Lottate contro Mario Draghi

Mario Draghi, intervenendo alla conferenza europea sui diritti sociali a Bruxelles, ha detto che intende rilanciare la competitività dell’Unione Europea. Certo, alimentando una guerra con la Russia in Ucraina che ha mandato la Germania in recessione. Qualcuno può spiegarmi perché l’Italia si è rimbecillita al punto da proporre Mario Draghi come prossimo presidente della Commissione Europea? Mario Draghi, nel caso in cui non fosse chiaro, si è autocandidato alla presidenza della Commissione Europea con il suo discorso delirante, interpretato come un’autocandidatura persino dalla stampa pro-Draghi. Io non so più come dirlo: Mario Draghi è un grandissimo pericolo per la Repubblica Italiana e per il futuro dei nostri figli. Mario Draghi non ha nessuna autonomia; è un politico completamente telecomandato. È un uomo senza nessun contatto con le persone comuni che non pranzino a ostriche e caviale. È un uomo che ha contatti soltanto con la Casa Bianca. È un uomo che ignora completamente le aspirazioni e i bisogni degli Italiani, come dimostrano le sue politiche in Ucraina ai tempi in cui era presidente del Consiglio. Mario Draghi, posto in qualunque posizione di potere, implica un futuro profondamente schifoso per i nostri figli. Mario Draghi significa: 1) asservimento alla Casa Bianca e moltiplicazione delle guerre, come dimostrano le sue politiche verso l’Ucraina; 2) violazione sistematica del diritto internazionale, come dimostra il suo sostegno a Israele; 3) disprezzo dell’articolo 11 della nostra Costituzione, come dimostra il suo invio di armi in Ucraina per alimentare la guerra dall’esterno anziché spegnerla con la diplomazia come prescrive la nostra Costituzione; 4) disprezzo verso la cultura pacifista a fondamento della Costituzione Italiana; 5) insulti violenti contro il movimento pacifista, che è la struttura portante della società civile italiana, come dimostra la sua frase secondo cui l’Italia sarebbe piena di “pupazzi prezzolati” dal Cremlino quando, in realtà, l’Italia è piena di pupazzi prezzolati dalla Casa Bianca. Mario Draghi è semplicemente un leader politico vergognoso che ricopre l’Italia di vergogna senza uno straccio di voto nel nostro Paese. Ecco perché i suoi incarichi non passano mai attraverso libere elezioni. Draghi non viene mai eletto, viene sempre cooptato perché le persone comuni lo stimano come si può stimare una persona disprezzata. Lottate contro Mario Draghi, uomo di guerra, nemico dei nostri figli, nemico della Costituzione Italiana. Avanzi l’Italia, avanzi la pace, risorga il movimento pacifista.
Alessandro Orsini

4 Aprile 2024: 75 anni sono già abbastanza

Per informazioni e contatti sulla giornata di mobilitazione scrivere a danteali_2021@libero.it.

Ulteriori notizie relative alle iniziative nei diversi territori saranno pubblicate nella pagina dei commenti.

Gli Stati Uniti sono un’oligarchia

Proponiamo ai lettori una rassegna di testi, apparsi nell’arco dello scorso decennio. utili a costituire una sorta di vademecum relativo ad un argomento tabù nell’editoria italiana.
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Imperialismo cognitivo

“Il mese scorso è uscito un articolo di Maria Teresa Carbone (me l’ha segnalato Carla Crivello) che riferisce di come in Germania si stia assistendo a un calo dell’editoria nella lingua locale che corrisponde a un aumento delle vendite dei libri in lingua inglese. Un fenomeno che si registra anche in altri Paesi con una forte conoscenza dell’inglese. In pratica conoscere bene l’inglese permette di leggere direttamente i libri in lingua originale, il che può essere salutato come un fatto positivo (soprattutto per gli anglofoni) anche se ha delle ricadute sul mercato editoriale interno. Il fenomeno esce dall’editoria cartacea, vale anche per il mercato cinematografico, televisivo e per gli altri settori, e ha delle ricadute distruttive per le lingue locali che si vedono soprattutto in Paesi come l’Islanda.
Maria Teresa Carbone (traduttrice di Decolonizzare la mente di Ngugi wa Thiong’o, Jaca Book, Milano 2015) è molto sensibile al tema del plurilinguismo, ha ben presente anche gli effetti collaterali dell’espansione di una lingua coloniale e imperiale che punta a imporsi come lingua internazionale, e si domanda: “Se la ‘bibliodiversità’ scrive e legge (quasi solo) in inglese, è una vera diversità?”. Nella chiusa del suo pezzo mostra di cogliere bene anche la relazione che c’è tra il globalese e l’anglicizzazione delle lingue locali, che in Italia è particolarmente devastante.
Fare dell’inglese la lingua franca dell’Occidente è il contrario del plurilinguismo: le lingue locali non sono considerate una ricchezza ma un ostacolo alla comunicazione internazionale che dovrebbe avvenire nella lingua naturale dei popoli dominanti. Questo disegno è alla base della moderna diglossia che relega tutte le altre lingue a un rango inferiore.
La posta in gioco di rendere la lingua inglese come universale si porta con sé anche l’esportazione dei valori e del modo di pensare dei Paesi dominanti, e tutto ciò possiede un valore incalcolabile e difficilmente monetizzabile. Mentre da noi domina l’anglomania soprattutto nella nostra classe dirigente, e in pochi si rendono conto degli effetti devastanti del globish, gli anglofoni sanno benissimo il valore che l’imposizione della loro lingua agli altri comporta, e perseguono questo progetto in modo molto lucido e consapevole. Nel 1997, il funzionario dell’amministrazione Clinton David Rothkopf ha dichiarato:
“L’obiettivo centrale della politica estera nell’era dell’informazione deve essere, per gli Stati Uniti, il successo dei flussi dell’informazione mondiale, per esercitare il suo dominio sulle onde come la Gran Bretagna, in altri tempi, lo ha esercitato sui mari. […] Ne va dell’interesse economico e politico degli Stati Uniti vegliare affinché sia l’inglese ad essere adottato quale lingua comune del mondo; affinché siano le norme americane a imporsi nel caso si dovessero emanare norme comuni in materia di telecomunicazioni, di sicurezza e di qualità; affinché, se le varie parti del mondo sono collegate fra loro attraverso la televisione, la radio e la musica, i programmi trasmessi siano americani: e affinché, ad essere scelti come valori comuni, ci siano valori in cui gli Americani si riconoscono” (David Rothkopf, “In Praise of Cultural Imperialism?” in Foreign Policy, n. 107, 1997).
Queste parole ricordano ciò che aveva esplicitamente preconizzato Churchill in un discorso agli studenti dell’università di Harvard il 6 settembre 1943:
“Il potere di dominare la lingua di un popolo offre guadagni di gran lunga superiori che non il togliergli province e territori o schiacciarlo con lo sfruttamento. Gli imperi del futuro sono quelli della mente” (la citazione è al minuto 13:18).”

Da L’inglese globale: un giro d’affari che spazza via il plurilinguismo, di Antonio Zoppetti.

L’Occidente e il nemico permanente

La prefazione di Luciano Canfora al libro “L’Occidente e il nemico permanente” di Elena Basile

