stato

Roma 25 settembre

Chi non viene Mattarella è.

Quando chi comanda teme un crollo del sistema, se necessario, procede alla sua demolizione controllata per ricostruirlo su nuove fondamenta. Per giustificare tale operazione eversiva deve creare un enorme shock. Questa volta è accaduto che una ciclica pandemia è stata ingigantita fino a farne un mostro che avrebbe potuto decimare la popolazione mondiale. E’ accaduto così che misure che fino al giorno prima avrebbero suscitato scandalo sono diventate plausibili e ineluttabili. Ecco quindi lo Stato d’Emergenza, la soppressione di essenziali diritti di libertà e agibilità politica, confinamenti, coprifuoco, denunce penali a tappeto, criminalizzazione del dissenso, ed infine il ricatto sui posti di lavoro. La chiamano “nuova normalità”, un duraturo Stato d’eccezione alimentato da una campagna terroristica fondata su tamponi fasulli, manipolazione dei dati e terapie criminogene.
A dimostrazione che l’élite non va a casaccio ma esegue un disegno è sopraggiunta la campagna per la vaccinazione di massa. Raggirati con pomposi discorsi sulla natura salvifica della scienza di regime, gli umani vengono usati come cavie per testare farmaci sperimentali di cui nessuno conosce gli effetti a lunga distanza. Malgrado tutti i dati indichino che i vaccini non fermano la pandemia, nonostante l’evidenza di gravi effetti avversi tra cui anche la morte, il governo Draghi ha imposto l’obbligo di vaccinazione, prima ai lavoratori della sanità poi a quelli della scuola: “non ti vaccini? sei licenziato! Non ti vaccini? ti è vietata l’istruzione!” Ora questo governo di golpisti vuole addirittura imporre l’obbligo per tutti (alias un TSO universale): senza inoculazione nessuno otterrà il “green pass” e il Qr-Code, senza i quali non si potrà circolare, lavorare, vivere. Sta nascendo, anche con l’ausilio delle tecnologie informatiche, un sistema totalitario e disumano che combina bio-sorveglianza di massa e segregazione sociale. Il Qr-Code anticipa infatti l’adozione del cinese “Sistema di Credito Sociale” per cui i cittadini, spiati in ogni loro movimento, verranno classificati in base al loro tasso di obbedienza al regime, così che ogni persona “deviante” verrà iscritta in una lista nera e privata di diritti fondamentali.
Ma la demolizione controllata non ha colpito solo ciò che restava della democrazia costituzionale. Lo shock programmato ha inferto all’economia italiana danni irreparabili. Nel 2020 il PIL ha avuto un crollo senza precedenti (-8.9%). Ciò ha avuto conseguenze sociali gravissime: le persone in povertà assoluta (anzitutto giovani) sono diventate 5,6 milioni. Sul fronte dell’occupazione quasi un milione i posti di lavoro scomparsi, col tasso di disoccupazione giovanile passato al 33,8%. Senza precedenti anche il crollo dei consumi (-10,8%). Tutti dati che in verità sottostimano il disastro se si considera che nel 2020 hanno definitivamente chiuso i battenti più di 390mila imprese di commercio e servizi, mentre si calcola siano destinate a fallire mezzo milione di piccole imprese. Inneggiano alla “ripresa” ma tutto indica che milioni di persone non troveranno lavoro e chi lo troverà lo avrà precario, senza diritti e con salari da fame. I neoliberisti chiamano questo massacro sociale “distruzione creativa”. Gli “aiuti” europei, oltre a privare l’Italia degli ultimi barlumi di sovranità, vanno nella direzione di provocare una sanguinosa ristrutturazione del sistema economico e sociale.
Noi siamo decisi a fermare questa folle corsa verso un liberismo tecnocratico e totalitario.
Per questo facciamo appello a tutti i cittadini consapevoli ad intensificare manifestazioni e azioni di disobbedienza civile contro il “green pass” ed a partecipare alla grande manifestazione nazionale del 25 settembre 2021 dalle ore 15:00, a Piazza San Giovanni a Roma, affinché l’attuale rivolta si trasformi in Resistenza permanente e organizzata.