Questo libro di Elena Basile, che scaturisce dalla approfondita conoscenza che l’autrice ha della storia diplomatico-militare, risulta illuminante. La ricchezza dei dati e il disvelamento delle connessioni e degli intrecci supportano la tesi espressa nel titolo del volume. Nel solco di tali indagini, si possono prospettare ulteriori scenari.
All’origine della più che secolare vicenda che abbiamo alle spalle vi è il suicidio dell’Europa. Suicidio determinato dalla scelta dell’impero britannico di fermare con la guerra la crescita prorompente e l’allarmante rivalità del ben più giovane impero tedesco. Tale fu la genesi della Grande guerra (1914-1918). Al termine della quale il bastone di comando passò dal malconcio impero britannico al ben più moderno “impero” degli Stati Uniti d’America.
Ma la guerra suicida aveva anche fatto sorgere il nuovo “nemico assoluto”: il comunismo. Non più “spettro” letterario, ma dura formazione politico-statale non disposta a farsi soverchiare. Ora il “nemico assoluto” era ancora più a Oriente, sulla carta geografica. Anche per questo era un “nemico” perfetto. Un nemico rispetto al quale l’“Occidente” tutto poté dispiegare, dando a credere di investirsi di una sorta di moderna “crociata”, tanto la forza quanto la propaganda: ora alternandole, ora coniugandole. Ragion per cui davvero il 1941-1945 costituì una anomalia, dalla quale – scampato il pericolo – furono prese quanto più rapidamente possibile, e con adeguata profusione di oratoria fremente, definitive distanze. Sappiamo chi ha vinto.
Le cose divennero un po’ meno agevoli quando l’“usato sicuro” (“mondo libero” versus “impero del male”, “chiesa del silenzio” etc. etc.) risultò non più calzante. E anzi, per un breve tratto, parve addirittura opportuno, o comunque utile, plaudere alla democrazia ritrovata grazie nientemeno che a Corvo Bianco. E i cultori meno avveduti della “filosofia della storia”, della storia proclamarono, allora, addirittura la conclusione: culminante appunto nella imminente vittoria universale della democrazia (cioè dell’“Occidente”).
Ma non durò. Quando l’Europa, raccolta sotto le insegne di una Unione a trazione tedesca cresciuta di dimensioni geografiche ed essenzialmente economico-finanziarie, cominciò a scoprire che l’ex “impero del male” era un partner interessante e foriero di reciproci vantaggi, il Grande Fratello dovette correre ai ripari. Il che poteva, consentendogli il Patto Atlantico (anch’esso in crescita vertiginosa) di affermare se stesso nel resto del mondo e, al tempo stesso, tenere per mano l’Europa.
In breve fu aggiornato il lessico: non più l’“impero del male” ma la “democratura” fu il “nemico”. Adattata all’incessante flusso degli eventi, l’antica litania poté ricominciare, con ritocchi stilistici e sommovimenti “arancione”. (Altrove provvedevano le primavere arabe, ma anche la distruzione dell’Iraq o il bombardamento sulla Serbia).
Il “nemico” era da capo lì: “Il bieco storione del Volga”, come si espresse un dì un giornalista emotivo nelle focose polemiche degli anni Cinquanta.
Ma nascevano anche nuovi imbarazzi. Che fare della Cina? In assenza di un altro Kissinger che riuscisse daccapo a metterla contro la Russia. Era un problema. Per le api operose che costruiscono l’opinione pubblica nel “mondo libero” si apriva un dilemma non da poco: bisogna scrivere che va a rotoli o invece che è ormai pericolosa perché troppo forte? Bisogna demonizzarla e smascherarla perché non più comunista ma iper-capitalistica, o è meglio ripiegare sul classico e ribadire che incarna più che mai il mostro comunista?
Viene in mente Benedetto Croce, che scrive nel periodico La città libera del 14 settembre 1945: Durezza della politica. Lì Croce prendeva spunto dalla sorpresa di alcuni di fronte al fatto che, sconfitto ormai l’Asse, il nuovo governo inglese, non più conservatore ma laburista, accantonasse, pur sollecitato, ogni ipotesi di buttar giù Francisco Franco, a suo tempo sorretto dall’Asse e agevolato dai conservatori inglesi. Ormai – rilevava – i laburisti, giunti al governo, se la cavano con l’argomento “Ogni popolo è padrone di darsi il governo che vuole”. Con lucida freddezza Croce osservava: in politica, le parole che ammantano l’azione non hanno, né pretendono di avere, un contenuto di verità. “Se gli interessi inglesi”, soggiungeva, “entreranno in conflitto con quelli spagnoli, si assisterà a una rapida mutazione di stile, e la crociata sarà bandita in nome della morale”. Vera vocabula rerum amisimus lamentava lo storico latino Sallustio.
Così, l’“Occidente” non ha mai perso il vezzo di voler fare la lezione al mondo, nel mentre che ha come obiettivo primario di egemonizzarlo, convogliando intorno a sé satelliti contro il “nemico”: con ogni mezzo, dall’assassinio mirato al predicozzo.
Luciano Canfora

(Fonte)

Navalny vs Assange

Essere nemici dell’America può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale.
Henry Kissinger

La moglie di Navalny, solo poche ore dopo la misteriosa morte del marito, appare alla conferenza sulla sicurezza di Monaco affollata di esponenti politici da ogni parte del mondo, per invocare la rimozione del Male Assoluto (Vladimir Putin, cioè la Russia). Che straordinarie coincidenze avvengono nell’Occidente euroatlantico…

La moglie di Assange definisce “non sincera” e “vuota” la reazione dell’Occidente alla morte di Navalny. “Se fossi sincero, libereresti Assange”, ha dichiarato la moglie di Julian Assange, criticando le reazioni dell’Occidente alla morte di Alexei Navalny definendole “non sincere” e “vuote” in risposta a un tweet del primo ministro britannico Rishi Sunak.
Inoltre, ha risposto alla pubblicazione della presidente della Commissione europea , Ursula von der Leyen , che ha indirettamente accusato il “regime di Putin” della morte dell’ex attivista. La moglie di Assange ha affermato che le sue dichiarazioni suonavano “vuote”.
“Le sue parole suonano vuote quando rimane in silenzio sulla persecuzione politica del giornalista Julian Assange , che rischia 175 anni per aver pubblicato prove dei crimini di guerra statunitensi”, ha dichiarato Stella.
(Fonte)

Solo un deficiente

Solo un deficiente (cioè, colui che è manchevole di supporto cognitivo e capacità di ragionamento) può negare che gli USA stanno incendiando il mondo.
Solo un deficiente non capisce che le basi militari americane in Siria, Iraq e altrove nel mondo sono gli avamposti di uno Stato coloniale imperialista e che le genti di quegli Stati hanno il dovere (e non il diritto) di cercare di liberarsene.
Solo un deficiente non capisce le ragioni per le quali gli oligarchi della UE difendono l’indifendibile Ucraina e la finanziano usando gli ucraini come carne da macello.
Solo un deficiente non capisce perché i Paesi baltici più la Germania paventano un’aggressione russa alla NATO entro 5-8 anni e suonano la diana di quella che spacciano come guerra difensiva.
Solo un deficiente non capisce che quando Zelensky annuncia un cambio di strategia nella guerra di aggressione per procura contro la Russia intende adottare lo stile israeliano in voga a Gaza, là dove si bombardano asili, ospedali, centro rifugiati e persino cimiteri. Infatti, ieri ha cominciato a bombardare le panetterie causando 20 morti di Ucraini russofoni in fila a comprare il pane. Per implementare questa nuova strategia, Zelensky vuole estromettere l’attuale capo di stato maggiore sostituendolo con il capo dei servizi segreti, l’artefice degli attentati terroristici in territorio russo, quindi anche in Crimea.
Solo un deficiente non comprende cosa ha in testa Netanyahu e come andrà a finire, al di là delle chiacchiere di mercato degli atlantisti.
Solo un deficiente non ammette che il modello di sviluppo demoliberale è una catastrofe che ha generato nel mondo milioni di diseredati, altrettanti milioni di popolazione della classe media resa schiava di un inalienabile processo consumistico che la rende succube e ricattabile, creando al contempo un clan di plurimiliardari che determinano ovunque le politiche degli Stati asserviti all’egemonia americana.
Solo un deficiente non capisce che l’equazione “democrazia occidentale” uguale a libertà è un ossimoro.
Solo un deficiente non capisce che siamo sotto il tallone di un totalitarismo politico, economico, culturale chiamato liberismo.
Solo un deficiente può pensare “accada quel che accada, tanto io me la cavo”…
Deficienti ne abbiamo? Sì, milioni di milioni e nessun deficiente se la caverà. Certo, anche chi deficiente non è rischia (e magari anche senza “rischia”) di non cavarsela, ma quantomeno si riserva la prerogativa di cadere in piena consapevolezza, da uomo libero e verticale avendo ben chiaro il volto del boia.
Maurizio Murelli

(Fonte)

Finalmente arrivano i bonifici?!?


Dmitry Medvedev, dopo aver parlato dell’opposizione anti-governativa finanziata dall’Occidente in Russia che auspica la sconfitta militare, lo smembramento e quindi il saccheggio del Paese, afferma che la Russia dovrebbe sostenere forze di opposizione sane e sensate nei Paesi occidentali:
“Anche in Occidente esiste un’opposizione anti-establishment. I suoi membri non desiderano la morte della loro Patria, come i rinnegati russi, ma cercano un nuovo percorso per il suo sviluppo. C’è un’opposizione di destra e di sinistra. Ognuna con un proprio programma nazionale, che si oppone al globalismo americano. Questo tipo di opposizione è presente in tutti i Paesi dell’UE e anche negli Stati Uniti.
Naturalmente, i nuovi politici sono molto più sensati e motivati dei membri pigri e privilegiati dei partiti tradizionali. Vedono chiaramente tutti i vizi dell’attuale globalismo liberale e dell’ordine mondiale imposto dagli Stati Uniti. E il nostro compito è sostenere tali politici e i loro partiti in Occidente in ogni modo possibile, aiutandoli apertamente o meno apertamente a ottenere risultati decenti nelle elezioni.
Il loro arrivo nella pubblica amministrazione può migliorare radicalmente il panorama politico nel mondo occidentale. Questo è il motivo per cui sono così temuti dai politici castrati che guidano le vecchie forze politiche in Europa e negli USA, così come dagli invertebrati arcobaleno sessualmente confusi che oggi sono al timone di molti Paesi occidentali.”
Laura Ruggeri

(Fonte)

Aritmetica riformista

Le gazzette ci dicono che nella Repubblica di Teddy Roosevelt, 20 Nababbu posseggono la bellezza di 30 miliardi di franchi.
Essi sono i Morgan, i Rockfeller, i Carnegie, gli Schwaab, i Vanderbildt, i Gould ed altra gentuzza di simile conio.
In verità, quando si è senza un soldo, viene una voglia matta di far conti e castelli in aria coi quattrini delle tasche altrui.
Ecco il perché oggi, in cui la mia bohème assume un carattere di grandezza giobbiana, voglio trastullarmi facendo dei calcoli sulle rispettabili ricchezze dei 20 messeri dell’altro continente, convintissimo che il trastullo, se non arrecherà nelle mie vedove scarselle il becco d’un quattrino, darà, però, seriamente a pensare a molti lettori di questo foglio.
E incominciamo.
L’Italia conta, all’incirca, trenta milioni di abitanti. Supponendo che tutti lavorano di un lavoro utile – dicendo lavoro utile voglio significare, attualmente, qualche cosa diverso da ciò che fanno Alberelli, Totonno, ed altri simili Pinetti – e supponendo anche che i produttori, dal frutto di detto lavoro, dopo aver detratto il necessario per sostentarsi, riescano a metter da parte cento franchi all’anno, ne viene di conseguenza che: la popolazione d’Italia dovrebbe lavorare e risparmiare dieci anni di seguito, per accumulare le ricchezze che in America detengono 20 sole persone.
Ciò dimostra come coll’onorato lavoro e col saggio risparmio si possa diventare anche miliardari.
Ma non basta.
Vediamo quanto tempo l’umanità intera deve lavorare, per guadagnare i baiocchi che racchiudon le casse-forti d’una, pur sì esigua, schiera di vampiri del Nuovo Mondo.
Vivacchiano sulla terra circa un miliardo e mezzo di uomini animali bipedi ed implumi, disse Aristotele.
Di questi animali, detratti i bambini e coloro che esercitano il mestiere di non lavorare mai, restano un mezzo miliardo di produttori genuini.
Supponendo che ognuno di essi venga retribuito con due franchi al giorno – resto al disotto del vero se si considera che i coolies cinesi lavorano per 60 centesimi e che i coolies parmensi, volgarmente direbbesi spesati, lavorano per poco più – con delle semplici moltiplicazioni si venne facilmente ad ottenere come resultato, che: tutta l’umanità deve lavorare un mese di seguito per produrre le ricchezze di 20 miserabili.
E’ divertente nevvero? E allora proseguiamo.
Si supponga che ogni disgraziata vittima dello sfruttamento versi 50 centilitri di sudore al giorno: ossia appena la ventesima parte di un litro. In trenta giorni – tempo necessario accioché l’umanità accumuli quanto posseggono i venti nababbi, e tuttociò, per soddisfare i gusti alla direttorio delle vacche d’oro, tipo Miss Elkias – l’umanità verserebbe l’inezia di settecentocinquanta milioni di litri di sudore.
Ah! Cristoforo Colombo che maledetta idea ti passò mai pel capo!
Ma c’è di più.
Supponiamo che il torrente che scorre in mezzo a Parma, nei periodi di piena, versi tre metri cubi, ossia tremila litri d’acqua al minuto secondo.
Ebbene, volete sapere quanti giorni impiegherebbe, il torrente, a trasportare il sudore che l’umanità stillerebbe dai suoi pori nei trenta giorni necessari a carpire alla terra i miliardi delle venti rancide carcasse americane: 75 giorni!!!
Dopo ciò, o colleghi operai, dalla pancia vuota, dai vestiti a brandelli e dalle scarpe sfondate riformiamo, riformiamo pure.
Riformare?!
Dio degli Dei! Ma se c’è da incenerire il creato e, se esistesse, il Creatore!
Leo Celvisio
(pseudonimo di Filippo Corridoni)

[Articolo apparso nel periodico L’Internazionale, 4 novembre 1908, ora in “… il fuoco sacro della rivolta. Articoli di giornale”, di Filippo Corridoni, 2006, Società Editrice Barbarossa, a cura di Andrea Benzi]

27 gennaio, una giornata particolare


Ieri i TG hanno passato la notizia che a Mosca, presso la statua del milite ignoto, una ventina di donne hanno deposto un fiore e chiesto che Putin ritiri l’esercito dall’Ucraina. La notizia è stata “vestita” con abiti foschi e fatta passare come riprova di un grande dissenso nei confronti dell’autocrate del Cremlino.
Contemporaneamente, attraverso agenzie di stampa americana, i canali extra mainstream ci fanno sapere che in USA è scaduto l’ultimatum di Biden allo Stato del Texas con il quale viene intimata la rimozione del filo spinato al confine con il Mexico. La risposta del governatore Abott è stata: “Vieni tu a toglierlo…” affermando che il suo Stato è pronto a un conflitto con le forze federaliste e non si tirerà indietro. Oltre 25 governatori repubblicani e i loro Stati si impegnano a sostenere il diritto del Texas a difendere il proprio territorio a dispetto del governo federale e 10 di loro si impegnano ad inviare in Texas la propria guardia nazionale. In pratica viene dichiarata la disponibilità ad un conflitto armato nel caso Biden invii in Texas le truppe federali per imporre la risoluzione della Corte Suprema USA ispirata da Biden. Insomma, si potrebbe legittimamente pensare al prodomo di una guerra civile dentro i confini dell’Impero del Male. Qualcuno di voi ha visto rilanciare dai media italici questa notizia che a tutti gli effetti è una “notiziona”? No, passa quella di 20 contestatrici moscovite che tra l’altro più che contestare, invocavano un ritorno a casa dei loro uomini. Non sto neppure qui a raccontarvi su chi sta “manipolando” e strumentalizzando il sentimento di queste donne. Diamo il tutto per genuino. Resta il fatto dell’evidente diversità di peso tra quanto sta accadendo in Texas e quanto a Mosca, e resta in tutta evidenza la palese dimostrazione del servilismo mediatico.
Sempre ieri scoppia il caso dei 12 funzionari ONU che secondo Israele avrebbero preso parte attiva all’operazione del 7 ottobre condotta da Hamas. Senza alcuna verifica e vaglio dell’accusa, gli USA subito sospendono i contributi a sostegno dei profughi palestinesi subito imitati dal Canada e a poi da altri Stati del cortile imperiale USA. L’Italia, sfoderando la ruota del pavone, fa sapere che già li aveva già sospesi il 7 ottobre. L’orgoglio del “Italiani prima”. Chiunque abbia un minimo di buon senso, capisce bene che se anche fosse vero che 12 funzionari ONU palestinesi abbiano partecipato all’operazione del 7 ottobre, penalizzare e sabotare l’intera organizzazione ONU è vile e pretestuoso. Sarebbe come se beccati 12 carabinieri a partecipare ad un’operazione mafiosa venissero sospesi i fondi a favore dell’Arma. Ma tant’è.
Ahh, sì, poi c’è anche la “Giornata della Memoria”, talmente sacra da poter interdire qualsiasi altra manifestazione non a tono (e non quindi per motivi di ordine pubblico) manifestazioni che magari si potrebbero svolgere anche a Natale o Pasqua ma non il 27 gennaio. Giornata impegnata da politici, imbonitori e sedicenti storici a strologare su antisemitismo, antisionismo, “nazifascismo” (sic!!!), revisionismo e quant’altro, omettendo accuratamente, per esempio, di segnalare il fatto storico che il 27 gennaio è il giorno in cui le truppe russe facevano ingresso al campo di concentramento di Auschwitz. Innestandosi sulla lezione del film “La vita è bella” di Benigni vorrai mica citare i Russi come liberatori eh? Qui è meglio che mi taccio.
Sì, è stata proprio una giornata particolare quella del 27 gennaio, una giornata nel corso della quale mentre gli oligarchi mediatici e politici si impegnavano nella loro paciosa narrazione, le masse si impegnavano indifferenti nel loro abituale shopping del sabato attestando ancora una volta lo scollamento tra i mezzadri del potere e i loro fondamentali interessi consumistici. Insomma, mentre il Titanic affonda, l’orchestra continua a suonare…
Maurizio Murelli

P.S: Dimenticavo: a Lucca, sempre ieri, è stata interdetta la conferenza organizzata da “Il Vento dell’Est” sul Donbass. Con metodi mafiosi sono state fatte pressioni sull’albergatore che aveva messo a disposizione la sala conferenze affinché l’autorizzazione la ritirasse: “Diversamente troveremo il modo di farti chiudere l’attività”. Complimenti!

(Fonte)

I militari degli Stati Uniti conducono esperimenti pericolosi con virus proibiti

Le operazioni militari russe in Ucraina hanno permesso di rivelare molti sporchi segreti del regime di Kiev e dei suoi sostenitori a Washington. Lo scorso 15 gennaio, il Ministero della Difesa russo ha tenuto un’altra audizione, guidata dal capo delle truppe delle Forze Armate russe specializzate nella protezione chimica, biologica e da radiazioni. I militari russi hanno rivelato che i rappresentanti del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti hanno condotto una serie di esperimenti con i virus del vaiolo vietati dall’Assemblea Mondiale della Sanità.
Le forze armate USA stanno conducendo ricerche sul virus del vaiolo al fine di valutare l’uso del virus del vaiolo delle scimmie come potenziale agente biologico dannoso. Sono anche alla ricerca di simulatori basati su agenti di virus del vaiolo. Due ceppi di questo patogeno sono utilizzati nel corso di studi aerobici.
Gli esperimenti sono stati lanciati nonostante il divieto dell’Assemblea Mondiale della Sanità. Solo due organizzazioni sono autorizzate a condurre tali ricerche. Esse comprendono il Centro Scientifico della Direzione di Stato in Russia ed il Centro per il Controllo delle Malattie negli Stati Uniti. Nonostante il divieto, gli esperimenti sono stati effettuati da rappresentanti dell’Istituto di Malattie Infettive, che fa parte dell’esercito degli Stati Uniti.
Secondo i militari russi, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha anche studiato altri virus dei vertebrati di grandi dimensioni (orthopoxvirus) che costituiscono un grande pericolo per la vita e la salute umana.
Washington sta violando i requisiti internazionali per la sicurezza biologica e continua esperimenti pericolosi mirati a provocare epidemie globali o catastrofi regionali.