ATTUARE LA COSTITUZIONE, NO AL “GREEN PASS” E ALLO STATO D’EMERGENZA
LIBERTÀ DI SCELTA TERAPEUTICA, NO ALL’OBBLIGO VACCINALE
PER LA DEMOCRAZIA, NO AL REGIME DELLA BIO-SORVEGLIANZA
PER UN’ECONOMIA DELLA SOLIDARIETÀ SOCIALE, NO AL NEOLIBERISMO
LAVORO E REDDITO DIGNITOSI PER TUTTI, NO AL DOMINIO DELLA FINANZA
SOVRANITÀ NAZIONALE E POPOLARE, VIA DALLA GABBIA EUROPEA

[In aggiornamento]

Tutto questo deve finire

“Tutto questo deve finire. Quando è troppo è troppo. Non posso più sopportare queste stronzate. E’ andata avanti abbastanza e se volete prendervi la mia anima dovrete venire e sfondare questa porta”.

Le tensioni sociali secondo Klaus Schwab ed il Forum Economico Mondiale

Da Covid-19: the Great Reset, di Klaus Schwab e Thierry Malleret, Forum Publishing, pp. 65-68.

Uno dei pericoli più profondi a cui si va incontro nell’era post-pandemia è l’agitazione sociale. In alcuni casi estremi, potrebbe condurre alla disintegrazione della società e al collasso politico. Innumerevoli studi, articoli e avvertimenti contengono l’evidenziazione di questo particolare rischio, basato sull’ovvia osservazione che quando la gente non ha lavoro, non ha reddito e non ha prospettive per una vita migliore, spesso ricorre alla violenza. La citazione a seguire cattura l’essenza di questo problema. Si applica agli USA, ma le sue conclusioni sono valide per la maggior parte dei Paesi in giro per il mondo:
“Quelli che sono lasciati senza speranza, senza lavoro, e senza beni potrebbero facilmente rivoltarsi contro quelli che stanno meglio. Già qualcosa come il 30% di Americani ha una ricchezza pari a zero o negativa. Se più gente emergerà dalla crisi corrente con né soldi, né posti di lavoro, né accesso alle cure sanitarie, e se questa gente diventa disperata e arrabbiata, scene tali come la recente fuga di prigionieri in Italia o i saccheggi che seguirono dopo l’uragano Katrina a New Orleans nel 2005 potrebbero diventare accadimenti abituali. Se i governi dovranno ricorrere all’uso di forze paramilitari e militari per sedare, ad esempio, rivolte o attacchi alle proprietà, le società potrebbero cominciare a disintegrarsi.”
Ben prima che la pandemia avesse travolto il mondo, le agitazioni sociali erano state in aumento a livello globale, quindi il rischio non è nuovo ma è stato amplificato dal Covid-19. Ci sono differenti modi di definire cosa costituisce tensione sociale ma nel corso dei due anni passati più di 100 significative proteste antigovernative sono avvenute in giro per il mondo, dalle rivolte dei gilet gialli in Francia alle dimostrazioni contro gli uomini forti in Paesi come Bolivia, lran e Sudan. La maggior parte di queste proteste furono soppresse da brutali repressioni e molte sono andate in letargo (come l’economia globale) quando i governi hanno costretto le loro popolazioni a stare in isolamento per contenere la pandemia. Ma dopo che il blocco di riunirsi in gruppi e manifestare in strada sarà revocato, è difficile immaginare che le vecchie rimostranze e il malcontento sociale temporaneamente soppressi non esploderanno di nuovo, possibilmente con forza rinnovata. In questa era post-pandemia, i numeri dei disoccupati, preoccupati, tristi, risentiti, malati ed arrabbiati aumenteranno drammaticamente. Si accumuleranno tragedie personali, fomentando rabbia, risentimento ed esasperazione in diversi gruppi sociali, compresi i disoccupati, i poveri, gli immigrati, i detenuti, i senza tetto, tutti quelli lasciati fuori… Come potrebbe tutto questo non finire in un’esplosione? I fenomeni sociali spesso mostrano le stesse caratteristiche come le pandemie e, come osservato nelle pagine precedenti, i punti critici si applicano in entrambi i casi allo stesso modo. Quando la povertà, la sensazione di essere emarginati ed impotenti raggiungono certi punti critici, l’azione sociale dirompente spesso diventa l’opzione di ultima istanza.
Nei primi giorni della crisi, persone importanti hanno fatto eco a tali preoccupazioni e messo in allerta il mondo sul crescente rischio di agitazioni sociali. Jacob Wallenberg, l’industriale svedese, è uno di loro. Nel marzo del 2020, scrisse: “Se la crisi continuerà per lungo tempo, la disoccupazione potrebbe raggiungere il 20-30 per cento mentre le economie potrebbero contrarsi del 20-30 per cento… Non ci sarà ripresa. Ci saranno agitazioni sociali. Ci sarà violenza. Ci saranno conseguenze socioeconomiche: disoccupazione a livelli drammatici. I cittadini soffriranno drammaticamente: alcuni moriranno, altri si sentiranno malissimo.” Siamo ora oltre la soglia di ciò che Wallenberg considerava essere “preoccupante”, con un tasso di disoccupazione superiore del 20% fino ad arrivare oltre il 30% in molti Paesi del mondo e con la maggior parte delle economie che si sono contratte nel secondo trimestre del 2020 oltre a un livello che precedentemente era considerato un livello di preoccupazione. Come questo andrà a finire e dove i disordini sociali avverranno più probabilmente e in che misura?
(…)
È importante enfatizzare che nessuna situazione è scolpita nella pietra e che non ci sono cause scatenanti “meccaniche” per i disordini sociali – essi rimangono un’espressione di una dinamica umana di carattere collettivo e di uno stato d’animo che è dipendente da una moltitudine di fattori. Fedeli alle nozioni di interconnessione e complessità, le esplosioni di tensioni sociali sono tipici eventi non lineari che possono essere scatenati da un’ampia varietà di fattori politici, economici, sociali, tecnologici e ambientali. Variano da cose così diverse come gli shock economici, avversità causate da eventi atmosferici estremi, tensioni razziali, scarsità di cibo e persino sentimenti di ingiustizia. Tutti questi inneschi, e altri ancora, quasi sempre interagiscono l’uno con l’altro e creano effetti a cascata. Quindi, specifiche situazioni di tumulto non possono essere previste, ma possono, comunque, essere anticipate. Quali Paesi sono più suscettibili? A prima vista, i Paesi più poveri con nessuna rete di sicurezza e Paesi ricchi con deboli reti di sicurezza sono più a rischio perché non hanno nessuna o pochissime misure politiche come benefici per la disoccupazione per attenuare la perdita di reddito lavorativo. Per questa ragione, società fortemente individualistiche come gli USA potrebbero essere più a rischio rispetto a Paesi europei o asiatici che o hanno un grande senso di solidarietà (come nell’Europa meridionale) oppure hanno un migliore sistema sociale per assistere gli svantaggiati (come nell’Europa settentrionale). Alcune volte, le due cose avvengono assieme. Paesi come l’Italia, per esempio, posseggono sia una forte rete di sicurezza che un forte senso di solidarietà (particolarmente in termini intergenerazionali). In modo simile, il Confucianesimo prevalente in così tanti Paesi asiatici mette un senso del dovere e di solidarietà intergenerazionale prima dei diritti individuali; esso da anche grande valore alle misure e alle regole che beneficiano la comunità nel suo insieme, Naturalmente, tutto questo non vuol dire che i Paesi europei ed asiatici sono immuni dalle agitazioni sociali. Tutt’altro! Come il movimento dei gilet gialli ha dimostrato in Francia, forme violente e continue di tensioni sociali possono esplodere in Paesi dotati di una robusta rete di sicurezza sociale ma dove le aspettative sociali sono lasciate insoddisfatte.
L’agitazione sociale influenza negativamente il benessere sia da un punto di vista economico che da un punto di vista sociale, ma è essenziale enfatizzare che non siamo impotenti di fronte a potenziali agitazioni sociali, per la semplice ragione che i governi e in minore misura le aziende od altre organizzazioni possono prepararsi per mitigare il rischio tramite l’attuazione di giuste politiche. La più grande causa sottostante delle agitazioni sociali è la disuguaglianza. Gli strumenti politici per combattere inaccettabili livelli di disuguaglianza esistono ed essi spesso risiedono nelle mani dei governi.