[Fonte]

Quando la CIA rapì Moro

A via Fani operò una squadra di forze speciali addestratissime, formatasi in super-scuole militari. Solo due erano allora a quel livello: l’ebraico Mossad e il sovietico Spetsnaz. A via Fani, soprattutto, Aldo Moro non c’era! Prima della strage l’aveva rapito un’eliambulanza. L’unica cosa certa è che poi venne ucciso. Ma non da chi siamo abituati a credere. Questo noir di fantapolitica, appassionante e iperrealistico, risponde a molti interrogativi ancora senza risposta. E ne propone altri inquietanti anche a distanza di quasi mezzo secolo. Il racconto è preceduto da un ampio reportage introduttivo sull’affaire-Moro.

L’autore
Amedeo Lanucara è un giornalista nato sulle aspre Murge pugliesi, con un piede professionale a Roma ed uno a Milano. Giramondo e appassionato di storia del Vicino Oriente. Già inviato e/o capo-servizio al Globo di Antonio Ghirelli e Mario Pirani, a Il Sole-24 Ore, ad Avvenire e ai settimanali ex-Rusconi con Pietro Zullino. Free-lance alla Rai tv. E’ stato direttore di periodici istituzionali e de La Voce del Cittadino. Suo il libro Berlinguer segreto. Vive alle porte di Roma, sul Lago degli Etruschi.

Strane coincidenze biopolitiche

“L’esercito russo ha notato una “strana coincidenza”, ovvero che la pandemia di COVID è stata preceduta da una serie di progetti di ricerca sullo studio sistematico dei coronavirus, finanziati da Washington. Pertanto, dal 2009, l’USAID ha implementato il programma Predict, nell’ambito del quale sono state studiate le malattie da coronavirus e sono stati catturati i loro vettori.
Il 12 settembre 2023, i legislatori hanno chiesto pubblicamente al capo del dipartimento, William Burns, materiali dettagliati per il lavoro di una sottocommissione speciale volta a indagare sull’origine della pandemia di COVID-19.
I rapporti statunitensi a disposizione dell’esercito russo “Valutazione del rischio di infezioni emergenti da pipistrelli insettivori in Ucraina e Georgia” hanno rivelato che gli studi sul coronavirus sono stati condotti dal 2016 al 2020. Il rapporto rileva: “… che durante i lavori sul territorio dell’Ucraina , sono stati identificati individui di pipistrelli che migravano fino a 800 km di profondità verso paesi come l’Ungheria e la Russia…”.
L’esercito russo ha attirato l’attenzione sul fatto che nella ricerca in Ucraina erano coinvolti specialisti di bioinformatica. I loro compiti includevano la modifica e la combinazione dei genomi degli agenti patogeni identificati. Cioè, la ricerca tradizionalmente associata al miglioramento delle funzioni dei virus pericolosi.

Abbiamo più volte notato che l’origine artificiale del COVID-19 è evidenziata dalla variabilità insolita delle varianti genetiche per la maggior parte dei coronavirus, dalle differenze significative nella mortalità e nella contagiosità, dalla distribuzione geografica non uniforme, nonché dalla natura imprevedibile del processo epidemico nel suo complesso.
È anche difficile spiegare l’elevato grado di preparazione dei produttori statunitensi di vaccini a mRNA di fronte alla pandemia di un nuovo contagio da coronavirus, il che suggerisce una collusione tra varie agenzie governative statunitensi e la cosiddetta “Big Pharma”.
La diffusione dell’infezione da nuovo coronavirus ha portato ad un aumento significativo dei profitti delle società biotecnologiche grazie alla creazione di vaccini e medicinali contro il coronavirus, nonché alla crescente dipendenza dei Paesi in via di sviluppo dagli Stati Uniti e alla creazione di condizioni per la loro ulteriore attuazione dei programmi a duplice uso.”

Da Nuovi dettagli sui laboratori statunitensi di armi biologiche in Ucraina (fonte originale).

Si legga anche Concluse le indagini della Russia sui biolaboratori USA.

Intelligenza artificiale e sicurezza informatica, le agenzie di intelligence prendono ordini dai giganti dell’Hi-Tech

È una Spectre globale, come nei film di 007. Il suo compito è difendere l’umanità, almeno così dicono, dai rischi dell’intelligenza artificiale.

Con questo obiettivo in mente, le agenzie di sicurezza informatica dei cinque continenti si sono prima incontrate a novembre in Gran Bretagna e poi hanno redatto un documento congiunto firmato all’unanimità: “Linee guida per lo sviluppo di sistemi di IA (intelligenza artificiale) sicuri”. Il progetto è stato ideato dal National Cyber ​​Security Centre del governo britannico ma il documento è stato approvato e condiviso dai principali centri di comando della cyber security “atlantici”: Stati Uniti in prima fila con la National Security Agency (NSA) e il Federal Bureau of Investigation (FBI), seguito e accompagnato da Australian Cyber ​​Security Centre, Canadian Centre for Cyber ​​Security, New Zealand National Cyber ​​Security Center, CSIRT del governo del Cile, la National Cyber ​​and Information Security Agency della Repubblica Ceca, la Information System Authority estone, il Centro nazionale per la sicurezza informatica dell’Estonia, l’Agenzia francese per la sicurezza informatica, l’Ufficio federale tedesco per la sicurezza informatica, la Direzione nazionale informatica israeliana, l’Agenzia nazionale italiana per la sicurezza informatica, il Centro nazionale giapponese per la preparazione agli incidenti e la strategia per la sicurezza informatica, il Segretariato giapponese per la scienza, la tecnologia e le politiche di innovazione, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo della tecnologia informatica della Nigeria, il Centro nazionale norvegese per la sicurezza informatica, il Ministero degli affari digitali polacco, l’Istituto nazionale di ricerca NASK della Polonia, il Servizio di intelligence nazionale della Repubblica di Corea, l’Agenzia per la sicurezza informatica di Singapore. In breve, la crema dell’intelligence occidentale.
A cosa serve quel documento? Quali benefici intende introdurre nel complesso e spesso incomprensibile mondo dell’intelligenza artificiale? E soprattutto, quali limiti le agenzie di intelligence intendono conferire ad una tecnologia che secondo alcuni dei suoi principali ideatori sta per diventare un rischio per l’umanità, grazie a nuovi algoritmi capaci di decidere autonomamente quali calcoli effettuare?
Il documento redatto a Londra spiega che “esso raccomanda linee guida per i fornitori di qualsiasi sistema che utilizzi l’intelligenza artificiale (IA), sia che tali sistemi siano stati creati da zero o costruiti su strumenti e servizi forniti da altri. L’implementazione di queste linee guida aiuterà i fornitori a costruire sistemi di intelligenza artificiale che funzionino come previsto, siano disponibili quando necessario e funzionino senza rivelare dati sensibili a parti non autorizzate. Questo documento è rivolto principalmente ai fornitori di sistemi di intelligenza artificiale che utilizzano modelli ospitati da un’organizzazione o utilizzano interfacce di programmazione di applicazioni esterne. Esortiamo tutte le parti interessate (compresi esperti dei dati, sviluppatori, manager, decisori e proprietari del rischio) a leggere queste linee guida per aiutarli ad assumere decisioni informate su progettazione, sviluppo, implementazione e funzionamento dei loro sistemi di intelligenza artificiale”.
Secondo i guru della sicurezza informatica, ci sono quattro pilastri su cui costruire un mondo digitale ottimale: affidabilità (copre la comprensione dei rischi e la modellazione delle minacce, nonché argomenti specifici e compromessi da considerare nella progettazione di sistemi e modelli); sviluppo che offra certezze (relativo al ciclo di vita, compresa la sicurezza della catena di approvvigionamento, la documentazione, e la gestione dei patrimoniale e del debito tecnico); implementazione efficace (protezione dell’infrastruttura e dei modelli da compromissioni, minacce o perdite, sviluppo di processi di gestione degli incidenti e rilascio responsabile); funzionamento e manutenzione garantiti (fornire linee guida sulle azioni particolarmente rilevanti una volta che un sistema è stato implementato, compresi la registrazione e il monitoraggio, la gestione degli aggiornamenti e la condivisione delle informazioni).
Ciò che più sorprende di questo documento è l’elenco delle aziende e delle istituzioni che hanno contribuito alla sua stesura. In quell’elenco troviamo Amazon, Google, Google DeepMind, IBM, Microsoft, OpenAI, oltre ad alcune istituzioni come la Georgetown University, da sempre fucina di grandi talenti per le agenzie di intelligence statunitensi. Ma non è una buona notizia se il controllato diventa il controllore.
Piero Messina