Traduzione a cura della redazione

 

Il contro-discorso di fine 2020 di Roberto Quaglia

F-A-V-O-L-O-S-O

Il risultato di un destino

Sinistrati e neofascismo sanitario

La furia del dileguare. Le sinistre radicali, una volta abbandonato il mito della classe operaia come soggetto escatologico, hanno individuato nei “migranti” e nelle più strampalate minoranze sessuali i moderni soggetti antagonisti. Il sostegno al nomadismo esistenziale dei primi e la difesa dei diritti civili dei secondi, sono diventate le loro due cifre identitarie. Ne è venuto fuori un instabile mix di libertarismo individualistico, di buonismo cattolico e di cosmopolitismo progressista. Si spiega così la corrispondenza di amorosi sensi con l’élite neoliberista.
Che questo connubio non fosse incidentale lo dimostra come esse si sono comportate e si stanno comportando davanti alla pandemia da Covid-19. Le sinistre radicali (di quelle di regime manco a parlarne) hanno fatto loro la narrazione dell’élite neoliberista dominante, quella per cui avremmo a che fare con un virus la cui letalità sarebbe tale da falcidiare l’umanità.
Posta la premessa due sono le conclusioni politiche obbligate. La prima: il nemico principale non è per il momento l’élite dominante, bensì il virus; la seconda: dato che essa agirebbe filantropicamente per il bene comune, merita di essere sostenuta. Embrassons nous!
Non entro qui nel merito scientifico e sanitario della questione.
In prima battuta è impossibile non segnalare un passaggio ideologico decisivo: l’élite neoliberista, pur di accreditare la tesi catastrofistica che col virus “nulla sarà come prima”, ha dovuto tradire le stesse radici razionalistico-borghesi della filosofia occidentale. Il dubbio metodologico cartesiano, quello per cui sono valide e assolutamente certe solo quelle conoscenze che superano la prova del fuoco dell’evidenza empirica, è stato rimpiazzato da un dogmatismo spacciato come scientificamente infallibile.
Come conseguenza di questa lugubre teologia è stato allestito un sistema del tutto simile alla Santa Inquisizione — quella, per capirci, che non solo processò Galilei, ma che mise al rogo Giordano Bruno —: chiunque ha contestato la teoria ufficiale sulla pandemia, prestigiosi scienziati compresi, è stato additato al pubblico ludibrio come squilibrato e pazzoide (sorte toccata addirittura al premio Nobel scopritore del HIV, Luc Montagnier).
Per eliminare scienziati dissidenti o nemici politici, oggigiorno, non serve bruciarli vivi: la morte civile la ottieni orchestrando una campagna di diffamazione a mezzo stampa e TV.
Ebbene, le sinistre radicali, quelle che avevano fatto della difesa dei diritti di libertà di piccole minoranze sessuali la loro cifra identitaria, non hanno alzato un dito in difesa del sacrosanto diritto di tanti scienziati a dissentire dalla vulgata ufficiale, non hanno battuto ciglio contro questa postmoderna Santa Inquisizione, neanche una parola proferita contro questa fascistizzazione della scienza.
Col pretesto di contrastare la pandemia, il governo di mezze tacche italiano, sostenuto da una asfissiante campagna di intimidazione mediatica, ha fatto strame della democrazia e dello Stato di diritto. Il Presidente del Consiglio, stracciando la funzione di primus inter pares che gli assegna la Costituzione, ha agito invece come un semi-dictator. Esautorato il Parlamento, ha assunto i pieni poteri utilizzando la modalità di decreti personali d’urgenza per dichiarare e far applicare lo Stato d’emergenza — una variante italica dello schmittiano “Stato d’eccezione” . Un fenomeno gravissimo, che non trova precedenti nemmeno ai tempi dei cosiddetti “anni di piombo”.
Così abbiamo avuto il lockdown più duro del mondo esteso a tutto il Paese, un’intera popolazione posta agli arresti domiciliari. Col corollario di intimidazioni sbirresche, editti di sapore fascista dei governatori, denuncie a tappeto, spionaggio di massa contri gli “untori”, e pure TSO a chi ha osato violare le prescrizioni. Con la conseguenza infine di aver causato qualcosa di ben più devastante di qualsiasi pandemia: il vero e proprio crollo economico dell’Italia.
Ebbene, cosa hanno detto i paladini dei diritti individuali di libertà? Niente di niente.
Hanno seppellito ogni discorso sui diritti civili di milioni e milioni di cittadini.
Hanno sostenuto l’ignobile criterio del “distanziamento sociale”.
Hanno ubbidito ai decreti che hanno abolito le manifestazioni politiche in quanto assembramenti di “untori”.
Questi sinistri radicali che al tempo hanno urlato a squarciagola contro i provvedimenti sicuritari e repressivi di Salvini, nulla hanno detto o fatto contro quelli ben più gravi di Conte.
Hanno così puntellato il potere, vigliaccamente tacendo sulla soppressione della democrazia costituzionale e sulla minaccia che questa soppressione possa diventare permanente.
Hanno finto di non sapere non soltanto che il potere è in mano nemica, che esso ha fatto e fa un uso politico spregiudicato e strategico della pandemia teso a neutralizzare e disarmare l’incipiente opposizione sociale e politica.
E siccome al peggio non c’è limite, queste sinistre radicali, dimostrando quanto fosse profondo il loro collateralismo rispetto all’élite neoliberista dominante, facendo eco ai media mainstream, non hanno esitato a passare dal connubio passivo col regime a quello attivo.
Non solo non hanno sostenuto le spontanee azioni di protesta contro l’asfissiante quarantena e la dittatura sanitaria. Hanno denunciato queste legittime manifestazioni, non solo come scellerate, ma espressione di “bottegai reazionari”.
Tragicomica vicenda quella delle sinistre radicali.
In poche settimane hanno gettato nel cesso gli ammonimenti del loro padre nobile Foucault sulla natura biopolitica e intrinsecamente totalitaria del potere e, con essi, la stessa identità libertaria e libertina di cui si erano recentemente rivestite. Vicenda che mostra dunque come il connubio, lungi dall’essere incidentale, è piuttosto risultato di un destino. Il Rubicone è stato attraversato, ora fanno parte del blocco sociale dominante, sono diventate truppe di complemento del potere neoliberista.
Ammesso che sia possibile, non sarà agevole né venir fuori da questa gabbia d’acciaio, né cancellare questa nuova macchia di disonore, poiché non è solo politica, bensì morale.
Moreno Pasquinelli