Fonte – traduzione a cura di Old Hunter

Sic transit gloria Ukraini

13 maggio 2023, “successo assicurato”. 3 dicembre 2023, “la controffensiva è fallita”. Capite perché da settimane non si parla, sul mainstream, che di fattacci di cronaca, di patriarchi e di patriarcato? Devono tentare di coprire l’enorme fallimento, la disfatta, della NATO in Ucraina. Devono cercare di depistare l’opinione pubblica affinché non si accorga del fatto che, dopo questa disfatta militare occidentale sul fronte ucraino, il mondo sarà irreversibilmente multipolare e la NATO non costituirà più una forza deterrente per stabilizzare l’egemonia globale residua angloamericana.
Paolo Borgognone

Coccodrillo anomalo

In morte di Henry Kissinger

Quando muore uno degli alti uffici del capitale finanziario a guida USA molti sono obbligati a scrivere un coccodrillo. Altri sono ugualmente obbligati a tacere. Noi invece possiamo parlare sputando il coccodrillo tutto intero.
Muore dopo un secolo un figuro nefasto, odiatore seriale dell’Umanità. E maestro in dissimulazione davanti al proprio spirito e a quelli altrui. Ha fatto decimare popoli sparsi in quasi tutto il globo: l’elenco è tuttora in corso di compilazione. Ha corrotto politici amici e nemici. Si racconta che una volta Mao, vedendolo intento al bicchierino con Chu En Lai, ebbe a dire: “Questo è pericoloso perché anche quando beve ti guarda con l’occhio degli Yaoguai”. Gli Yaoguai sono gli spiriti malefici animali e vegetali del folklore antico cinese – per gli Occidentali un tipo di demoni fanatici che popolano l’inferno – la cui aspirazione più profonda e ingiustificata è quella di raggiungere l’immortalità: farsi dei. Se ne ricordino per primi gli attuali esploratori novelli del pensiero umanistico che vanno in giro cianciando di “uomo divino”.
Ecco cos’era Kissinger, ed ecco perché dai primi anni ‘40 a ieri è stato al servizio dei dirty games e delle politiche imperialiste degli USA. Per limitarci ai crimini politici che più hanno colpito le menti e i cuori in Italia, si deve ricordare il suo ruolo da attore protagonista nel rovesciamento di Salvador Allende e nell’avvento del regime di Pinochet, per non dire della profezia autoavverante che fece ad Aldo Moro nel 1974: “Lei la pagherà cara”
Uno Yaoguai senza scrupoli di sorta, che fu all’origine anche dei piani di affamare e assetare popoli di cui parlano in questi ultimi mesi al WEF e dintorni… Dopo un centinaio d’anni e malefatte ininterrotte, ha dovuto ritirare il suo sogno di immortalità.
I popoli ne serberanno memoria.
Ireneo Corbacci

Ti scatto una fotografia

Che cos’è l’Occidente?
I bambini massacrati a Gaza senza pietà.
Che cos’è l’Occidente?
Hitler e il nazismo.
Che cos’è l’Occidente?
L’Olocausto.
Che cos’è l’Occidente?
La bomba atomica.
Che cos’è l’Occidente?
Il colonialismo e lo sterminio di intere civiltà.
Che cos’è l’Occidente?
600.000 civili massacrati in Iraq in una guerra illegale.
Che cos’è l’Occidente?
La Commissione Europea e la Casa Bianca che sostengono lo sterminio dei Palestinesi a Gaza.
Che cos’è l’Occidente?
Il ministro israeliano Ben-Gvir ammiratore del terrorista Baruch Goldstein
Che cos’è l’Occidente?
La convinzione che i bambini a Gaza vengano uccisi da Hamas.
Che cos’è l’Occidente?
I proiettili sparati nel cranio dei bimbi palestinesi in Cisgiordania come Mohammed Haitham al-Tamimi (tre anni, 5 gugno 2023).
Che cos’è l’Occidente?
La violazione sistematica del diritto internazionale e dei diritti umani.
Che cos’è l’Occidente?
La convinzione di essere una civiltà superiore.
L’Occidente non è soltanto tutto questo, per fortuna.
Ma tutto questo prende quasi tutto l’obiettivo.
Se però la foto è scattata dagli editorialisti del Corriere della Sera, vedrete tanti bimbi sorridenti che giocano felici.
Alessandro Orsini

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La strategia di Israele è il genocidio

Israele sta perdendo la battaglia. Non può permettersi di mantenere la mobilitazione così a lungo, anche con il sostegno finanziario illimitato degli Stati Uniti. Si stima che, nonostante i voli siano ridotti, più di 250mila Israeliani abbiano lasciato il Paese. Questo è anche il numero di chi ha dovuto evacuare gli insediamenti sia nel sud in un ampio raggio intorno a Gaza, sia nel nord in un’ampia fascia lungo il confine con il Libano.
Israele non è abituato a questo, con le sue armi sofisticate si aspettava una vittoria rapida e schiacciante. Il problema è che non la raggiunge. Hamas è troppo ben trincerato e Hezbollah è troppo forte. Entrambi hanno un arsenale sofisticato, nonostante l’assenza di marina e aviazione. La loro strategia è stata quella di rendere le forze aeree e navali ampiamente inutili contro di loro grazie a una vasta e ben attrezzata rete di tunnel rinforzati, sigillati e ben difesi. La loro strategia è quella del logoramento: far durare il conflitto più a lungo di quanto gli Israeliani siano disposti o in grado di sopportare. Sembra funzionare. Gli Israeliani stanno subendo perdite a un ritmo a cui non sono abituati. Questo li sta rendendo più lenti e cauti, tranne che quando attaccano dal cielo, e stanno sconvolgendo la vita dei civili in una misura senza precedenti. Le forze di resistenza dei Palestinesi e dei loro alleati hanno pianificato uno scontro di durata illimitata, mentre Israele pianifica solo attacchi brevi e massicci, finalizzati a una vittoria rapida e decisiva, che in questo caso è illusoria. Questo è il motivo principale per cui hanno scelto il genocidio come tattica.
Ritengono che la morte massiccia e orribile di civili inermi, soprattutto donne e bambini, costringerà Hamas, Hezbollah e i loro alleati a correre rischi e a esporsi. Ma il genocidio non funziona. E anche se non funziona, la risposta di Israele è quella di continuare con il genocidio. Gaza è in gran parte senza cibo, medicine, elettricità, carburante o acqua potabile. Israele sta cercando di costringere una popolazione in preda al panico ad andarsene o a morire. Se se ne andranno, sarà nel Sinai, per non tornare mai più nel loro Paese. Questo va bene per Israele, ma non per l’Egitto, che ha schierato una solida fila di carri armati lungo il confine per evitare di essere costretto ad accogliere la popolazione palestinese.
Israele sta ricorrendo a bombardamenti su ospedali, scuole, moschee e persino sulle poche chiese della comunità cristiana che ha aperto le porte ai fratelli e alle sorelle musulmani in cerca di rifugio.
La strategia israeliana sembra essere quella di far sì che quando gli scheletri di bambini e i cadaveri inizieranno a diventare centinaia di migliaia o più, i combattenti cederanno per disperazione e/o la comunità internazionale costringerà l’Egitto ad aprire le sue porte. La strategia potrebbe ritorcersi contro.
La comunità internazionale potrebbe inorridire a tal punto che nessuna hasbara [media amici] funzionerà. Invece, i loro alleati più fedeli potrebbero essere costretti ad abbandonarli e altre potenze potrebbero scendere in campo dalla parte dei Palestinesi. A quel punto, le conseguenze diventano imprevedibili. Ci sono già imponenti manifestazioni in tutto il mondo. Una voce di spicco in Israele ha addirittura suggerito l’opzione nucleare.
La richiesta di un cessate il fuoco si fa sempre più forte, ma Israele la vede come una vittoria dei Palestinesi e le fazioni palestinesi non hanno molta voglia di tornare allo status quo ante, che significa confinamento in campi di concentramento o in “riserve”. Volontari di tutto il mondo stanno iniziando a mobilitarsi per cercare di consentire, come minimo, l’arrivo di aiuti umanitari, del carburante, dell’elettricità e dell’acqua alla popolazione di Gaza assediata, affamata, assetata, malata e ferita.
Questo è solo l’inizio. La situazione potrebbe cambiare rapidamente in meglio o in peggio.
Paul Larudee

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I grandi pezzi di cabaret non invecchiano mai


Telecom Italia, con l’assenso del governo Meloni, ha deliberato la vendita per 19 miliardi di euro della rete fissa italiana, al gruppo finanziario statunitense KKR (Kohlberg Kravis Roberts).
Il gruppo KKR non è solamente un grande gruppo americano, ma, per comprenderne l’autonomia rispetto al comparto militare-industriale, ha come presidente l’ex generale americano David Petraeus.
L’infrastruttura delle telecomunicazioni è oggi la più importante infrastruttura che definisce le capacità operative di una nazione nel mondo moderno.
Su questa infrastruttura circola:
1) l’informazione pubblica;
2) le transazioni monetarie;
3) qualunque operazione di interesse militare.
Praticamente gli abbiamo dato le chiavi di casa e lo ius primae noctis.
Per chi avesse ancora avuto dei dubbi, la destra italiana è parte del progetto di svendita del Paese agli USA esattamente quanto la sinistra.
Essendo quella italiana la condizione di una colonia, il termine giusto per la nostra classe dirigente è quella di “collaborazionisti con le forze di occupazione coloniale”.
Visto che di questi tempi mancano occasioni di buon umore, non vedo l’ora di arrivare nei pressi delle prossime elezioni in cui assisteremo per la millesima volta allo spassoso gioco delle parti in cui la destra borbotterà seriosamente di “sovranità nazionale” e la sinistra li accuserà per questo di “fascismo”.
I grandi pezzi di cabaret non invecchiano mai.
Eusebio Margara

L’Italia tradisce la Palestina e la propria tradizione filo-araba

“Le immagini che abbiamo visto mostrano qualcosa di più di una semplice guerra, mostrano il desiderio di cancellare gli Ebrei da questa regione ed è un atto di antisemitismo. E noi dobbiamo combatterlo, oggi come ieri. Difendiamo il diritto di Israele di esistere, di difendere la sicurezza dei suoi cittadini. Siamo assolutamente consapevoli che si tratta di un atto di terrorismo che deve essere combattuto. Pensiamo e crediamo che siate in grado di farlo nel modo migliore, perché siamo diversi da quei terroristi. Dobbiamo sconfiggere questa barbarie: è una battaglia tra le forze della civiltà e mostri barbari che hanno ucciso, mutilato, stuprato, decapitato, bruciato persone innocenti. È una prova, una prova di civiltà. E noi la vinceremo”.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non perde occasione per dimostrarsi la più atlantista tra gli atlantisti. In missione a Tel Aviv per incontrare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, la Presidente del Consiglio italiana ha recitato più o meno lo stesso copione già recitato quando incontrò Zelensky all’epoca della SMO russa in territorio ucraino. È un modello che funziona molto bene per il mainstream italiano.
Certo, poi, partecipando alla Conferenza del Cairo – il cui risultato è stato uno zero assoluto – ha dovuto cambiare tono e registro, invitando Israele a non cercare “vendetta”. Ma l’effetto cane da guardia era già arrivato sulle prime pagine di tutti i giornali. Nemmeno una parola sui quasi cinquemila Palestinesi uccisi dal fuoco dell’IDF. Per il governo italiano, quelli sono solo danni collaterali.
La politica estera italiana si riduce a una finta esibizione di globalismo filo-Washington, senza alcuna attenzione per la storia italiana e la sua lunga tradizione filo-araba e filo-palestinese. Perché l’Italia non è stata così. Negli ultimi sessant’anni, le relazioni politiche tra Italia e Palestina sono cambiate, parallelamente a cambiamenti più profondi nella politica italiana e palestinese. Per decenni, l’Italia è stata considerata il Paese dell’Europa occidentale più favorevole ai Palestinesi.
Tutto è cambiato all’inizio degli anni Novanta. L’ennesimo cadeau della fine della Guerra Fredda. Il sostegno politico italiano ai Palestinesi ha subito un graduale ma costante cambiamento. L’Italia, infatti, è oggi uno dei più stretti “amici” europei di Israele. Due sono i fattori principali alla base di questo riposizionamento politico. Uno è la trasformazione politica e sociale dell’Italia – il lungo processo di “integrazione” culturale, economica e politica nelle politiche neoliberali globalizzate, strettamente legate all’agenda neo-imperialista – che ha portato ad una drastica revisione degli affari esteri italiani.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha prestato grande attenzione al mondo arabo. Il governo ha cercato di avere un ruolo attivo nella regione, ben consapevole della necessità di stabilire relazioni forti e durature, sfruttando la sua posizione favorevole di “ponte” tra il Medio Oriente e l’Europa. L’Italia ha storicamente cercato di trarre vantaggio dalla sua vicinanza geografica alla regione per stabilire una presenza economica nell’area mediterranea. Ciò è stato evidente nei tentativi di espansione coloniale diretta. In effetti, anche se la politica estera italiana è stata decisamente limitata nel mezzo della crescente polarizzazione tra gli Stati Uniti e la sfera sovietica negli anni ’50, i suoi interessi nel Mediterraneo sono rimasti.
Mentre negli anni Cinquanta e Sessanta ci furono solo timidi tentativi di giocare un ruolo attivo nella questione arabo-israeliana, negli anni Settanta l’Italia deviò verso una posizione più decisamente filo-palestinese. Sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro, l’Italia promosse diverse iniziative a favore della causa palestinese. Ad esempio, insieme alla Francia, sostenne la partecipazione di Arafat all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1974. Anche il governo italiano dell’epoca espresse solidarietà per il dramma palestinese, non solo con dichiarazioni e comunicati, ma anche al punto da consentire la presenza ufficiale dell’OLP in Italia nel 1974.
La diplomazia nazionale mirava a garantire che la tensione tra i militanti palestinesi e l’intelligence israeliana non si acuisse in Italia. Con un patto segreto, noto come “Lodo Moro”, l’Italia assicurava ad alcuni gruppi palestinesi la libertà di coordinare e organizzare le loro attività sul territorio italiano in cambio della garanzia che le azioni non si sarebbero poi svolte in Italia. Tuttavia, nel corso degli anni sono emerse molte ricostruzioni secondo le quali sembra che la stessa politica del “far finta di non vedere” fosse rivolta al Mossad.
Sappiamo cosa è successo ai politici italiani che hanno sostenuto la causa araba e palestinese. Aldo Moro (1978) fu rapito dalle Brigate Rosse e ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite. Bettino Craxi fu travolto dall’ondata moralizzatrice di Tangentopoli, lo scandalo che cancellò l’intera classe politica italiana in coincidenza con la fine della Guerra Fredda, e morì esule in Tunisia. Ora la politica estera italiana non è altro che una dipendenza di Washington.

Fonte, tradotto in Italiano da comedonchisciotte.org

Pulire i vetri dell’ambasciata americana

Cara Elly Schlein, hai presente la Francia in Algeria ai tempi del colonialismo? Ecco, Israele è la stessa cosa in Palestina. Israele è uno Stato coloniale che brutalizza e disumanizza i dominati. E i dominati si ribellano. Soltanto un sistema stracorrotto dell’informazione come quello italiano può far iniziare la storia del conflitto israelo-palestinese dall’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023. Le potenze coloniali, cioè Israele e Stati Uniti, fanno sempre iniziare la storia del conflitto israelo-palestinese dall’ultimo attentato terroristico in opposizoone alla logica dell’indagine scientifico-sociale che suggerisce ben altra impostazione metodologica. Però l’informazione sulla politica internazionale in Italia funziona come nelle dittature quindi, purtroppo per noi, quasi tutti i conduttori televisivi, gli speaker radiofonici e i direttori di giornali, sono corrotti perché tradiscono la loro missione professionale che prevede di non ingannare le persone mentendo spudoratamente e distorcendo i fatti. Quindi, per favore, non venirmi a dire che la soluzione è di rilanciare il dialogo per avere due Stati. La soluzione è sbattere Israele fuori dai territori che occupa illegalmente colpendo Netanyahu con le sanzioni e chiedendo alla corte penale internazionale che spicchi un mandato di cattura contro questo criminale di guerra per i crimini disumani che sta commettendo a Gaza.
Un tempo i leader di sinistra dicevano queste cose perché si battevano per un mondo migliore.
Oggi la cosa più rivoluzionaria che sappiano fare i leader di sinistra è pulire i vetri dell’ambasciata americana.
Pulisci oggi pulisci domani, ti ritrovi tutta sporca.
Alessandro Orsini

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Lo “schema Seberg”