Fonte

Civilizzare la diversità

Rifiutare di riconoscere le differenze non può che indurle ad affermarsi in modo convulsivo, se non addirittura patologico.
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L’integrazione implica che un immigrato debba abbandonare l’insieme delle componenti identitarie ereditate dalla sua famiglia o dal suo Paese di origine? Il rifiuto di staccarsi da questa parte della sua memoria collettiva è veramente in grado di impedirgli di inserirsi nel Paese di accoglienza? Il rispetto delle regole del vivere insieme è necessariamente correlato all’oblio delle radici (intimato da coloro che si vantano di non dimenticare le proprie)? Come minimo, la risposta non è scontata.
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L’unico criterio in materia dev’essere l’ordine pubblico che implica il riconoscimento di una legge comune. Una legge comune è necessaria al vivere insieme di tutti coloro che abitano lo stesso Paese. Questo è un punto sul quale non si può transigere: è nella natura stessa del molteplice esigere un principio di unità; altrimenti si entra effettivamente in una spirale infinita di rivendicazioni di “diritti” e favoritismi equivalente alla “tirannia delle minoranze” temuta da Tocqueville.
(…)
Un Paese non diventa più coeso annientando le appartenenze particolari. La natura sociale dell’uomo può essere pensata solo a partire dalle comunità che formano il tessuto della società. Soltanto così si potrà, forse, civilizzare la diversità.
Alain de Benoist

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