Per capire come funziona il mondo dell’informazione nell’“Occidente libero degli amanti della democrazia” utilizzerò lo “schema Seberg”. Jean Seberg era un’attrice nordamericana, musa di diversi registri francesi della cosiddetta “Nouvelle Vague”, da Godard (con il quale girò “À bout de souffle”, vero e proprio manifesto del movimento) a Chabrol. La Seberg aveva un “difetto”, simpatizzava per il Black Panthers Party al quale faceva puntualmente generose donazioni. Ora, in questo contesto non ci interessa discutere le idee politiche della Seberg, se queste fossero valide o meno. Ciò che importa è tenere a mente che questa sua simpatia politica non era affatto gradita all’FBI che su di lei scatenò una vera e propria campagna “mediatica” volta a screditarla sia come personalità pubblica che come attrice. La strategia dell’FBI, nello specifico, si fondava sull’imporre ai giornali scandalistici dell’epoca di pubblicare articoli, scritti sotto dettatura degli agenti di Edgar J. Hoover, concernenti aspetti privati della vita dell’attrice che potessero mettere la stessa in cattiva luce di fronte all’opinione pubblica. Poco importa che quanto venisse scritto fosse vero o meno, tanto, anche se l’attrice avesse sporto denuncia, la verità sarebbe venuta a galla solo quando non sarebbe importato più niente a nessuno.
Adesso, proviamo ad applicare tale schema alle relazioni internazionali tenendo bene a mente anche quanto dichiarò il giornalista tedesco Udo Ulfkotte (anche’egli oggetto di campagne denigratorie piuttosto gravi): ovvero, che i principali mezzi di informazione occidentali (storicamente) pubblicano materiale che viene loro servito da agenzie legate alla CIA o da uomini addestrati dalla stessa (si pensi, in questo caso, alle rivelazioni di Wikileaks sul ruolo della Stratfor Enterprise). Si prenda ad esempio il motivo scatenante dell’aggressione alla Serbia (ex Jugoslavia) nel 1999: il presunto massacro di Račak, quando i miliziani kosovari dell’UCK raccolsero alcuni loro compagni caduti in battaglia per poi vestirli con abiti civili e spararli alla testa onde dare l’idea della fossa comune e di una pulizia etnica portata avanti dalle forze serbe. Si prenda, inoltre, ad esempio il motivo scatenante dell’attacco all’Iraq nel 2003: la sceneggiata di Colin Powell alle Nazioni Unite con lo sventolio in diretta mondiale della fialetta contenente le prove della costruzione di armi chimiche da parte di Saddam. E si prenda ancora ad esempio il motivo che scatenò l’aggressione NATO alla Libia: nessuno, eccetto una violenta campagna nei mezzi di informazione occidentali che parlavano apertamente di migliaia di morti, fosse comuni e di genocidio del popolo libico da parte del “regime di Gheddafi”. Le prove di suddetto genocidio, ovviamente, non vennero mai mostrate per il semplice motivo che non esistevano. Ed anche Human Rights Watch fu costretta ad ammettere che le rivolte dei primi mesi del 2011 portarono alle morte di 373 persone (tra l’altro, in larga parte membri delle forze di sicurezza libiche). Senza considerare che la risoluzione ONU 1973/2011 prevedeva la creazione di una “zona di interdizione al volo” e “misure per proteggere i civili”. Non prevedeva affatto l’inizio di un vero e proprio conflitto contro la Libia (come venne interpretata molto fantasiosamente da Francia, Regno Unito e USA). Dunque, non importa che quanto viene detto sia vero o meno. La cosa importante è la reazione che scatena nel pubblico. In altri termini, la verità è sostituita dalla “sentimentalità”, o dalla sua teatralizzazione. Oggi, non esiste alcuna prova che i miliziani di Hamas abbiano decapitato 40 bambini (così come non c’era alcuna prova che i soldati russi si fossero macchiati di crimini nella cittadina ucraina di Bucha, altra questione passata in cavalleria che nessuno ricorda più). Eppure, i mezzi di informazione continuano a propinare tale notizia come “verità inattaccabile” per preparare l’opinione pubblica ad un nuovo massacro o per la guerra a oltranza.
Daniele Perra

[Fonte – collegamenti inseriti a cura della redazione]

Un po’ di cosine poco simpatiche

Sapete che c’è? C’è che ora dico un po’ di cosine poco simpatiche. Mi dispiace se ci sarà qualcuno che si sentirà toccato, ma questo è quanto sto riscontrando in questi ultimi giorni.
La prima è che c’è tanta, ma tanta, ignoranza in Italia, e nello specifico nell’area del dissenso… Gente che non sa nemmeno in quale parte del mondo si trovi la Palestina che si permette di pontificare contro un popolo oppresso sotto assedio che subisce pulizia etnica, apartheid, torture, espropri da 80 anni.
La seconda è che ancora troppa gente pensa di essersi “risvegliata” solo perché negli ultimi 3 anni ha intuito che ci fosse qualcosa che non andava sulla gestione delle nostre vite, poi, per quanto riguarda quello che succede nemmeno troppo lontano da noi (l’altra sponda del Mediterraneo), si trova a sostenere lo stesso potere che è stato combattuto qui, a casa nostra, cos’è… dissonanza cognitiva?
Gente che non ha mai approfondito alcunché, si trova a parlare di Islam come se fosse satanismo, consapevole o no, che è esattamente ciò che l’Occidente imperial-sionista vuole, e si trova a criminalizzare un intero gruppo religioso perché il potere, lo stesso che gli voleva infilare a forza un ago nella pelle con una sostanza tossica e sperimentale, impone questa narrazione, la stessa gente che non conosce nemmeno la differenza tra la parola “arabo” e la parola “musulmano” e li confonde bellamente utilizzando uno come sostituto dell’altro, ignorando che gli Arabi possono essere musulmani, ebrei, atei, cristiani etc e che i musulmani non sono necessariamente arabi.
Gente che ha avversato il “potere” contro il green pass e ora si trova a fiancheggiarlo nella lotta combattuta dall’alto verso il basso, perché il potere stesso negli anni ha fatto in lavaggio del cervello in questo senso: il tuo nemico è quello che decidiamo noi per te, è chi sta peggio di te, che è diverso da te e in qualche modo ti fa paura. Gente che ha paragonato Hamas agli Azov, così, a caso, dimostrando di non conoscere un beneamato fico secco della storia. Canali e personaggi della contro – informazione che hanno preso ad abbeverarsi da fonti tipo New York Times, Corriere, BBC, etc, anche questo in palese dissonanza cognitiva. Questa cosa è avvilente.
Qui non bastano le notizie, bisognerebbe creare delle scuole e iniziare dalle basi, facendo i disegnini…
Ma se proprio costa fatica dover studiare e capire per poter leggere gli eventi che si susseguono ad una velocità impressionante, c’è un altro modo, una cartina al tornasole, ed è come tratta una notizia la stampa occidentale/italiana: dal momento in cui hanno sparato a zero in questi 4 anni contro chi divergeva dal pensiero dominante (dalla farsa pandemica, passando dalla guerra della NATO contro il Donbass per arrivare al cambiamento climatico)… come fate ancora a credere alle cazzate che dicono?
Ma le bastonate prese non sono bastate?
Ma quando pensate sia il caso di risvegliarsi anche da questo torpore?
Francesca Quibla

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La dittatura dei numeri, trenta mesi dopo

Andrei Martyanov, probabilmente uno dei migliori analisti geopolitici in circolazione, nella primavera del 2021 scrisse il seguente articolo, per la cui lettura integrale rimandiamo al collegamento segnalato in fondo.
A trenta mesi di distanza e con l’operazione militare speciale russa in Ucraina ancora in corso, l’autore ci invita a riconsiderarne i contenuti paragonandoli alla realtà attuale.

“Considerando il livello culturale estremamente basso dell’Occidente nel campo della geopolitica pratica e della sua ramificazione pseudo-scientifica, la geoeconomia, che, negli ultimi 30 anni, non è riuscita a fornire nemmeno la più vaga descrizione del mondo emergente, non ha più importanza se gli Stati Uniti “controllano,” o no, l’Europa. Le ragioni del totale fallimento di quelle previsioni “accademiche” e delle politiche che ne derivano sono numerose, ma alcune di esse meritano di essere sottolineate.
1. L’Europa non è più un partner commerciale cruciale per la Russia e, negli ultimi anni, il commercio bilaterale è crollato. La tendenza continuerà e non è solo dovuta alla pressione dell’America sull’UE, ma è il risultato del costante cambiamento della Russia, sia del suo modello economico che del suo riorientamento verso l’Asia, che ora è in gran parte completato. La Russia, semplicemente, non ha più bisogno di molti i quei beni che comprava dall’UE. La politica di sostituzione delle importazioni ha avuto abbastanza successo e la Russia si sta isolando economicamente dall’Occidente.
2. Il tanto discusso gasdotto Nord Stream 2 non è più un progetto economico cruciale per la Russia. Se il progetto venisse sabotato dagli Stati Uniti e dai suoi cagnolini europei, come la Polonia, la Russia sarebbe in grado di assorbire le perdite, ma per la Germania, e l’UE in generale, questo sabotaggio si tradurrebbe in una catastrofe, a causa delle politiche energetiche suicide dei Verdi europei, politiche che rendono i costi dei prodotti europei estremamente energia-dipendenti. In realtà, i tentativi dell’America di sabotare il Nord Stream 2 sono diretti principalmente contro l’UE in generale, e la Germania in particolare, non contro la Russia in sé.
3. Gli Stati Uniti hanno perso la corsa agli armamenti. Il processo di acquisizione dei sistemi d’arma e la dottrina militare americana non possono più essere visti come un processo normale, cioè logico e giustificato. Pur essendo ancora in grado di produrre alcune piattaforme e sistemi di facilitazione d’avanguardia, come elaborazione dei segnali, reti di computer, comunicazioni e sistemi da ricognizione, in termini di armi vere e proprie gli Stati Uniti sono indietro rispetto alla Russia non di anni ma di generazioni. Come ammesso dal recente rapporto del Congressional Budget Office sulla difesa missilistica, uscito nel febbraio 2021, gli Stati Uniti sono indifesi contro le salve combinate dei nuovi missili da crociera della Russia e non c’è nulla che possa fermarli. Nulla. I sistemi di difesa aerea degli Stati Uniti rimangono drammaticamente indietro rispetto a quelli russi e il divario cresce, mentre l’S-500 russo inizia ad essere prodotto in serie e l’ultimo modello di S-350 è già in distribuzione alle unità di prima linea.
4. Gli Stati Uniti, semplicemente, non sono in grado di sviluppare un moderno missile supersonico anti-nave e la Marina statunitense è costretta, incomprensibilmente, a comprare il Kongsberg Naval Strike Missile norvegese, un insoddisfacente missile subsonico che non può competere con le moderne armi d’attacco supersoniche e ipersoniche schierate dalla Russia e che non sopravviverebbe contro una moderna difesa aerea e in presenza di contromisure elettroniche.
5. Infine, il livello intellettuale e di consapevolezza delle moderne élite americane è in un precipitoso declino, che, nel 2020, ha portato all’inevitabile e imbarazzante risultato delle ultime elezioni americane, in particolare allo scandaloso dibattito tra due candidati geriatrici che ha trasformato gli Stati Uniti in uno squallido show televisivo da avanspettacolo. La conseguente perdita di legittimità e l’ennesima riconferma dell’America come entità incapace di accordi, non potrebbero fare di più per rafforzare la già compromessa reputazione dell’America di bullo prepotente con a capo una classe dirigente incolta e ignorante.

Gli Stati Uniti già non riescono a soddisfare una serie di criteri indispensabili per lo status di superpotenza, tra i quali quello militare è cruciale. Se, nel 2014, alcuni “strateghi” militari americani avevano ancora l’idea suicida di combattere la Russia in Ucraina con armi convenzionali, oggi, nel 2021, tale idea è assolutamente folle, perché gli Stati Uniti non possono vincere una guerra convenzionale nelle vicinanze della Russia e qualsiasi forza statunitense sarebbe annientata. Questo lascia agli Stati Uniti solo due opzioni:
1. Dando retta alla loro stessa propaganda, potrebbero cercare di scatenare il caos in Ucraina, provocare la Russia in un’operazione militare diretta e poi introdurre truppe USA e NATO nel teatro delle operazioni. Qualsiasi piano del genere è destinato a fallire miseramente, perché non solo una tale forza sarebbe annientata, ma le nazioni NATO partecipanti dovrebbero prendere in considerazione la possibilità che le loro stesse installazioni militari siano distrutte da armi da stand-off. Questo solleva la possibilità di un’escalation da parte degli Stati Uniti verso la soglia nucleare, il che significa che gli Stati Uniti potrebbero cessare di esistere come Paese. Questo è un esito non certo desiderabile e la maggior parte dei politici statunitensi ( a parte alcuni gravi casi di disturbi psichiatrici da russofobia, numerosi nell’attuale amministrazione e nelle élite americane) capisce cosa significhi. Quindi, anche se non del tutto impossibile, la probabilità che un tale piano venga attuato è piuttosto bassa. Per non parlare del fatto che, per gli Stati Uniti, un conflitto convenzionale alle porte della Russia richiederebbe un concentramento di forze e di mezzi da far impallidire quello della Prima Guerra del Golfo, e lì gli Stati Uniti avevano impiegato quasi 6 mesi per completarlo.
2. Quindi, ciò che realisticamente rimane è spingere l’Ucraina in una campagna suicida contro una Russia già designata come aggressore prima ancora che vengano sparati i primi colpi. Quello che gli Stati Uniti non capiscono è che questo slega le mani alla Russia che ha già una schiacciante dominanza di escalation non solo sull’Ucraina, ma su qualsiasi altra cosa potrebbe essere tentata in termini di “sostegno” all’irrazionale regime di Kiev. La Russia ha molte opzioni, gli Stati Uniti ne hanno solo una: hanno bisogno della guerra nel Donbass, che, secondo il pensiero di Washington, permetterà di spingere gli Europei alla sottomissione, cosa che, a sua volta, dovrebbe consentire agli Stati Uniti di salvare il proprio status egemonico. Non sarà così, nemmeno se l’Europa fosse costretta alla sottomissione.
Gli Stati Uniti hanno oggi un’unica risorsa, sempre più inefficace, che permette loro di rimanere rilevanti: la realtà virtuale della stampa monetaria e della propaganda mediatica. Però non si possono nascondere per molto tempo le città decrepite dell’America, le rivolte di massa, la distruzione del sistema educativo, l’incompetenza dei vertici politici e militari, le pratiche sociali suicide e il crollo dell’ordine pubblico, aggravato dalle enormi file ai banchi alimentari. Ora sono sotto gli occhi di tutti e persino la sottomissione dell’Europa e, presumibilmente, l’apertura dei mercati europei a quei pochi articoli che gli Stati Uniti possono ancora fornire ai loro clienti, non cambierebbe il fatto che gli Stati Uniti, come sono oggi, non hanno futuro, con o senza Europa, e che devono ancora confrontarsi con l’immensa capacità produttiva della Cina e con l’avanzata potenza militare della Russia che spingono all’unificazione del mercato eurasiatico, e questo indipendentemente dal fatto che gli Stati Uniti scatenino, o meno, la guerra in Ucraina. Anche senza l’UE, il mercato eurasiatico renderà insignificante qualsiasi cosa gli Stati Uniti potrebbero “recuperare” per evitare la retrocessione in serie B.
Gli USA non sono in grado fermare un processo in corso da anni, da quando la Russia, dopo il sanguinoso colpo di Stato in Ucraina, aveva capito che non c’era nessuno con cui parlare in tutto un Occidente che, oltre a perdere la sua potenza militare ed economica, aveva iniziato a disintegrarsi dall’interno a causa della sua stessa società, sempre più totalitaria e incapace di affrontare il fatto che viviamo ancora in un mondo altamente industrializzato che ha bisogno di energia, impianti industriali e armi per difenderli. Cina e Russia sembra che tutto questo lo abbiano già capito e perciò il destino degli Stati Uniti è segnato. Bill Clinton, nel 2000, poteva anche aver pensato di aver “tracciato la nuova rotta per una nuova economia,” peccato però che per lui, e per gli Stati Uniti, la “nuova economia” si sia rivelata essere una vecchia economia. Pensava forse che jeans, smartphone e motori a razzo crescessero sugli alberi?”

Fonte

“Sacrifici umani” – nuova edizione

Questo saggio, originariamente pubblicato nel 1993 e che torna finalmente disponibile, illumina gli aspetti più reconditi del rapporto tra la cultura statunitense e la guerra, dal genocidio dei Pellerossa fino ai bombardamenti sull’Irak allora appena accaduti, dedicando parole importanti anche al tristemente famoso episodio di My Lai in Vietnam.

L’autore
John Kleeves (pseudonimo di Stefano Anelli), ingegnere italo-americano tornato in Italia dopo una lunga permanenza professionale negli Stati Uniti d’America, è stato autore di una monumentale opera di critica della civiltà e della mentalità collettiva statunitense, tra libri ed articoli scritti per quotidiani e riviste.
E’ morto tragicamente il 18 settembre 2010 a Rimini. Qualcuno sostiene che sia stato ucciso per le sue idee.

Perfetti conosciuti


La famosa controffensiva ucraina di primavera, annunciata in autunno-inverno e partita in estate, si sta rivelando un disastro. E aggiungiamo “purtroppo”, perché significa altri morti, feriti, profughi e distruzioni. Ma la notizia – confermata financo da Kiev e dalla stampa atlantista – può stupire solo chi confonde l’informazione con la propaganda. Non noi del Fatto, che abbiamo la fortuna di ospitare analisti indipendenti e informati e fin dall’inizio abbiamo scritto come sarebbe finita: malissimo. Infatti ora il rischio è che il flop ucraino inneschi una controffensiva russa, come da avvisaglie a Kharkiv, Kupyansk e Odessa. Diversamente da chi ha passato 17 mesi a infilarci in liste di putiniani e un mese fa ci iscriveva fra gli sconfitti del golpe-operetta di Prigozhin (che poi ha deluso il fan club), noi non combattiamo guerre a mezzo stampa e non chiediamo a Tizio o Caio di scusarsi per ciò che ha scritto. Ma gli “esperti” che dal 24 febbraio 2022 non ne azzeccano una puntando il dito su chi le azzecca tutte dovrebbero almeno dare una controllatina alle loro fonti, per limitare le balle e il ridicolo. Magari domani le loro previsioni si avvereranno tutte insieme. Ma al momento Putin non è caduto, l’economia russa non è in default, le sue fabbriche producono più di prima (più missili degli USA), le sanzioni danneggiano più i sanzionatori che il sanzionato, l’isolamento di Mosca non esiste (ora, oltre a Pechino, c’è pure Riad), il FMI raddoppia la stima sul suo PIL mentre quello europeo ristagna, gli auto-bombardamenti russi ai gasdotti, alla centrale di Zaporizhzhia e al ponte di Crimea erano bufale, l’armata russa continua a ricevere truppe, armi e munizioni fresche, le sue difese dentate e minate nelle quattro regioni occupate reggono e fanno il tiro al bersaglio sui costosissimi Leopard 2 tedeschi e sui Bradley americani, mentre i soldati ucraini stremati, impreparati e senza ricambi vengono mandati al macello in trincea da comandanti senza strategia. Come ripete da mesi il generale Milley, capo di tutte le forze USA.
Stiamo parlando dell’esercito più armato e più finanziato d’Europa: l’invincibile armata dell’Ucraina+“NATO allargata” (40 Paesi contro uno) che finora non ha neppure scalfito la tragicomica “armata rotta” di Putin. Infatti, non riuscendo a riconquistare che piccoli fazzoletti di terra, Zelensky si sfoga con attentati in Russia e in Crimea di nessun peso militare, solo per convincere un Occidente svenato, scettico e diviso a non mollarlo. Se le nostre Sturmtruppen cambiassero registro, o almeno occhiali, potrebbero persino scoprire che chi rischia l’umiliazione non è Putin, ma Zelensky. E il negoziato non conviene alla Russia, ma all’Ucraina, finché ne resta qualcosa.
Marco Travaglio